Fair youth, beneath the trees,
thou canst not leave
thy song, nor ever can
those trees be bare.
Bold lover, never, never
canst thou kiss,
though winning near the
goal - yet do not grieve;
she cannot fade, though
thou hast not thy bliss,
for ever wilt thou love,
and she be fair!
[ Ode On A
Grecian Urn - John Keats ]
Sean Lennon pensa che tu sia tornato alla sua stella.
Kellie Parker sa che non correrà più ad
abbracciarti, e non potrà più soffocare le
lacrime su quell’orsacchiotto ormai consunto.
Brandon Adams - quel fantastico bambino prodigio - non
ballerà più con te, né darà
prove di freestyle in quel famoso club anni trenta.
L’happy ending di Moonwalker
ha finito per farsi odiare da questi tre adulti, colpevole solo di
riflettere il loro attuale desiderio. Darebbero l’anima per
farti tornare: Zeke, ancora presente nel cuore di Brandon Adams,
ritaglierebbe migliaia di stelle cadenti su un cartoncino dorato, e la
Katie che era - ed è tuttora - Kellie Parker regalerebbe
volentieri centinaia di orsacchiotti come quello.
Naufragano in questi pensieri e ricordi, i bambini di Moonwalker.
Immaginano di compiere queste gesta infantili e si rifugiano in esse,
avvertendo uno strano nodo alla gola e stringendo le labbra il
più possibile per non far uscire le lacrime che adesso si
vergognano di versare.
Tutto ciò per non ammettere la verità, quella
crudele realtà con cui non vogliono avere a che fare, e per
evitarla si tappano occhi ed orecchie. Lo sanno: da quel vicolo buio
non tornerà più nessuno.
Though we’re far
apart, you’re always in my heart. You are not alone.
Vorrebbero tanto non esserlo, Michael. Vorrebbero tanto non sentirsi
così soli e abbandonati.
Ma tu non ci sei più, e non sanno dove andare. Tu eri la
loro Isola Che Non C’è: non puoi negare di esserlo
stato, e questo vale per milioni di altre persone, quando per salvare
te stesso dal grigiore di una vita che ti ha trattato subito da adulto
hai salvato anche tutti loro, regalando al mondo colori e una
prospettiva diversa per ogni cosa.
Kellie Parker ha una collezione di orsacchiotti, ora, che per qualche
strana ragione si premura di non mostrare mai in pubblico. Quando si
sente triste o sola, si rinchiude in quella stanza e pensa a te.
Abbraccia il peluche più grande immaginando che sia tu,
perché è assolutamente incapace di dimenticarti e
soprattutto non riesce a credere che tu non ci sia più per
lei.
Ti credeva immortale già fin dai tempi di Moonwalker. Ci
credeva con tutta la forza di cui è capace una bambina. Non
la consola affatto che erano in tanti a crederti invincibile, talmente
invulnerabile che era facile pensare che avresti ingaggiato con la
morte una lunga battaglia. Hai ceduto tu, molto prima di quanto si
immaginasse e sperasse.
Si sentono tutti un po’ più soli,
quaggiù, e un po’ più disillusi.
Nessuno sa cosa provi Sean Lennon, che il giorno della tua scomparsa
non ha pronunciato una sola parola.
La sera è rimasto a guardare le stelle fino a che il cielo
non si è fatto più chiaro, strimpellando una
melodia con la sua chitarra.
An angel came to me, to save my
life.
Sperava di poter vedere la stella più luminosa di tutte, il
figlio di John, così avrebbe alzato una mano verso di essa
per accarezzarla, e dirle a bassa voce che laggiù erano
tristi, che la volta celeste non aveva bisogno di altra luce, ma la
Terra sì che l’aveva, eccome, e il cielo era stato
egoista nel lasciare il loro pianeta un po’ più
buio.
Sean era il più grande dei tre, e sicuramente il
più famoso. Una madre così disprezzata, un padre
così rimpianto: sentiva come suo il compito di proteggere
lei e raggiungere lui. Voleva diventare adulto per quelle ragioni, ci
si atteggiava quando era bambino ma voleva disperatamente esserlo
perché pensava che più sei adulto, più
hai potere e libertà.
Chissà se si trova a suo agio, ora, nei suoi panni di
adulto. Chissà se si sente
adulto, ora, mentre sta piangendo seduto sul davanzale della finestra,
aperta sul cielo scuro ricamato di stelle. Chissà se, dietro
quella mano che nasconde il suo pianto silenzioso come se fosse una
vergogna, i suoi occhi sono rimasti gli stessi del bambino che voleva
raggiungere l’irraggiungibile e pensava che
l’impossibile fosse possibile.
Dici che è ancora in grado di sognare come tu
gliel’hai insegnato, Michael?
Make a better place, for you and
for me and the entire human race.
E Brandon Adams? Il piccolo, iperattivo, geniale Brandon?
Ora fa rap, è un concentrato di energia come allora e sempre
esplosivo nelle sue reazioni. Sai che aveva piantato una quercia, nel
giardino di casa sua? L’ha fatto tanto tempo fa, e ora
è grande e imponente quanto lui voleva che fosse,
perché diceva che doveva essere uguale a te: grande, forte,
immortale, che si piegava ma non si spezzava mai e resisteva a tutte le
avversità.
Era così
che ti vedeva. Così
che ti vedevano tutti.
Quando Brandon vuole sfogare la sua rabbia e la sua tristezza, che gli
sembrano raddoppiare e pesare di più ogni giorno, si
arrampica su quella quercia. Non vuole che altri lo vedano o lo
sentano. Racconta i suoi dolori solo a quell’albero, che pare
essere diventato ancora più importante, dopo la tua morte.
Afferra i forti rami con tutte le sue forze, e a vederlo si direbbe che
abbia paura che possano svanire da un momento all’altro; si
china sul fusto come se volesse essere protetto da tutta quella
corteccia, e quando appoggia i palmi delle mani su quella superficie
ruvida, chiude gli occhi, stringe i denti e si costringe a non
singhiozzare.
Ci prova, il piccolo Brandon, ci tenta davvero. Ma non ce la fa, e
finisce con il ripetere il tuo nome a bassa voce contro la corteccia,
come un mantra.
Sei diventato una specie di dio, Michael, te ne rendi conto? In quel
posto dove sei ora, riesci a vedere cos’è successo
al mondo intero?
If you wanna make the world a
better place, take a look at yourself, then make a change.
Annie, nel Bronx di New York, il giorno della tua morte è
scesa in strada in lacrime con uno stereo. Ha squadrato con aria di
sfida tutti quelli che c’erano sul marciapiede in quel
momento e ha iniziato a ballare Smooth
Criminal. Ballava e piangeva allo stesso tempo, Annie, che
in quel momento si sentiva un macigno sul cuore, e l’hanno
seguita in tanti.
Poi ci sono state Victoria e Selene, pazze di dolore, che hanno passato
intere notti sulle strade ghiacciate della Svezia a scrivere sui muri
il tuo nome.
Perfino Joey, un Marine degli Stati Uniti, ha pianto una lacrima per
te. Gli era sgorgata dagli occhi una sera che era seduto sulla branda,
a pulire diligentemente il fucile. Ha ricordato la sua adolescenza
scandita da nient’altro ritmo che il tuo, e ha lasciato
trasparire una goccia di tristezza prima di asciugarla velocemente
dalla canna del fucile su cui era caduta.
Gloria e Christian, in California, stanno per avere un bambino. Hanno
deciso di chiamarlo Michael, e pregheranno che nasca in un mondo
migliore, quasi come quello che loro sognavano attraverso le tue
canzoni. Sono cresciuti nella disillusione di una società
dura, di una città dura, di un quartiere duro, stemperata
soltanto da te. Non hai idea di come si siano sentiti, quando hanno
acceso il loro piccolo tv color e sono venuti a sapere della tua morte,
e di come tutto sembrava più grigio intorno a loro.
E si potrebbe andare avanti all’infinito, con queste piccole
o grandi storie: con Marinella che abita in Italia e viveva della tua
voce, Diana che una vera patria non ce l’ha e un punto di
riferimento ora l’ha perso per sempre, Reila che è
giapponese e se vedessi la sua stanza crederesti di essere in un museo
dedicato a te, Lyla che ha sempre nelle orecchie l’iPod con i
tuoi brani per sopravvivere a ogni giorno della sua piovosa
Inghilterra, e un tale Billy Brown che in Libano non si stanca mai di
difenderti dalle ancora numerose calunnie, rispettose più
nemmeno della morte.
Ti piangono veramente ovunque, Michael, nelle più svariate
parti del mondo.
Born to amuse, to inspire, to
delight. Here one day, gone one night.
-Non è giusto.- continua a ripetersi Kellie, singhiozzando.
E’ la sola cosa che riesce a dire, aggrappata convulsamente a
un orsacchiotto come se fosse la sua unica salvezza.
You are not alone, I am here
with you.
Brandon, una lacrima che gli scende lenta sul viso, passa il dito sulla
corteccia della sua quercia. -E’ contro le regole, non potevi
andartene così.
Gonna make a difference, gonna
make it right.
-Il tuo ultimo colpo di scena, eh?- E’ un sorriso triste,
quello di Sean, come le sue parole, e non riesce a ingannare nessuno:
non è molto credibile, un sorriso attraversato da scie di
pianto.
Listen to his voice,
please, hear his soul. This angel came to me to save me.
Hanno seguito tutti un sogno, fatto di polvere d’oro rubata
alla tua stella. Il loro mondo era con te, era con te che vivevano.
Cantavi, e creavi un universo intero dove poter giocare con le nuvole,
e nessuno sapeva dov’era, ma c’era,
perché una volta che finivi di cantare ti sorridevano, e
nella loro felicità vedevi riflesso quel mondo.
Neverland. Che bella, quella terra che non c’era. In pochi
hanno capito che in realtà non era quella grande casa da
miliardario, ma più semplicemente un mondo che avevi dipinto
tu e che chi ti amava aveva abitato.
Ma non tutti potevano entrarvi. Non tutti avevano la chiave,
perché la chiave eri tu, e ora Neverland è chiusa
per sempre.
-“Io ho fatto questa stella per ricordarmelo sempre.
E’ la sua stella”.- sussurra Kellie, ricordandosi
della battuta che era stata di Brandon.
Sta per addormentarsi in mezzo agli orsacchiotti che tanto ama.
E’ vestita come una donna d’affari, con un tailleur
blu marino, ma in volto le è apparso il dolce sorriso di
quand’era bambina. Sorrideva in quel modo quando si sentiva
protetta e al sicuro.
Kellie Parker scivola in un sonno profondo, e in mano stringe una
piccola, stropicciata stella cadente.
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Ok. La one-shot su Michael Jackson è arrivata. E' strana,
perché non l'ho pubblicata né subito dopo la sua
morte, né dopo This
Is It. Non so, mi dà una strana impressione che
non riesco a definire O__ò"
Comunque, visto che questa dovrebbe essere una Signora Fanfic (E parlo
naturalmente del soggetto, non dello stile, per carità :D),
facciamo i dovuti ringraziamenti - o in questo caso credits - a queste
personcine che mi hanno ispirata:
. ad Alessandro Baricco
. ai Sonata Arctica
. ai Casualties
. ai Green Day
. a Fabrizio De André
. ai GazettE
. agli Oasis
. a Mika
. a James Matthew Barrie
. ovviamente ai bambini di Moonwalker
E un grazie anticipato e sentitissimo a chi commenterà uwu xD
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