IPERNOVA 2
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Buona lettura!
IPERNOVA
(Seconda parte)
8
Il cuore lo perdi una volta sola
Passiamo il resto del nostro tempo a pensare solo a una persona
Tutte quelle che verranno non saranno
Nient'altro che repliche di una storia che so a memoria
Tu sei l'errore più grande che ho fatto
Un libro aperto letto dall'ultima pagina alla copertina
Eri un errore così bello che non farlo
Era lo sbaglio più grande della mia vita
Yusaku avvertì il peso della realtà piombargli addosso bruscamente. Ciò che lui e Ryoken
(non)
erano stati cinque anni addietro gravava sul suo cuore ancora spezzato e non aveva mai smesso del tutto di fare male.
Poi realizzò: quel giorno era l'anniversario. Esattamente cinque anni addietro, lui e Ryoken si erano baciati per la prima e ultima volta.
E non solo: era stata anche l'ultima volta in cui si erano
visti, dato che Yusaku non si era più presentato alla SOL
Technologies dopo quanto accaduto tra loro.
Osservò il cameriere mentre questi serviva il cappuccino a Ryoken e subito dopo distolse lo sguardo.
«Se avesse voluto una decorazione in
particolare, l'avrebbe chiesta» rispose con estremo ritardo
all'affermazione di Judai, guardando poi malissimo tutti quanti. «Potreste, per favore, evitare di fissarlo così intensamente?»
Jin, Miyu e Yusei si voltarono verso di lui con finta aria
innocente; Judai, frattanto, ridacchiava sotto i baffi e cercava di non
commettere disastri con la nuova ordinazione che un altro cameriere gli
aveva riferito.
«Lui è qui per te, lo sai,
vero?» domandò Yusei prima di bere un altro sorso del suo
latte macchiato.
«Non credo».
Yusei si lasciò andare a uno sbuffo divertito. «Fidati, è così. Me lo ha detto di persona».
Yusaku strabuzzò gli occhi. Anche Jin e Miyu —
quest'ultima soprattutto — drizzarono le antenne, incuriositi da
quell'affermazione. Judai, invece, rimase assolutamente tranquillo.
«Sei serio?» domandò Yusaku, riducendo gli occhi a due fessure.
«Mai stato più serio in tutta
la mia vita. Avrei voluto dirtelo prima, ma Ryoken mi ha chiesto di non
farlo, almeno non subito. Vedi, la scorsa settimana è venuto in
officina, voleva che dessi un'occhiata al motore della sua auto —
gran bell'auto, tra l'altro. L'ho riconosciuto subito. Questo
perché l'hai sempre descritto in un modo che rimane impresso in chi ti ascolta e mi è bastato davvero poco per capire che si trattasse di lui».
Il Bleu de France dei suoi occhi scintillò in un modo
che Yusaku aveva sempre ricondotto alla vista di Judai, ma in quel
momento era dedicato proprio a lui
poiché Yusei era in procinto di dare una forma a ciò che
Yusaku si stava domandando ormai da diversi giorni, ovvero come mai
Ryoken si recasse proprio alla caffetteria dove lui lavorava a tempo
pieno.
«In quel momento avevo da poco terminato di sistemare la tua auto e ho ben pensato
di chiamarti per avvisarti a riguardo. Appena ho pronunciato il tuo
nome, Ryoken ha assunto un'espressione che non dimenticherò mai:
era come se gli si fosse aperto un mondo intero a pochi centimetri dal
naso. Ovviamente non sapeva che tu fossi proprio il suo Yusaku,
credo che solo sentire pronunciare il tuo nome gli susciti una reazione
incontrollabile e forse nemmeno lui se ne rende conto. Oh, andiamo
Yusaku, non guardarmi in quel modo, sai che dico la
verità!»
Difatti, Yusaku era talmente sbalestrato che ci mancò
poco che le sue ginocchia non lo sorreggessero più. Era
così esterrefatto che per un attimo credette di star sognando
tutto quanto e che presto si sarebbe svegliato per affrontare un'altra
giornata grigia senza Ryoken.
Ma era tutto vero, dalla prima all'ultima parola che Yusei aveva pronunciato, e Ryoken era davvero lì,
a qualche tavolino di distanza, intento a sorseggiare il cappuccino che
Yusaku gli aveva preparato e controllare chissà cosa sullo
smartphone — e-mail di lavoro, con ogni probabilità.
Jin e Miyu, frattanto, avevano terminato i loro caffè
ed erano in procinto di alzarsi e pagare. Lei aveva lo sguardo
sognante, quello tipico di chi stava viaggiando decisamente troppo lontano con la fantasia.
«E immagino che poi Ryoken abbia detto una frase del tipo “Perdonami, è che sentire quel nome mi fa pensare a una persona importante per me” e abbia sorriso con una punta di malinconia, vero?» domandò, ormai del tutto presa dal suo sogno a occhi aperti.
«Esatto, proprio così!»
le diede man forte Yusei, che sembrava averci preso gusto nel
raccontare ciò che era successo con Ryoken e di enfatizzarlo più del necessario. «E poi io gli ho detto “Credo che ci stiamo riferendo alla stessa persona” e allora lui—»
«Aspetta un attimo» lo
implorò Yusaku, ormai ridotto a un ammasso di carne che bruciava
con al centro un cuore pulsante di agitazione. «Potresti
raccontare la realtà dei fatti e basta?»
«Ma è questa
la realtà dei fatti, Yusaku» rispose candidamente Yusei,
senza scomporsi neanche un po'. «Posso raccontartela in mille
modo diversi, ma alla base rimane sempre il fatto che a Ryoken basta
sentire il tuo nome per impazzire interiormente e io non ci ho girato
intorno più di quel tanto, lasciandogli intendere che ci stavamo
riferendo entrambi alla stessa persona. Voleva sapere come stessi e io
gli ho suggerito di chiedertelo di persona e che poteva trovarti qui. E
dopo qualche giorno si è presentato alla caffetteria».
E continua a farlo, anche se non ci siamo ancora parlati,
pensò Yusaku mentre analizzava al microscopio ogni più
piccolo dettaglio che Yusei gli aveva riferito. Nonostante la bellezza
che impregnava ogni singola parola pronunciata dal suo migliore amico,
Yusaku si sentiva agitato e confuso.
Davvero quel bacio aveva significato così tanto anche
per Ryoken, al punto tale che dopo cinque anni pensava ancora a lui?
Yusaku era assolutamente certo dei propri sentimenti e credeva di essere certo anche riguardo quelli di Ryoken
(un errore, per lui era stato tutto un errore)
ma ora l'intera situazione che li vedeva emotivamente
coinvolti si era capovolta e lui, da quella nuova prospettiva, era
vessato dalle vertigini.
Non era più in grado di ragionare a mente lucida e
anche gli altri se ne resero conto, tanto che troncarono la
conversazione senza più insistere. Yusaku in quel momento
avrebbe dovuto concentrarsi sul lavoro, invece era fermo a osservare
Jin e Miyu intenti a bisticciare amorevolmente per un nonnulla. Poco
prima che terminasse la discussione incentrata su Ryoken, Jin era
andato a pagare e, nel suo scontrino, aveva incluso anche il
caffè di Miyu.
La ragazza se n'era accorta e ora voleva a tutti i costi
restituire i soldi a Jin che, come al solito, non ne voleva sapere
nulla. Non era la prima volta che Yusaku assisteva a una scena simile
— a dirla tutta, per Jin ogni occasione era buona per offrire
qualcosa a Miyu —, eppure si rese conto solo in quell'istante di
quanto quegli attimi di quotidianità facessero così parte
di loro da essere sacri e inviolabili.
Quelle erano le basi sulle quali si fondava la loro storia
d'amore: piccoli gesti gentili e infiniti momenti di tenerezza, tanto
che anche un bisticcio tanto frivolo rendeva viva la loro relazione.
Ripensò a tutte le premure che Judai aveva dedicato a
Yusei nel momento in cui aveva visto la sua mano fasciata; a come si
fosse preoccupato per lui e si fosse prodigato nel preparargli un
ottimo latte macchiato per rincuorarlo al meglio delle proprie
capacità.
E allora Yusaku capì che tutto ciò lo
desiderava con ogni fibra del suo essere anche per se stesso.
Desiderava vivere una relazione con la persona che amava basata sulle
piccole cose, sulla condivisione dei bei momenti e sul sostegno
reciproco.
E che voleva vivere tutto ciò insieme a Ryoken.
Non lo aveva mai dimenticato. Neanche per un solo istante il suo cuore,
la sua anima, i suoi pensieri più intimi e i suoi sentimenti
più romantici erano appartenuti a un'altra persona. Tutto, della
sua essenza, era dedicato a Ryoken, al suo primo e unico amore,
all'uomo della sua vita.
Voleva comprendere fino in fondo cosa fossero loro due insieme in quel coacervo incasinato fatto di malinconia e occasioni perse; non voleva più lasciarselo scappare.
(Voleva crearsi la sua occasione. Senza più esitare).
Ryoken aveva già pagato ed era in procinto di uscire
dalla caffetteria. Yusaku fece un profondo respiro e si voltò
verso Judai.
«Dovrei—»
«Sì, dovresti proprio andare
da lui» parlò Judai al posto suo, sorridendo con fare
complice. «Ti copro io, non ti preoccupare. Ora vai!»
Yusaku annuì, guardò un'ultima volta i suoi
amici e senza dire nulla uscì dalla caffetteria, inoltrandosi
nel grigiore di novembre.
Le parole furono superflue: li aveva ringraziati con gli occhi.
9
Nessuno potrà mai capire quello che eravamo
«Ryoken!»
L'aveva chiamato. Aveva pronunciato il suo nome nel freddo
autunno e ora si stava avvicinando a lui, a quell'uomo che non aveva
mai smesso di amare, con il cuore che urlava e si dimenava nella cassa
toracica.
(Faceva quasi male. Ma era un dolore bellissimo poiché lo faceva sentire più vivo che mai).
Ryoken si fermò, avvolto nel suo cappotto grigio
chiaro che pareva una fiera armatura contro il gelo di quella giornata.
Poi si voltò e i suoi occhi incontrarono quelli di Yusaku e fu
come se il tempo si fosse cristallizzato per uno sfilaccio di secondo
che durò un'eternità. Forse era questo che accadeva
quando due galassie immense entravano in collisione tra loro.
«Yusaku» parlò piano, sorridendo teneramente.
Erano così vicini
che sarebbe bastato un piccolo movimento da parte di entrambi per
sfiorarsi. Yusaku realizzò solo in quell'istante di avere la
gola riarsa e di non sapere con esattezza cosa avrebbe detto per
portare avanti la conversazione. Non si era preparato alcun discorso e,
nonostante negli anni avesse imparato ad aprirsi un po' di più
col prossimo ed esternare maggiormente le proprie emozioni, la
spontaneità e l'improvvisazione in quel momento non erano
reperibili.
E se avesse detto qualcosa di sbagliato? Se le sue labbra
avessero articolato parole che Ryoken avrebbe interpretato nella
maniera errata? Se si fosse espresso male?
Ryoken lo stava guardando così intensamente che
avrebbe potuto scavare un solco profondo nel suo cuore; dolcezza e
malinconia si miscelavano tra loro creando un connubio struggente e al
contempo perfetto. Yusaku si sentì sprofondare.
«Io…» parlò a
mezza voce, prima di essere interrotto da un intenso brivido di freddo
che gli percorse la schiena e si diramò nelle membra. Era uscito
dalla caffetteria senza indossare il cappotto col quale vi era entrato
all'inizio del turno di lavoro e ora si stava poco per volta
trasformando in una statua di ghiaccio e nebbia.
Subito dopo, avvertì un calore distensivo avvolgerlo
con garbo, percorrendo tutto il suo corpo. Ryoken si era sfilato il
cappotto di dosso e l'aveva adagiato sulle sue spalle tremebonde, senza
curarsi minimamente del fatto che ora avrebbe dovuto affrontare lui il
gelo di quella giornata. Pareva non avere importanza, non in quel momento almeno.
Yusaku si perse nel suo sguardo e fu come tornare a cinque
anni addietro, quando aveva visto il suo piccolo progetto prendere vita
grazie al lavoro di Ryoken e aveva provato il desiderio impellente di
abbracciarlo forte. Perché, nonostante con lo scorrere
inesorabile degli anni fosse cresciuto, non aveva mai smesso di sperare che un giorno le braccia di Ryoken l'avrebbero stretto in quel tipo di abbraccio che sapeva di non ti lascerò mai più andare.
«Sei bellissimo» si
lasciò sfuggire Ryoken, e Yusaku avvertì il calore
invadergli anche le gote.
Anche tu, avrebbe
voluto replicare, ma le parole gli morirono in gola. Non capiva
più nulla e si stava inabissando con lentezza estenuante nei
meandri della confusione assoluta.
Doveva reagire. Doveva dire qualcosa. Non voleva perderlo un'altra volta ancora.
«Perché… in questi ultimi giorni…?»
«Volevo rivederti. E parlarti, anche
se temevo di metterti a disagio sul posto di lavoro e… se
preferisci che non mi presenti più alla caffetteria lo capisco,
non voglio che—»
«No! Non smettere di frequentare la
caffetteria, ti prego. Voglio preparare altri cappuccini per te. E se
desideri una decorazione in particolare, basta chiedere. Io…
voglio continuare a vederti e…»
(E amarti come il primo giorno in cui sei entrato nella mia vita).
All'improvviso, tutta la sua fragilità emerse,
sorprendendolo e spaventandolo al tempo stesso. Vi erano così
tanti rimandi a quel giorno, che Yusaku tremò nonostante il cappotto pesante di Ryoken gli coprisse le spalle.
Anche quel giorno si
era sentito così, indifeso ed esposto, e proprio perché
Ryoken era stato in grado di far emergere un'emotività che
Yusaku non credeva nemmeno di possedere. Ed erano state le sue parole,
le sue mani calde sul viso e le sue labbra a farlo stare meglio, anche
se poi i suoi occhi velati dal senso di colpa avevano distrutto tutto
quanto.
Yusaku non gliene faceva una colpa. Con lo scorrere dei mesi
e poi degli anni aveva compreso fin troppo bene che a quel tempo una
loro ipotetica relazione sarebbe risultata compromettente per entrambi.
Essere rimasto solo con quell'amore che lo riempiva di malinconia
all'inizio gli aveva fatto male, ma poi era diventato ciò che
gli aveva dato la forza per rialzarsi e la spinta necessaria per andare
avanti.
Perché, alla base, rimaneva sempre il fatto che Ryoken
fosse qualcuno che aveva creduto in lui e nelle sue capacità. E
dopo cinque anni, Yusaku sentiva di essere diventato una persona
migliore. Con ancora tantissima strada da percorrere, ma sicuramente in
grado di reggersi sulle proprie gambe.
E allora comprese. Comprese tutto e quella realizzazione
arrivò come un sospiro caldo sul viso, pronto a lenire i segni
del gelo: poteva permettersi di mostrarsi fragile ancora una volta
davanti a Ryoken. Poteva farlo perché non era più il
ragazzino spaurito di diciassette anni, bensì un giovane uomo
che aveva imparato qualcosa in più sulla vita e ne aveva fatto
tesoro.
Si sentiva pronto. Ora più che mai, voleva solo fare
chiarezza una volta per tutte riguardo ciò che erano stati e
che, con ogni probabilità, non avevano mai smesso di essere.
(Solo, cinque anni addietro, non era ancora il loro tempo).
«… e soprattutto, non voglio perderti mai più».
Subito dopo, il gelo sparì del tutto, dissolvendosi in
un concerto di calore e due cuori che battevano all'impazzata e
all'unisono. Ryoken lo stava abbracciando in un modo che Yusaku non
avrebbe mai dimenticato, qualcosa che sarebbe per sempre rimasto
impresso nelle pareti dell'anima: rendendo quel momento unico e
irripetibile, un frammento di istante lungo una vita intera.
Era un abbraccio che Yusaku aveva agognato per tanto, tantissimo tempo. Poter sentire
Ryoken e percepirne il corpo a stretto contatto col suo e quelle
braccia forti che lo stringevano con l'intenzione di proteggerlo e
amarlo ma, al contempo, di lasciarlo andare qualora Yusaku avesse
deciso il contrario. Era incredibile come Yusaku, stretto forte a
Ryoken e impossibilitato a muoversi, si sentisse invece la persona
più libera al mondo.
E pianse. Versò ogni lacrima che aveva cercato di
trattenere fino all'ultimo, senza più preoccuparsi di rovinare
tutto quanto e di allontanare Ryoken da sé. Pianse e si
sentì più leggero, svuotato dal peso di
un'infinità di paure e crucci differenti. Pianse e Ryoken lo
strinse ancora più forte tra le sue braccia, senza dare segno
alcuno di temere il gelo di novembre, forte e rassicurante, una roccia
inscalfibile.
«Neanche io voglio perderti, Yusaku.
Mai più. Questi cinque anni di lontananza per me sono stati
anche troppi… mi sei mancato così tanto che forse…
no, credo che tu invece possa immaginarlo eccome».
Yusaku annuì, il volto premuto contro il suo petto, le
gambe che tremavano un poco. Perché era lo stesso che aveva
provato anche lui, qualcosa che lo aveva accompagnato durante un
periodo delicatissimo della sua esistenza.
«Yusaku, guardami».
Alzò lo sguardo su di lui e Ryoken sciolse l'abbraccio
per poggiare entrambe le mani sulle sue gote bagnate dalle lacrime, che
asciugò con garbo e pazienza proprio come quella volta di cinque
anni addietro, in auto, con la pioggia in sottofondo e il preludio di
un bacio meraviglioso in bilico tra i loro sospiri.
«Il nostro primo bacio»
sussurrò mentre avvicinava le labbra alle sue, «non
è stato un errore neanche per me».
Ciò che accadde dopo fu qualcosa che apparteneva
soltanto a loro; fu uno sfiorarsi delicato che si tramutò
all'istante nell'urgenza impellente di rendere quel contatto più
vivo che mai. Si baciarono, e allora tutto, nell'universo,
ritrovò il proprio luogo di appartenenza. E si ritrovarono anche
loro, ora riuniti, consapevoli che d'ora in avanti avrebbero vissuto
un'unica vita insieme.
(«Vieni con me, Yusaku».)
(«Non aspettavo altro».)
A metri e metri di distanza, alla vista di quel bacio, Miyu si lasciò sfuggire uno squittio di eccitazione.
«Ora sì che possiamo tornare a casa» disse, prendendo Jin per mano.
Yusei si voltò soddisfatto verso Judai, il quale a sua
volta aveva un'espressione compiaciuta e rilassata. Poi però
Yusei lo guardò con fare dubbioso.
«Se Yusaku sta andando via con
Ryoken e tu sei qui… chi sta preparando le nuove
ordinazioni?»
Judai quasi sbiancò.
«Accidenti!» esclamò,
prima di dargli un veloce bacio stampo e poi fuggire dietro il bancone,
dove i camerieri in servizio stavano attendendo impazienti il suo
ritorno. «Ragazzi scusate, arrivo subito!»
Yusei sorrise divertito, decidendo di rimanere col suo
ragazzo un altro po' prima di tornare a casa. Guardò un'ultima
volta Yusaku che se ne andava mano nella mano con Ryoken e non
poté che provare una felicità infinita per lui.
Perché era proprio così che dovevano andare le cose.
10
Yusaku si portò appresso solo qualche bel strascico
del viaggio in auto con Ryoken; la sua mente era tutta concentrata su
ciò che sarebbe accaduto una volta entrati in casa, qualcosa che
desiderava con ogni fibra del proprio essere e che, dopo anni trascorsi
ad affogare nella malinconia e nel dolore, mai avrebbe pensato di poter
realizzare.
Ryoken pareva essere del suo stesso avviso, tanto che in un
primo momento faticò ad aprire la porta di casa propria
poiché gli tremava troppo la mano. La chiave aveva rischiato di
sfuggirgli dalle dita innumerevoli volte e questo scatenò
un'ilarità che portò entrambi a sentirsi ancora
più vicini di quanto già non fossero.
In quel momento erano due persone come tante che desideravano
solo rintanarsi oltre le confortevoli quattro mura domestiche e
stringersi forte tra le coperte calde per una vita intera. Erano solo
questo.
(Due persone che si amavano e che volevano stare insieme).
Quando finalmente riuscirono a entrare in casa, Yusaku fu
catapultato in un mondo del tutto nuovo e inesplorato: quella era
l'abitazione in cui Ryoken viveva, il luogo che lo accoglieva ogni sera
quando tornava a casa dal lavoro. Ed era un po' come compiere i primi
passi in un punto preciso del suo cuore e scoprire poco per volta quel
sentimento di amore e apprezzamento che Ryoken stava riservando proprio
a lui.
Una fuggevole occhiata in direzione dell'ampio salotto gli
fece intuire che la stanza fosse arredata con gusto e sobrietà,
ma a quello avrebbe pensato dopo.
Ora, infatti, aveva
ben altro su cui concentrarsi e la sua ricerca impellente delle labbra
di Ryoken fu soddisfatta nel giro di pochi attimi, facendolo
sprofondare ancora una volta in quel caldo torpore che l'aveva cullato
quando si erano baciati davanti la caffetteria. Ryoken gli sfilò
il cappotto dalle spalle — ora le sue mani non tremavano
più — e questo cadde a terra, ai piedi di Yusaku.
Nessuno dei due ci fece caso più di quel tanto —
c'era tutto il tempo del mondo per recuperarlo dal pavimento e
poggiarlo sull'appendiabiti —, tanto che, una volta liberato da
quell'indumento pesante, Yusaku si sentì sollevare da terra e
un'esclamazione di pura sorpresa evase dalle sue labbra sottili.
Ryoken l'aveva preso in braccio e, dal modo in cui lo
guardava, pareva che desiderasse farlo da tempo immemore; Yusaku
sorrise e si aggrappò a lui, si fidò ciecamente e lasciò che Ryoken lo adagiasse sul comodo materasso una volta giunti in camera da letto.
Sapeva che, se fossero andati fino in fondo, poi non
sarebbero mai potuti tornare indietro. Che ciò che erano in
procinto di vivere e condividere insieme li avrebbe segnati per il
resto delle loro vite, come un marchio sull'epidermide impossibile da
cancellare.
Ma erano soprattutto le loro anime le parti maggiormente
coinvolte; due anime che fremevano di unirsi in una cosa sola e non
staccarsi mai più.
E allora accadde. Si spogliarono tra un bacio e l'altro, tra
un sospiro di beatitudine e una carezza sul viso. Si privarono di tutto
ciò che impediva loro un contatto intimo più intenso e
quando si guardarono negli occhi trovarono esattamente ciò che
avevano cercato con tanto affanno negli ultimi cinque anni: l'altra
loro metà complementare, quel pezzo mancante in grado di colmare
il vuoto nei loro petti che la ipernova aveva portato con sé.
A Yusaku bastò poco per comprendere che non sarebbe
mai stato in grado di concedersi a nessun altro nello stesso modo in
cui si stava concedendo a Ryoken; era impensabile anche solo immaginare
di lasciarsi toccare da un'altra persona nel modo in cui Ryoken lo
stava toccando, con desiderio e al contempo tenerezza.
(Ed era impensabile, quasi ai limiti dell'assurdo, immaginarsi un altro secondo in più senza di lui).
Divennero una cosa sola e fu tutto così giusto
e incantevole che il resto del mondo perse ogni briciolo di importanza.
Ryoken era dentro di lui, si muoveva in lui, lo faceva suo in un modo
che Yusaku non credeva nemmeno possibile e si sentì parte di
qualcosa di unico e immenso, qualcosa che era l'unione delle loro pelli
accaldate che sfregavano tra loro, degli occhi velati dalle lacrime e
dal desiderio, dei loro ansiti arrochiti dal piacere, delle loro labbra
che si cercavano per incontrarsi a metà strada, legate in un
bacio che sapeva di infinito e mille fiori diversi.
Poi l'orgasmo arrivò, forte e impetuoso,
sconquassandoli da capo a piedi. E mentre si abbracciavano forte per
restare tutti interi, compresero una volta per tutte che niente e
nessuno avrebbe mai potuto separarli se non loro stessi, proprio come
era accaduto cinque anni addietro quando tutto era ancora sospeso su un
fragile filo di neve pronto a dissolversi da un momento all'altro.
Stesi su quel letto, con il fiato ancora corto e le membra
intorpidite per l'orgasmo, si giurarono amore eterno senza dirsi una
parola.
(Il tempo si riavvolse e, quando esplose, la ipernova non fece loro più alcuna paura).
11
Quante canzoni serviranno per scordarmi di te
Siamo sette miliardi di persone ma tu hai scelto me
Comunque vada, anche se sarà finita
Sarai sempre la colonna sonora della mia vita
Cinque anni addietro, poco prima di baciarlo, Ryoken lo aveva
rincuorato dicendogli che un giorno avrebbe incontrato delle persone in
grado di volergli bene e di accettarlo per ciò che era. E cinque
anni dopo, accoccolato contro il suo ampio petto e avvolto nelle
lenzuola candide, Yusaku non poté che dargli ragione mentre gli
raccontava di come Yusei e gli altri fossero entrati nella sua vita.
Subito dopo essersi diplomato, Yusaku non solo si era
iscritto all'università, ma aveva anche trovato un lavoro
part-time alla caffetteria Cyberse.
Non aveva grandi aspettative, difatti non si sarebbe mai immaginato che
quel lavoro potesse piacergli tanto, cosa che lo portò ad
acquisire nuove competenze e anche ad avere più fiducia in se
stesso.
Aveva imparato che, se si impegnava un poco, anche lui era in
grado di comunicare qualcosa di positivo al prossimo. Con calma e
pazienza aveva iniziato a parlare e sorridere più spontaneamente
e tra le lezioni universitarie e il lavoro aveva avuto modo di
conoscere tante persone nuove e interagire con loro.
Ma le cose cambiarono per davvero
quando conobbe Yusei a causa di un guasto all'auto. Guasto che Yusaku
avrebbe volentieri evitato, ma in fondo non tutti i mali vengono per
nuocere, dato che Yusei si rivelò ben più di un semplice
meccanico e divenne nel giro di poco tempo il suo primo, vero amico. La
prima persona a cui Yusaku confidò ciò che aveva vissuto
con Ryoken e quanto si sentisse ancora legato a lui. La prima persona
che si presentò alla caffetteria Cyberse dicendogli esplicitamente “sono passato a trovarti”.
Poi un giorno conobbe Miyu, o meglio, lei lo riconobbe
poiché avevano frequentato le stesse scuole medie, ma non erano
mai stati in classe insieme e Yusaku a quei tempi interagiva sì
e no solo coi professori. Ma Miyu si ricordava di lui e siccome
dovevano percorrere in parte lo stesso tragitto per recarsi alle loro
sedi universitarie, quasi tutte le mattine era diventata una costante,
per loro, trovarsi a un punto d'incontro a un orario prestabilito e
passeggiare insieme.
E fu così che, nel giro di poco, con tanta dolcezza e comprensione, anche Miyu divenne importante per lui.
Jin e Judai arrivarono in un secondo momento, ma non per
questo Yusaku voleva loro meno bene, anzi. Un giorno Miyu gli aveva
confidato tutta emozionata di aver iniziato a frequentare un ragazzo
molto carino che le aveva presentato un'amica e fu inevitabile per Jin
diventare un assiduo cliente della caffetteria Cyberse, dato che Miyu gli dava spesso appuntamento lì tra una lezione universitaria e l'altra.
Judai fu l'ultimo ad arrivare e fu il colpo di grazia sia per
Yusei, che per Yusaku: per Yusei perché fu amore a prima vista,
per Yusaku perché quel ragazzo era talmente imbranato dietro il
bancone che doveva quasi sempre sistemare i disastri che combinava.
Judai frequentava l'Accademia d'Arte ed era bravissimo a usare il
carboncino per i suoi disegni, che erano dei veri capolavori, al
contrario delle bevande calde che serviva, le quali all'inizio, quando
ancora era privo di esperienza, facevano quasi pietà.
Ma la sua invidiabile determinazione l'aveva portato non solo
a non farsi licenziare, ma a diventare anche l'anima della caffetteria,
creando un clima lavorativo vivace e scanzonato ma, al contempo, molto
più vivibile e collaborativo. E per questo Yusaku non l'avrebbe
mai ringraziato abbastanza.
Gli anni passarono e alla fine Yusaku si laureò. E proprio come gli aveva detto Ryoken quel giorno,
per diventare programmatore era necessario possedere delle ottime
conoscenze in matematica, fisica e informatica. Yusaku si laureò
col massimo dei voti ma, anziché cercare di entrare nella SOL
Technologies o in un'altra azienda di videogiochi, fece domanda per un
contratto a tempo pieno e non più part-time alla caffetteria Cyberse.
«Ero in difficoltà»
ammise mentre faceva scorrere distrattamente l'indice sul petto di
Ryoken. «L'idea di lavorare per la SOL Technologies è
sempre stata la mia priorità, non lo nego. Ma non mi sentivo
ancora pronto e così ho pensato di concentrarmi maggiormente sul
mio lavoro alla caffetteria, che mi ha sempre dato tante soddisfazioni.
Ma dentro di me ho sempre saputo che il lavoro della mia vita è
quello del programmatore. Solo… avevo bisogno di un altro po' di
tempo per me stesso».
Ryoken annuì, l'espressione attenta di chi non stava
tralasciando alcuna parola e al contempo rilassata grazie alle carezze
di Yusaku.
«E ora?» gli chiese, guardandolo negli occhi. «Ora che cosa vorresti fare?»
«Voglio continuare a lavorare alla
caffetteria almeno fino alla fine dell'anno e poi…
poi…»
«Poi le porte della SOL Technologies
si apriranno per te» continuò Ryoken, sfiorandogli una
gota con la mano. «Quel posto come programmatore è tuo e
di nessun altro».
Yusaku lo ringraziò con un sorriso e un bacio.
«Meno male. Sai, ero quasi tentato
di accettare la proposta di lavoro da parte di un'altra
azienda…»
Avvertì la stretta di Ryoken farsi un po' più serrata e sogghignò interiormente.
«Quale altra azienda?» gli
domandò Ryoken, mentre cercava di mantenere una parvenza di
tranquillità.
«La Kaiba Corporation…»
rispose Yusaku con il tono di voce più innocente che era in
grado fare.
Ryoken chiuse gli occhi e respirò a fondo, poi li
riaprì e sorrise con una punta di complicità nello
sguardo.
«Immagino tu non abbia dimenticato ciò che ti ho detto cinque anni fa».
«Esattamente».
Ryoken sbuffò divertito e lo strinse forte a
sé, senza alcun intento possessivo. Anzi, Yusaku si sentì
così bene tra le sue braccia che avrebbe potuto addormentarsi in
quell'istante e sentirsi protetto per tutta la sera e per tutta la
notte.
(E per tutta la vita).
«Scherzi a parte, qualunque cosa
deciderai di fare, io ti starò accanto. Questo lo sai,
vero?»
«Certo che lo so. Ma quello che
più mi preme, ora, è averti ritrovato. Tutto il resto,
almeno fino a domani, per me passa in secondo piano».
Ryoken lo baciò. Poi lo baciò ancora e ancora e ancora, fino a ustionarsi le labbra.
«Resti a cena?»
«Certo che sì».
E in quel “resti” Yusaku riuscì a cogliere perfettamente una sfumatura di dolce infinito.
12
Quella mattina Yusaku si svegliò presto, forse anche
fin troppo. Gli dispiacque molto dover abbandonare il confortevole
rifugio che erano le braccia di Ryoken, il quale dormiva ancora
serenamente ed era uno spettacolo per gli occhi, ma Yusaku si era
già reincarnato nella quintessenza dell'agitazione e non voleva
disturbare il suo sonno a causa di ciò.
Scese dal letto cercando di non compiere movimenti bruschi e
poi in punta di piedi si diresse verso la porta, stando ben attento a
non emettere suoni fastidiosi nell'aprirla. La giornata era appena
all'inizio e lui era già ridotto a un fascio di nervi. Ottimo.
Perfetto.
Aveva davvero un disperato bisogno di sbollire la tensione in qualche modo. E in fretta, anche.
Raggiunse la cucina e si guardò intorno. Cosa poteva fare? Preparare un semplice cappuccino non l'avrebbe aiutato.
Ma uno dei suoi probabilmente sì.
13
Quando anche Ryoken entrò in cucina, il sole era quasi
completamente sorto e indorava placidamente la stanza lasciando
filtrare la sua calda luce dai vetri delle finestre. Era comunque
troppo presto, ma in quel lasso di tempo Yusaku si era concentrato come
non mai nella realizzazione di un cappuccino in grado di battere ogni
record e aveva perfino preparato l'impasto per i pancake — non
amava particolarmente cucinare i dolci, era Ryoken che si divertiva a
cucinarli. Ma amava mangiarli, quello sì. Soprattutto se era
Ryoken a farli.
«Buongiorno» lo salutò
questi, abbracciandolo da dietro. Quando Yusaku avvertì le sue
labbra morbide posarsi sul collo, si lasciò sfuggire un sospiro
di sollievo. Con la schiena premuta contro il suo ampio petto e un
calore che si irradiava sempre più in ogni cellula del corpo,
Yusaku si sentì amato e protetto, liberato da tonnellate e
tonnellate di ansia che gravavano con insistenza sulle sue spalle.
«Buongiorno a te» rispose,
poggiando le mani sulle sue e socchiudendo gli occhi. Avrebbe voluto
che quel momento non finisse mai; che si cristallizzasse nel tempo per
poterlo ammirare per ore e ore e ore e crogiolarsi in quelle sensazioni
che riuscivano a infondergli tutta la calma e la sicurezza che tanto
gli mancavano.
«Ti sei alzato presto»
constatò Ryoken, baciandogli una gota. «Non hai dormito
bene questa notte?»
«Oh no, è che mi sono
svegliato all'improvviso e non sono più riuscito a prendere
sonno. Non volevo rischiare di disturbarti e… avevo anche
bisogno di distrarmi un po'…»
«Tanto che hai preparato l'impasto
dei pancake!» esclamò Ryoken, evidentemente sorpreso. Fece
girare Yusaku verso di sé e questi lo guardò con una
punta di divertimento nello sguardo.
«Quello è niente in confronto al cappuccino» ridacchiò. «Guarda lì».
Ryoken puntò lo sguardo verso destra e rimase a bocca aperta. Che Yusaku fosse un maestro della cappuccino art era un dato di fatto, più e più volte Ryoken aveva lodato e ammirato i suoi lavori, ma quello. Quello era su tutto un altro livello.
Yusaku aveva preso la tazza più grande che avevano in
casa e si era dato un gran daffare nella realizzazione del coniglietto
più grazioso che Ryoken avesse mai visto. E non era una
decorazione tridimensionale con la schiuma qualunque: il coniglietto
aveva uno sguardo curioso, le lunghe orecchie all'insù e le
zampine paffute poggiate sul bordo della tazza, come se fosse in
procinto di uscire da lì e correre per tutta la cucina e forse
anche per tutta la casa. Una cappuccino art in 3D in piena regola.
«Wow. È stupendo» commentò con un sorriso affettuoso.
«Se vuoi è tuo» disse
Yusaku. «Spero che non si sia raffreddato troppo… posso
farne un altro, dammi solo qualche minuto».
«Ehi». Ryoken lo fermò
prima che Yusaku potesse allontanarsi da lui e ricominciare ad
armeggiare con gli utensili della cucina. «Se mi offri quel
cappuccino, non posso non accettarlo. Anche se il coniglietto è
così adorabile che rovinarlo sarebbe proprio un peccato.
Però…»
(e lo guardò intensamente negli occhi)
«… sei sicuro che vada tutto bene? Mi sembri un po' agitato e… oh».
Ryoken aveva capito. Il suo sguardo si riempì di consapevolezza e, al contempo, di un amore infinito.
«Yusaku, adesso ci sediamo sul divano e ci rilassiamo un po', okay?»
«Ma… la colazione…»
«A quella ci pensiamo dopo. Anche se il cappuccino lo porto con me».
Così, dopo aver coperto l'impasto per i pancake e aver
recuperato la tazza col cappuccino, si diressero entrambi in salotto,
accoccolandosi poi sul divano.
«Il cappuccino è
delizioso» disse Ryoken dopo aver bevuto il primo sorso e aver
poggiato la tazza sul tavolino in vetro. «Anche se mi dispiace
per il coniglietto. Era davvero adorabile».
Yusaku sorrise, stringendosi forte a lui. Si lasciò
coccolare per qualche minuto, senza proferire parola alcuna, desideroso
di godersi quegli istanti di quiete prima di affrontare una volta per
tutte la realtà.
«Ho paura…» ammise
infine in un sussurro che sfumò nel nulla subito dopo.
Respirò a fondo, nel tentativo di incamerare quanto più
ossigeno possibile, per poi lasciarlo andare in un sospiro pregno di
agitazione. «So che non dovrei, ma—»
«Fidati, mi stupirei del contrario.
È assolutamente normale avere paura, dopotutto si tratta del tuo
primo giorno di lavoro. Di questo nuovo lavoro».
Ryoken gli carezzava i capelli con garbo e il suo tono di voce era caldo e accogliente.
«Andrà tutto bene, Yusaku.
Sarò accanto a te quasi tutto il giorno, quindi avrai un bel po'
da sopportare in realtà».
Yusaku non poté fare a meno di ridacchiare divertito,
in gran parte anche emozionato per quel dettaglio e, al contempo,
agitato proprio per questo.
“Non voglio deluderti” avrebbe voluto dirgli, ma le parole gli morirono in gola. Ryoken lo capì
(lo capiva sempre, perfino quando Yusaku era il primo a non capire se stesso)
e gli diede il tempo per rilassarsi un altro po', che di certo non mancava.
«Yusaku,» lo chiamò, il
tono di voce fermo e al contempo morbido, «sai che quel posto
nella SOL Technologies te lo sei meritato, vero? E che in quanto tuo
superiore, ho il dovere di guidarti all'interno dell'azienda e
istruirti nel migliore dei modi. A livello professionale è
così, lo sappiamo entrambi. Ma c'è una parte di me che
probabilmente non vedrà l'ora di rubarti un bacio in ascensore o
di sfiorarti il braccio lungo il corridoio o di portarti al ristorante
durante la pausa pranzo. Ci ho riflettuto molto a riguardo e…
non voglio impedire che questo accada. Perché prima di essere
colleghi di lavoro, io e te siamo compagni, e questa è una cosa
che non cambierà mai».
E lo guardò in un modo che racchiudeva tutta l'essenza
dell'amore nelle sue iridi azzurre. Come se gli stesse tacitamente
dicendo che senza di lui la sua vita sarebbe stata incolore e priva di
tutte quelle cose belle che la rendono degna di essere vissuta.
«Avremo molto su cui lavorare. Ma sono sicuro che pian piano troveremo il nostro equilibrio».
E Yusaku comprese che quelle parole significavano tutto. Che con “avremo molto su cui lavorare”
Ryoken intendeva dire non solo sul posto di lavoro, ma anche — e
forse soprattutto — sulla loro relazione. Che era importante
andare avanti insieme e supportarsi a vicenda.
Su una cosa erano entrambi sicuri, però: l'amore,
ciò che li univa fin dal loro primo incontro di oltre cinque
anni addietro, di certo non mancava. Forse era scontato, ma non per
loro. Perché dopo essersi ritrovati avevano realizzato quanto
fosse bello stare insieme e poter dire senza più freno alcuno “lui è il mio compagno e io lo amo con tutto me stesso”.
Non erano più il ragazzino di diciassette anni che
aveva difficoltà a instaurare legami col prossimo e il giovane
uomo di trentadue anni che aveva temuto di aver sbagliato tutto nella
vita. Erano cresciuti entrambi. Ed erano sempre stati l'uno l'amore dell'altro, ma cinque anni addietro non era ancora il momento giusto.
(Non era ancora il loro tempo).
Il presente era diverso. Avevano già festeggiato i
loro compleanni insieme — Ryoken trentotto e Yusaku
ventitré — e quei quindici anni di differenza ora facevano
meno paura. Non avrebbero mai smesso di essere fonte di pettegolezzi,
di dita puntate contro di nascosto e forse anche di veleno che
impastava le parole, ma a loro non importava.
Era la loro vita, non quella degli altri. E avevano compreso ormai da molto tempo che non potevano stare separati.
Yusaku avvertì un groppo alla gola. Aveva ripensato a
tutto ciò nel giro di pochi istanti e la mole era decisamente
importante. Così, con gli occhi lucidi e il cuore che traboccava
d'amore, si strinse ancora più forte a Ryoken, cercando le sue
labbra.
E le trovò. E allora comprese che sarebbe andato tutto bene.
(«Sì, avremo davvero tanto su cui lavorare»).
Che un'altra ipernova sarebbe anche potuta esplodere in
quell'istante, in un punto imprecisato dell'universo, e lui non avrebbe
provato nulla di insostenibile. Non ci sarebbe stato alcun buco nero
pronto a inghiottire ogni cosa.
Non quella volta. Mai più.
N.d.A.
November: Growth (Year of the OTP)
Prompt forum: Abbraccio agognato per tanto tempo (Everybody Needs A Hug Challenge) (Siate Curiosi Sempre)
Mr.Rain — Ipernova (se volete ascoltarla, vi basta cliccare sul titolo)
• SONO DISPERATA.
Erano ANNI (almeno due) che desideravo scrivere una storia simile e ora
che l'ho portata a termine mi sento vuota proprio come se fosse esplosa
una ipernova e fosse poi rimasto solo un buco nero senza fine.
Scientificamente parlando succede proprio questo, ovvero: la ipernova
è un fenomeno molto più intenso e devastante della
supernova e la differenza sta proprio nel fatto che se esplode una
ipernova, la conseguenza è un buco nero. In questa storia la
ipernova e il buco nero sono strettamente legati a Ryoken e Yusaku, ai
loro trascorsi e ai sentimenti che provano l'uno per l'altro.
Non so come mai Mr.Rain abbia deciso di intitolare la sua (bellissima,
struggente, meravigliosa) canzone così, ho provato a cercare
qualche informazione a riguardo ma dal 2018, anno in cui sono uscite le
prime interviste sulla suddetta, non ha mai detto esplicitamente che
l'ha intitolata Ipernova per questo motivo, ha solo detto che è una canzone che parla di quanto sia doloroso perdere l'amore della propria vita.
Quindi facendo due più due ho ipotizzato che si sia appunto
ispirato a questo fenomeno astronomico secondo cui quando una ipernova
esplode (ovvero quando una grande storia d'amore finisce) rimane solo
un buco nero senza fine (ovvero il nulla assoluto, un vuoto incolmabile
all'altezza del petto).
Poi magari la mia interpretazione è sbagliata, ma sapete che
quando si tratta di universo e tutto ciò che lo compone io parto
verso l'infinito e oltre e non mi ferma più nessuno.
• Spero che la conclusione di questa storia vi sia piaciuta.
Alla fine, Ryoken e Yusaku avevano soprattutto bisogno di ritrovarsi e
parlarsi e, più di ogni altra cosa, realizzare che dopo cinque
anni di lontananza ciò che li ha uniti per pochi istanti non se
ne è mai andato.
Anche perché, arrivati a questo punto, la differenza
d'età che intercorre tra loro passa quasi in secondo piano,
quindi perché non provarci?
• Prima di salutarvi (e
sarebbe anche ora, dato che ho scritto fin troppo), vi lascio giusto
qualche informazione tecnica legata soprattutto al primo capitolo,
ovvero le definizioni di pouring e etching.
Pouring: consiste nel versare
schiuma e caffè dosando le altezze e la quantità in modo
da creare strati e linee che ricordano disegni e immagini. È
proprio così che si ottiene il famoso disegno della foglia sul
cappuccino, uno dei motivi più diffusi.
Etching: prevede l'utilizzo di
speciali pennine per Latte Art contenenti coloranti o ingredienti quali
cioccolato, caramello e altri topping, per creare disegni sulla
superficie del cappuccino. È possibile dunque creare decorazioni
articolate e colorate.
E per finire, il coniglietto in 3D che Yusaku prepara in questo capitolo rientra appunto nella Latte Art 3D.
• HO FINITO, LO GIURO.
Grazie di cuore per essere arrivati fino a qui, spero con tutta me stessa che questa storia vi sia piaciuta.
M a k o
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