Salve!
Eccomi con una bella one-shot nuova
nuova! So che avreste preferito leggere l’ultimo capitolo di
“Im lo akhshav” ma
questo fine settimana ho scoperto che io e la fisica (materie nuove per
me
quest’anno! evvai... sigh...) non siamo molto compatibili e
quindi non ho avuto
il tempo materiale di sistemarlo! Non si potrebbe abolire la fisica dal
programma del liceo scientifico, vero? :P In compenso però
durante le ore di
matematica ho scritto questa storia, che dedico a tutte quelle che come
noi non
hanno mai smesso di credere in Tony! Buona lettura e spero che vi
piaccia!
THERE
IS STILL HOPE FOR US
Un
bacio sulla guancia. Tutto qui.
L’ho
portata via da quello schifo di nave,
le ho salvato la vita mettendo a repentaglio la mia, le ho detto che
credo di
non poter vivere senza di lei e tutto quello che ho ottenuto
è stato solo un grazie
e un bacio sulla guancia.
Capisco
che per Ziva questo è già uno
sforzo immane, per la storia del suo passato non proprio roseo e del
fatto che
quasi tutte le persone di cui si fida alla fine la tradiscono,
però poteva
almeno... va beh! È meglio se lascio perdere!
Lei
ora, in questo preciso istante, è
seduta di fronte a me, con la sua aria tranquilla come sempre e con la
sua
piantina accanto, come se non fosse successo nulla poco fa tra di noi.
Mi
fissa ridendo come se io non avessi mai ammazzato
Rifkin, come se lei non mi avesse mai picchiato e quasi ucciso e
soprattutto
come se questi quattro mesi non siano mai passati. Come se nonostante
tutto
quello che è successo fossimo ancora solo semplici colleghi.
Non
ho mai capito come Ziva faccia a
nascondere così bene i suoi sentimenti ed emozioni, so solo
che negli ultimi
tempi mi sta sembrando sempre più brava, forse in Israele ha
seguito un “corso
di aggiornamento”, chi lo sa!
Prima
almeno riuscivo a capire da uno
sguardo o da un gesto che cosa le poteva passare per la testa, ed ero
molto
orgoglioso di questo anche se in effetti non l’ho mai ammesso
nemmeno a me
stesso, questa è la prima volta che mi rendo conto della
cosa. Ero contento
perché in certo modo questo mi avvicinava di più
a lei, a capirla meglio, anche
se so che non ci riuscirò mai fino in fondo.
Ora
però quei suoi occhi così belli e di
solito così espressivi sono due pozzi neri come la pece. Nel
suo sguardo non riesco
più a scorgere la sua umanità se non nei brevi
momenti in cui mi permette di
rivedere il suo vero IO, la donna che ho conosciuto quattro anni fa e
di cui
credo di essermi perfino innamorato.
E
quando, legato a quella sedia stremato a
causa delle percosse e di quella schifezza che mi avevano iniettato,
gliel’ho
praticamente detto qual è stata la sua reazione?
Nessuna.
Le
avevo appena fatto una dichiarazione e ho
ricevuto a stento un mezzo sorriso, spero, perché ho paura
che fosse soltanto
un’allucinazione, e poi mi sono anche dovuto sorbire una
ramanzina, sul perché
ero venuta a salvarla e sul perché avevo messo a repentaglio
la mia vita e
quella di McGee SOLO per lei. Dici niente gioia, SOLO per te! Non
è che per me
tu sei una persona come le altre, in quel caso l’avrei
capito, ma... insomma! Bel
ringraziamento!
Mi
aspettavo qualcosina in più, perché in
fondo io so che anche Ziva prova quello che provo io.
Lo
vedo da come mi parla, da come mi
guarda, da come tenta di tenersi il più lontano possibile da
me che rappresento
il suo collegamento con la vera se stessa, con quella persona
così lontana
dalla fredda agente del Mossad che si ritrova sempre a impersonare.
Credo
sia innamorata di me, ma per qualche
arcana ragione a me sconosciuta non mi vuole al suo fianco. Lo so!
Sembra quasi
una contraddizione, ma in fondo lei stessa lo è, no?
Io
non so cosa sia accaduto su quella
maledetta nave, non so quali e quante torture abbia subito in quei
quattro
mesi. Non ho idea di cosa possa aver passato e di come ora possa
sentirsi. Io
so solo che questo l’ha allontanata ancora di più
da me. E la cosa mi fa star
male.
Vederla
finalmente di fronte a me, poterla
toccare se solo lo voglio, poter parlare con lei o anche scambiarci un
semplice
sguardo mi fa sentire la mancanza di quello che c’era prima
che tutto andasse a
rotoli e di quello che ci potrebbe ancora essere tra di noi.
Io
non lo capisco! Perché non si lascia
andare a me?
Ziva
lo sa che non le farei mai del male, che
di me si può fidare, che la proteggerei a costo della vita,
gliel’ho già
dimostrato in più di una occasione! Lo sa quello che provo
per lei!
Ma
allora perché non mi permette di stare
al suo fianco come qualcosa in più di un semplice amico e
collega?
Forse
la risposta è semplice. Forse
semplicemente non mi ama e non mi ha mai amato. Forse è
sempre stata solo una mia
impressione, forse era solo un mio sogno e ho tanto desiderato che
diventasse realtà
che alla fine ho immaginato che lo fosse!
Ma
forse sto di nuovo sbagliando...
Dopo
tutto quello che abbiamo passato
insieme non può veramente non provare nulla per me, nessun
sentimento. È
impossibile e poi se no mi avrebbe già ucciso quel giorno a
Tel Aviv, quando ne
aveva avuto la possibilità, avevo ucciso il suo compagno
dopotutto!
Non
può essere, non ci voglio credere!
-
Io vado! A domani!- dice Ziva in questo
momento distraendomi momentaneamente dai miei complicati pensieri.
È
già in piedi che raccoglie le sue cose e
che si prepara ad andarsene, lo fa con calma, senza fretta, quasi
volesse
ritardare il più possibile questo momento e io, come
incantato, rimango a
fissarla mentre prende il suo zainetto nero e se lo mette in spalla,
per poi
allontanarsi a passo leggero dalla propria postazione.
La
pianta però, forse il simbolo più tangibile
del suo cambiamento, la lascia sulla scrivania tristemente afflosciata
su se
stessa. Probabilmente sbadata come è si è
dimenticata di metterle l’acqua.
Si
volta verso di me, e mi sorride. È un
sorriso così bello che sembra quasi vero, peccato che il suo
sguardo rimanga
indecifrabile, rovinandolo e facendomi rendere conto che
c’è qualcosa di tremendamente
grosso che le rode dentro.
Dopo,
sempre col finto sorriso stampato in
faccia, mi fa un cenno con la mano e si dirige con
tranquillità verso
l’ascensore.
E
no, bella! Non puoi andartene così
facilmente!
Prendo
velocemente le mie cose, non molte a
dire il vero, mi metto la giacca sull’avambraccio e corro
verso di lei come un
pazzo. Credo di aver stabilito un nuovo record mondiale nei
“metri dalla mia
scrivania all’ascensore”...
-
Ciao McGee!- grido senza voltarmi verso
di lui che neanche si degna di rispondermi.
Gibbs
invece non lo saluto. Non
fraintendetemi, non è che non voglia è che non
posso! Lui è come al solito in
giro per tutto il palazzo dell’NCIS e io non posso certo
mettermi a cercarlo
nella speranza di trovarlo, potrei starci anche ore! Quindi preferisco
fare la
figura del cafone piuttosto di perdere questo tempo.
Quando
arrivo Ziva è già dentro
all’ascensore e le porte si stanno per chiudere, ma lei,
sempre con estrema
tranquillità, lo ferma con la mano, mi fa salire e preme il
pulsante per il
piano terra.
-
Grazie per il passaggio...- mormoro
facendo un mezzo sorriso che sicuramente le deve apparire parecchio
nervoso.
Rimaniamo
in silenzio sotto luce del neon dell’ascensore.
Non un suono, se non i nostri respiri. Il suo calmo e controllato, come
sempre
del resto, e il mio affannato e concitato a causa della corsa di poco
fa e
della delicatezza del momento.
Mi
volto leggermente verso di lei e noto
che è compostamente rivolta con lo sguardo davanti a se,
verso le porte
dell’ascensore che si apriranno a breve. Non lascia
trasparire niente, neanche
un sentimento, e rimane in religioso silenzio.
Preferirei
che mi urlasse contro, almeno
sarebbe sempre un contatto, un modo per comunicare, per farmi capire
come si
sente, cosa sta provando ora.
Invece
silenzio. Solo silenzio.
No,
non posso continuare a sopportarlo, non
oggi almeno.
Blocco
l’ascensore. Le luci al neon si
spengono quasi tutte lasciandoci in una penombra artificiale, e mi
volto verso
di lei, che non sembra affatto sorpresa dal mio gesto, forse pensava
che
l’avessi raggiunta nell’ascensore apposta per fare
questo o forse sapeva anche
prima di me che l’avrei fatto, anche senza avere un copione
preciso.
-
Cosa c’è?- mi chiede tranquilla
voltandosi verso di me.
Il
falso sorriso è scomparso dal suo volto.
Se sapeva che avrei fermato l’ascensore allora sa anche cosa
sto per dirle, o
meglio chiederle, e credo che la cosa la faccia sentire parecchio a
disagio.
-
Dobbiamo chiarire una cosa...- dico
fissandola negli occhi nella speranza di scorgervi anche la
più piccola
emozione.
-
Mi pareva avessimo già chiarito tutto
prima...- mi risponde semplicemente reggendo il mio sguardo.
Fredda
e glaciale. Lontana e irraggiungibile.
Questa non la
Ziva
con cui voglio parlare.
Non
è certo così che risolviamo i nostri problemi,
piccola ninja! Non possiamo continuare a ignorare quello che sentiamo!
Io sono
stanco e anche tu! E si vede!
-
No, non abbiamo chiarito tutto Ziva!-
sbotto cercando di mantenere un tono duro. Deve capire che non possiamo
più
rimandare questa conversazione che tanto alla fine avremmo dovuto fare
comunque, in un modo o nell’altro.
-
E quale sarebbe il problema?- fa
mettendosi subito sulla difensiva. Non vuole affrontare
l‘argomento, è palese.
Devo
fare una domanda diretta, ora!
Altrimenti sarà troppo tardi, lei si chiuderà in
se stessa e noi continueremo a
mentirci come due emeriti imbecilli!
-
Cosa hai provato quando te l’ho detto?-
dico senza troppi giochi di parole.
Mi
pare di scorgere un luccichio di
sorpresa negli occhi di Ziva, forse non si aspettava che avrei messo le
carte
in tavola così facilmente e soprattutto così
presto.
Schietto
e diretto. Era questo quello di
cui avevo bisogno! Perfetto!
-
Che cosa?- chiede lei cercando di
mascherare una leggera indecisione nella sua voce. È
nervosa, ormai l’ho quasi
messa alle strette.
-
Sai quasi meglio di me di cosa sto
parlando... cosa hai provato?- ripeto con determinazione senza staccare
lo
sguardo dai suoi occhi scuri sbarrati.
Non
mi risponde. Si limita ad abbassare lo
sguardo timorosa che io possa leggervi dentro una risposta, positiva o
negativa
che sia. Non vuole che io sappia cosa pensa, non vuole aprirsi con me,
non
vuole dirmi quello che prova.
Resta
in silenzio, vi si rifugia come
sempre quando non ha voglia di parlarmi e continua a farmi penare. Non
può
certo avere idea di come mi sento io in questo momento!
Sempre
senza rivolgermi un solo sguardo o
una parola, allunga la mano verso il pannello di controllo per
riattivare
l’ascensore e porre fine così al suo
interrogatorio.
Te
l’ho già detto, bella! Oggi non mi
scappi!
Con
un movimento tanto brusco quanto
fulmineo le blocco il braccio con la mano. Lei mi fissa sorpresa e
contrariata
da questo gesto.
Lo
credo! È troppo abituata al fatto che io
faccia tutto quello che vuole e che non le impedisca mai di fare
niente!
Per
tutta risposta io le faccio appoggiare
delicatamente il braccio lungo il proprio fianco e quasi senza
rendermene conto
faccio scivolare con dolcezza la mia mano sulla sua, quasi
imprigionandola.
-
Cosa hai provato?- ripeto alzandole il
viso verso di me con l’altra.
Lei
mi fissa un momento, come cercando di
capire che intenzioni ho, poi abbassa lo sguardo verso le nostre mani
intrecciate e con un sospiro, toglie delicatamente la sua dalla mia.
-
Io...- prova a dire, ma si interrompe
subito, come se non trovasse le parole per dirmi quello che sta
pensando o come
se cambiasse idea all’ultimo momento - Non ho provato nulla!
Non ho provato nulla
quando me lo hai detto! Sapevo che eri drogato e che mi avresti detto
cose
assurde! Ero già preparata psicologicamente! E quindi io
non...-
Nei
suoi occhi sfuggenti riesco finalmente
a scorgere qualcosa. Sembra dispiacere, malinconia, tristezza. Sembra
che
voglia andarsene il più presto da qui, per potersi
finalmente allontanare da me
e tornare alla sua vita.
Perché
continua a mentirmi? Perché vuole
allontanarsi da me? Cosa ho fatto? O cosa non ho fatto?
Penso
questo mentre interrompo il suo
monologo annullando lo spazio tra i nostri visi e posando le mie labbra
sulle
sue. Un gesto inaspettato, anche questo non programmato ma che
probabilmente
darà una risposta alla mia domanda.
Ziva
stavolta è davvero sorpresa. Non si
sarebbe mai aspettata un simile gesto da me e neanche io a dire la
verità.
Forse anche meno di lei.
Sento
finalmente dopo tanto tempo il suo
sapore e la morbidezza delle sue labbra, e mi sembra tutto come lo
ricordavo,
da quella lontana missione sottocopertura. Come avevo sempre sperato
che fosse.
Posso
finalmente dire di aver realizzato in
parte il mio sogno, anche se non potrò mai averla per me,
avrò almeno il
ricordo di questo bacio rubato di quello che avrei potuto avere se le
cose
fossero andate diversamente... Delicatamente faccio per allontanarmi da
lei
fissandola negli occhi, cercando in pozzi neri una emozione. Ma proprio
mentre
lo faccio nel suo sguardo qualcosa cambia, persino i suoi tratti mi
sembrano
modificati e lei mi sembra anche più bella del solito
mentre, stupendo entrambi,
mi cattura il viso tra le proprie mani e mi riavvicina a se rispondendo
con
ardore al mio bacio di prima. Intreccia le sue mani fra i capelli
cercando
disperatamente di avvicinarmi di più a se, come cercando di
sfruttare al meglio
questo momento tanto atteso da entrambi. E si, anche da lei!
Questa
è la conferma che cercavo! Lei mi
ama anche se non lo vuole ammettere! Sono talmente felice, che pur di
rivivere
questo momento sarei disposto anche ad aspettare anni!
All’improvviso
lei si allontana da me bruscamente,
quasi spingendomi via da se, i suoi lineamenti cambiano e cerca di
tornare ad
essere fredda e insensibile come prima. Ma
i suoi occhi la tradiscono.
È
confusa e imbarazzata per via di quello
che è appena successo. Il suo corpo l’ha tradita e
mi ha fatto capire quello
che lei sta cercando in tutti i costi di nascondermi. Forse per paura.
-
E questo per che cosa era?- domanda
guardando un punto indefinito sopra la mia spalla ed evitando
accuratamente i
miei occhi. Il suo tono è incolore, sta lentamente
ricostruendo la barriera
intorno a se.
Non
rispondo, non stupendomi più di tanto
per la domanda, e senza fissarla riattivo l’ascensore mentre
l’ombra di un
sorriso mi aleggia sulle labbra. Rimango in silenzio a rimuginare sul
mio gesto
e sulla risposta di Ziva, mentre sento il suo sguardo trapassarmi da
parte a
parte.
-
Te l’ho già detto! Non posso vivere senza
di te...- dico prima di uscire dall’ascensore lasciandola
sola.
Se
lei mi ama, se un giorno sarà disposta
ad aprirsi con me e dire definitivamente addio al suo passato, allora
forse c’è
ancora speranza.
C’è
ancora speranza per noi due.
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