Chiamami Col Mio Nome
Corro, senza pensare ad altro che al movimento fluido
e veloce delle mie gambe, coperte in parte dalla ruvida stoffa dell’hakama, i
sandali sbattono sull’acciottolato del cortile
dell’Accademia.
Se mi scoprono fuori dal dormitorio sono guai, ma non
ce la faccio più, ho bisogno di
respirare.
Senza quasi più fiato, mi lascio cadere sul prato:
guardo malinconicamente Rokungai oltre le mura, scorgo in lontananza anche
Inuzuri, illuminata da piccole lanterne; minacciose nubi si avvicinano sempre
più, sembra che stia per arrivare un
temporale.
Ormai, sono passati due giorni da quando Rukia è
stata adottata dai Kuchiki; mi guardo le mani, quel Reiatsu era davvero
spaventoso, mi sembra di sentirlo ancora affondare sin nelle ossa; che razza di
mostro ha portato via la mia amica?
Forse, avrei dovuto dirle qualcosa,
fermarla...
Ma qualcosa dentro di me dice che è giusto così, che
devo abbandonare questo pensiero
egoistico.
Una come lei ha diritto di vivere una vita diversa da
quella cui era stata condannata.
Che pensieri
sdolcinati.
Quasi mi vergogno di me
stesso.
Ma quello sguardo non me lo scorderò tanto
facilmente, non mi ha mai guardato in quel
modo.
Sembrava quasi…
ferita.
Si, ferita è la parola
esatta.
Ma da cosa?
Forse… Si aspettava che mi
opponessi?
Che non me ne stessi così in silenzio, come un
deficiente?
Un sorriso idiota mi affiora alle
labbra.
Sono
patetico.
Un patetico cane randagio che si è affezionato alle
gonne di una donna che gli ha donato
cibo.
Non mi sono mai sentito così
strano.
Lascio vagare lo sguardo sino al luogo in cui si
trovano i quartieri Kuchiki, mi sembra quasi di sentire il reiatsu di Rukia
vibrare debole da qualche parte all’intero della bassa cerchia di mura che
delimitano i territori della famiglia mentre un senso di inquietudine si fa
strada in me.
Mi sembrano ancora più imponenti e spaventosi da
qui.
Mi alzo in piedi, rabbrividisco quando un filo di
vento gelido s’insinua sotto l’hakama.
Ha ancora senso perseguire il mio obiettivo? Avrò le
capacità per entrare nel corpo degli shinigami? Sono sicuro che Byakuya Kuchiki
farà entrare la mia amica nel Gotei senza battere
ciglio.
“Se avrai bisogno, chiamami con il mio
nome…”
Una voce profonda si fa strada in me, erutta dal
profondo del mio cuore invadendomi di un tenue calore: alzò gli occhi
stupefatto, emozioni contrastanti esplodono con violenza, incertezza, paura,
forza e sicurezza... Tutto questo.
Un ciuffo rosso smosso dal vento mi ricade sulla
fronte imperlata di sudore, un tremito convulso prende le mie mani e le mie
gambe, costringendomi seduto per evitare di cadere rovinosamente; “Cosa sei?”
mormoro, tenendomi la testa, tutto sembra fermarsi nel silenzi oche segue la mia
domanda appena sussurrata.
“Se avrai bisogno, chiamami con il mio nome…” ripete
la voce.
Prima di
sparire.
Sento il mio animo acquietarsi, le mani smettere
improvvisamente di tremare convulsamente e il respiro
regolarizzarsi.
Mi guardo
attorno.
L’Accademia è tranquilla come non
mai.
Cosa diavolo
era?
Socchiudo gli occhi, concentrandomi sul battito del
mio cuore quando percepisco chiaramente un reiatsu avvicinarsi a
me.
Mai prima d’ora avevo sentito un aura spirituale così
nitidamente.
Mi alzo in piedi, qualcuno si sta avvicinando
piuttosto velocemente a me.
Faccio per correre a nascondermi quando una voce
familiare mi chiama: “Renji, cosa cazzo ci fai qui fuori?? mentre dal buio
scorgo la sagoma robusta di uno dei miei compagni di dormitorio; tiro un sospiro
di sollievo, “Maledizione Hachi, mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò
ridacchiando, alzandomi in piedi.
Il mio amico sbuffa seccato: “Razza di idiota,
muoviti e torniamo in camerata!” mi sprona, spingendomi verso i
dormitori.
Sorridendo, volgo lo sguardo, il cielo si sta
tingendo di rosa acceso, tra poco sarà
l’alba.
“Rukia, ti prometto che ci rincontreremo come
shinigami.” sussurro tra me e me, “è una promessa!”
aggiungo.
“Muoviti Renji!” mi richiama Hachi, è già lontano sul
sentiero.
“Arrivo, arrivo!” esclamò, correndo verso di
lui.
Dietro di me, il Sole comincia a fare capolino dietro
le colline di Rokungai.
“ULULA,
ZABIMARU!!”