Era l’alba. [Ricordo].
Il sole scendeva
pigro
all’orizzonte, diffondendo un tenue bagliore viola.
Insano.
[E sul suo
viso, un
sorriso inumano].
C’erano tre
statue ai margini del bosco, [di carta,
cenere e cristallo], le scritte tendevano ad indicare
realtà parallele.
O forse solamente altre persone lontane.
Aveva l’abitudine, ogni
mezzanotte, di prendere coraggio e
buttarsi da un pozzo, ma puntualmente due ore dopo si risvegliava, [ed era di nuovo sola nel bosco].
Ed allora immobile, attendeva la sua
voce silenziosa,
attraverso il vento.
Ed avrebbe atteso
l’eternità, per un solo istante del suo
tempo.
[Come
può una bambola
rotta, attendere per sempre un’inesistente spettro?]
Come può, mi chiesi, non
temere quest’assordante silenzio?
L’ineluttabilità
delle cose, l’insensatezza
del moto
perpetuo.
Piccola. Fragile. Deforme.
Era il tramonto. [Ricordo]
Pallido all’orizzonte,
sembrava arrampicarsi con le dita
insanguinate, un baluginio inverso.
Distorto.
[E fu
alzandosi, che vide
tramontare un sogno].
C’erano tre
fiori
vermigli in riva al fiume, [con petali
traslucidi], sembravano indicare un punto di contatto.
Il cerchio delle fate.
Non ricordate, le urla sommesse nella
notte? [E le risate!] Il profumo di
legna che
brucia, le favole; e le menzogne
pronunciate per diletto!
Lei, lei rideva!
Prendeva le sue memorie, gettandole
tra la folla; come
brandelli di carne in pasto a voraci belve.
Si apriva il petto [ed
era solo porcellana e cartongesso! Briciole, frammenti].
Decisa. Luminosa. Forte.
Osservava il mondo cibarsi delle sue
parti più vere; [come stupide
favole per bambini].
Non capiranno. Rideva!
[Ed era
sola. Nella
folla. Comprendere l'incompreso.]
Una clessidra, un pendolo.
Il rintocco d’un campanile
lontano.
La polvere sullo scaffale
più alto.
Ed ora di lei resta solo una bambola.
Nient’altro.
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