Attraverso
sabbie infinite
Hueco Mundo
è un luogo
asciutto, sterile. E' grigio, privo di attrattive, e noioso. E' anche
il luogo che Ulquiorra chiama casa.
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Perché
sia stato scelto
come sua guardia del corpo non lo sa né gli interessa
particolarmente. Fa come gli viene ordinato e basta. In
realtà un
po' lo attira, anche se a parole non lo ammetterebbe mai. Oltre
l'interesse di Aizen, che riguarda solo i suoi poteri, è la
sua
personalità a intrigarlo.
La vede una o
due volte
al giorno. Mai a lungo, dentro e fuori, giusto il tempo di eseguire
gli ordini.
Ciononostante,
è colui
che Orihime vede più spesso. Mentre i giorni stemperano in
settimane, abbandona le sue reticenze, assomiglia di più
alla donna
forte che aveva catturato la sua attenzione. Lui sa che si dispera
per una qualche forma di contatto. Qualsiasi mezzo pur di alleggerire
la mente dai costanti quando e dove e cosa. Lui è
l'improbabile
candidato.
Lo impegna in
conversazioni. O almeno ci prova. Le sue risposte sono brevi e
mirate. Orihime fa vari tentativi. Alla fine, dopo molte sconfitte,
vi rinuncia del tutto.
Ora, quando
è sola parla
a se stessa. Parla della sua giornata e di quel che sta succedendo
sia dentro sia fuori di lei. A volte dice che vorrebbe essere
più
forte. A volte singhiozza e tira su col naso.
Ulquiorra non
origlia di
proposito ma sente in ogni caso. Non gli importa veramente cosa fa
finché non tenta qualche stupidaggine tipo scappare. Eppure
è
curioso e le chiede: «A chi parli quando sei sola?»
E' la prima
volta che le
pone una domanda estranea ai piani di Aizen o ai suoi compagni. La
forchetta di Orihime ghiaccia a metà strada dalla bocca.
«Co-come
lo sai?»
«Rispondi
e basta.»
Batte le
palpebre e
abbassa lentamente la forchetta sul piatto. «Mio
fratello»
risponde. «Parlo a mio fratello.»
«Tuo
fratello?»
«Sì.»
«E
dov'è?»
«E'
morto.»
La sua
risposta è breve.
Non assomiglia al chiacchiericcio passato e riesce a vedere che non
dice tutta la verità, che c'è di più
nella storia di quel che
rivela, qualcosa di doloroso e recente. A Ulquiorra non importa
granché. Non ribatte.
Orihime lo
fissa
apertamente. «Tu avevi fratelli?»
«Io
ho molti fratelli.»
«No»
scuote la testa.
«Non intendevo gli Arrancar. Mi riferisco a quand'eri
umano.»
Per poco
Ulquiorra non
ride alla domanda. «Quando ero umano?»
«Tutti
gli hollow sono
umani, vero? Tu non eri umano, una volta?»
Ulquiorra
s'irrigidisce.
Non risponde.
Orihime non
coglie.
«Ricordi chi eri?» insiste.
Per un attimo
prova
l'impulso di strangolarla. Premere le mani su quella gola bianca e
stringere la presa fino a che non possa più fare domande.
Invece
stringe la mano a pugno. «Presumi parecchio» le
dice «per essere
una che non sa molto. Ti suggerisco di tenere opinioni del genere per
te. Altri non sarebbero tanto gentili davanti a osservazioni sventate
come questa.»
«Osservazione
sventata o
no» risponde Orihime, gli occhi spalancati
«è la verità?»
Ulquiorra la
considera un
istante. Compie un passo verso di lei. Di riflesso, lei si ritrae.
Lui si china con un movimento fluido e recupera la forchetta che ha
fatto inavvertitamente cadere.
«Te
ne prendo un'altra.»
Per una volta,
la ragazza
rimase in silenzio quando se ne andò.
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Era stato
creato grazie
all'Hogyoku. Da Aizen e grazie all'Hogyoku. Ciò che era
stato prima
non lo sapeva, non aveva mai chiesto. Se era stato un hollow o un
umano o un umano prima di diventare hollow, il fatto restava ignoto.
Tutto ciò che sapeva era di esser stato creato da Aizen.
Cosa fosse
stato nel tempo prima della memoria, non ne aveva idea. Apparteneva
ad Aizen ora.
Odia la
domanda di
Orihime. Aizen lo ha "cresciuto"
educandolo a considerare gli Arrancar un'unica identità,
quasi
fossero parti di un corpo che lavorano insieme.
Ulquiorra
tocca il foro
sotto il suo collo. Passa la punta delle dita sul bordo liscio e si
chiede perché non sia frastagliato. Si meraviglia che un
pezzo
mancante possa avere una forma tanto perfetta.
E' ancora
più perfetto
delle sabbie grigie e infinite.
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«Perché
parli a tuo
fratello?»
Drenata dagli
ordini di
Aizen, che le hanno riempito il giorno, alza lo sguardo intontito dal
letto dove giace scomposta. Se è sorpresa dal suo improvviso
interesse non lo mostra. «Ancora questo?»
Ulquiorra
ignora la
domanda. «Hai detto che è morto.»
«Sì.»
«Perché
continui a
parlargli, allora?»
Orihime fa
spallucce nel
cuscino. «Sono convinta che possa ancora sentirmi.»
Ulquiorra
sbuffa.
«Stupida. Non può più sentirti. Non se
è stato mandato nella Soul
Society.»
Troppo stanca
per
discutere con lui, chiude gli occhi. «Immagino»
dice «che mi
faccia sentire meglio.»
«Meglio?»
«Meno
sola.»
Ulquiorra
grugnisce fra
il divertito e l'affascinato, come se qualcuno gli avesse appena
riferito una barzelletta creata per non far ridere.
Orihime riapre
gli occhi.
Lo scruta dal basso. «Perché?» chiede.
«Tu non lo fai?»
«No.»
«Perché
no?»
«Non
ce ne sarebbe
motivo.»
«Prego?»
«Non
c'è nessuno ad
ascoltare» spiega, paziente. «Stai solo parlando
all'aria.»
«Non
stai cogliendo il
punto.» Sbadiglia, pressoché addormentata.
«Il punto non è
assicurarsi che qualcuno ascolti. Il punto è parlare e
basta. A
volte aiuta a fingere che qualcuno ascolti anche se non è
così.
Aiuta a pensare di non esser sempre soli.»
Ulquiorra non
capisce il
suo modo di ragionare. «Che idea stupida.»
Orihime
sorride
debolmente. «Forse. Ma mi fa sentire meno sola, quindi che
importa
se è stupido?»
Lui non
afferra ancora.
Non ha mai saputo cosa significhi essere veramente soli e non crede
che lo scoprirà.
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Quando la
picchiano non
piange mai. Tanto meno si arrabbia o, se lo fa, non lo mostra. La sua
unica espressione è la tristezza, come se provasse
pietà per coloro
che la picchiano piuttosto che per se stessa.
Le Arrancar
femmina la
odiano più di tutti. Le dicono che è priva di
valore, debole. La
chiamano il cagnolino di Aizen e minacciano che non sarà
più carina
quando avranno finito.
Ulquiorra non
partecipa
mai né è presente ai pestaggi. Ma è
sempre lì per il prosieguo.
La osserva, silenzioso, mentre ferita e sanguinante sobbalza e
mugugna. Nessuna lacrima sfugge dalle sue palpebre.
Orihime, ha
intuito, non
piange mai per sé. Piange solo per le altre persone.
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«Ti
sembra mai di esser
l'ultima persona viva sulla faccia della terra?»
«No.»
«Bene»
dice, e lo
intende. «Bene.»
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Quando lui se
ne va,
strisciano nella stanza come ratti verso un pezzo di formaggio. Non
verranno quando c'è Ulquiorra. Non sono così
sciocche.
E nemmeno sono
abbastanza
sciocche da ucciderla o menomarla in modo irreparabile. Ematomi e
tagli andranno bene, piccole ferite cui non bastano che giorni per
guarire. Ad Aizen non importa cosa fanno se Orihime è ancora
in
grado di funzionare.
Si
sparpagliano quando
Ulquiorra accenna a tornare. Sanno che farebbe loro del male se le
sorprendesse.
Nonostante le
sue ferite,
Ulquiorra non offre aiuto. Né lei lo chiede. Silenzioso, la
guarda
ciondolare verso il letto.
Fuori
c'è la luna e
attraverso la finestra solitaria la luce bianca si riversa
all'interno. Tramuta le lacrime non versate in gocce d'argento.
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«Ti
senti mai in quel
modo?» le domanda, senza preavviso.
«Sentirmi
come?»
«Come
se fossi l'ultima
persona viva sulla faccia della terra.»
Orihime chiude
gli occhi.
Espira. «Ora sì.»
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Resta fuori
dalla sua
porta per il resto della notte e scaccia le ombre che scivolano sul
pavimento.
«Perché
mi odiano
tanto?» sussurra lei.
«Perché
nulla di bello
vive qui.»
I suoi
compagni cadono a
uno a uno. La prima è la shinigami, seguita a breve da
quello coi
capelli rossi. Poi Ichigo. Sorprendentemente, è il Quincy
colui che
combatte più a lungo.
Muore col suo
nome sulle
labbra.
Subito Orihime
non
piange. Non crede che possano essere morti.
Ulquiorra le
riferisce di
ognuno di loro in dettaglio. Non perché voglia torturarla ma
semplicemente perché disprezza la gente che non capisce e
accetta la
realtà. Ulquiorra non vive di false speranze o sogni o
qualsivoglia
immagine del futuro. Ulquiorra risiede nel mero presente.
Orihime ha
pianto davvero
molto per loro, dopo.
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Guarisce la
ferita
inflittagli da Ichigo. Non gli chiede dove l'ha ricevuta e lui non lo
rivela. Eppure, tiene gli occhi bassi e non gli parla per il resto
della giornata.
Ulquiorra
finge di non
accorgersene.
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E' stato
sufficientemente
senza cuore da dirle che Ichigo è stato ucciso.
Non
è stato abbastanza
senza cuore da dirle che è stato lui a farlo.
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Chad vive
più a lungo
degli altri. Invece che essere ammazzato, viene tenuto in vita. Con
un potere unico quanto quello di Orihime, Aizen è curioso di
sapere
come possa aver avuto origine. Fanno esperimenti su di lui per
giorni.
Orihime non
assiste mai
alla tortura ma la percepisce. Trema da capo a
piedi e sospira
di sollievo quando, alla fine, il suo reiatsu sbiadisce.
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Stupidamente,
aveva
pensato che venendo lì avrebbe salvato coloro che amava. E'
quasi
dolorosamente prevedibile. La buona madre pronta a sacrificarsi per i
"figli".
Ora
tutti i suoi figli sono scomparsi.
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«Penso»
dice un giorno all'improvviso, quasi si destasse da un sonno
profondo. «Penso che mi piacerebbe tornare a casa,
ora.»
Ulquiorra
la guarda attraverso lo spazio vuoto e il vuoto silenzio che si erge
fra loro. Lo costringe sempre a puntualizzare l'ovvio. «Non
puoi
andartene.»
La
bocca di Orihime si storce in una smorfia. «Cosa speri di
guadagnare
da tutto questo?»
«Il
signor Aizen desidera il mondo.»
«Non
è quel che ho chiesto» afferma, le dita che
deformano la veste. «So
cosa vuole Aizen. Ma cosa speri di ottenere tu?»
Ulquiorra la
fissa per un
lungo istante. Non ci ha mai pensato e il suo quesito gli causa una
contrazione viscerale, come lei se avesse scoperto qualcosa di
un'evidenza acuta che lui, in qualche modo, ha trascurato. Lo fa
sentire a disagio.
«Importa?»
Orihime gli
sorride,
triste. «No» dice. «Immagino di
no.»
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Parla a tutti
loro
adesso. Rukia, Ishida, Chad, persino Renji, che non conosceva poi
così bene. Fra tutti loro, però, è
Ichigo quello a cui parla di
più.
Ulquiorra
è abbastanza
osservatore da sapere che provava qualcosa per lo shinigami dai
capelli fulvi. Quasi vorrebbe avergli detto, prima di ucciderlo, che
lei lo amava. Forse lo avrebbe spronato a lottare più a
lungo, come
il Quincy.
O forse
è proprio il
motivo per cui Ulquiorra ha combattuto dando il meglio.
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«Parli
ai tuoi amici
ultimamente.» Esterna l'osservazione di punto in bianco,
incurante
del fatto che possa irritarsi per l'invasione del suo spazio
personale.
Orihime si
pulisce il
viso. «Sì» ammette.
«Cosa
dici loro?»
«Che
mi mancano.» Si
strozza un po', la mano accoccolata sulla gola. «E che mi
dispiace.»
«Dispiace
per cosa?»
«Per
averli fatti
uccidere tutti.»
Ulquiorra
sbuffa. Le
volta la schiena, diretto alla porta. «Non è stata
colpa tua»
afferma.
Orihime lo
guarda di
scatto. «Cosa?»
«Ho
detto che non è
stata colpa tua.» Si gira leggermente, abbastanza
perché veda il
profilo del suo volto. «Hanno preso una decisione autonoma,
venendo
qui» dice. «Che siano caduti o meno non ha niente a
che fare con
te. Non hai responsabilità per la loro morte.»
Per un attimo,
si aspetta
quasi che lo schiaffeggi di nuovo. Invece, anche se non sembra
convinta, sospira gentilmente. «Grazie per averlo
detto.»
Ulquiorra
lascia la
stanza, sentendosi a disagio nella sua stessa pelle. Avrebbe
preferito che lo schiaffeggiasse. Avrebbe saputo affrontare meglio
l'evento.
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Di notte,
dall'interno
della camera, viene un colpo sordo. Qualcosa è caduto e ha
colpito
il pavimento. Ulquiorra, l'attento cane da guardia di sempre, si
alza. Entra senza bussare.
Orihime
è per terra, ad
alcuni passi dal letto. Si muove a scatti, a spasmi, mormora parole
in uno stato scoordinato. I suoi occhi sono chiusi.
Ulquiorra si
protende su
di lei. Le sue labbra si muovono senza suono. Le dita scattano,
cercando di afferrare nei sogni qualcosa di molto lontano.
Dopo alcuni
istanti lui
si piega. Esita. Eccetto l'occasione in cui l'ha colpito, non ha mai
sentito il suo tocco né l'ha toccata.
Posa la mano
sul suo
braccio. Il foro sotto il collo inizia a bruciargli. Lo ignora con
forza.
La prende fra
le braccia.
Allo spostamento corporeo si sveglia.
Ulquiorra
ghiaccia. La
fissa.
Orihime batte
le
palpebre, stordita. Leva una mano. Dolcemente, tocca i segni sulla
sua faccia. «Lacrime» dice.
«Perché?»
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Il mattino
è accanto al
suo letto. Lei si agita nel sonno, borbottando per gli incubi. Le
tocca la fronte – per controllare se ha la febbre, si dice
– e
lei apre gli occhi.
Non si muove.
Si
osservano un lungo istante. Alla fine lui indietreggia.
«Parlavi
di nuovo a tuo
fratello.»
Lei tace.
Deglutisce.
«Ti
risponde mai?»
«Mai.»
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La differenza
fra loro,
pensa Ulquiorra, è che il mondo di Orihime è
pieno di scelte. Le
uniche conseguenze che Orihime deve affrontare sono le conseguenze
che si è tirata addosso.
Il mondo di
Ulquiorra è
pieno di ordini. Non ha conseguenze da affrontare poiché fa
solo
quel che gli viene detto.
Non ha mai
provato senso
di colpa perché nulla è stato opera sua. Orihime
è piena di colpa
perché, anche se l'ha costretta a compiere una scelta, ne ha
comunque presa una. Era una situazione in cui non poteva che perdere.
Qualsiasi cosa avesse fatto, ne sarebbe uscita sconfitta.
Indossi
il tuo foro all'interno, pensa e l'ascolta
parlare agli
amici morti attraverso la porta.
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«Per
favore.» Tremante
e madida, cade in ginocchio davanti a lui. Boccheggia contro le sue
scarpe. «Per favore» supplica, «aiutami a
fuggire.»
Lui retrocede,
fuori
della sua portata. «Sei al di sopra del prostrarti»
ribatte.
«Alzati.»
Come al solito
non gli dà
retta. Rabbrividisce sul pavimento, piccola e indifesa, così
diversa
dalla donna energica che ha visto in più occasioni.
La cosa lo
disgusta.
«Tirati su.»
«Mi
aiuterai?»
«Non
essere sciocca.»
Per un momento
tace,
trema silenziosa. Poi alza lo sguardo. «Se non vuoi
farlo» dice «me
lo lascerai uccidere?»
Sul suo viso
riesce a
vedere le perdite distendersi, in un foro perfettamente circolare.
«No.»
Quasi cerca di
afferrarlo, ci ripensa.
Ulquiorra la
osserva. Il
suo naso si arriccia. La ragazza odora di lacrime e disperazione e
cose perdute. Gli ricorda, stranamente, il buco che ha sotto il
collo.
Ulquiorra se
ne va perché
quello disgusta anche lui.
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Non torna
finché non si
è ricomposta del tutto. Silenziosa e pensierosa, siede con
le mani
morbidamente piegate in grembo.
E' Ulquiorra a
parlare
per primo. «Perché vuoi scappare?»
Orihime guarda
verso la
finestra aperta, dove il sole aspro fa luce ancora più aspra
sul
pavimento. «Già, perché»
mormora, come se parlasse a se stessa.
«Non
ti resta nulla là
fuori» continua lui. «Hai perso tutto.»
Non si ritrae
nemmeno,
alle sue parole. «Lo so.»
«Allora
perché vuoi la
libertà?»
Si volge.
Sorride un
sorriso triste, segreto. «Non lo sapevi?» dice.
«"Libertà"
è solo un'altra parola per "niente
da perdere".»
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In Hueco Mundo
non piove
mai ma oggi ci sono delle nuvole.
«Oggi»
dice. «Credo
che oggi sarà il giorno.» Si posa la mano sui
capelli, forse per
controllare che le sue spille siano ancora lì.
«Oggi?»
«Oggi»
annuisce. «Oggi
la farò finita.»
«Finita
cosa?»
Orihime non
gli risponde.
Invece lo guarda negli occhi. «Se attaccassi Aizen, mi
uccideresti?»
Ulquiorra
gela. Qualcosa
dentro di lui cade, come se una botola si aprisse. «E' questo
che
hai in mente?» domanda, cauto.
Orihime non
ribatte. Una
delle sue mani è chiusa a pugno sul cuore. I suoi occhi sono
grandi,
disperati. «Per favore» implora.
Ulquiorra la
osserva e
all'improvviso sa cosa significhi essere l'ultima persona viva sulla
faccia della terra. Chiude gli occhi.
«Sì» sussurra.
Lei gli
sorride.
«Grazie.»
Non si muove
quando si
protende verso di lui e il bacio che gli dà gli lascia il
collo in
fiamme.
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Ulquiorra non
ha mai
saputo cosa significhi essere soli perché non ha mai avuto
qualcosa
che appartenesse a lui soltanto. Mai ha posseduto qualcosa di
personale, soltanto per vederselo portare via.
Potesse
maledirla lo
farebbe, poiché è colpa sua se si sente
così. Ora però lei ha
chiuso, chiuso per sempre.
Alla fine,
Ulquiorra
capisce davvero quel che intendeva.
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«Parlavi
a qualcuno,
ieri notte» commenta Grimmjow.
Ulquiorra lo
scruta con
la coda dell'occhio, minaccioso. Non dice nulla.
«Con
chi eri?»
«Nessuno.»
«E
allora a chi
parlavi?»
Ulquiorra non
risponde
per un pezzo. «Nessuno» dice infine.
«Proprio nessuno.»
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Attraverso
sabbie
infinite, Ulquiorra avanza di un passo.
***
Note.
Non mi ritengo un'esperta di tecnicismi, quando si tratta di Bleach. Tuttavia sono
abbastanza scettica sull'attendibilità dell'uso
descritto per l'Hogyoku (alla luce delle recenti rivelazioni, gli
Arrancar diventano tali per autonoma conquista). Inoltre,
nell'originale il foro
da hollow di Ulquiorra
è collocato «nel» collo, non
«sotto»; ma ho preferito correggere visto che
né nel manga né
nell'anime si trova così in alto.
Infine... spero vi sia piaciuta
^^ quello dell'autrice è uno stile molto asciutto,
all'apparenza
ripetitivo; può piacere o non piacere, ma le idee e
il finale
sono a mio avviso validissimi. Fateci sapere!
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