A/N: Salve gente e
benvenuti in questa One-Shot ovviamente dedicata alla nostra coppia
preferita in Smallville: CLOIS! <3
Prima di tutto, vi devo
avvertire che se non avete ancora iniziato a vedere la nona serie e non
volete essere spoilerati, allora forse questa storia non fa per voi.
Infatti, diciamo che ci
sono spoiler per le prime 4 puntate andate in onda finora negli USA
(Savior, Metallo, Rabid, Echo).
Per quelli di voi che
invece stanno al passo con gli Usa e non vedono l'ora che arrivi il
mitico week-end per vedersi l'ultimo episodio di Smallville,
preparatevi a leggere una One-Shot abbastanza lunga! XD
Quella che era nata come
una Song-fic troppo smielata, si è rivelata essere
tutt'altro!
Noterete come si
ricollega all'episodio 9x04, anche se l'idea di questa storia
è nata prima che sapessi quello che sarebbe quasi successo
in quell'episodio. Alice Cullen, fai largo alla nuova veggente di EFP!
XD XD
Comunque, una volta che
ho saputo che quel particolare che non vi dirò XD succedeva
anche nell'episodio, ho voluto aspettare per vedere come la cosa si
sarebbe evoluta, per poi decidere se collegarmi a quello o rendere la
storia una roba indipendente. La risposta è: 50 e 50 XD
Nel senso che in effetti
potreste ritrovare qualcosa di quell'episodio, anche se la seconda
scena (in teoria) si svolge qualche tempo dopo i fatti avvenuti nella
9x04.
Comunque sia, la prima
parte è abbastanza introspettiva, mentre la seconda
è appunto smielata come nel piano originale! XD
Entrambe le parti, sono
raccontate dal punto di vista di Clark e se devo dare un giudizio, la
mia preferita è senz'altro la prima! Vedremo cosa ne pensate
voi! :D
La cosa che mi fa
imbestialire, è che per quanto Lois sia il mio personaggio
preferito, non riesca a scrivere dal suo POV o almeno non mi vengano
idee buone quanto quelle dal POV di Clark... Sono sicura che Lois mi
odierebbe se lo sapesse! XD Mi metterebbe sotto di sicuro col suo
Monster Truck! XD XD
Ad ogni modo, la nona
serie è piena di ottimi spunti e spero tanto che i fan di
Smallville scrivano qualche ff per questa sezione, magari ispirati da
quello che vedono nello show! :D
Wow, direi che ho parlato
abbastanza, no? XD
Vi lascio alla lettura e
vi ringrazio in anticipo:
a- se avete letto
b- se avete commentato
c- se avete messo la
storia tra i preferiti
Basta con le chiacchiere,
buona lettura! :D
Aveva passato le ultime tre settimane a vivere nel buio,
senza quella luce che lo aveva accompagnato nei suoi anni passati a
vivere da umano. Quella stessa luce che impediva a quella sua parte
Kryptoniana di prendere il soppravvento.
Gli ultimi ventuno giorni - giorno più, giorno meno - della
sua nuova vita completamente libera da qualunque tipo di emozione e
sentimento umano, erano stati riempiti da un solo obbiettivo: salvare
vite e dare speranza al genere umano.
Aveva tolto dalla sua vita ogni traccia di colore, lasciando che il
tetro color nero lo aiutasse a mimetizzarsi nelle fredde notti di
Metropolis e incutesse ancora più timore nei suoi nemici, di
quanto facesse il suo vecchio costume rosso e blu.
Il nero era il colore perfetto per quel periodo della sua vita.
Non sentiva più nulla e non provava più alcuna
emozione umana, da quel giorno in cui il giorno del giudizio era calato
nelle loro vite.
Clark Kent era morto, aveva detto alla sua ormai ex migliore amica, e
aveva lasciato spazio a Kal-El, l’unico sopravvissuto,
insieme a Kara, di quella gloriosa stirpe Kryptoniana di cui pochi
erano a conoscenza.
Ormai ogni singolo secondo della sua vita era occupato
dall’allenamento alla Fortezza che, con grande
felicità di quello che era rimasto del suo padre biologico,
aveva deciso di iniziare e dal suo dovere di Macchia.
Niente più Macchia Rossa e Blu ormai. Solo Macchia.
Per quanto provasse costantemente ad intercettare solo ed
esclusivamente le richieste d’aiuto dei cittadini di
Metropolis e delle città adiacenti, non aveva potuto evitare
di notare lo stupore di tutte quelle persone, nel notare che il Buon
Samaritano che prediligeva i colori primari, aveva lasciato spazio ad
un cupo eroe solitario che rendeva nota la sua presenza con marchi
infuocati che lasciava nei luoghi dei salvataggi.
Il simbolo degli El, la gloriosa casata Kryptoniana, ora era inciso in
varie parti di Metropolis e sul suo petto, sempre presente per
ricordargli che il suo destino includeva molto più che una
vita da semplice umano.
Speranza.
Questo era quello che Kal-El sperava la gente provasse nel vedere quel
simbolo marchiato a fuoco sul muro di una palazzina o sul vetro di una
cabina telefonica. Speranza nel sapere che se mai si fossero trovati in
pericolo, lui sarebbe intervenuto.
L’allenamento con Jor-El gli aveva dato sicurezza nei propri
mezzi e probabilmente se ancora avesse avuto dei residui di sentimenti
in sé stesso – o se avesse permesso a quei
sentimenti che effettivamente erano ancora lì, di salire in
superficie e quindi affrontarli – si sarebbe maledetto per
non avere iniziato quell’allenamento prima,
cosicché lo scontro con Doomsday si sarebbe concluso in
maniera diversa e Jim… e delle vite umane non sarebbero
state sacrificate in quel modo.
Ormai non si permetteva più errori del genere. Ora calcolava
tutto nei minimi dettagli, grazie a quei sentimenti che non lo
disturbavano più.
In quelle 504 ore passate a vivere nel buio, senza quella luce che, pur
senza saperlo, gli aveva fatto da guida e gli aveva ricordato quanto
fosse speciale essere semplicemente un umano, aveva passato gran parte
del suo tempo su una palazzina qualunque, o sul tetto del Daily Planet
o sul punto più alto della Statua della Libertà,
con il suo super-udito sempre all’erta, pronto a captare ogni
minima richiesta d’aiuto proveniente da qualsiasi parte del
mondo.
La cosa che Kal-El non avrebbe mai ammesso, era che da quei punti
così alti e isolati, sperava di cogliere un minimo, anche
impercettibile segnale che lei
fosse ancora viva.
Aveva cercato di dimenticarla e aveva provato a convincersi che ogni
incredibile sforzo che faceva per ritrovarla facesse solo parte di quel
suo nuovo e potenziato lato che voleva salvare e dare speranza alla
razza umana.
Ogni notte che saliva su quei tetti, si convinceva che una volta che
l’avesse ritrovata e consegnata sana e salva a sua cugina,
avrebbe avuto un compito in meno come Macchia e un merito in
più come eroe della città.
Ma per quanto provasse a reprimerlo, c’era una parte di
sé, di Clark Kent, che avrebbe dedicato ogni singolo secondo
di ogni singolo giorno esclusivamente alla sua ricerca e non per il
merito che ne sarebbe scaturito. Tutti quegli sforzi rivolti a trovarla
erano mossi da un semplice ed unico motivo: gli mancava da morire.
Nonostante tre lunghe settimane fossero già passate,
c’era quella parte di lui che mai si era rassegnata e mai lo
avrebbe fatto.
Affinò nuovamente il suo super-udito per cogliere quello che
ad un orecchio umano sarebbe stato impercettibile, per lo meno a
così tanti chilometri di distanza.
Sentì lo sfregare del metallo delle ruote di una monorotaia
lasciare il proprio binario per poi cadere nel vuoto, destinata a
schiantarsi al suolo alla velocità di centinaia di
chilometri orari nel giro di pochi secondi.
Si mosse subito e in una manciata di secondi percorse la distanza che
lo separavano da Metropolis, fermandosi nel punto dove la monorotaia si
sarebbe certamente schiantata se lui non fosse intervenuto.
Piegò leggermente le gambe, pronto ad attutire il
contraccolpo della monorotaia quando l’avrebbe presa al volo
e distese le braccia di fronte a lui, pronto ad agire.
Nel giro di pochi secondi, la monorotaia lo raggiunse e lui la prese al
volo, impedendole di schiantarsi al suolo. Sentì le lamiere
cedere ed accartocciarsi sotto la sua presa decisa e dovette trattenere
parte della sua forza per impedire al muso della monorotaia di
scomparire letteralmente sotto il peso delle sue grosse mani.
Grazie all’allenamento con Jor-El e al suo relativo
incremento della forza, lo sforzo fu decisamente inferiore a quello che
avrebbe fatto solo qualche mese prima se si fosse trovato in una
situazione del genere.
Con una grazia ed una delicatezza fuori dal comune, posò
dolcemente la monorotaia sull’asfalto, sperando che nessuno
dei passeggeri fosse ferito gravemente.
Come sempre avrebbe avvertito anonimamente il 911, sfruttando il
modulatore di voce che possedeva e che in passato aveva usato solo per
parlare con Loi… con lei,
quella persona che faceva parte della sua vita precedente.
In seguito, avrebbe lasciato come sempre il suo marchio, che avrebbe
infuso sicurezza negli animi dei cittadini di Metropolis, per poi
correre via ed appostarsi nuovamente sul punto più alto
della città, per sorvegliarla e proteggerla.
Improvvisamente fu attratto da una visione che non poteva essere vera e
sentì il cuore fermarsi per qualche secondo, come non gli
succedeva da almeno tre settimane.
Lois Lane, la sua
Lois era lì di fronte a lui.
Rimase a bocca aperta senza che nessun suono ne uscisse fuori e per
qualche secondo pensò che tutto quello fosse un semplice
scherzo di cattivo gusto che la sua mente aveva deciso di giocargli
come punizione per essersi lasciato andare ai ricordi per qualche
secondo, solo qualche istante prima.
Aveva setacciato ogni singolo angolo di Metropolis e dintorni e non
l’aveva trovata da nessuna parte. Quindi, come poteva
trovarsi lì di fronte a lui, senza sensi e anche
più bella di quanto la ricordasse?
Kal-El cercò di riprendere il sopravvento su quella parte
umana che era Clark Kent e che aveva ripreso ad uscire in superficie,
ma per qualche secondo non ci riuscì.
Clark riuscì a fare solo una cosa, capendo che si trovava di
fronte la vera Lois Lane; una cosa che non faceva da tempo: sorrise.
Lois era sana e salva e nel giro di qualche ora si sarebbe finalmente
ricongiunta con sua cugina. Tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Ora che lei era tornata, per lui rimaneva una sola cosa da fare, ovvero
rimanere fedele a quello che si era ripromesso e che aveva promesso a
Jor-El. Avrebbe finito l’allenamento alla Fortezza e avrebbe
continuato a vivere come Kal-El, seppellendo per sempre Clark Kent e
rendendo lui e il suo lato umano solo un semplice ricordo.
Ma ora che lei era tornata, abbandonare nuovamente tutto era
così dannatamente difficile.
Aveva deciso di vivere nel buio di una vita senza sentimenti,
perché quella che aveva scoperto essere la luce che
illuminava le sue giornate, era sparita. Ma ora che lei era tornata,
ora che il solo pensiero di dirle addio volontariamente distruggeva
quel cuore umano che solo pochi secondi prima aveva ripreso a
battere… ora che Lois Lane era nuovamente lì ad
illuminare la sua vita e a fargli vedere nuovamente i colori, come
avrebbe anche solo potuto pensare di rinunciare a lei?
Girò il viso alla sua destra e bruciò velocemente
sul muro che stava a qualche metro da lui il suo simbolo, si concesse
di guardarla un ultimo secondo e notando come stesse iniziando a
riprendere lentamente i sensi, sorrise nuovamente prima di correre via.
La risposta alla sua domanda era solo una: non avrebbe potuto.
***
Clark Kent si era quasi totalmente riappropriato della propria vita da
qualche settimana ormai, il che includeva lavorare al Daily Planet
fianco a fianco con Lois Lane.
Inizialmente era stato un po’ restio nell’accettare
il consiglio di Chloe, quello di tornare al Planet e alla sua vecchia
vita, solo per tenere d’occhio Lois meglio di quanto non
avrebbe potuto fare come Macchia.
Tornare a quella parte della sua vecchia vita, significava passare gran
parte della giornata con quella persona che aveva scoperto essere
così importante nella vita di Clark Kent e tutto questo non
aiutava le sue intenzioni di staccarsi definitivamente da lei ed
abbracciare totalmente il suo lato Kryptoniano.
Se fosse stato un semplice umano, non avrebbe desiderato niente di
più che passare quanto più tempo possibile con la
persona più importante della sua vita.
Ora che era passata qualche settimana dal giorno in cui Chloe gli fece
quella proposta, era felice di aver accettato, tornando nuovamente a
pensare che sia Kal-El che Clark Kent potessero convivere, trovando
entrambi i propri spazi e i propri momenti.
Una cosa era certa. Se Clark Kent era tornato, il merito era gran
parte, se non interamente di Lois Lane.
Sorrise nel notare come quel pensiero lo avesse colpito per la
milionesima volta quel giorno e non poté evitare di lanciare
uno sguardo di sfuggita alla mora reporter che sedeva alla scrivania di
fronte alla sua, impegnata come sempre nel scrivere il miglior articolo
di tutti i tempi.
Da quando entrambi erano tornati alle loro vite, Clark aveva notato
come Lois sembrava pensare solo ed esclusivamente alla Macchia,
fantasticando ad occhi aperti sull’eroe misterioso che
salvava vite innocenti e adorava vivere nell’ombra.
Per quanto Clark sapesse che fosse stupido, non poteva evitare di
essere geloso di quella parte di sé che sembrava occupare la
maggior parte dei pensieri di Lois.
Che fine aveva fatto la ragazza che sotto tortura aveva confessato di
amarlo? O quella che al matrimonio di Chloe e Jimmy l’aveva
quasi baciato? O quella che gli aveva proposto di vedersi per prendere
un caffè?
Probabilmente l’averle dato buca quella sera
l’aveva convinta a dimenticarlo, se mai aveva iniziato a
vederlo in modo diverso.
Eppure il modo in cui gli era corsa incontro, abbracciandolo ai piedi
delle scale del Daily Planet il giorno in cui Clark Kent fece il suo
ritorno; quell’abbraccio sotto la pioggia, quando pensava e
temeva di averla persa per sempre o quelle poche ore in cui aveva avuto
il vantaggio/svantaggio di poterle leggere i pensieri e sapere quello
che in realtà pensava quando le stava vicino... tutti quei
piccoli momenti gli tornarono in mente, accompagnati dalla sicurezza
che per lei era decisamente qualcosa di più che un semplice
amico o collega. E lo stesso discorso valeva per quello che lei
significava per lui.
E ora che i suoi sentimenti erano perfettamente identici a quelli che
provava lei, cosa gli impediva di chiederle di uscire, anche solo per
mangiare qualcosa al volo?
La Macchia? Il suo segreto? La paura di mettersi nuovamente in gioco?
Il terrore di sentirsi dire di no?
C’erano già passati e Clark sapeva che quelle
erano soltanto scuse.
“Sai, Smallville, chi pensa troppo e non ci è
abituato rischia di perdere sangue dal naso.” Gli disse
ironica, approfittandone per punzecchiarlo in quel modo affettuoso,
come solo lei sapeva fare. Clark dovette interrompere i suoi pensieri e
si limitò a sorriderle.
Abbassò per un secondo lo sguardo sulla scrivania e
valutò le parole di Lois molto attentamente prima di
risponderle. “Sai, Lois? Hai proprio ragione.”
Rispose alzando nuovamente lo sguardo, incrociandolo con il suo.
“Direi che per oggi ho pensato anche troppo.”
Clark notò il sorriso di Lois, quasi certamente sorpresa che
non le avesse risposto con una battutina, ma che addirittura le avesse
dato ragione.
Ma in fondo, cosa avrebbe ottenuto se fosse rimasto lì a
pensare ancora e ancora su cosa avrebbe dovuto dire o non dire? Su cosa
era più giusto fare o non fare?
In fondo era abbastanza facile.
Buttarsi era l’unica cosa che avrebbe dovuto fare. Invitarla
a cena era l’unica cosa che avrebbe dovuto dire.
“Che ne dici di mangiare qualcosa insieme?” Disse
quasi con nonchalance, facendo risultare quel celato invito ad un
appuntamento, quasi come se fosse la cosa più scontata del
mondo.
Lois spalancò sorpresa gli occhi per un millesimo di
secondo, ricomponendosi immediatamente e corrugando la fronte confusa.
“Uhm… cenare insieme?” Chiese, ripetendo
a sua volta la domanda che le era appena stata fatta.
Clark sorrise, capendo in anticipo e senza alcun potere che lo aiutasse
a leggerle la mente, cosa Lois stesse cercando di fare. Decise di
risponderle usando una tecnica che qualche tempo prima lei aveva usato
con lui. “Sì, Lois.” Disse serio.
“Sai, la cena è quel pasto che le persone normali
hanno la sera, hai presente?”
Non poté evitare di sorridere quando Lois alzò un
sopracciglio e incrociò le mani al petto quasi con fare
scherzosamente minaccioso, avvertendolo che se avesse voluto vivere
qualche altro giorno, avrebbe dovuto evitare di prendere in giro Lois
Lane.
“So cosa è una cena, Clark.” Rispose con
un sorrisetto ironico.
“Ottimo.” Sorrise. “Allora, è
un sì o un no?” Le chiese, alzandosi dalla sedia
per poi raccogliere il suo soprabito.
Vide Lois pensarci un po’ su prima di rispondere, quasi come
se il bisogno di fare quella domanda che la turbava fosse impossibile
da trattenere, ma il terrore di conoscere la risposta fosse altrettanto
insopportabile.
Alla fine si lanciò e glielo chiese comunque.
“Dipende. E’ un appuntamento?” Clark
notò come cercò di mantenere il suo tono di voce
normale, senza che nessun’altro notasse quanto il suo battito
cardiaco fosse aumentato improvvisamente a causa della sorpresa e
dell’eccitazione alla sola idea di avere un appuntamento con
lui.
Ovviamente il suo super-udito gli fece cogliere quel particolare,
facendolo sorridere e convincendolo che giocare e stuzzicare ancora un
po’ Lois, sarebbe stato estremamente divertente.
“Dipende, Lois.” Disse avvicinandosi un
po’ di più a lei e appoggiando il peso del suo
corpo sul bordo della sua scrivania, invertendo per una volta le parti.
“Vuoi che lo sia?” Chiese malizioso, come lei di
sicuro avrebbe fatto se si fosse trovata al suo posto.
“Non fare questo giochetto con me.” Rispose seria,
spostando lo sguardo dal viso di Clark allo schermo del pc che si
trovava di fronte.
Rimase in silenzio per qualche secondo, senza mai staccarle gli occhi
da dosso e annuendo colpevole con quello sguardo da cucciolo appena
sgridato che solo lui riusciva a fare.
Lois aveva nuovamente ragione. Avevano fatto quello stupido giochetto
del tira e molla per tanto, troppo tempo ormai, che senso aveva
continuare ancora?
“Hai ragione.” Disse serio, quasi scusandosi per
essersi comportato in quel modo così stupido solo pochi
secondi prima. Lois si girò lentamente a guardarlo di nuovo
e Clark non poté evitare di sorriderle. “Che ne
dici semplicemente di uscire di qui, mangiare qualcosa e vedere come
va?” Scosse le spalle, proponendo quella specie di
appuntamento, sperando di non accrescere o stroncare le aspettative di
Lois.
Per quanto lui fosse stranamente pronto per un vero e proprio
Appuntamento, Lois sembrava avere un uomo di troppo nella testa in quel
momento e forse prenderla con calma era la cosa migliore da fare per
lei. Magari quella cena l’avrebbe aiutata a capire che era
con Clark che voleva stare, non la Macchia.
Si diede nuovamente dello stupido per essere così geloso
delle attenzioni che Lois riservava alla Macchia ed una frase che aveva
sentito durante una delle sue notti di pattuglia, gli tornò
alla mente.
Sai di essere
innamorato, quando diventi geloso di te stesso.
Mai parole più vere furono dette.
Notò come Lois rimase ad osservarlo in silenzio per qualche
secondo, mordicchiandosi il labbro pensierosa e ripetendosi mentalmente
le parole che le aveva appena detto. “A me sembra comunque un
appuntamento.” Disse seria scrollando le spalle, per poi
mostrargli quel sorriso a mille watt che riservava solo per lui.
Clark sorrise a labbra serrate, scuotendo leggermente la testa
divertito. “Se la cosa ti spaventa, Lois, possiamo chiamarlo
‘una specie di appuntamento’. Che dici?”
“Io? Spaventata da Clark Kent?” Rispose ironica,
alzandosi dalla sedia per poi infilarsi la giacca e piazzarsi di fronte
a lui. Rimasero a guardarsi in silenzio, l’uno negli occhi
dell’altro per qualche secondo, dopodiché Lois gli
sorrise, per poi dargli le spalle e incamminarsi verso
l’ascensore. “Andiamo, Smallville, sto morendo di
fame.”
Clark rimase ipnotizzato per qualche secondo dai movimenti sinuosi
delle sue curve e dal dondolare ipnotico della sua coda di cavallo
color cioccolato che dondolava ritmicamente, andando a tempo col rumore
che i suoi tacchi facevano ad ogni suo passo.
Si allentò leggermente il nodo della cravatta, quasi questo
gli impedisse di respirare, dopodiché si infilò
il soprabito e più sorridente che mai, la seguì,
raggiungendola di fronte alle porte dell’ascensore.
Clark Kent era tornato
e finché la luce che lo teneva ancorato
all’umanità che c’era in lui faceva
parte della sua vita, non sarebbe mai
più partito.
***
FINE
***
Piccola
precisazione: la frase "Sai
di essere innamorato, quando diventi geloso di te stesso."
non è mia, ma l'avevo letta su un forum.
Una ragazza dal nick Cyclonekat l'aveva scritta su uno
stupendo wallpaper sulla nona stagione che aveva fatto durante
quest'estate.
Per cui, se quella frase (che io adoro) è piaciuta anche a
voi, le riferirò i vostri complimenti! :D
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