L’unica cosa che sento sono i miei passi che risuonano per i
gradini trasparenti, e mi sembrano come irreali. Tutta la situazione mi sembra
irreale.
Se c’è una cosa che non capisco ancora totalmente è
sicuramente la morte. Tante volte ne ho arrecato, troppe, e probabilmente
ucciderò ancora; nonostante questo, non capisco quali leggi governino la tanto
temuta morte.
I miei amici sono rimasti a guardarmi in silenzio, non si
sono nemmeno permessi di avvicinarsi a te, e non hanno detto una parola mentre
io toccavo la tua ferita ancora incredulo, ti mettevo in ordine i capelli e ti
prendevo sulle mie braccia. Mi sembra di sentire ancora il tuo calore, che
invece è andato via del tutto.
Ora, sei così fredda…
Nessuno si è permesso di seguirci. Bene, perché se c’è qualcuno
che in questo momento può permettersi di fare qualcosa, quello sono solo io.
Non penso loro sappiano realmente cosa provo in questo momento. Ora come ora
non lo definirei dolore nel senso proprio del termine. Non sono stato abituato
a provarne verso gli altri, in nessuna occasione. Quello che provo ora è
qualcosa di indefinito, come un’ombra che ti segue fedelmente ma che non fa
parte di te.
Ma sto sentendo una sensazione nuova, e non è piacevole.
Devo persino capire cosa eri…cosa sei per me.
Ti amavo? Non saprei dirlo, non ora.
Ti amo? Non lo so, non credo.
Pensandoci bene, non so nemmeno cosa significhi amare, io.
Eppure quello che provo nei tuoi confronti l’avrei chiamato amore, fino a poco
tempo fa. Ma forse, devo solo crescere ancora, per imparare cosa vuol dire
realmente amare qualcuno.
Il tuo corpo, che tengo fra le mie braccia, non mi pesa. Ti
trasporto quasi con apatia, come se tu fossi qualcosa che non conosco, qualcosa
che non mi appartiene. Ed è così, in fondo.
Tu non eri mia, non lo saresti mai stata nemmeno se avessimo
tentato. È destino, penso: tutto ciò che mi sta intorno prima o poi va via. È
stato così da quando sono nato. E l’ultima sei tu.
Cammino ancora per questa città deserta, dove tutto mi
ricorda di te. Qui è la tua casa, la tua vera casa, e qui sei morta. Sento
qualcosa di caldo che bagna le mie mani. È appiccicoso; lo riconosco subito: è
sangue.
Ne ho visto così tanto nella mia vita che ormai non mi fa
più effetto.
Oh, se esistesse un paradiso, io non ci entrerei davvero. Quante
persone ho ucciso con le mie azioni? Non riesco nemmeno a ricordare. E mi sento
stupido pensando che il mio sogno era fare il soldato. Per cosa?
Per uccidere altre persone? Non sono meglio di un mostro,
io.
Buffo, la mia coscienza si è risvegliata proprio ora,
proprio quando è troppo tardi. Forse sei tu che…
Il mio pensiero torna con violenza al tuo corpo esanime tra
le mie braccia. È come un improvviso colpo al cuore, e solo ora mi accorgo
quanto mi fa soffrire tutto ciò.
È assurdo, è stupido!
Mi sorridevi, pregavi, eri felice. Avevi trovato la tua vera
casa, una ragione per combattere, avevi trovato amici, sicurezza…
E ora hai un ghigno grottesco in faccia. Un incrocio tra un
sorriso e una smorfia di dolore. Sembreresti addormentata se non fosse per quella
smorfia.
Sapere che stai solo dormendo mi faciliterebbe tutto, invece
di farmi provare questa orrenda sensazione, quella che mi fa sentire nudo,
esposto a tutto, impotente e debole più di ogni altra cosa. Mi chiedo come
faccia ancora a trasportarti; mi sento le braccia e le gambe molli.
Forse avrai pensato a questo mentre venivi trafitta da
quella lama, avrai pensato come mai io non avessi provato nemmeno a salvarti.
Ho indovinato?
Che stupido sono…non puoi rispondermi. Sembra che tu voglia
tormentarmi in questo momento, vuoi riempirmi la testa di idee che non
esistono, solo per farmi sentire in colpa, così imparo la lezione, così avrò
per sempre il rimorso di non aver fatto niente per salvarti.
Respiro profondamente, e provo rabbia come non ne avevo mai
provato, sento disperazione come non ne avevo mai sentito, capisco che tu sei
qualcosa di più di quello che io credevo che fossi.
E tu continui a mostrare quel brutto ghigno, che sembra si
trasformi in una risata sorda, perché è colpa mia se sei morta, non è colpa di
quel pazzo che ti ha trapassato con la sua spada.
È colpa mia…
Cielo, che cosa stupida la morte. Ti butta in faccia tutto
quanto quello che nascondevi, ti fa capire quello che non capivi, che non
volevi capire, ti riempie la testa di domande a cui solo il corpo muto che hai
di fronte può risponderti.
È molto di più del solito “ora ci sei, ora no” al quale
l’esercito mi aveva abituato, e mi riesce difficile ora continuare a pensarlo
vedendoti.
La morte l’ho sempre vissuta come qualcosa di lontano,
qualcosa che mi toccasse solo superficialmente, che davo ma che non ricevevo.
Ma chi sono io per poter decidere se un uomo debba vivere o morire?
Basta solo che io riveda il tuo corpo, e il mio stomaco si
stringe. Perché tu, tu che più di ogni altro ti meritavi di vivere? Ci sono
tante persone che meritano la morte e sono ancora su questa terra, mentre tu,
che dovevi vivere, giaci sopra le mie braccia. Dovrebbe venirmi voglia di
piangere, eppure non ne ho. Non ho pianto nemmeno quando mia madre morì. Non
perché non provassi nulla, ma semplicemente perché non capivo perché dovevo
piangere. In fondo, cos’è la morte se non l’eterno riposo da questa vita?
Ovunque tu sia, penso che sarai più felice che in questo mondo. Non avere
paura, questo è il mio consiglio. Prima o poi, ci rincontreremo, no?
Non so se avevi paura di morire, non ne abbiamo mai parlato.
Be’, io non ne ho, nemmeno un po’. Ho sempre avuto più paura di vivere.
Ma ora, guardandoti negli occhi semi aperti, vengo preso dal
terrore. Non voglio morire adesso. Vorrei morire dicendo di aver vissuto
realmente la mia vita. Forse era anche il tuo desiderio, ma non hai potuto
realizzarlo.
Entro nell’acqua. È gelida, eppure non m’importa. Le punte
dei tuoi lunghi capelli si bagnano. Ora sono nell’acqua fino alla pancia,
vestito nella mia divisa da soldato che odio.
Oh, mi sembra tutto così stupido e assurdo! Fino ad un
attimo fa mi sorridevi, ora sei soltanto un corpo freddo tra le mie braccia.
Non potrai più parlare, non riderai più, non piangerai più, non chiamerai più
il mio nome…non sentirò più la tua voce…e dovrai riposare per sempre da sola,
in questo posto.
Ho deciso quale sarà la tua sepoltura. Non c’è tempo per
piangerti, non c’è tempo per metterti sotto terra, ho solo il tempo di
adagiarti in questo specchio d’acqua. Ti giungo le mani sul petto, ti chiudo
gli occhi e provo a togliere quell’orrenda smorfia dal tuo viso. Per fortuna ci
riesco, ora sembri sul serio addormentata.
Il tuo corpo va a fondo lentamente, mentre il sangue tinge
di rosso l’acqua intorno a te. Le tue braccia giunte si aprono in un abbraccio,
come se tu volessi darmene uno prima di andare via da me per sempre.
E se provassi a raggiungerti?
No…non devo…devo vendicarti, anche se tu saresti contraria a
questo. Non riesco a pensare che il tuo assassino sia libero per il mondo a
procurare solo dolore. Lo fermerò, te lo giuro, lo fermerò.
Non l’avrà vinta, non contro il mio dolore, quello dei
nostri amici.
Spero tu riposi in pace, e spero che ora tu sia felice.
Mi rendo conto che non ho pianto nemmeno stavolta, nemmeno
per te… Forse sono davvero il soldato dal cuore di ghiaccio che dicono, forse
io sono su questa terra solo per far soffrire.
Ma di una cosa sono sicuro: non ti dimenticherò.
Addio.
Un giorno ci rincontreremo, e finalmente saremo felici.