Ennesima
shot senza troppe pretese. Mi sento parecchio ispirata per qualsiasi
cosa che non sia Itoshii, in questo periodo.
Ah, la scuola fa male!
La canzone citata, che da anche il titolo alla shot, è
Kyuumin -Oyasumi- degli UnsraW, vi consiglio caldamente di ascoltarla
perchè è veramente stupenda... ed ha un testo
meraviglioso.
Ne
approfitto pure per farmi pubblicità, che non fa mai male
u.u e quindi ringrazio coloro che hanno letto e recensito
------> Moonlight
Sonata.
Dedicata -e lei sa perchè- a colei che mi rimette sempre in
riga con i suoi cazziatoni, che è pericolosamente seme e mi
attacca il raffreddore <3
-I
gazette non mi appartengono e la storia è frutto della mia
fantasia, con questa non intendo riportare fatti realmente accaduti o
che accadranno.-
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Kyuumin -Oyasumi-
Le giornate invernali
gli erano sempre sembrate vuote, spente, opache.
Non c’era
distinzione tra l’una e l’altra, tutto restava
uguale e monotono: gli alberi secchi e scuri, che si stagliavano contro
il cielo costantemente grigio di nuvole che minacciavano pioggia e
neve, il vento che sibilava tra gli aghi dei pini, li agitava e faceva
tremare i vetri delle finestre, le tempeste notturne dove il buio e le
tenebre venivano dilaniati da lampi e fulmini.
Le poche giornate di
sole portavano con sè un leggero velo di nebbia, unito ad un
freddo che sembrava volerti entrare fin nelle ossa, e quei pochi raggi,
che comunque non riuscivano a scaldarti come si deve, sembravano una
vera benedizione.
Bei
ricordi…
*-*-*-*
Si strinse nella calda
coperta di lana, continuando ad osservare fuori dalla finestra.
La neve aveva
ricoperto tutto, e anche se i sentieri che percorrevano il grande parco
erano stati liberati per permettere il passaggio, il bianco era
praticamente ovunque, abbagliante, luminoso… splendido.
Sospirò,
appoggiando il gomito sul bracciolo della sedia e reggendosi la testa
con la mano.
L’ennesima
giornata uguale a tutte le altre.
A tante, troppe altre.
Il sole tremolante e
pallido illuminava a stento il piccolo paesaggio e riscaldava quasi per
nulla le persone che passeggiavano veloci, con le mani nascoste in
tasca e grosse sciarpe a per ripararsi il viso; faceva la sua luminosa
comparsa per qualche breve istante, per poi tornare a celarsi dietro la
spessa coltre di nubi che donava una strana colorazione grigiastra e
spenta a tutto il resto.
Un miagolio
attirò la sua attenzione, distraendolo dai suoi pensieri, e
successivamente un batuffolo di pelo nero gli saltò in
grembo, acciambellandosi comodamente sulle sue gambe.
“ehi…
ciao scricciolo…”
Il micino
cominciò a strofinare le testolina contro le sue dita,
riuscendo a farlo sorridere.
Non si era reso conto
che qualcuno aveva aperto la porta e che ora quel qualcuno lo stava
guardando con affetto.
“Buongiorno…”
“Ciao
Yutaka…” disse, senza nemmeno voltarsi,
continuando a guardare la bestiola che aveva cominciato a leccarsi il
pelo in tutta tranquillità.
“è
una bella giornata, non trovi?”
“no, non lo
è”
“Perché
dici? C’è il sole, non si vedeva da un
po’”
“Il fatto
che ci sia il sole non è indicativo”
sbuffò, seccato, non smettendo di guardare le contorsioni
buffe che il gattino faceva per riuscire ad arrampicarsi sul suo
maglioncino.
“Perché
fai così, Taka…? No ti aiuti e lo
s-…”
“PIANTALA!
Non sei tu quello che… ah, lasciamo perdere”
Si morse il labbro
inferiore, aiutando il gatto a salire sulla sua spalla in modo da poter
strofinare la testa contro il suo collo: era caldissimo. Lo
accarezzò con le dita e riuscì a sentirlo
distintamente fare le fusa.
“Già,
lasciamo perdere. Lasciamo sempre perdere Takanori”
The sun is falling at 3 o'clock
The
crickets at the window won't stop chirping
There is
nothing in this white room
Since
when have I been lying?
My left
doesn't feel anything
But it
still continues to try to make tomorrow colorful
Sand
falls from my palm quietly
Why am I
living?
Even that I don’t know
“Cosa vuoi
che ti dica? Spiegamelo! Cosa vuoi che faccia?”
“Muoviti
Takanori!”
“MA MI HAI
VISTO!?”
Urlò
l’ultima frase quasi piangendo e sporgendosi verso il ragazzo
alla porta, per poi tornare nella posizione di prima, a stringersi le
mani in grembo e tremare per la rabbia e la frustrazione.
Il gattino
ruzzolò giù dalla sua spalla, finendo a terra con
un leggero tonfo, per poi ricomporsi e trotterellare scompostamente
via.
“Si, ti ho
visto…”
“E allora
che altro vuoi?”
Si sforzò
di non singhiozzare, ma non ci riuscì.
Tirò
più volte su col naso, strofinandosi il viso con la manica
del suo maglioncino blu notte.
“Perché
non mi lasci in pace una volta per tutte?”
“Non
posso…”
“E
perché NO!?”
“Non voglio
lasciare che tu passi il resto della tua vita chiuso qui
de-…”
“MA QUALE
VITA?”
I forget
the "dream"
Why
do you stare up at the sky?
Even
the played melody is
A
wound of unfulfilled dream now
L’ennesimo
singhiozzo frantumò il silenzio teso che era venuto a
crearsi.
Takanori si
portò le mani al viso, mentre gemiti disperati si univano
alle parole senza senso che uscivano dalle sue labbra, bagnate di
lacrime così come le dita, le guance e anche la coperta che
gli copriva le gambe, che a poco a poco si punteggiava di macchioline
scure.
“Calmati
Takkun, ti prego…”
“No
che… non… m-mi… cal…
mo…”
“Sii
ragionevole, per quanto ancora hai intenzione di restartene qui a
marcire?”
“BASTA
YUTAKA! Basta… ti prego… ba…
sta…”
“No Taka,
non basta! Ti stai lasciando andare, non ti riconosco
più…”
Il biondo non rispose,
anzi, si strinse ancor di più nelle spalle, in un patetico
tentativo di scomparire e nascondersi dallo sguardo di Yutaka.
Era sempre fin troppo
buono con lui, ogni giorno si chiedeva cosa lo spingesse a non
abbandonarlo a sè stesso con tutto quello che gli faceva
passare, e ogni giorno egoisticamente se ne scordava, continuando a
comportarsi come sempre.
Stava diventando
patetico, era solo un grosso peso… ma non si sentiva
colpevole, non aveva scelto lui di trovarsi in quella situazione, di
certo non gli faceva piacere lo stato in cui era ridotto.
Slowly,
the days will pass and blur
I
cannot go back to the days, they are so far away
Un tocco gentile sulle
sue mani lo fece sobbalzare.
Guardò
Yutaka, che aveva delicatamente infranto la sua barriera contro il
mondo, con gli occhi lucidi di pianto.
Stava in ginocchio
davanti a lui, con le labbra schiuse in uno dei teneri sorrisi che
tanto amava, e gli teneva piano le dita lontano dal volto.
“Guarda
avanti, Takachan”
“Non
c‘è niente davanti a me…”
“Se continui
a piangere non vedrai mai nulla…”
Gli asciugò
le lacrime dal viso, sfregandogli le guance con i pollici.
Era incredibile quanto
somigliasse ad un bambino in quella situazione.
“Ti va di
uscire a fare una passeggiata?”
“No…
io…”
“Di cosa hai
paura?”
“…”
Hey, a
bird which has no wings
Why
are you at the window?
Why
are you still trying to fly?
Tell
me, please
“So che ce
la puoi fare, avanti…”
Takanori
preferì restare in silenzio, distogliendo lo sguardo da
quello di Yutaka.
Con che coraggio
riusciva ancora a guardarlo negli occhi? Con che coraggio riusciva a
parlagli ancora, e addirittura a quel modo, quando lui si sforzava di
aiutarlo in ogni momento della giornata senza smettere mai di
dimostrargli il suo affetto, continuando a ripetergli che lo amava
anche così, che nulla era cambiato?
E lo ringraziava
sfogando tutta la propria frustrazione su di lui, che subiva in
silenzio e sorridendo.
Quante volte lo aveva
svegliato nel cuore della notte, quante volte gli era rimasto accanto,
accarezzandogli i capelli e continuando a ripetergli di guardare
avanti, che nonostante le cose non potessero tornare come prima bastava
solo volerlo, per essere felici di nuovo.
I suoi occhi si
posarono su di una vecchia fotografia, l’unica che non aveva
voluto far togliere.
C’erano loro
due, se la ricordava ancora bene quella giornata.
Era primavera
inoltrata e la temperatura era piacevole, il sole brillava quasi tutti
i giorni e la voglia di stare in casa non c’era mai.
Avevano appoggiato la
macchina fotografica su di un grosso ramo, ma lui non si era accorto
che l’autoscatto era già inserito e
così era venuto fuori quello: metà della foto
coperta dal suo volto, un broncio assurdamente infantile e il volto
corrucciato in un espressione infastidita.
E poi Yutaka.
Rideva di lui, e di
gusto anche, baciato dal sole, seduto tra i fili d’erba e le
campanelle che spuntavano là intorno.
Tornò a
guardare davanti a sé, gli stessi occhioni color nocciola
che lo avevano osservato felici e divertiti, luminosi e vivi, ora
sembravano spenti dalla tristezza e dalla stanchezza per tutta quella
situazione.
Non se n’era
mai accorto, troppo preso a compiangere sé stesso per
guardare cosa gli succedeva intorno.
Yutaka viveva per due,
ormai.
A little bit more
A little
bit more I want to keep on dreaming
So, only
at this moment I want to rely on "your" voice
“Solo…
s-solo cinque minuti…”
Il grosso sorriso che
spuntò sul viso di Yutaka avrebbe potuto illuminare il mondo.
Si avvicinò
lentamente al suo volto, inclinò di poco la testa e
poggiò le labbra su quelle di Takanori.
Sapevano di sigaretta,
pensò il biondo, sigarette e menta.
Erano morbidissime e
calde, come le mani che in quel momento stavano risalendo lungo la sua
schiena per raggiungere i capelli.
Si sentì
stringere forte e si abbandonò al calore piacevole che
sentiva in quel momento, da quanto non riceveva un abbracciò
così?
The light
comes between the clouds
You,
on the other side
Are
you smiling?
Does
"this" voice reach you?
“Grazie…
grazie Takkun…”
Yutaka sciolse
l’abbraccio, guardandolo con gli occhi di nuovo vivi.
Takanori
sentì di poter sorridere ancora, nonostante non lo facesse
da un bel po’ di tempo.
Era bello vedere il
suo ragazzo nuovamente felice, bastava davvero così poco
perché il sorriso tornasse sulle sue labbra?
Aveva deciso, doveva
andare avanti, doveva farlo per Yutaka, che lo amava e che stava
facendo di tutto perché smettesse di piangersi addosso,
continuando ad essere sistematicamente ignorato, e nonostante questo
continuava a provarci senza arrendersi.
Yutaka si
alzò e fece il giro della sedia, poggiò gli
avambracci sulle spalle di Takanori e accostò il proprio
viso al suo.
“Ora
smetterai di guardare il mondo da una finestra,
Taka…?”
Lo sentì
rimettersi dritto e afferrare i manici della sedia a rotelle,
spingendola avanti e lasciandosi alle spalle il bianco delle pareti, un
letto sfatto e il silenzio.
Doveva guardare avanti.
A little bit more
A little
bit more I want to keep on dreaming
So, only
at this moment I want to rely on "your" voice
And to
say "good night" smiling.
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