Titolo: Soreness
Autore: -keyra- (keyra89 su EFP)
Personaggi: Roy Mustang, Riza
Hawkeye
Disclaimer: FMA non appartiene a me
(purtroppo).
Genere: Triste
Rating: Giallo
Avvertimenti: One Shot, Spoiler vol.
15 FMA
Note: Vi spiego un attimo la scelta
del tema. Roy vuole che tutto resti così com'è..loro bambini, la
spensieratezza, la casa, i giochi, lo studio (*attacco di tosse), mentre Riza sa
che non è così, tutti devono crescere, fare le loro scelte..perciò è a
conoscenza che tutto cambierà, da qui la "premonizione" di lei ..che
si rivela esatta, nella piena crudeltà della guerra di Ishbar.
Per il
titolo..qui la scelta è stata difficile. Primo perché sono completamente negata
a scegliere i titoli, secondo i titoli che scelgo sono il risultato di un
ragionamento contorto che, di solito, capisco solo io ^^’’. Comunque ecco una
breve spiegazione. Soreness significa sia piaga (sost.)che dolorante (agg.),
inoltre può essere inteso come dolore in generale. Da qui volevo far capire il
dolore (e la paura) che i protagonisti provano al cambiamento, e il dolore che
il cambiamento in sé porta.
Introduzione: Ho un favore da chiederle, signor Mustang. La prego. Voglio che bruci
la mia schiena con le sue fiamme.
Tema: Premonition
Luogo principale: Casa Hawkeye
Soreness
-Hawkeye, avresti mai immaginato si sarebbe
arrivato a tanto?
-No signore, nemmeno nei miei incubi
peggiori.
***
Un bambino
sui 10 anni aspettava davanti alla porta di una grande casa, tutt’attorno a lui
l’edera risaliva sui tralicci che tenevano su quella veranda alquanto
decadente, segno che nessuno, negli ultimi anni, si era preso la briga di
toglierla per evitare che crescesse tanto. Lo sguardo vagò per tutto il
giardino adiacente, rivelando un miscuglio confuso di erbacce, fiori di
campagna e vasi rotti.
“Certo che
il maestro trascura proprio la sua residenza”.
Sentì un
rumore e, voltandosi, vide la porta che si apriva, rivelando una bambina, che
ad occhio e croce doveva avere 8 anni, che lo fissava.
-Posso
aiutarti? –chiese.
-Si, sono
Roy, Roy Mustang. E’ questa la residenza dell’alchimista Hawkeye?
-Si..allora
tu sei il suo nuovo allievo. Prego – si allontanò dalla porta - entra pure.
Così il
bambino entrò in quel mondo che gli sembrava tanto trascurato, preparandosi a
ricevere gli insegnamenti che avrebbero segnato la sua vita.
***
Bang Bang Bang
Rosso, quello ormai era diventato il colore
predominante, più ancora del giallo ocra della sabbia, del marrone della terra
e dell’azzurro del cielo.
Rosso.
Nient’altro che quello.
Non importava che fosse sangue nemico o
amico, o che derivasse dalle fiamme alte che si sprigionavano con un semplice
schiocco delle dita. Quelle dita che avevano accarezzato la sua schiena tante
volte.
Rosso.
Era questo, e nient’altro.
***
-Roy, no!
Non così! Devi focalizzare! Smettila di pensare all’idea di creare! Pensa al
cerchio, devi concentrarti su quello!
Un uomo non più giovane cercava di spiegare
una cosa a lui semplicissima ad un ragazzino, il quale, dal canto suo, avrebbe
voluto dire che quel “semplicissimo” corrispondeva a un enorme sforzo di
concentrazione. Certo il fatto di avere un maestro che sbraitava vicino a lui
non aiutava!
Questo
pensava, ma dalla sua bocca uscì la frase che ormai pronunciava un numero
infinito di volte al giorno.
-Si maestro.
-Lascia, ti aiuto.
Detto questo
Roy prese il piatto dalle mani di Riza e prese ad asciugarlo con il panno
preposto.
-Signor
Mustang, dovrebbe passare il tempo a studiare, non aiutandomi con le faccende
domestiche.
Replicò la
bambina, le maniche della camicia arrotolate fino al gomito, mentre con perizia
continuava a lavare e risciacquare i piatti della cena.
-Eddai!
Quante volte ti ho detto di chiamarmi Roy, Riza? Almeno quando tuo padre non è
presente se hai paura di essere ripresa..
-Io non ho
paura di niente! – ribatté accorata la bambina, mentre gli passava, con più
forza del previsto, un piatto appena risciacquato.
-Ah ma
davvero? Allora che ne dici di una sfida? – chiese Roy.
Uno sguardo
perplesso ricambiò quello deciso del ragazzino.
-Questa
notte, dopo che il maestro è andato a letto. Ti sfido ad uscire e raggiungere
la cima della collina. Io ti aspetterò li. Se non arriverai prima dell’una sarò
io il vincitore, in caso contrario avrai vinto tu.
-E cosa ci
guadagnerei, signor Mustang? – chiese col suo solito tono la bambina.
-Uhm..fammi
pensare. Se vinco io dovrai chiamarmi Roy, se invece vinci tu mi chiamerai
signor Mustang e io smetterò di dirti di chiamarmi per nome. Ci stai? – tese la
mano per stipulare il patto.
Riza la
fissò, indecisa. Alla fine prese una decisione ed afferrò con forza la mano
tesa.
-Affare
fatto.
***
Uno schiocco, un altro. Delle grida ed è
tutto finito.
Vai avanti, verso il prossimo quartiere,
sapendo cosa ti aspetta.
Un altro schiocco, un’altra strage.
Vorresti che qualcuno ti fermasse;
preghi,si, esatto, preghi che ti succeda qualcosa, qualunque cosa.
Tutto sarebbe meglio di quello che stai
facendo, che stai passando ora. Ma nonostante tutto vai avanti. Continui a
seguire quegli ordini insensati, strappando vite e pregando che qualcuno strappi
la tua.
Uno schiocco.
Per quanto andrà avanti tutto questo?
***
-Sei in
ritardo.
Due occhi
blu la fissavano dal basso, mentre un enorme sorriso aleggiava sotto di essi.
-Ti sbagli,
non è ancora scaduto il tempo. Ho vinto io la scommessa.
Il sorriso
continuava a persistere, facendola innervosire. Quel dannato sorriso! Quando lo
odiava!
-Sai..faresti
meglio a controllare la precisione del tuo orologio. Qualcosa mi dice che è un
po’ indietro.
Aggrotta le
sopracciglia, non può aver fatto una cosa del genere. Spostare le lancette
dell’orologio era scorretto, persino per lui. Forse..
-Hai
spostato le lancette? – chiede, solo per conferma. Nel vedere il suo sorriso
allargarsi capisce, che stupida era stata.
-Beh.. non
avevamo dettato regole mi pare.
Lo fissa, ma
lui continua imperterrito. Sa di aver vinto, e lei non può farci niente.
-Va bene Roy. Hai vinto tu. Contento?
Lui la
ignora, con la mano le fa cenno di sedersi accanto a lui. Riza lo fa. Tanto
ormai non ha più niente da perdere.
Fissano le
stelle, una distesa infinita di puntini nel blu scuro del cielo estivo.
-Vorrei che
restasse così per sempre. – E’ lui a parlare, lo sguardo fisso, deciso.
Riza lo
guarda, ma dentro di sé sente che non sarà così.
***
-Era un tuo commilitone?
-No, un bambino di Ishbar. Gli avevano
sparato e poi l’avevano lasciato in mezzo alla strada.
Non piange, non ancora. La colpa che pesa
sulle sue spalle troppo pesante per essere ignorata.
-Andiamocene, la guerra è finita.
Lo dice, ma non lo pensa. Continuerà dentro
di lui, e lo sa; sa anche che è lo stesso per lei. Non è uno stupido.
-Ho un favore da chiederle, signor Mustang.
La prego. Voglio che bruci la mia schiena con le sue fiamme.