Amaryllis 1
Amaryllis
Capitolo
uno
Scesi dal pullman e mi guardai intorno. Forks era di fronte a me.
Tipica cittadina di provincia, forse un po' più verde e
più umida.
Tirai fuori da una tasca un foglietto con l'indirizzo della famiglia
che mi avrebbe ospitato. Non ci credevo ancora: i miei mi avevano
scaricata lì, in quel paesino sperduto, per andare a farsi
una vacanza da soli. Mi avevano abbandonata!
Vagai a vuoto per un po'.
Avevo con me un trolley abbastanza grande, lilla, con sopra appoggiato
un borsone, preso in prestito da mia madre, lo zaino sulle spalle e la
borsa in mano. Sembravo un venditore ambulante. Tutto quello che c'era
stato era in tasca, ovvero cellulare, I-pod, borsellino e biglietto con
l'idirizzo. Ero partita con un paio di vecchi jeans e una maglietta
verde con delle tasche. Stavo morendo di caldo, ero tutta sudata, non
vedevo l'ora di arrivare a questa casa e farmi una doccia fresca.
Finalmente trovai la via e raggiunsi la casa.
Un'abitazione come tutte le altre. Il piccolo giardino davanti non
particolarmente curato, il vialetto accanto occupato da una monovolume
grigia. Fui presa un attimo dallo sconforto. Cosa diavolo ci faccio io qui?
Per un momento avevo anche pensato che mi sarei potuta divertire: un
intera estate senza i miei...ma era stato prima di arrivare in quel
peasino sperduto in mezzo ai boschi. Sospirai, ormai ero lì
e non ci potevo fare niente. Arrivai all'ingresso e suonai il
campanello. Venne ad aprirmi una donna che doveva avere circa
quarantacique anni.
« Ciao! Tu devi essere Amaryllis, vero? Io sono Rebecca. I
tuoi genitori ci avevano avvisato che saresti arrivata oggi
più o meno a quest'ora! Vieni dentro, dammi pure una
valigia! » sembrava simpatica. Mi giudò in casa
fino a quello che doveva essere il salotto. Un uomo più o
meno della stessa età della donna era seduto sul divano.
« Ti presento mio marito, John. » mi disse
indicando quell'uomo « E questa è Amaryllis, John.
» concluse le presentazioni e mi sorrise « Vieni,
cara. Ti accompagno alla tua stanza. »
La seguii sulle scale in silenzio fino ad una stanza che si trovava in
fondo al corridoio, esattamente di fronte al bagno. Era abbastanza
grande, c'era un letto con delle federe blu addossato al muro, sotto la
finestra. Ai piedi del letto un piccolo comodino. In un altro angolo
una scrivania con un computer. Sul lato della stanza di fronte alla
finestra un armadio azzurro e di fianco una libreria dello stesso
colore. Era molto spoglia.
Rebecca mi diede qualche indicazione poi uscì.
Appoggiai le valige sul letto e cominciai a disfarle. Misi tutto dentro
all'armadio nel modo più ordinato possibile. Appoggiai i
pochi libri ed i CD che ero riuscita a portarmi dietro sulle mensole
della libreria e mi sedetti alla scrivania. Rebecca aveva detto che
potevo usare il PC quanto volevo. Lo accesi. Andai a controllare la
posta elettronica. Speravo che qualcuno dei miei amici, o almeno i miei
mi avessero scritto. Nessuna nuova e-mail. Lasciai perdere la posta.
Navigai ancora un po' fino alle sei e mezza circa, un po' annoiata.
Feci appena in tempo a spegnere il computer che qualcuno
bussò alla porta.
« Amaryllis? » era Rebecca.
Andai ad aprirle.
« Come va? Tutto a posto? Era la vecchia camera di mio
figlio, che ora è andato al college. Dimmi pure se
c'è qualche problema. » sorrideva, aveva i denti
bianchissimi « Di solito noi mangiamo alle sette e mezza
circa, quindi tra un'ora la cena è pronta. Se vuoi andare a
farti una doccia il bagno è a tua disposizione. Ho
appoggiato le tue salviette sulla sedia accanto alla doccia, sono
quelle verdi. Se devi mettere qualcosa a lavare il cesto è
sempre in bagno. » non mi ero ancora fatta la doccia, ero
stanchissima.
« Grazie. » risposi.
Scese in cucina, sentivo la TV che parlava, probabilmente era John che
stava guardando qualcosa.
Chiusi la porta della camera, presi un paio di calzoncini da ginnastica
bianchi e una maglietta blu, l'intimo e il beauty e mi diressi in
bagno. Mi feci una bella doccia fresca, cercando di lavare via anche
quella giornata. Mi cambiai e misi gli altri vestiti a lavare. Ripresi
il beauty e tornai nella mia camera. Mi infilai un piao di pantofole
che mi ero portata da casa e scesi al piano di sotto.
Andai in cucina, dove Rebecca stava preparando la cena, che fu pronta
alle sette e mezza precise. Mentre mangiavamo mi raccontarono qualcosa
di Forks e della riserva di La Push che c'era lì vicino.
« I tuoi ci hanno detto che a casa hai una moto. »
disse John.
« Sì. » confermai.
« Beh, qui disponiamo solo di una bicicletta. Mi sa che ti
dovrai accontentare. » replicò Rebecca, ridendo.
« Pensate che riuscirei a raggiungere la riserva andando in
bici, o è troppo lontana? » domandai. Questa
faccenda della riserva mi aveva incuriosito, non ne avevo mai vista
una, neanche i fotografia.
« Beh, sono venti chilomentri, è un po' di strada.
» rispose John.
« Ah, ok... » venti chilometri non erano un
problema per me, ma non dissi nulla.
Ci fu un attimo di silenzio.
« Beh, Amaryllis che ne dici della mia cucina? » mi
chiese Rebecca.
« Era veramente ottima! » non mentivo.
Finimmo di cenare chiaccherando. Erano molto più simpatici
di quanto mi aspettassi. Aiutai Rebecca a sistemare la cucina e me ne
tornai in camera.
Presi uno dei libri che mi ero portata e cominciai a leggerlo, sdraiata
sul letto. Prima di partire avevo fatto scorta di libri nuovi. Adoravo
le storie d'amore e i fantasy, meglio ancora se i due generi erano
uniti! Verso le dieci e mezza spensi la lampada sul comodino e mi misi
a dormire.
Il giorno successivo mi svegliai alle nove. Mi cambiai subito, infilai
un paio di pantaloni alla pinocchietto e un top, poi scesi a fare
colazione. La casa mi sembrava molto silenziosa, quindi pensai che
Rebecca e John stessero ancora dormendo, anche se mi sembrava un po'
strano, ma arrivata in cucina scoprii che erano già usciti
per andare a lavorare. Mi avevano lasciato un biglietto attaccato al
frigorifero.
Feci colazione con latte e cereali e tornai in camera. Non sapevo cosa
fare. Sul biglietto Rebecca aveva scritto che se volevo uscire a fare
un giro, la bici era nel box e le chiavi di casa, che erano infilate
nella serratura, una volta uscita, avrebbero dovuto essere nascoste
sotto lo zerbino. Decisi per il giro in bici. Uscii di casa, chiudendo
la porta a chiave, nascosi le chiavi e raggiunsi il garage. All'interno
c'erano due bici, una da donna, con il cestino davanti in vimini,
l'altra era una mountain-bike non proprio nuova, ma neanche troppo
scassata.
La portai fuori sul vialetto, le abbassai la sella per i miei 165
centimetri e le gonfiai le gomme. Chiusi il box ed ero pronta per
partire.
Pedalai verso la scuola, seguendo le indicazioni che Rebecca e John mi
avevano dato la sera prima. Trovarla non fu difficile, era poco lontana
dall'autostrada. Un insieme di stabili tutti uguali di mattoni rosso
scuro, circondata da una fitta vegetazione. Era completamente deserta.
Dopotutto era giugno inoltrato e le vacanze erano già
cominciate da un po'.
Vagai ancora un po' per Forks, poi presi la strada che portava a La
Push. Era attorniata da bellissime foreste rigogliose e verdi. Circa a
metà percorso, fermai la bici, la appoggiai ad un albero ed
entrai nel bosco. Dovevo ammettere che qualcosa di bello in quel posto
sperduto c'era. Gli alberi, verdissimi diventavano sempre
più fitti mano a mano che mi inoltravo nella foresta.
Camminai per un po', finché non raggiunsi una piccola
radura. Lì mi trasformai. I miei lisci capelli castani
divennero più lunghi e mossi, gli occhi verdi si accesero
diventando di un verde molto più vivace, il mio
abbigliamento fu sostituito da un vestitino viola e verde e le scarpe
da un paio di sandali, i cui lacci si attorcigliavano attorno alle mie
caviglie. Non ero più solo Amaryllis, ora ero Amaryllis, la
custode dell'elemento terra. Mi sentivo finalmente libera e in pace; i
miei sensi, acuiti, percepivano qualsiasi cosa all'interno del bosco:
gli animali, le piante...una sensazione stupenda. Vagai per la foresta,
leggera come una farfalla, facendo crescere le piante e giocando con
gli uccelli. Giunsi in un'altra radura più grande di quella
che avevo incontrato prima. Mi sedetti per terra a gambe incrociate al
centro del prato. Chiusi gli occhi, sentivo la vita formicolare attorno
a me, e cominciai a cantare. La mia voce si sparse per il bosco. Il
fatto di essere una custode degli elementi non c'entrava. Era la
Amaryllis ragazza che cantava.
Un rumore di ramo spezzato mi interruppe. Mi alzai di scatto spaventata.
Al limitare della radura, nascosto tra gli alberi si ergeva quello che
sembrava un grosso animale, un enorme lupo di circa due metri che mi
fissava con occhi intelligenti. Perché non ero riuscita a
sentirlo arrivare? Cos'era quell'essere gigantesco? Dopo qualche
secondo di immobilità il lupo scappò ad una
velocità impossibile da vedere per l'occhio umano.
Ancora scossa, decisi di andarmene subito da quella foresta. Arrivai al
limitare del bosco e mi ritrasformai. Presi la bici e mi rimisi in
strada. Pedalai finché finalmente non giunsi alla riserva.
Rimasi un po' delusa, non sapevo cosa aspettarmi, ma non c'era nulla
che attirasse particolarmente la mia attenzione. Vagai alla ricerca di
qualcosa di interessante, senza trovare nulla. Fino a quando qualcosa
mi venne addosso. Qualcuno, in sella ad una moto nera, mi aveva
centrata in pieno, fortunatamente stava andando piano. Cademmo a terra
entrambi. Mi diedi una controllata, sembrava tutto posto. Spostai lo
sguardo sulla persona che mi aveva appena investito. Un ragazzo, che
poteva avere circa un po' più di vent'anni, alto quasi due
metri, nativo americano, si era alzato in piedi, il casco
già in mano, e stava controllando i danni alla sua moto.
Meno male che ero io quella che era appena stata investita! Quando si
accorse che lo stavo guardando cominciò a rimproverarmi.
« Che accidenti stavi facendo, scema?!? Volevi farti
investire?!? Ci sei riuscita, complimenti! » mi aveva appena
investito e si permetteva di farmi la predica?!?
Diedi un'occhiata alla bici. Per fortuna sembrava non aver riportato
danni. Lo guardai con aria di sfida. Ero ancora seduta per terra e lui,
in piedi, aveva un aria piuttosto minacciosa.
« Tutto a posto? » i lineamenti del suo volto si
erano leggermente addolciti e la sua voce si era fatta più
calda e amichevole.
« Sì, credo di sì, grazie. »
mi offrì una mano per alzarmi.
Una volta in piedi, rialzai anche la bici e montai in sella. Non sapevo
che cosa dire.
« Scusa... » dissi semplicemente e partii.
Arrivai a casa di Rebecca e John che era l'una meno un quarto. La
macchina era parcheggiata nel vialetto. Lasciai la bici nel box ed
entrai in casa. Rebecca era in cucina.
« Giusto in tempo, Amaryllis! » mi sorrise.
Mi guardai intorno, John non c'era.
« Dov'è John? »
« E' al lavoro, lui non torna a casa per pranzo. »
mi studiò per un attimo con occhi preoccupati «
Cosa ti è successo, cara? »
Non dovevo avere un bell'aspetto, a giudicare dalla sua espressione.
« No, niente. Sono caduta dalla bici. » cosa in
parte vera.
« Oh, mi dispiace...tutto a posto? »
« Sì, sì. Non ti preoccupare.
» risposi.
Mangiammo una buonissima pasta al sugo. Dopo mangiato salii in camera
mia e poi andai a farmi una doccia. Mi cambiai e tornai in salotto a
guardare un po' di televisione.
« Questa sera abbiamo invitato alcuni amici a cena, che hanno
dei figli della tua età. Così potrai fare un po'
di amicizia! » evvai...
« Grazie! Mi sembra un'ottima idea! » Rebecca
sembrava così entusiasta, magari sarei riuscita veramente a
farmi degli amici.
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