Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa
fiction
non è stata scritta a scopo di lucro.
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Autore: beat
Titolo:
Nevermore – Mai più
Personaggi:
Kankuro, Temari, Gaara
Genere:
Introspettivo, Drammatico, Suspance
Rating:
Arancione
Avvertimenti:
One-shot, Non per stomaci delicati
Note Autore:
1- Ambientato non molto tempo dopo l'attacco di Deidara e Sasori al
Villaggio della Sabbia.
2- “What if..?”
per il fatto che, per esigenze di copione, Gaara qui non riesce
più a manovrare la sabbia.
3- Forse non è palesemente palese nel manga, ma è
mia
convinzione che Kankuro sia davvero attaccato a Gaara, e gli voglia
molto più bene di quanto non sia stato fatto vedere. O
almeno,
da questo punto della storia...
4- Seguendo le direttive della giudice, mi sono permessa di lanciarmi
in un “finale aperto a cui nessuno – se non i
posteri
– potrà dare l'ardua sentenza.” Lettori,
traete voi
la conclusione che più vi aggrada!
Introduzione che acchiappa:
(Nemmeno le mie acchiappano! ç_ç)
Quasi invidio Karasu.
Invidio quell'ammaccato
pezzo di legno.
Poche settimane e lui
sarà praticamente nuovo di zecca.
Bello e funzionante come
un tempo.
Prendo la sua testa e la
avvicino al mio volto.
Ci guardiamo dritti
negli occhi.
“Tu si che sei
fortunato, caro mio. Magari ci fosse qualcuno che sistemi anche noi
come io faccio con te!”
***
È proprio vero che i marionettisti ragionano
tutti allo stesso modo.
***
Nevermore - Mai
più
“Ehi, sei sicuro di farcela..?”
“Ma la vuoi smettere di preoccuparti? Sto bene! In che lingua
te lo devo dire?!”
“Scusa! Volevo solo esserne sicura!”
Sbuffo.
In sedici anni di vita non si era mai preoccupata così tanto
della mia salute.
Ma non sono contrariato, anzi, mi diverte molto la sua preoccupazione.
Rido silenziosamente, senza farmi vedere.
Se mi scoprisse, scommetto che mi riempirebbe di botte.
Odia quando la prendo in giro!
“Ce la fai a...”
“Temari!” la interrompo prima che possa finire la
frase
“Apprezzo la tua premura, ma stai diventando troppo
appiccicosa
per i miei gusti!”
Aggrotta le sopracciglia, e una sottile ruga le attraversa la fronte.
Tipica espressione di quando si sta innervosendo.
Istintivamente faccio un mezzo passo indietro, per cercare di
ripristinare una sorta di distanza di sicurezza tra i nostri due corpi.
Le sue reazioni quando è nervosa sono al novanta percento
delle
volte pericolose per la mia salute fisica.
Infatti, non posso non notare come la sua mano destra sia corsa
istintivamente all'impugnatura del ventaglio.
Non che voglia utilizzarlo seriamente, ma la mia amata
sorella ha scoperto anni or sono che poteva benissimo utilizzare il suo
gigantesco ventaglio come una clava, tirandomelo in testa ogni qual
volta io non fossi stato d'accordo con lei, o in qualche modo l'avessi
offesa.
Ho perso il conto di tutti i bernoccoli che quel maledetto arnese mi ha
causato!
“Temari...” provo a rabbonirla “Perdonami
sorellina...non volevo essere così brusco!
Eh...eheh..!”
“Brutto screanzato!” mi urla contro, cercando al
contempo
di colpirmi con il ventaglio. “Io mi preoccupo della tua
salute e
tu mi tratti in questa maniera?!”
Non ho cuore di farle notare che il suo comportamento sta mettendo, di nuovo, a serio
rischio la mia già cagionevole salute.
Scatto di lato, abbassandomi, e riesco miracolosamente ad evitare il
primo, devastante colpo.
Purtroppo la mia testarda sorellona non è una che si arrende
facilmente, e così mi trovo imbrigliato in questa assurda
lotta
– o per meglio dire, la nostra solita situazione per cui lei
cerca di colpirmi e io tento malamente di scappare – che come
sempre è nata da una sciocchezza.
Non oso nemmeno immaginare che accadrebbe se dovessimo litigare sul
serio!
L'inseguimento, perché questo diventa ogni sacrosanta volta,
purtroppo per me non dura molto.
Benché pochi minuti prima io sia stato così
spavaldo, il
mio corpo non si è ancora ripreso del tutto. Per cui mi
trovo
malamente ad inciampare, sopraffatto da un improvviso crampo alla gamba.
Soffoco a malapena un gemito e senza capire bene come, mi ritrovo
faccia a terra, ansimante e con la vista annebbiata.
Un'improvvisa fitta mi scarica stilettate di dolore lungo tutto il
braccio sinistro.
Prima che io riesca anche solo a pensare di girarmi, sento che Temari
mi ha preso per le spalle e con un gesto veloce mi volta. Sento le sue
braccia forti che mi stringono, protettiva.
Devo aver combinato un altro pasticcio se si sta preoccupando in questa
maniera.
“Kankuro! Oh, maledizione...stai bene?”
Cerco di risponderle di si, ma la voce mi si ferma in gola.
Ne esce solo un suono spezzato, dannatamente simile ad un gemito,
trattenuto a stento.
Il dolore al braccio è peggiore di quello che mi era
sembrato sulle prime.
Cerco di alzarlo per vedere in che situazione è, ma il solo
tentativo mi fa digrignare i denti dal dolore.
“No, sta fermo...” mormora mia sorella.
Alzò gli occhi sul suo volto.
È dannatamente preoccupata.
Sento che sta premendo le sue mani sulla ferita, e questo mi fa di
nuovo gemere dal dolore.
Non urlo solo perché non mi è ancora tornata la
voce.
Vedo gli occhi colmi di preoccupazione di mia sorella saettare
velocemente dal mio volto alla ferita. Non devo avere una bella cera.
Con quanto fiato ha in gola, la sento urlare. Cerca di richiamare
l'attenzione di chiunque in questo momento sia a palazzo.
Chiede aiuto.
Cavolo, devo essere davvero messo male!
“Te...Temari...”
“Shh, zitto. Non ti preoccupare. Andrà tutto
bene... Non è niente..!”
***
Giuro, appena posso uscire dall'isolamento forzato in cui mi ha
costretto quella mia troppo assillante sorella, prendo quel maledetto
mobile contro cui sono andato a sbattere e lo riduco a legna da ardere.
Dannato comodino!
Un taglio di quasi venti centimetri sul braccio!
Nemmeno Sasori era riuscito a farmi una ferita del genere!
Sospiro.
Tremo al ricordo di tanto dolore.
Fortunatamente la ferita non era poi così grave come
sembrava.
Temari si è presa un dannatissimo spavento a vedermi
così, riverso in terra e con uno squarcio lungo tutto il
braccio.
Povera sorella.
Si è presa un sacco di brutti colpi ultimamente.
Ha quasi
rischiato di perdere entrambi i fratelli nel giro di pochi giorni.
Le coperte mi soffocano.
Il dottore ha detto di starmene buono buono a riposo, per evitare altre
ricadute.
Già il fatto di essermi messo a giocare con Temari
all'acchiapparella non è stata un'idea troppo brillante.
Ma si sa, non sono io quello furbo in famiglia.
Con un gesto impacciato scosto le coperte.
Accolgo con piacere la sensazione di fresco che accarezza la mia povere
membra stanche.
...
Ok, forse sto diventando un po' melodrammatico.
Sta di fatto che non ne posso più di starmene a letto senza
poter fare nulla.
Beh, anche volendo non potrei fare poi molto senza l'uso di un braccio,
ma non ne posso davvero più di stare a letto!
Se solo Temari mi permettesse di uscire a prendere una boccata d'aria!
Non chiedo poi molto: anche i carcerati hanno la loro mezz'ora d'aria!
Io invece me ne devo stare qui, segregato nella mia stanza.
Mi sento prendere da un insolito fermento.
Balzo giù dal letto...o meglio, scendo dal letto con
un'agilità degna di una vecchia tartaruga. Sono una testa
calda,
è vero, ma pure io vorrei evitare i capogiri che poi fanno
stramazzare a terra.
Dovesse capitare di nuovo ed è la volta buona che Temari mi
lega al letto.
Faccio
preoccupare troppo la mia povera sorella ultimamente.
Con attenzione mi stiracchio.
Sento le vertebre della schiena schioccare in sequenza.
Con cautela muovo qualche passo sul pavimento.
Ottimo, tre passi e non sono ancora svenuto!
Mi aggiro ciondolando per la stanza. Per essere piccola è
davvero sovraffollata.
In effetti Temari non ha tutti i torti quando mi dice che ho troppa
roba in giro.
Ma che ci vuole fare?! Sono una persona molto impegnata, io, e non ho
mica il tempo di mettere sempre a posto ogni cosa.
E poi, parliamone, buona parte delle cose che sono in giro, sono in
giro per un motivo preciso, o non sarebbero in giro.
Trattengo tra i denti un'imprecazione quando il mio piede va a sbattere
contro qualche cosa che è per terra.
Cercando di limitare i danni, mi dirigo verso la finestra.
Le tende scure sono tirate e praticamente non filtra luce.
In effetti è pericoloso aggirarsi per la mia camera senza
vedere dove si mettono i piedi.
Se non sbaglio ho anche lasciato in giro una scatola di chiodi...
Non senza fatica arrivo alle tende. Con la mano libera le scosto.
Finalmente un po' di luce entra in questa mia povera stanza polverosa.
Provo ad aprire i vetri per cambiare un po' l'aria, ma l'imposta
è bloccata.
Maledizione a me e al fatto che non la riparo mai: con un braccio solo
non riesco a metterci abbastanza forza da sbloccarla!
Guardo in malo modo la finestra, come se il mio minacciarla con lo
sguardo potesse in qualche modo convincerla a sbloccarsi.
Gaara si aggira
nel cortile.
Con la coda dell'occhio vedo una macchia rossa muoversi dabbasso.
Mi avvicino più che posso al vetro per vedere meglio.
Gaara passeggia nel cortile verso cui è affacciata la mia
stanza.
Da qui non lo riesco a vederlo bene, ma capisco da come si muove che
c'è qualche cosa che non va.
Gaara non si aggira mai in quel modo.
Se proprio deve, passeggia con alterigia.
Invece quello che vedo ora è il mio povero fratellino che
cammina quasi a scatti.
Cammina, si ferma, sembra voler tornare indietro, cammina, non conclude
il passo. E si ferma di nuovo.
Posso solo immaginare come si debba sentire.
Quei maledetti figli di puttana gli hanno strappato via Shukaku.
Non che la cosa non mi faccia piacere...quel mostro stava distruggendo
Gaara...
Ma gli hanno comunque portato via una parte di se stesso.
Per quanto quella parte potesse essere terribile e nefasta, era pur
sempre una parte di Gaara.
Quei maledetti lo hanno fatto a pezzi.
E me lo stavano
portando via per sempre.
Sono passate quasi due settimane da quando abbiamo combattuto contro i
membri di quell'organizzazione, l'Akatsuki.
Eppure Gaara non sta per niente meglio.
Certo, fisicamente si è ripreso in fretta.
Molto più in fretta di me se è per questo, visto
che io sono ancora in convalescenza obbligatoria.
Nonostante sia stato fatto addirittura resuscitare, sta quasi meglio di
prima.
Però lo vedo, lo
sento, che non sta bene.
Troppo spesso si aggira, da solo, in quel cortile.
Da quello che so, da quando la delegazione di Konoha è
tornata a
casa, non ha ancora voluto vedere nessuno, a parte me e Temari e un
dottore che stranamente è entrato nelle sue grazie.
Passa il suo tempo da solo nella sua stanza, o ad aggirarsi inquieto
nel cortile.
So quello che sta facendo.
Sta cercando di
ritrovare se stesso.
Anche se non gli ho ancora parlato, so per certo che è
spaventato per quello che gli hanno fatto.
Gli hanno tolto Shukaku, e ora non può più
manovrare la sabbia.
Non come prima almeno.
Riesce a muovere solo la sua
sabbia.
E anche con quella ha serie difficoltà da quanto ho potuto
vedere.
Si sente
inutile.
Penso di capirlo.
Lui che era il Kazekage, il più forte di Suna,
ora è al livello di qualunque altro shinobi.
Vulnerabile come chiunque altro.
Mi allontano dalla finestra.
Odio pensare queste cosa di Gaara, ma non posso fare a meno di
preoccuparmi di lui.
Ora che gli hanno tolto quello che era, ho paura che non
sarà facile per lui riprendersi.
Ha sempre voluto essere come tutti gli altri...ma adesso?
Riuscirà
a diventare normale come gli altri o rimarrà schiacciato da
tutto questo?
Chiudo le tende con un gesto improvviso.
Mi sento nervoso e la cosa non mi piace.
Sono preoccupato.
Per Gaara, per me, per nostra sorella.
Troppe preoccupazioni.
Non so che cosa succederà.
Provo a pensarci, ma le varie eventualità mi opprimono il
cranio.
Sono troppe e troppe di queste non mi piacciono.
Mi aggiro nervosamente per la stanza.
Se mi muovo riesco a non pensare troppo.
Con la coda dell'occhio scorgo Karasu.
O meglio, quello che ne resta.
Baki è stato così gentile da farne raccogliere
tutti i pezzi, nella speranza che fossero riparabili.
Anche se non so ancora quanto il suo gesto sia stato utile.
La mie povere marionette sono davvero ridotte male.
Non ho ancora avuto cuore di mettermi a controllarle.
Volevo aspettare di essermi completamente ristabilito prima di mettermi
al lavoro, ma pur di pensare ad altro, mi metto a esaminare la mie
marionette.
Comincio a separare i vari frammenti, a seconda di quale marionetta
appartengono.
Sono davvero ridotte male.
Ci saranno almeno centinaia di pezzi diversi.
La testa di Karasu mi fissa con i suoi occhi vuoti dalla cima di un
mucchio indistinto di pezzi di legno.
Sento un sorriso mesto tirarmi le labbra.
Tristemente la guardo.
La mia marionetta preferita.
A costo di ricostruirla da zero, ce la posso fare a rimetterla in sesto.
Perché la conosco come il palmo delle mie mani, e posso
ricostruirne ogni singolo meccanismo.
Una lieve nota di sollievo mi risolleva il morale.
Perché
la marionette possono anche finire completamente a pezzi.
Ma basta un po' di lavoro e possono tornare come nuove.
Basta sostituire i pezzi danneggiati, buttare via quelli
inservibili.
Quasi invidio Karasu.
Lui tornerà bello e funzionante come un tempo.
Basterà lavorarci su un po' e sarà anche meglio
di prima.
Quasi lo invidio.
A lui basta
davvero poco.
Davvero poco.
È solo un pezzo di legno.
Un pezzo di legno che si può sostituire se si
rovina.
Un pezzo di legno a cui non serve altro che un po' di cura
di tanto in tanto.
Lui non ha bisogno d'altro.
Lui sarà sempre a posto.
Invidio quell'ammaccato pezzo di legno.
Poche settimane e lui sarà praticamente nuovo di zecca.
Bello e funzionante come un tempo.
Prendo la sua testa e la avvicino al mio volto.
Ci guardiamo dritti negli occhi.
“Tu si che sei fortunato, caro mio. Magari ci fosse qualcuno
che sistemi anche noi come io faccio con te!”
Sorrido alla testa.
Sto per rimetterla sul tavolo quando mi sfugge dalle dita.
Istintivamente allungo entrambe le braccia per prenderla.
Una nuova, terribilmente potente scarica di dolore si spande su tutto
il braccio ferito.
Mastico un'imprecazione tra i denti e chiudo gli occhi per cercare di
contenere il dolore ed evitare di bestemmiare a tutto spiano.
Stringo con la mano sana l'arto ferito, cercando invano di far cessare
il dolore.
Ma quello non sembra andarsene.
Se ne sta lì, fluttua attorno la ferita pulsante.
Mi mordo un labbro a sangue da tanto fa male.
Stramaledetta ferita!
Ci vogliono diversi minuti prima che smetta di farmi tremare dal dolore.
Odio stare così male.
Odio essere ferito.
Odio questo maledettissimo dolore che mi sta attanagliando le carni.
Come vorrei che smettesse!
Alzo gli occhi
e il mio sguardo incrocia quello vuoto di Karasu.
Dall'alto della sua indifferenza mi fissa come per deridermi.
Lui non proverà mai dolore.
È stato fatto a pezzi eppure eccolo
lì, ancora sorridente e spavaldo.
Perché lui tornerà a posto.
Tornerà a posto e per questo non ha problemi di
sorta.
Afferrò la prima lama che mi capita a tiro.
Un seghetto. Ottimo.
Strappo le bende, di nuovo zuppe di sangue, che mi fasciano la ferita
al braccio.
Le prendo con un gesto rabbioso e le lego poco sopra il gomito, strette
più che posso.
E per un attimo mi blocco.
Solo un attimo.
Un misero attimo.
Non serve più a nulla.
Bandita ogni indecisione.
Affondo il seghetto nella ferita.
Un lampo di dolore, accecante, mi toglie per un secondo la vista e mi
lascia boccheggiante.
Stringo i denti talmente forte che li sento scricchiolare. E spingo
più a fondo la lama. La carne dilaniata è rossa
più che mai sotto il mio sguardo. Spingo di nuovo.
La parte seghettata sfrega contro l'osso e un rumore sinistro si spande
nella stanza, silenziosa se non per i miei ansiti.
Affondo di nuovo, ancora e ancora.
Zampilli furiosi di sangue macchiano di rosso tutt'attorno.
Continuo il mio lavoro, il dolore non lo sento più.
Rido, rido felice per il sollievo.
Presto non avrò più di che preoccuparmi.
Presto avrò un corpo nuovo.
Un nuovo corpo che non sentirà più il dolore.
Un corpo funzionale che non avrà più problemi.
Sostituibile al cento percento.
Rido di nuovo, esaltato.
Che idiota a non averci pensato prima!
Un rumore nel
corridoio distrae la mia attenzione.
Sento al voce di Temari che mi chiama.
Dolce fortunata sorella.
Presto non dovrai più preoccuparti
per me.
Io starò bene.
Non sarò mai stato così bene!
Non capisco il perché di quello sguardo.
Ha gli occhi sbarrati, la mia cara sorella.
Fissa sconvolta
il mio braccio.
“Kankuro...” è solo un soffio, ma riesco
a sentire tutta la sua angoscia.
“Non preoccuparti, sorellina! Vedrai che presto
sarò come
nuovo! So che adesso non ha ancora un bell'aspetto, ma presto
sarà fantastico! Non mi romperò
più!”
Temari arretra.
Senza badare al sangue che imbratta tutto, mi alzo dalla mia posizione
per raggiungerla.
Voglio che sia partecipe anche lei della mia gioia.
La mia idea perfetta per sistemare una volta per tutte questo inutile
corpo difettoso.
“Ci sto ancora lavorando!” le spiego, comprensivo:
non
è mai stata molto portata per le marionette “Ma
vedrai che
in pochi giorni sarò come nuovo! Meglio di prima senza
dubbio!”
Mi fissa confusa e spaventata.
Allungo la mano ancora da sistemare, mi avvicino per cercare di
confortarla dalla sua ormai vana preoccupazione.
“Non avrai più nulla di cui
preoccuparti!” annuncio sicuro e deciso.
Temari fa un gesto improvviso e mi toglie il seghetto dalle mani.
Lo getto via, lontano nel corridoio.
Tenta di afferrarmi, ma mi divincolo.
“Che stai facendo?” le chiedo, infuriato.
Come osa cercare di interrompere il mio lavoro.
Lo sto facendo per lei,
perché non debba più preoccuparsi di nulla.
Non voglio che Temari debba continuamente preoccuparsi per i suoi
fratelli.
“Che stai facendo?” chiedo di nuovo, quando vedo
che invece
di darmi una risposta lei è rimasta ferma, quasi
boccheggiante.
“Te lo dovrei chiedere io, che stai facendo?!” mi
urla lei di rimando.
E prima di darmi il tempo di spiegarle con calma il mio progetto, mi si
avventa contro.
Il gesto è così inaspettato che perdo
l'equilibrio.
Finisco a terra e sento Temari sopra di me, che mi blocca i movimenti.
“Temari...levati...pesi...!”
“Sta zitto!” e senza dire altro si strappa l'orlo
della gonna.
Usa la striscia di stoffa per legarmi il braccio che stavo sistemando.
La guardo scioccato, e visto che a nulla servono le mie proteste, cerco
di togliermela di dosso.
“Smettila Temari! Devo finire il lavoro!”
Per un attimo lei mi fissa negli occhi.
È arrabbiata, ma ha gli occhi lucidi.
“Sei un idiota! Un pazzo stupido! Che cazzo stavi pensando di
fare, eh?!”
Mi arrabbio anche io.
“Lasciami! Devo finire il lavoro!”
Con un colpo di reni riesco a liberarmi dalla presa di Temari.
Mi rimetto in piedi e in un attimo sto correndo via.
Se non vuole lasciarmi finire in pace, non mi resta che andarmene in un
posto tranquillo. Da solo lavorerò meglio.
Corro lungo i corridoi del palazzo, dirigendomi verso il seminterrato.
Là, il mio laboratorio ha tutti gli strumenti che mi
occorrono.
E se non ricordo male devo avere anche una bella scorta di legno di
prima qualità.
È da un po' che avevo in mente di costruirci una nuova
marionetta, e finalmente posso farlo.
Costruirò la migliore marionetta di sempre!
In lontananza sento Temari che urla qualche cosa, ma ora come ora non
mi interessano i suoi schiamazzi. Nel mio laboratorio starò
tranquillo.
Sono quasi arrivato, ma proprio all'ultimo angolo mi imbatto in Gaara.
Dapprima mi guarda con una certa nota di rimprovero negli occhi:
immagino che sia perché stavo correndo come un matto in casa.
Gaara non sopporta la gente che fa trambusto.
“Kankuro...”
Gli rivolgo un sorriso di scuse per il mio comportamento inadeguato.
Ma lui, stranamente, non dice nulla.
Di solito mi rimprovera – in una maniera tutta sua, fatta di
sguardi penetranti e silenzi carichi di sottintesi.
Adesso invece è come se fosse...sorpreso. Il che
è strano per Gaara.
“Kankuro...” mi richiama per la seconda volta, ma
adesso la
sua voce ha una nota di...preoccupazione. Non credo di avergliela mai
sentita, e non trovo definizione migliore per quello che ho sentito
nella sua voce.
“Si, Gaara? Che c'è?!”
Lui indica il mio braccio.
Quello che sta fastidiosamente
gocciolando per terra.
“Ah, si! Temari mi ha interrotto mentre lo stavo sistemando.
Stavo giusto scendendo nel mi laboratorio per finire il
lavoro!”
Non credo che Gaara mi abbia capito.
Continua a fissare ora il braccio ora il seghetto che tengo nell'altra
mano.
Poi finalmente alza gli occhi verso di me.
“Cosa stavi facendo?”
“Stavo sistemando il braccio! Questo non funziona
più a dovere! Lo voglio sostituire con uno nuovo!”
“Perché?”
La domanda mi spiazza.
Come sarebbe a dire “perché”?!
Non era forse chiaro?
Devo riparare i danni!
Gaara sembra
proprio non voler capire.
Fissa con gli occhi dilatati il mio braccio.
Proprio non capisco che cosa gli stia succedendo.
Perché sia così perplesso e sconvolto.
Povero fratellino mio.
Come non sopporto il suo stare male.
Mi si spezza il cuore quando lo vedo così
sofferente.
Non dovrebbe soffrire.
Non voglio che soffra ancora.
Ho giurato che lo avrei protetto.
Stringo più saldamente il seghetto tra le mani e mi lancio
contro Gaara.
L'ho sorpreso.
Cavolo, non credevo che un giorno sarei riuscito a prenderlo di
sorpresa!
Senza la sua sabbia a proteggerlo, ormai qualunque cosa lo
può colpire.
La lama affonda nel suo corpo senza incontrare resistenza.
Gaara urla per il dolore causato dalla lama.
Lui più di chiunque altro non è abituato al
dolore delle ferite fisiche.
Sorrido tristemente.
Povero il mio caro fratellino.
Farò in modo che questo non accada più.
Cerca di allontanarmi, ma la mia stazza non glielo permette.
“Non preoccuparti, fratellino” cerco di
tranquillizzarlo
“Presto anche tu sarai nuovo di zecca. Ti
sistemerò io.
Farò in modo che tu non debba mai più
soffrire!”
Si, quello è il mio compito.
Aiutare Gaara in tutti i modi possibili. E fare in modo che non soffra
mai più.
Gli regalerò un corpo tutto nuovo.
Un corpo con cui non sentirà più dolore.
Starà di nuovo bene.
Tornerà ad essere il Gaara di prima.
E dopo di lui sistemerò anche il mio di corpo.
Prima Gaara però: è lui che sta soffrendo di
più al momento.
E quando avrò finito, non avremo più nulla di cui
preoccuparci.
Temari non dovrà più preoccuparsi dei suoi
fratelli.
Non correremo più il rischio di rimanere feriti.
Non la faremo mai più preoccupare.
Staremo sempre bene.
Per sempre.
Nessuno di noi
dovrà più soffrire.
Io non lo posso permettere.
Non...non voglio.
Nessuno soffrirà più.
Mai più.
Mai più.
Affonda la lama.
Affonda nella carne.
La taglia, la separa dalle ossa.
Affonda la lama.
Per togliere tutta la sofferenza.
Per stare di nuovo bene.
Affonda la lama.
Si delizia del sangue che mai più dovrà scorrere.
Per portare finalmente la serenità.
Affonda la lama.
Affonda la lama.
Affonda la lama.
Affonda la lama.
Affonda la lama.
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Angolo dell'Autrice:
Il primo commento che lascio è il seguente: O numi
santissimi! *-*
Perché, ebbene sì, questa storia che avete appena
letto si è classificata prima
al contest "What
about OOC?" indetto da Happy_Pumpkin.
Prima...
Ancora non ci credo! *_*
Sono strafelice, perché questa è una storia a cui
tengo tantissimo.
Kankuro è il mo personaggio preferito, e io personalmente
adoro scrivere codeste cose un pò malate, molto angst e con
parecchio sangue. Il mix perfetto, per me! v__v Perché anche
io sono pazza! XD
No, scherzi a parte, sono davvero soddisfatta.
Quindi, un grazie infinito alla giudice per la valutazione precisa e
dettagliata, e per avermi dato l'occasione di scrivere questa storia!
Riporto qui sotto il suo giudizio:
Stile e grammatica: 9/10
Personaggi IC: 10/10
Personaggi OOC: 9,5/10
Trama: 8,5/10
Giudizio personale: 5/5
Totale: 42/45
Questa è una fanfiction dalle tinte cupe, nonostante
all'inizio la narrazione di Kankuro abbia una punta di esilarante
ironia che lo caratterizza in pieno.
Ammetto che seguire la psicologia del marionettista di Suna mi ha
coinvolto, in quanto è stato un vero e proprio viaggio in
una mentalità che sente, pensa, che è
terribilmente vicina ai suoi fratelli e a quanto accade loro.
Condivido anch'io ciò che pensi riguardo a Kankuro:
è attaccato a Gaara, molto più di quanto non sia
mostrato nel manga, e per lui sarebbe disposto davvero a tutto, persino
a sacrificare se stesso. Vedere un Gaara provato dall'estrazione del
demone lo fa riflettere su tante cose, tanti significati di quella che
è la vita per l'essere umano; a questo proposito ho trovato
perfettamente calzante il paragone del corpo umano con quello della
marionetta: quest'ultima se si rompe può aggiustarsi e
ritornare esattamente come prima, il corpo umano no.
La graduale pazzia di Kankuro, lucida e quasi spaventosamente razionale
negli obiettivi che il ragazzo si prefigge, è descritta in
maniera vivida, così come le motivazioni che portano il
ninja a mutare; splendidi caratterialmente sono anche gli altri
personaggi: Temari, preoccupata, che un po' bruscamente e in modo
ossessivo cerca di proteggere i propri fratelli; Gaara, inquieto,
intento ad aggirarsi nella notte sentendosi svuotato: quando affronta
il fratello e lo sente diverso, folle, è semplicemente lui.
Gli occhi appena sgranati, i silenzi, l'immobilità
nell'assistere alla scena.
Lo stile è molto buono e soprattutto splendidamente adatto
per delineare i pensieri di Kankuro, essendo la narrazione in prima
persona: ogni discorso da lui fatto è verosimile e
perfettamente attinente alla sua personalità. Anche la
grammatica è a un ottimo livello, eccetto per alcuni errori,
ma nulla di compromettente per la gradevolezza della lettura
complessiva.
Un'interessante e coinvolgente storia incentrata sui ragazzi di Suna,
con protagonisti davvero ben caratterizzanti e un cambiamento
psicologico di Kankuro con motivazioni analizzate e conseguenze che,
anche se un po' scontate, catturano il lettore. Complimenti.
Fatemi sapere i vostri commenti, pareri o
critiche!
Grazie a chi vorrà lasciare una recensione e a quanti
leggeranno e basta.
Beat
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