Oggi è
lunedì. Il fottuto lunedì. L'inizio di una
lunghissima settimana lavorativa.
La sveglia alle sette di mattina, puntuale come sempre, squilla.
Quell'odioso trillo lo conosco a memoria, ormai. Al secondo
“bip”, spalanco gli occhi e schiaccio il pulsante
che la spegne. Sbuffo sonoramente. Non voglio fare tutto di fretta e
arrivare per giunta in ritardo come mi è capitato
precedentemente solo perché non voglio alzarmi subito... Ma
il problema non è che non voglio: non ci riesco proprio!
Dopo un tot di tempo che mi sembrano secondi, mi alzo. Controllo
l'orologio, scongiurandolo silenziosamente che siano passati soltanto
alcuni minuti. Ma purtroppo non è così: sono
già le sette e un quarto.
Scendo le scale di corsa e mi ritrovo in cucina. Verso un po' di latte
nella tazza e poi la inserisco nel forno a microonde. Oggi non ho
né la voglia né il tempo di prepararmi il
caffè. Scrollo le spalle: non importa, lo
prenderò al bar vicino al negozio.
Poi, come un'illuminazione, mi viene in mente che ieri ho preso al
supermercato il caffè in polvere da mettere nel latte. Quasi
senza rendermene conto, sorrido: questo mi risparmierà una
buona percentuale del tempo che ho a disposizione.
Appena finisco di berlo, metto la tazza e il cucchiaino nel lavandino e
mi precipito in bagno. Guardo di sfuggita il mio orologio da polso.
Merda, sono le sette e mezza.
Okay, la speranza di arrivare puntuale stamattina è andata a
farsi benedire.
Fisso la mia immagine riflessa sullo specchio che ho davanti:
assomiglio a uno degli zombie che ci sono in
“Thriller” di Micheal Jackson, presente? Con una
scossa di capo, mi sciacquo la faccia. Magari mi sveglia. Poi mi lavo i
denti a velocità massima. Ed infine mi pettino i capelli
tutti ingarbugliati. Okay che sono corti, però qualche nodo
resta sempre: soprattutto la mattina appena sveglia. Per ultima cosa,
mi vesto. Naturalmente scelgo i primi vestiti che mi capitano: l'ultima
cosa che in questo momento mi potrei permettere è scegliere
con calma cosa potrei indossare.
Finalmente sono pronta. Mi sono messa un paio di jeans neri e un
maglioncino color panna. Va bene che abito praticamente sul mare,
però è comunque inverno. E come se non bastasse,
ho pure il raffreddore. Così ora, dato che la voce la
mattina è impastata, ho una voce molto simile a quella di un
trans. Voce da mattina più raffreddore, mi risulta
“trans”. Ed è proprio perfetto per me,
che faccio l'insegnante di canto ad un'importante accademia musicale.
Okay, posso affermare che la sfiga ultimamente mi sta perseguitando.
Anche ieri, domenica, che in teoria dovrebbe essere il giorno
più bello della settimana, si è rivelato un
totale disastro: ero invitata a casa dei miei, ma dato che la sera
precedente sono stata fuori tutta la notte con i miei amici, ho dormito
fino a tardi. E mia mamma mi ha pure chiesto con un'aria innocente sul
volto come mai non ho messo la sveglia. Ma che cavolo, devo metterla
pure la domenica? Non basta ogni santo giorno della settimana? Prima o
poi finirà che lo butterò giù dalla
finestra, quello stupido arnese che sembra avercela con me. E
così anche ieri ho dovuto fare tutto di fretta per arrivare
al pranzo di famiglia. Dovevo andarci: non vedevo i miei genitori e mia
sorella minore Betta (che ha quasi diciott'anni) da... una vita. E poi
adoro mia sorella, almeno quanto lei adora me. E' così piena
di vitalità e di entusiasmo. Non come me, che mi alzo la
mattina con una faccia così assonnata che potrebbero per
scambiarmi per un'alcolizzata anonima (anche se non potrebbero mai
farlo: per mia fortuna sono astemia). Ma in effetti, le credo: fa il
penultimo anno di liceo, lei! Non ha mica ventisette anni come me.
Prima di uscire di casa, mi metto il giaccone. Non voglio peggiorare il
raffreddore, magari trasformandolo in broncopolmonite.
Il negozio d'abbigliamento in cui lavoro è a venti minuti
(di automobile!) da qui. Lo avevo già detto che sono una
donna
molto
fortunata, vero?
Con un profondo sospiro, apro la portiera della mia macchina
parcheggiata davanti a casa, e poi mi siedo al posto di guida. Subito
dopo, metto in moto e parto in quarta.
Di sottofondo c'è la voce della mia cantante preferita:
Laura Pausini. Grazie a lei, che mi ha fatto venire la passione di
cantare. La ascolto praticamente da una vita e conosco ogni sua canzone
a memoria. Un po' per il lavoro, un po' perché semplicemente
mi piace.
Ad ogni semaforo che trovo rosso, esclamo, ormai in automatico:
“sbrigati, che sono in ritardo!”. Ma immagino
quante persone lo avranno detto o pensato. E immagino quanti desideri
della gente abbia esaudito, quel maledetto semaforo. Perlomeno, i miei
no. Infatti devo aspettare quasi due minuti ogni volta, prima che
diventi verde e che quindi io possa ripartire.
Alle otto e mezza, entro trafelata in negozio. Giorgia, la mia collega
che in questo momento è alla cassa, mi lancia un'occhiata di
rimprovero. Io sorrido con imbarazzo, sperando che quell'incurvarsi di
labbra, possa scusarmi.
«Sei sempre la solita» commenta, scuotendo
leggermente la testa, quando le sono vicina.
Io mi tolgo la giacca e la sistemo con delicatezza sull'appoggia-abiti
riservato al personale del negozio. «Oggi il mondo ce l'ha
con me» ribatto, stringendo gli occhi.
Lei scoppia a ridere. «Perché?»
Le spiego tutto, dall'inizio della mattina fino a pochi minuti fa.
Tanto qui in negozio non abbiamo mai un tubo da fare, la mattina. Di
clienti, solitamente, ce ne sono sì e no una decina. Il
mattino, intendo. Il pomeriggio aumentano, eccome che aumentano. Un
giorno ce ne sono venti, un altro giorno cinquanta. Dipende dalle
volte. Per fortuna io, il pomeriggio, non ci sono quasi mai.
Perché subito dopo pranzo, inizio ad insegnare (come
professione ormai) canto in un'accademia musicale di alto livello.
Ovviamente io e Giorgia, preferiamo di gran lunga le giornate in cui ci
perdiamo nelle solite, innocue, chiacchiere. Ci raccontiamo cosa
abbiamo fatto nel week end, oppure spettegoliamo della nostra capa, che
è una schifosa riccona: possiede numerosi negozi, e per
fortuna nel nostro non c'è quasi mai. Sta al Carnevali, la
poverina. Così noi siamo quasi sempre in quattro gatti.
Oltre me e Giorgia, ogni tanto vengono anche Marianna (che ora
è in maternità: ha appena partorito una bambina
stupenda che settimana scorsa siamo tutti andati ad ammirare) e Marco,
che fa contemporaneamente tre lavori, perché uno non gli
basta per mantenere la sua famiglia. Lavorano part-time anche loro,
come me. L'unica che è praticamente sempre qui è
Giorgia, che fa solo questo lavoro e quindi non ha altri impegni.
Il mio cellulare, inaspettatamente, inizia a squillare, facendo
interrompere il discorso che avevo intrapreso con Giorgia.
Prima di rispondere, guardo il display: Betta chiamata.
«Betta?!» esclamo, spalancando gli occhi.
Perché mia sorella, che in questo momento dovrebbe essere a
scuola, mi sta chiamando?
Sul volto di Giorgia compare un'espressione incredula, almeno quanto la
mia.
Schiaccio il tasto verde, e subito dopo porto il telefonino
all'orecchio. «Pronto!»
«Lori!» esclama mia sorella, in tono quasi
disperato.
«Che succede?» domando immediatamente, con
preoccupazione nella voce.
«Potresti venirmi a prendere? Per favore!» mi
supplica poi.
«Perché?!» sbotto, non credendo alle mie
orecchie.
«E' una storia lunga» ribatte lei, vagamente.
«Se prima non mi dai una buona ragione per venire
lì, te lo puoi scordare» obietto io, socchiudendo
gli occhi.
«Okay, te lo dico» si arrende poi.
E' ovvio: io mollo l'osso molto raramente. Devo ammettere che sono una
tipa piuttosto determinata... ma anche testarda.
«Oggi ho un'interrogazione di latino, solo che l'ho scoperto
ora! E non ho studiato!»
Faccio un sospiro stanco. Perché non mi convince per niente?
«E quindi vorresti marinare la scuola?» All'ultima
parola, Giorgia allarga gli occhi. Ha sicuramente già capito
tutto.
«Ehm, se la vuoi prendere così...
sì» mi risponde Betta, dopo una piccola pausa.
«E se lo scoprono mamma e papà? Dopo sono io
quella che ci rimette!» ribatto io.
«Non lo scoprono, stai tranquilla» mi rassicura lei.
Resto in silenzio per qualche secondo. La capisco: è
successo anche a me di non essermi preparata per una qualche
interrogazione, quando andavo ancora a scuola.
«Va bene» decido infine «Ma che non si
ripeta mai più, chiaro?»
«Okay!» esclama lei. Percepisco la
felicità nella sua voce. «Sarà bello,
lì in negozio!»
Io sospiro. Sto facendo una cagata, me lo sento. Se casualmente oggi
Giovanna, la proprietaria, decide di fare un'ispezione, mi licenzia.
Sempre se non riesca a trovare un modo per non farmi sgamare, penso,
quasi ridendo.
«Sarò lì tra una ventina di minuti,
aspettami davanti a scuola» detto questo, chiudo la chiamata
e mi precipito a prendere il giaccone.
«Sei impazzita?!» esclama Giorgia, con gli occhi
quasi fuori dalle orbite.
Io scuoto la testa. «In fondo succede a tutti di non avere
studiato una volta. Conosco mia sorella: non è la tipa che
marina la scuola giorno sì, giorno no» affermo,
con sicurezza.
Giorgia sorride, con dolcezza. «Lei vuoi proprio tanto bene,
vero?»
Arrossisco un poco. «Sì.»
«Mi piacerebbe non essere figlia unica,
maledizione» dice poi, con aria sognante.
Io faccio una risata divertita. «Guarda che ci sono tanti
lati positivi!»
Lei, per tutta risposta, fa una smorfia col naso.
«Bene, io vado! Faccio velocissimo» prometto poi,
prima di uscire.
Sempre che non trovi tutti i semafori rossi.
Alle nove e un quarto sono di nuovo in negozio, in compagnia di mia
sorella.
«Ciao!» saluta lei sorridente, facendo il suo
ingresso, con qualche allegro saltello.
«Ciao bella» esclama Giorgia, sistemandosi gli
occhiali, con un sorriso sulle labbra. Invidia da morire il suo
entusiasmo. Come me, d'altronde.
«Come va? Vedo che non c'è molta gente»
commenta, appoggiando sul balcone la sua giacchetta marrone.
«Quella va sull'appendi-abiti» la rimprovero io.
Lei obbedisce subito, sempre con il sorriso stampato sulla bocca.
«Cosa si fa oggi?» chiede poi, con interesse.
Giorgia scrolla le spalle. «Il solito: si aspettano i
clienti.»
«Posso fare finta di lavorare qui? Ho sempre sognato di
consigliare gli abiti alle persone, come abbinarli, eccetera
» spiega, curiosando qua e là.
Io e Giorgia ci guardiamo, poi scoppiamo a ridere insieme.
Betta si gira di scatto, con un'espressione interrogativa sul volto.
«Perché ridete?»
«Perché una volta che lavori effettivamente qui,
non ti piace più» risponde Giorgia.
Io annuisco. «Già, specie se devi essere qui alle
otto e abiti dall'altro capo della città... a confronto di
qualcun altro che è a due passi da qui.»
Giorgia fa la finta offesa. «E con questo cosa intendi
insinuare?» domanda, socchiudendo gli occhi e alzando un poco
il mento, in fare ironico.
«Niente» ribatto io, con un sorriso «Solo
che dovrebbe essere comprensibile arrivare in ritardo, non
trovi?»
A questo punto, Giorgia scoppia a ridere. «Ogni scusa
è buona, eh?»
Anche Betta ride, divertita dalle nostre finte discussioni.
Dopo un'ora di puri pettegolezzi, senza nemmeno mezzo cliente, Betta mi
chiede dove potrebbe fare colazione, dato che non è riuscita
a farla stamattina.
«C'è un bar, qui vicino» le risponde
Giorgia.
«Ah, quello con la scritta enorme gialla?»
Giorgia annuisce soltanto.
«Okay, vado a prendermi qualcosa allora» afferma,
prendendo il portafoglio dallo zaino.
«Va bene» acconsento io «Però
non stare via tanto, capito?»
«Okay» fa Betta, dopodiché esce, a passi
di danza.
«Scommetto che fa ballo» mi dice Giorgia, con una
leggera risata.
«Sì, danza classica. E' bravissima.»
Giorgia fa un vago gesto col capo di assenso.
«Buongiorno ragazze.»
Una voce terribilmente familiare alle nostre spalle ci interrompe.
Mi giro, assumendo un'aria da angioletto sul volto.
«Buongiorno Giovanna.»
Ci mancava solo questa, Cristo.
«Come procedono le cose?» domanda, avvicinandosi
con aria critica.
Indossa il solito tailleur scuro e le scarpe col tacco, solo per farla
sembrare alta. In realtà non lo è affatto:
sarà alta più o meno un metro e cinquanta e si
crede un gigante. O almeno, è l'atteggiamento che assume:
molto “qui comando io”. Ma d'altronde, come darle
torto?
«Alla grande» risponde Giorgia, lanciandomi
un'occhiata che io comprendo al volo. Tradotto: quando torna tua
sorella siamo nella merda più alta.
«Avete fatto gli sconti sulle giacche che vi avevo
detto?» chiede, avvicinandosi al bancone.
«Sì, sì. Stia tranquilla»
faccio io, con un sorriso apparentemente rassicurante.
«E la svendita delle magliette?»
«Anche» rispondo, prontamente.
Con la coda dell'occhio, vedo che Betta sta per entrare.
«Buongiorno!» urlo, con fin troppo entusiasmo
«Desidera?»
Betta all'inizio non capisce, mi guarda come per dire “Ma che
diavolo stai dicendo?”, poi, quando le indico con gli occhi
Giovanna, alza un poco la testa.
«Sì, stavo cercando un paio di pantaloni...
invernali» fa, con una leggera esitazione.
«Oh» affermo io «Sì. Guardi,
ci sono arrivati da poco alcuni che sono la fine del mondo. Prego, mi
segua pure: le faccio vedere» finisco, con finta gentilezza.
«Bene» conclude Giovanna «Vi lascio:
sembra tutto a posto.»
Giorgia le mostra un grande sorriso. «Certo. Arrivederci
allora, signora Giovanna!»
«Arrivederla» la saluto io. Detto questo, si dirige
con passo deciso verso l'uscita.
Quando non la vedo più, dico in un sospiro: «Che
culo.»
Betta scoppia a ridere. «Dai, è stato
divertente!»
Io la fulmino con lo sguardo. «Se ci avesse scoperte...
» inizio, gonfiandomi un poco.
«Ma non è stato così!» mi
interrompe lei, sorridendomi con imbarazzo.
«Per tua fortuna » ribatto io, con un sorriso
sarcastico sulle labbra.
- Spazio Autrici -
Eh sì, finalmente abbiamo deciso (io, Lalla, e la mia amica
Leslie (che sono io xD ndLeslie)) di pubblicarla. Ammetto che siamo a
buon punto (dopo giorni e giorni di duro lavoro u.u) e così
abbiamo pensato che era arrivata l'ora di farla leggere ;)
Prima di tutto, dobbiamo specificare che il personaggio di questo
capitolo, Loredana, e tutto il resto visto dal suo punto di vista
è opera mia (cioè di LaLLa), mentre il
personaggio che ci sarà nel capitolo successivo,
cioè Cleo, e tutto il resto visto dal suo punto di vista
è opera di Leslie.
Abbiamo stabilito di fare un capitolo dal punto di vista di Lori, un
capitolo dal punto di vista di Cleo, un capitolo dal punto di vista di
Lori, un capitolo dal punto di vista di Cleo, e così via,
postati più o meno una volta a settimana >.<
(chi mi conosce, sa che sono lenta, ma con questa storia –
anche perchè c'è Lalla che mi incita a continuare
– sto diventando brava *asd ndLeslie) (diciamo che ci
aiutiamo a vicenda, anche io mi sto velocizzando grazie a te, tesoVo
XD).
L'idea di questa storia (la trama principale) è venuta a me,
qualche giorno fa, pensando di
ispirarmi al film L'amore
non va in vacanza (se non lo avete mai visto, guardatelo,
è stra bello! ^^) (io non l'ho visto >.< lo
guarderò *asd ndLeslie) e così l'ho proposto a
Leslie, dato che avevo già in mente tante idee per il libro
>.< Lei come potete intuire (altrimenti mica saremmo qui
XD) ha accettato e così ci siamo messe a scrivere.
Per quanto riguarda il titolo, sappiamo che non ha molto senso,
però suonava bene >.<'' E poi, diciamo che
è un "mix" delle passioni di Lori e Cleo (più
avanti capirete ^^).
Attualmente siamo al settimo capitolo, e devo dire che è
uscito bene per ora ^^ (sono di parte, ma secondo me è
awww** ndLeslie). Naturalmente vorremmo (vorremmo? Esigiamo! XD) avere
anche la vostra opinione ^^ Magari in una recensione *w*
Com'è secondo voi? Vale la pena di continuarlo? Diteci,
diteci XD
Poi, dato che siamo brave e intelligenti (ceerto XD) abbiamo pure fatto
le immagini dei personaggi principali ^^ Le posteremo man mano che
"entreranno in scena" ;)
Fotografie dei
personaggi:
Loredana
Giorgia
Betta
Alla prossima allora :)
Kiss, LaLLa e Leslie