... E dopo, il nulla di Tetide (/viewuser.php?uid=68483)
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... E DOPO, IL NULLA
… E DOPO, IL NULLA
(Fic dedicata ai caduti Italiani nell’attentato a Kabul)
Cari genitori, caro Marco,
vi scrivo mentre qui, su Kabul, sta sorgendo l’alba,
un’altra alba. E’ assolata e buia come tutte le altre, qui.
Un gruppo di miei compagni si sta preparando ad un giro di
ricognizione, come ogni giorno; in realtà, oggi, niente è
come ogni giorno.
E’ il 17 Settembre 2009, un giorno che la Folgore e
l’Italia intera ricorderanno a lungo. Oggi, un’altra
Nassirya.
Avrete saputo, immagino; ed avrete anche ringraziato Dio che il vostro
Claudio, il vostro figlio maggiore, non fosse con loro. Ma questo non
può avere attutito la vostra pena nell’unirvi al dolore
delle famiglie dei miei compagni, così come non ha attutito la
mia.
Compagni, sì; o meglio più che compagni: fratelli.
Fratelli in un unico nome, sotto ad un’unica bandiera, in uno
stesso credo: LIBERTA’.
I talebani non hanno avuto pietà alcuna. Mai si era visto un
regime così disumano, così spietato, così feroce;
la condizione di schiavitù in cui sono tenute le donne ne
è un emblema evidente: sono considerate alla stessa stregua di
animali da riproduzione, ne muoiono a decine.
Ed i bambini non stanno meglio. Affamati, laceri, sporchi: crescono
nella polvere, la respirano ogni attimo. Diventa parte di loro, dei
loro polmoni, delle loro anime.
Noi avevamo portato a questa gente la prospettiva di un’altra
vita, di un altro futuro: un futuro senza guerre, né violenza,
né odio. E’ questa la nostra missione.
Li abbiamo nutriti, protetti; abbiamo sofferto delle loro pene e gioito
delle loro gioie. Le piccole grandi gioie che tante volte ho letto sul
viso di un bambino che prendeva dalle mie mani una razione di cibo o
nel sorriso di una donna liberata da quella prigione di stoffa che
è il burqa. Le gioie di chi torna a sperare perché vuol
tornare a vivere.
Ma loro tutto questo non lo vogliono. Vogliono che non cambi niente.
Ed ancora una volta, hanno usato la logica, così assurda, della
violenza, dell’odio, contro questi stranieri
“diversi”.
Erano in dieci, su due mezzi “lince”: quei mezzi tanto ben
fatti che tanti eserciti stranieri ammirano. Sono usciti come sempre,
tranquilli nella abituale pericolosità di una missione uguale a
tante altre.
Tutti giovani, tutti pronti a dare la propria esistenza per aiutare quella altrui.
Tutti che credevano nella pace.
Tutti al servizio di una Patria tanto lontana, quanto amata.
Tutti con qualcuno che li attendeva a casa.
Sembrava un giorno come gli altri.
Ma non sono più tornati.
Avevano fatto del coraggio e dell’abnegazione una parte del loro
essere: un organo pulsante e vivo del loro corpo, dal quale non era
più possibile separarsi.
La loro missione: portare il bene, là dove non c’era.
Portare il futuro dove si poteva vedere soltanto il passato, un passato
fatto di rovine e distruzione.
Nel cuore, valori ed ideali cristallini, ma forti, come un diamante.
Libertà, Patria, Giustizia, Uguaglianza.
Gli ideali di chi nasce eroe.
I LORO ideali. I NOSTRI ideali.
Volti sorridenti, motti scherzosi, e tanto impegno, come sempre.
Sono saliti sui loro mezzi.
Procedevano tenendosi vicini, con il cuore rivolto alla Patria lontana.
Un attimo solo, e sono stati separati. Un attimo solo, ed un mucchio di
tritolo si è frapposto tra di loro. Tra i loro due blindati. Tra
i nostri cuori ed i loro. Fra i loro cuori e l’Italia.
Un boato. Un’esplosione.
Dopo, il nulla.
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