No ramen, no party
Naruto sbuffò,
contrariato.
Osservò la ciotola di ramen
davanti a lui, una delle poche volte nel corso della sua esistenza senza
voracità. Era lì, tutto solo al chiosco senza che nessuno si fosse degnato di
accompagnarlo e fermarsi a mangiare un boccone con lui. Non che non ci fosse
abituato, ma quel giorno ci sperava. E invece il sensei
era occupato in una missione insieme a Gai e Asuma,
Sakura avrebbe pranzato a casa di Ino, e il maestro Iruka si era visto costretto a declinare l’invito del
ragazzino per via di un’esercitazione degli allievi dell’accademia che doveva
supervisionare. E quello stupido antipatico del teme aveva proclamato che
piuttosto che venire con lui e nutrirsi di quella porcheria – che infamia – sarebbe tornato a casa sua e avrebbe
pranzato da solo.
“Umphf”, bofonchiò Naruto stizzito. Come osava definire porcheria quell’alimento afrodisiaco, e per di più rifiutare
sdegnosamente l’offerta che il jinchuuriki gli aveva
fatto con così lodevole generosità? Agli occhi del ragazzino, Sasuke aveva dodici anni eppure sembrava un vecchio
bacucco, testardo e fissato con le sue idee.
Afferrò un boccone con le bacchette e lo studiò,
svogliato sebbene vagamente adorante.
Mentre se lo infilava in bocca osservando i posti
vuoti di fianco a sé, pensò al teme che al momento doveva stare mangiando chino
su un grande tavolo apparecchiato per un’unica persona, completamente solo in
quell’enorme residenza, lui e il suo insopportabile disprezzo per tutto e per
tutti. E lo trovò fottutamente stupido.
Lasciò ricadere le bacchette nella ciotola,
imbronciato. Poi si alzò di scatto, risoluto. “Ehi! Teuchi!”,
chiamò in direzione del proprietario. L’uomo si voltò verso di lui, sorridente.
“Che c’è, Narut… oh, ma perché non hai finito di
mangiare? Ed è appena la prima scodella! Ma che ti prende?!”
Sembrava quasi scandalizzato. Naruto
sorrise, ghignante e sornione, incrociando le braccia dietro la nuca e strizzando
gli occhi come un gatto ai raggi sole, come faceva sempre. “Non si preoccupi, è
buonissimo come al solito, solo che … Mi potrebbe preparare due porzioni da
portar via, per favore?”, chiese allegramente.
“Certo”, rispose quello un po’ perplesso.
Venti minuti dopo Naruto
si fermava trafelato davanti al portone di casa Uchiha,
portando con sé due porzioni di ramen. Avendo
entrambe le mani occupate, si vide costretto a bussare prendendo a calci la
porta.
Dopo pochi attimi udì i passi rapidi del teme in
avvicinamento. Infatti il portone si aprì di poco – giusto lo stretto
necessario – a rivelare il volto compito e sprezzante del padrone di casa.
“Che diavolo fai, idiota?! Vuoi sfondarmi
l’ingresso?”
Naruto gli rispose con
una linguaccia. “Non preoccuparti, se è duro come la tua testa non c’è
pericolo.”
Sasuke assottigliò lo
sguardo, sdegnoso. “Complimenti, i tuoi motti di spirito sono davvero
esilaranti. Sono qui che mi contorco dalle risate. Che raffinato senso dello humor.”
Il jinchuuriki lo scrutò
accigliato. “Beh, mi fai entrare o no?!”
“Perché dovrei?”, replicò l’Uchiha
storcendo il naso.
“Perché sì, teme!”, sbottò non molto esplicativo Naruto, facendosi strada senza tanti complimenti
all’interno dell’abitazione.
Lanciò un’occhiata all’ampio ingresso, fermandosi
sugli scalini. “Da che parte è la cucina?”
Senza proferire una parola, Sasuke
lo oltrepassò e si diresse a destra. Naruto si
corrucciò indignato, ma poi lo seguì.
La grande tavola in sala da pranzo era
completamente vuota. Il jinchuuriki ghignò,
soddisfatto. “Non hai ancora mangiato, eh?”
“Stavo accingendomi a farlo, prima che tu ti
presentassi ingiustificatamente tentando di fracassare la facciata anteriore di
casa mia.”
Naruto poggiò il ramen in tavola, con decisione, sotto lo sguardo scettico
del compagno. Sasuke osservò le due porzioni, quindi
spostò gli occhi sul compagno di team, inarcando un sopracciglio. “Questo cosa
dovrebbe rappresentare?”
Il jinchuuriki si
accomodò su una sedia, sfrontato, portando un cartone di ramen
di fronte a sé. “Che oggi pranzo a casa tua”, affermò serenamente determinato.
L’Uchiha fece per
ribattere qualcosa, ma Naruto lo prevenne.
“Non puoi rifiutare del ramen!
È l’alimento migliore in assoluto, un pranzo non ha senso se non è a base di ramen!”
Sasuke arricciò il naso
con altero ribrezzo.
“Altamente nutritivo. Molto proteico”, soggiunse Naruto accattivante. “Contiene vitamina A, E, C, e pure S”,
precisò elencando lettere a casaccio.
“Coglione”, smozzicò l’Uchiha,
trasudando dispregio. “Non esiste la vitamina S.”
Naruto scrollò le spalle
con indifferenza, visibilmente poco interessato alla questione. Sasuke sospirò piano, sedendosi a sua volta in silenzio.
Osservò la propria porzione con una certa diffidenza.
“Teme, io ti ho offerto il pranzo, e ora tu lo devi
mangiare, chiaro?”, lo rimbeccò Naruto separando le
proprie bacchette con uno schiocco.
Il padrone di casa lo squadrò corrugando la fronte,
poi afferrò il proprio cartone. “Non so neanche perché ti ho permesso di
restare qui”, sbuffò rassegnato mentre si impadroniva delle bacchette.
Naruto ghignò sornione,
osservando Sasuke che si portava lentamente dei
tagliolini alla bocca.
L’Uchiha alzò lo sguardo
su di lui, storcendo il naso e ostentando sprezzo per il piatto evidentemente
troppo volgare per il suo palato raffinato.
“Sscctumpido teme, è buuonisscimgno!!”, inveì sdegnato Naruto
a bocca piena, agitando il pugno.
E vide le labbra di Sasuke
incresparsi impercettibilmente, poi l’Uchiha si
affrettò ad avventarsi sul piatto, nascondendo in fretta e furia il capo dietro
la pietanza.
Ma stava quasi per sorridere, Naruto
ne era certo.
Il jinchuuriki tornò a
dedicarsi al suo pasto, allegro e soddisfatto.
Lo sapeva, che il ramen
faceva miracoli.