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In the elevator
Immaginatevi la scena: 15
agosto, un caldo infernale, l'asfalto che si scioglie per le strade, i
negozi sprangati, balle di fieno che rotolano per strada nel più
perfetto stile Far West, chi potrà mai essere l'idiota che tiene
aperto un bar grosso come uno sgabuzzino in una città vuota?
Semplice, il suo capo!
E con suo, per l'esatezza s'intende il capo di Karin Itou.
Aveva passato otto ore
dentro quel bar-sgabuzzino, nel quale faceva più caldo che
fuori, visto che non c'era neanche una finestrella, una feritoia, o
qualcosa che assomigliasse vagamente ad una aperturia d'aria.Era un po'
come trovarsi dentro un forno a micronde puntato alla massima potenza,
e tutto per un misero cliente.
Solo verso le cinque era
riuscita a convincere Bunzo, il suo invasato ed ottuaguenario titolare,
a chiudere, e lei era finalmente riuscita ad uscire da lì.
Dopo mezz'ora di camminata, quando finalmente arrivò a casa era completamente madida di sudore.
La maglietta viola gli
aderiva come una seconda pelle, e aveva numerose, ed decisamente
anti-estetiche chiazze di sudore un po' ovunque.
Fortuna che in giro non ci
fosse praticamente nessuno, altrimenti vedendola conciata in quella
maniera qualcuno avrebbe potuto scampiarla per la mucca della Milka.
Entrò nel
portoncino, arrancò sulle scale del pianerottolo, premette il
pulsante di chiamata dell'ascensore con un gemito di dolore, e dopo
un'eternità:
Plin
L'ascensore arrivò
al piano annunciato dal consueto suono simile ad uno scampanellio,
oscenamente fastidioso per Karin, e le porte scorrevoli si aprirono con
il loro famigliare swum, e Karin si ritrovò davanti Suigetsu Hozuki.
L'inquilino del piano di sopra al suo.
Quello tanto dolce e caro, che tutto il palazzo adorava, ma che lei non poteva vedere.
Quello che sparava la
musica a tutto volume la domenica notte, non facendola dormire e
facendola arrivare a lavoro il lunedì mattina con due occhiaie
stile panda sponsor WWF.
Quella carogna che fumava nell'ascensore ogni qualvolta ci saliva lei, trasformandolo in una camera a gas.
E che per giunta in quel
momento era fresco e profumato come una rosa, senza un'accenno di
sudore, nonostante fuori ci fossero quasi quarantacinque gradi
centigradi.
Cosa che fece aumentare di almeno tre tacchette l'odio di Karin nei suoi confronti.
Preso un bel respiro, Karin varcò la soglia dell'ascensore, entrandovi all'interno.
Era troppo stanca per fare le scale.
E poi quanto mai poteva durare il tragitto su uno stupido ascensore?
Quaranta?Cinquanta?Sessanta secondi?
Per sessanta secondi ce la faceva a sopportarlo.
Premette il tasto quattro, e immediatamente le porte si richiusero con il solito swum.Con
i consueti rumori d'ingranaggio l'ascensore partì, superò
il primo piano, il secondo, quando un'inquietante suono simile ad un sneeak risuonò nella cabina di metallo, che si bloccò con uno scossone.
Insieme all'ascensore si bloccò anche il cuore di Karin.
No!
Che cavolo stava succedendo?
No!Non poteva accadere davvero!Era un incubo!
<< Si è
bloccato >> , annunciò Suigetsu con voce piatta come se
stesse dicendo "Fuori c'è il sole".
Il nervoso, e la preoccupazione di Karin si convertirono in un secondo in un ascesso d'ira.
<< Ma dai!! Non l'avrei mai detto! >>
Sputò irosa, velenosa e sull'orlo di una crisi di nervi.
Cavolo, non si era mai
accorta che il suo vicino oltre ad essere un possibile candidato per
Mister simpatia fosse anche il novello Einstein.
Suigetsu si limitò a
rispondere alla sua frecciatina con un'occhiataccia astiosa, per poi
premere il tasto rosso con su scritto Allarm.
Il campanello d'emergenza iniziò a suonare, forte, acuto, rimbombando per le massiccie pareti dell'intero palazzo.
Ma era il 15 agosto, ed il palazzo era vuoto.
L'intera città era vuota.
"Cacchio, e adesso?" , pensò Karin...
To be continued
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