t.s.e.CAP1
Questa è la rielaborazione di una storia che avevo
già
scritto (fra l'altro di più di 400 pagine!), la sto rendendo
più consistente ed elaborata, ampliando le vicende e dando
più spazio alle voci interiori della protagonista.
Vi auguro buona lettura!
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Capitolo I
SHINY HAPPY PEOPLE
- Wake up! The sun is shining and you need to see this beautiful day! -
per
qualche assurdo motivo Walter era piombato in camera mia.
- Ma sono le sette del mattino! Ci sono due raggi debolucci e non
è per nulla
un bel giorno... - borbottai tirandomi le coperte fin sopra le orecchie.
- Andiamo ghira! Come fai a non essere felice?! E' il primo giorno di
scuola! -
saltellava come un bimbetto per la stanza, nonostante avesse
diciott'anni.
- Sai che meraviglia... - mi misi a sedere strofinandomi gli occhi,
ancora
annebbiati dal sonno.
- Anno nuovo, vita nuova! Persino tuo fratello è
già pronto - rise, poi uscì
canticchiando.
Se mio fratello era già pronto era un miracolo.
Walter è il migliore amico di mio fratello, nostro vicino di
casa e cugino
della mia migliore amica.
Insomma, un legame inevitabile!
Sentii dalla cucina Walter e mio fratello Simone cantare sguaiatamente
"Shiny happy people" dei REM.
Non potei fare a meno di ridere.
Lo zaino, per fortuna, avevo avuto la provvidenza di prepararlo la sera
prima,
così afferrai il primo paio di jeans che mi passò
sottomano e una maglietta
monocromatica verde smeraldo.
In bagno rimasi un attimo a fissare il mio riflesso: santo cielo!
I capelli erano un disastro, spettinati e arruffati, gli occhi rossi,
un
principio di occhiaie e, proprio in mezzo alla fronte, campeggiava un
bel
taglio che mi eri procurata due giorni prima cadendo dalle scale.
Decisi che quella mattina avrei lasciato perdere.
Scesi in cucina.
Simone e Walter si erano acquietati, entrambi facevano colazione con
una
tazzina di caffè e dei biscotti integrali, mia mamma sedeva
a capotavola, sorseggiando assorta il suo caffè, mio padre aveva il giornale aperto davanti a se' e beveva
distrattamente una tazza di tè.
- Margherita? - domandai, notando l'assenza della mia chiassosa ed
irritante
sorella gemella.
- E' in bagno - rispose papà chiudendo il giornale e
alzandosi.
- Io vado, ragazzi, buona giornata - si sporse per baciare la mamma e
poi uscì.
- Mi porti tu a scuola? - domandai a Simone, che annuì,
dicendo che saremmo
passati a prendere anche Federica e Mattia.
- Bene! - la mia giornata si era illuminata.
- 'giorno - era lei, mi voltai.
Era perfettamente identica a me e proprio per questo
motivo aveva cercato di
rendersi il più differente possibile: entrambe siamo bionde
di capelli, ma lei
si è tinta di castano scuro e li porta corti sulle spalle, i
miei sono lunghi
fino alla vita, io li porto lisci, lei se li arriccia, io vesto in
maniera più
semplice e "alternativa", lei sempre firmata e "in". Le
uniche cose che non può cambiare sono il peso, l'altezza e i
nostri occhi
bicromatici, uno verde e uno blu.
Risposi con un sibilo fra i denti.
- Come on! Smile Maggie, that's the best day ever! -, lei lo
fulminò con lo sguardo.
Nemmeno Margherita era contenta di ritortnare a scuola dopo tre mesi di
aria
aperta, amici e pomeriggi liberi. Non potevo che essere d'accordo con
lei.
- Parla per te, scimmione - ringhiò.
- Maggie! - la rimproverò mamma, lei scrollò le
spalle.
- Fra dieci minuti viene a prendermi Geremia - disse, supposi rivolta a
nostra
madre.
Geremia era il suo stupido ragazzo maggiorenne, che la scarrozzava in
giro ogni
volta che lei gli faceva gli occhioni dolci.
- Come mai così presto? -
- Perchè poi passiamo anche a prendere Linda, Barbara e
Jacopo, che abitano nel
Viale di Santa Caterina -
- Bene... - mamma, però, era sospettosa.
Sinceramente, gli spostamente di mia sorella mi importavano molto poco.
L'unica
cosa che mi premeva al momento, era andare a scuola.
Non potevo crederci, eravamo già al quarto anno!
- Che materie avete oggi? - ci chiese Walter.
Sia io che mio fratello, frequentiamo il Liceo Classico, mentre Walter
e mia
sorella il Liceo Scientifico.
- Io inizio alla grande: due ore di italiano, inglese, greco e fisica -
borbottò Simone.
- Ah! Noi usciamo a mezzogiorno - risi, lui mi fece una smorfia -
Comunque
abbiamo storia dell'arte, biologia, greco, inglese e religione -,
un'orario
decisamente blando.
- Andiamo a lavarci i denti, poi andiamo... devo correre a prendermi il
mio
banco - sentenziò Simone, così andammo a
terminare i preparativi.
Uscimmo di casa alle sette e venti.
- Non dobbiamo prendere nessun'altro, vero? - chiesi sedendomi sul
sedile
posteriore, mentre mio fratello si sedeva al volante e Walter iniziava
ad
armeggiare con il lettore CD.
- No, we just need a bit of metal - così dicendo mise a
tutto volume Toxicity,
il CD dei System of a Down.
- Se non abbassi, avrò bisogno di quella prova gratuita da
Amplifon - rise
Simone, partendo. Walter, controvoglia, diminuì di alcune
tacche il volume.
Federica e Mattia non abitavano troppo distante da noi, circa due
minuti.
Simone inchiodò di fronte al cancello.
Erano entrambi in piedi: Mattia fumava e lei lo rimproverava, come al
solito.
Federica era alta, longilinea, con i capelli castani mossi tagliati
sotto le
orecchie, con la riga a sinistra, e il ciuffo le ricadeva morbido sulla
guancia
destra.
Indossava un paio di morbidi jeans scoloriti e una camicetta arancione.
Ai
polsi numerosi braccialetti.
Mattia invece aveva i capelli biondo scuro legati in un piccolo codino,
indossava una maglia rossa dei Velvet Underground.
Appena ci fermammo, Federica si slanciò verso la portiera,
la aprì e mi si
lanciò addosso.
La strinsi forte.
- Sorellina, stavi dimenticando lo zaino - Mattia glielo porse, lei
sorrise.
Dopo che ci fummo sistemati, mio fratello mise in moto.
- Questa è ATWA, vero? - domandò il fratello di
Federica riferito alla canzone
che ci stava assordando in quel momento.
- Sure -
Io mi voltai verso Federica, che stava canticchiando.
Indossava gli orecchini che le avevo regalato per Natale lo scorso anno
e, come
al solito, era bellissima.
Adoravo il suo naso sottile e con la punta leggermente
all'insù: proprio a cavallo era punteggiato da piccole
lentiggini, che si allargavano fino agli zigomi.
Sarei potuta rimanere a contargliele per ore.
- Che c'è? - sussurrò, notando che la osservavo.
Non le risposi, le misi un braccio attorno alle spalle e la attirai a
me,
baciandola.
Le sue labbra erano dolci e lei sapeva di miele.
- Ecco le cozze sul sedile posteriore - ridacchiò Walter.
- Tu pensa alla tua, di cozza - lo ribeccò Federica, poi mi
diede un bacio
sulla fronte.
- Ah giusto, come sta? - chiese Mattia a suo cugino.
Walter iniziò a raccontare per filo e per segno tutta la
loro estate assieme.
Ne approfittai per creare una bolla d'intimità con Federica.
- Giorgio e Davide? -, i nostri migliori amici. Quartetto inseparabile
dalle
elementari.
- Credo abbiano preso il pullman - risposi, accoccolandomi fra le sue
braccia.
Lei prese a giocare con i miei capelli.
- Ti fa ancora male? - mi chiese, sfiorandomi il taglio sulla fronte.
- Un poco... non toccarlo -
- Scusa -, mi voltai e posai un bacio sul suo collo tiepido.
- Okay ragazzi, fermata Liceo Scientifico, scendere prego - disse
Simone,
sorridendo ai suoi amici.
- Grazie per il passaggio - Walter saltò giù,
pareva ancora più pimpante di
prima.
- Ci vediamo all'una - anche Mattia scese, poi, dopo aver chiuso le
portiere,
si avviarono ciondolando verso la scuola.
- Che cretini - ridacchiò Federica.
Simone approfittò dell'assenza di Walter per abbassare
considerevolmente il
volume.
Dopo poco, Simone parcheggiò nella piazza dietro il liceo,
dove un suo amico,
Riccardo, lo stava aspettando.
- Ci vediamo dopo - disse, chiudendo la macchina.
Ci avviammo verso il portone di legno.
Avrei voluto stringerle la mano e camminare spalla contro spalla, ma
non
potevamo.
Cioè, io sarei stata disposta ad ammettere che ero
omosessuale e portare la
nostra relazione allo scoperto, ma Federica non sarebbe stata
altrettanto forte: è
sempre solare e allegra con tutti, il suo sorriso è
contagioso, ma non è una
persona che si sbottona facilmente, anzi, è piuttosto
riservata.
- Eccoli là! - esclamò indicando due ragazzi,
entrambi abbastanza alti, uno
bruno, l'altro biondo, tutti e due spettinati.
- Ciao! Che bello ritrovarsi, vero? -, il tono di Giorgio trasudava
sarcasmo.
- Ma se ci siamo visti ieri sera - rise Federica, mettendo in mostra
due file
perfette di denti bianchi.
- Ma le circostanze sono leggermente cambiate -
- Preferivo quelle di ieri sera -
Nemmeno loro sapevano della nostra relazione, anche se durava da quasi
quattro
anni!
Le uniche persone che ne erano al corrente erano i nostri famigliari...
e Walter.
La prima persona a saperlo era stato proprio mio fratello Simone,
gliel'avevo confidato in un periodo in cui ero particolarmente fragile
psicologicamente.
Ero innamorata di Federica da un anno e non avevo ancora avuto il
coraggio di farglielo capire, quando lei mi telefonò.
Ricordo che appena vidi il suo nome lampeggiare sul display del
cellulare feci un salto di gioia, ma la notizia che mi attendeva
dall'altro capo della linea mi frantumò il cuore: si era
messa
con un ragazzo.
Era l'inizio della quarta ginnasio.
Così, ferita e sola, ero stata trovata da mio fratello: mi
ero
rifugiata in mansarda, con un fazzoletto di stoffa blu premuto contro
il viso.
Era stato un momento di debolezza, ma lui non era parso particolarmente
sorpreso.
- Lo immaginavo - mi aveva detto, poi aveva cercato di farmi tornare il
sorriso.
Appena i bidelli aprirono il portone, ci fiondammo dentro.
Il portico si spalancò davanti a noi, rivelando il suo
giardino,
invisibile dall'esterno, nascosto fra le fredde mura di pietra
dell'ex-convento.
- Dov'è la IV D? - domandò Davide a Marina, la
bidella.
- Vicino al laboratorio di chimica -, meraviglioso! Eravamo nelle aule
al piano terra, sotto al porticato.
Corremmo per prenderci i posti migliori,
Eravamo i primi.
Scegliemmo quattro banchi all'estemità sinistra
della seconda fila e io mi sedetti tra Fede e Giorgio.
Perfetto.
- Cavoli... se penso che fra poco ricomincerà la nostra
routine
esasperante mi sento male - con quelle parole Federica
inscenò
uno svenimento, cadendo fra le mie braccia.
- Scema, tu non hai nessun problema - risi, pizzicandole dolcemente una
guancia.
- Come se tu ne avessi... -, continuava a stare coricata fra le mie
braccia.
- Allora, secchionazze, piantatela perchè ho già
voglia di gettarmi dalla finestra - brontolò Davide.
- Scommetto che non hai ancora finito i compiti - lo
beffeggiò Giorgio.
- Più o meno... questione di punti di vista -
- Se hai bisogno di qualcosa ti porto i quaderni dopo pranzo
- lo rassicurò Fede, lui esultò.
Poco a poco la classe iniziò a riempirsi.
Volti abbronzati, canottiere, occhiali da sole, jeans, scarpe di tela,
zaini colorati. Eravamo di nuovo assieme.
Amici e nemici.
- Eccola - sibilò Federica, poggiando la fronte contro la
mia spalla.
Valentina fece il suo ingresso scostando con un gesto annoiato i lunghi
ricci neri e sbattendo le ciglia da gatta morta.
Ancheggiò fino al banco che Gaia, la sua fida servetta, le
aveva tenuto, al centro esatto dell'ultima fila.
- Ora vado là e le spacco la faccia - ringhiai.
- Shh... è solo il primo giorno di scuola... calmati... - mi
sussurrò, avvicinando le labbra al mio orecchio.
Il suo profumo delicato mi riempì le narici.
Avrei voluto stringere il suo morbido corpo color latte e strofinare il
naso fra i suoi corti capelli.
Chiusi gli occhi un attimo, sospirai.
- Ehi sfigata! Com'è andata l'estate? Non ti ha filata
nessun prestante bagnino? -, ed ecco che ricominciava.
- Immagino che tu ne abbia avuti a dozzine, magari anche qualche
giardiniere e facchino dell'hotel - le risposi annoiata.
- Io ho vinto un concorso di bellezza - replicò.
Ma a me che cappero me ne fregava?
- E' il massimo a cui puoi aspirare, qualcosa di più articolato
richiederebbe troppo sforzo di materia grigia... e la tua è
scivolata nelle tette - replicai, spazientita.
Sentii Fede soffocara una risata.
- Almeno io le ho, le tette - precisò.
- Meglio non avere una quarta che essere minorati mentali, o sbaglio? -
s'intromise Federica.
Valentina non replicò.
Con Federica aveva vita più dura.
Lei era bella, intelligente, piena di talenti: era un'eccellente
violinsta e pianista, dipingeva splendidi quadri e cantava come un
usignolo.
- La detesto - sibilò Federica.
- E non è nemmeno suonata la prima ora - risi.
Lei mi fece segno di avvicinarmi, poi portò le mani a coppa
attorno al mio orecchio.
- Sta sera vieni a casa mia? Ho voglia di stare con te... -, arrossii.
- Ascolta, dalle sette alle nove ho l'allenamento, però poi
posso venire -
- Ti fermi a dormire? - m'implorò.
In quel momento suonò la campanella: la scuola era
ufficialmente ricominciata.
Ovviamente acconsentii alla richiesta di Federica.
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Spero che vi piaccia e che continuerete a seguirla!
Fatemi sapere cosa ne pensate :)
Ci saranno molte sorprese.... ^_^
A presto!
Mizar19
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