A gara con me stessa
Lo
vidi passare. Camminava nel corridoio, circondato dai suoi amici.
Sorridente. Bellissimo. I capelli biondi, ricci. Gli occhi azzurri,
come il limpido cielo di una giornata estiva. Il principe azzurro di
una bellissima favola. Un angelo senz'ali caduto dal cielo. Alessandro
Gregori. Alex, per gli amici. Il ragazzo più bello della
scuola.
Il ragazzo più affascinante, attraente, incantevole.
« Angel! » mi voltai di malavoglia. Non riuscivo a
togliergli gli occhi di dosso. Non volevo farlo.
Benedetta si avvicinò.
« Cosa pensi di fare questa sera? Vieni con noi in disco?
»
« Non lo so. » risposi, tornando a divorare Alex
con gli
occhi. Si era fermato all'angolo con l'altro corridoio. Stava parlando
con un prof, non ricordo quale, non era importante. Da quella posizione
riuscivo a vederlo in faccia.
Benedetta seguì il mio sguardo fino a lui.
Sospirò.
« Non puoi continuare così. Tutti i giorni,
davanti all'aula, a fissarlo da lontano. Devi fare qualcosa! »
« Bene, lo sai che sono timida. E per di più lui
è
il ragazzo più popolare della scuola! Come pensi che
potrebbe
interessargli una come me?!? »
« Angelica, non venire a farmi queste scene: se vuoi che la
situazione cambi devi fare qualcosa, battere per una volta la tua
timidezza e farti avanti. Altrimenti lascialo perdere. » la
guardai afflitta. Non era la prima volta che mi faceva una scenata del
genere. Ma le cose non erano mai cambiate.
Benedetta sorrise.
« Dai, non ti preoccupare! Questa sera in discoteca ci
divertiremo un sacco e non penserai a lui neanche per un solo momento.
»
Le sorrisi anch'io.
La campanella suonò. Entrammo in classe. L'intervallo era
finito.
*
Ore 23:00. Arrivammo in discoteca. Io, Bene, Lore, Mary. La madre di
Lore ci aveva accompagnate. La musica era già alta e la
gente
cominciava ad arrivare. Ci sedemmo a un tavolo e ordinammo da bere.
Avremmo cominciato a ballare tra un po'. Guardai verso la postazione
del dj. Avrei voluto non farlo. Cuffia sulle orecchie, una mano per
tenerla, l'altra sui piatti. Lo sguardo concentrato. Il colore del
viso, degli occhi, dei capelli, modificato dalle luci. L'angelo si era
trasformato in demone ammaliatore.
Distolsi lo sguardo. Benedetta mi guardò ansiosa. Le
sorrisi. Non ti
preoccupare, le dissi con il pensiero. Non
mi importa più niente di lui. Non sono la ragazza per lui,
sono
troppo timida. Non sono alla sua altezza. Non ti preoccupare.
Continuai a ripetermelo nella testa. Dovevo esserne convinta.
Mi alzai in piedi e mi diressi verso la pista. Le altre mi seguirono.
Cominciai a ballare, trascinata dalla musica e dalla gente intorno.
Senza pensare a niente.
*
Era tardi. Ed ero stanca. Le mie amiche continuavano a ballare. Mi
guardai intorno. Troppa gente. Troppo casino. Il suo turno come dj era
finito, perciò non avevo più nessun motivo per
restare
dentro al locale. Mi alzai. Bene
si era sbagliata: ho pensato a lui ogni singolo istante da quando sono
entrata...
Mi diressi verso l'uscita. Fuori, persone che fumavano come delle
ciminiere. Quasi rimpiansi di essere uscita. Mi allontanai un po'.
Avrei chiamato mio fratello per farmi venire a prendere. Composi il
numero. Uno squillo, due squilli, tre...
« Pronto? » la voce assonnata di mio fratello.
« Pronto Ste, sono io. Sono alla Monster House. Mi verresti a
prendere, per favore? »
« ...mmm...io stavo dormendo...non puoi tornare a casa con le
tue amiche? » si lamentò.
« Ti prego, non mi sento molto bene... » ti prego, ti prego, ti prego.
« Ok...arrivo, però tu aspettami dentro al locale.
Io arrivo tra cinque minuti. » grazie fratellone!
« Va bene. Ciao! »
« Ciao. »
Chiusi la conversazione. Mi volsi a guardare la discoteca. Sarei dovuta
rientrare dentro tutto quel casino. Mi avviai.
Sentii delle risate alle mie spalle. Mi voltai. Alex e il suo gruppo di
amici. Ridevano e fumavano. Lui rideva e basta. Anche questo apprezzavo
di lui. Niente fumo. Come me.
Gli squillò il cellulare. Rispose.
« Ehi, Alex! Noi torniamo dentro. » urlò
uno del branco.
« Cominciate pure ad andare. Vi raggiungo dopo. »
rispose lui.
Rimasi immobile. A fissarlo. Parlò per un po' al cellulare.
Poi mise giù e s'incamminò verso la discoteca.
Girò la testa verso di me. I nostri sguardi s'incrociarono.
Mi
lanciò un'occhiata interrogativa. Abbassai lo sguardo
imbarazzata. Il cuore che batteva fortissimo. Mi avvicinai ancora. Lui
rimase fermo. Avevo un nodo allo stomaco. Provai ad aprire la bocca per
dire qualcosa, ma le parole non volevano saperne di uscire. Anzi. Non
riuscii nemmeno a dischiudere un poco le labbra da quanto ero
paralizzata. Restammo così per un po'. Poi Alex scosse la
testa
e se ne andò.
Lo guardai andarsene. Senza che me ne accorgessi alcune lacrime
cominciarono a scendermi lungo le guance. Un senso di tristezza e di
impotenza mi pervase. Mi ero lasciata sfuggire una splendida occasione.
Ero stata una stupida. Un'idiota. Perché non avevo detto
niente?
Perché ero stata zitta? Mi asciugai le lacrime con il dorso
della mano.
« Angel! » un'auto si era avvicinata «
Non ti avevo
detto di aspettarmi dentro? Lo sai che non mi piace se stai fuori da
sola! »
« Ciao Ste. » lo salutai. Avevo una voce da schifo.
E
dall'espressione di mio fratello anche la mia faccia doveva essere in
uno stato pietoso.
« Cos'è successo? » mi chiese, infatti,
con tono preoccupato.
Salii in macchina.
« Torniamo a casa. »
Mise in moto. Partimmo senza più dire una parola.
*
« Bene, mi sento così stupida! Non capisco cosa mi
è preso! Sarei dovuta andarmene subito! »
« Angel, non ci pensare, ok? »
« Chissà cosa avrà pensato di me!
Oddio, non posso ritornare a scuola domani, non posso rivederlo!
»
« Assolutamente no! Tu domani vieni a scuola e gli fai vedere
che
tu non sei muta e che sei perfettamente in grado di parlare! »
« Ma...io sono timida e... »
« Angel, smettila di piangerti addosso, perché
ormai quel
che è successo è successo e non ci puoi fare
niente! E
smettila anche di dire che sei timida! »
Rimasi in silenzio. Le mani strette intorno alla cornetta del telefono.
« Angel, » la sua voce si addolcì
« non ci
pensare, va bene? Scusami, non avrei dovuto alzare la voce. Scusa.
»
« No, non scusarti. Tu hai ragione: devo finirla di dire che
sono
timida, perché non mi aiuta a smettere di esserlo, e devo
cominciare a... » mi interruppi, senza sapere cosa dire
«
E' solo che...non è così semplice... »
« Lo so...non è facile. Ma io, e anche le altre,
ti aiuteremo! »
« Grazie... »
« A cosa servono le amiche, altrimenti?!? » rise.
Risi anch'io. Mi sentivo molto meglio.
Era domenica mattina. Avevo chiamato Bene appena sveglia. E le avevo
raccontato tutto.
« Senti, che ne dici di mangiare fuori a pranzo? Andiamo da
Mec e
poi facciamo un giro e andiamo al parco a prendere il sole. E intanto
pensiamo ad un piano d'azione per farti passare la timidezza!
Dài, che ne dici? » sembrava entusiasta.
« Ma...non so... » non ero certa di voler uscire.
« Dài, ti prego... »
« No, no. E' meglio di no. Oggi vorrei stare in casa.
» volevo stare un po' da sola a riflettere.
« Ok, come vuoi... »
« Ciao, ci vediamo domani. »
« Ciao! » riattaccai.
*
Bene ha ragione.
Assolutamente ragione. Devo fare qualcosa!
Ma cosa?
Mi avvicinai all'armadio. Aprii l'anta sinistra. La mia immagine
riflessa mi stava davanti.
Sarei riuscita a parlargli. Era diventata una questione di principio.
Basta con la timidezza!
Entrai in bagno. Mi feci una doccia. L'acqua calda sembrò
lavare
via anche tutti i pensieri e le preoccupazioni. Quando uscii mi sentii
molto più fresca e riposata.
Mi vestii. Lasciai i capelli sciolti. Uscii in giardino per farli
asciugare.
Presi una sedia. Mi ci sedetti sopra. Chiusi gli occhi. E comiciai a
cantare.
Liberai la voce. La lasciai andare.
Cantai la prima canzone che mi venne in mente. "Di sole e d'azzurro".
Avevo la mente vuota. Libera da ogni pensiero.
Il giorno successivo gli avrei parlato. Avrei parlato con Alex e sarei
riuscita a fare qualcosa. In un modo o nell'altro.
Se proprio non riesco a
parlare, chiudo gli occhi e canto...tanto
figura di merda più, figura di merda meno...ma devo dirgli
qualcosa! Non penso a nessun discorso, che tanto non serve. Ci ho
già provato troppo volte e non ho mai ottenuto niente...no,
domani andrò da lui e dirò le cose esattamente
come mi
verranno in mente!
*
Eccolo. Era
tutto la mattina
che lo cercavo. Finalmente all'uscita da scuola ero riuscita a
beccarlo. Con i suoi amici. Li stava salutando. Ora! Lo raggiunsi.
Avevo il cuore in gola.
Ero di fronte a lui.
« Ciao... »
« Ciao! » mi salutò sorpreso.
« Ehm...io sono Angelica... » cominciai imbarazzata.
Il cuore a mille. Faceva troppo casino, ero terrorizzata all'idea che
potesse sentirlo.
« Ciao... » ripeté confuso.
« Ci siamo visti ieri sera ricordi? » perfetto...mi sono fregata da
sola!
« Ah, sì! » mi sorrise. Mi
mancò in fiato per qualche secondo.
« Ehm...senti...» quel sorriso mi aveva dato
l'incoraggiamento che mi mancava « ...volevo sapere...lo so
che
non ci conosciamo,ma...» Ce la stavo facendo! Ero io a
parlare e
non gli stavo solo parlando, gli stavo chiedendo un appuntamento!
« ti andrebbe di uscire?... »
Lo fissai intensamente negli occhi. Tutta la mia speranza era nelle sue
mani ora.
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