Piove lassù.
Il rumore della tempesta si sente anche qui, tra i meandri
della
terra; l'umidità si attacca alla pelle, rendendo
insopportabile
anche il semplice respirare.
Fa freddo. Tanto freddo. Rabbrividisco ancora, accovacciandomi sul
terreno impregnato di acqua, con la testa tra le mani, attenta a fare
meno movimenti possibili e a conservare quel minimo calore del sangue
vibrante sotto la pelle pallida.
Il boato di un tuono, una scarica elettrica che mi attraversa la
schiena. Credo di star tremando, ma non posso affermarlo con certezza.
Sembra che stia tremando TUTTO.
Mi umetto le labbra screpolate, e stringo maggiormente le ginocchia al
petto, aggrovigliando le mani nei capelli.
Ricordo di aver sempre avuto paura dei temporali...anche quando ero
Lì.
Anche quando avevo una casa. Anche quando avevo una
famiglia. Anche quando non ero un mostro.
Sono memorie perdute, soffocate dal mio presente fatto di buio e morte.
Memorie che nella solitudine scuotono le pareti in cui le ho
rinchiuse e urlano più selvaggiamente che mai. E
il mio
corpo viene trasportato lontano, sopra le colline e ancora in
là, verso il verde cielo debole, meraviglioso
dell'umanità.
Mi vedo, mentre mi rifugiavo sotto le coperte del letto, e mentre
stringevo un
pupazzo mamma mi cantava una ninna nanna, oppure ci stringevamo tutti
sul
divano, con una tazza di cioccolato a riscaldarci, fino a tarda notte.
Che sapore ha il cacao? Non lo so. Niente a che vedere con
quello
metallico del sangue, suppongo.
Ma desidererei sapere come mi sentivo, tra le braccia di qualcuno che
mi amava, con il cuore intatto e fragile e vivo.
Ora, non ho altro che
la nuda roccia a ripararmi, e non ho altro che la debole
percezione del cuore freddo e duro e morto nel mio petto, non ho che la
mia voce velenosa per farmi addormentare,.
Lui, invece, ha una voce meravigliosa. Sembra quella di un angelo,
sebbene io non ne abbia mai sentito uno.
La
stupenda intonazione, la cadenza, i tempi: tutto è perfetto.
Canta, ed il mondo smette di esistere. L'universo si ferma, incantato
dalla melodia e imprigionato nelle sue labbra.
Le parole non hanno importanza, basta il suono.
Orea però dorme, e non posso certo svegliarlo per chiedergli
di consolarmi con una canzone perchè ho paura.
Ho paura. Anche se sono un'assassina e in me c'è poco che si
possa considerare umano, ho paura.
E vorrei che lui si
svegliasse, che mi incatenasse con la sua voce e mi facesse
dimenticare. Che allontanasse il mostro che sono.
Ma non facciamoci illusioni, non sprecherebbe certamente la
sua voce per me. Mai per me.
Mi volto verso di lui...disteso sul manto di muschio, ad occhi chiusi e
perfettamente composto; è sempre più magro, e
ormai ha
perso il colore caramellato della pelle che aveva fino a pochi giorni
fa. I capelli, scomposti e sporchi incorniciano il volto morbido, dove
sono incastonati gli occhi nerissimi, al momento celati dalle palpebre.
Staodinariamente rilassato, come se tutto ciò che intorno a
lui, tutto questo, non lo riguardasse.
Le mani aperte, la bocca socchiusa, la fronte distesa, lontano e
irraggiungibile. Distante, in un posto dove le sue
ali non
sono spezzate e la sua voce non è prigioniera in una caverna
sperduta.
Vorrei raggiungerlo, volare con lui, ma il mio corpo è
incatenato qui. Lo invidio, lo ammiro, nella sua serenità
impossibile.
Non so più giudicare secondo i canoni di bellezza umani, ma
mi è sempre sembrato divino.
Purtroppo la sua bellezza non lo salverà: ancora una,
massimo
due notti, e se non lo ucciderò io lo ucciderà la
fame.
Ancora poco, e quest'angelo smetterà di soffrire, ed il suo
canto rimarrà solamente un ricordo vago e indefinito nella
memoria della sua
aguzzina, della sua carceriera, della sua carnefice. Nella
mia memoria.
Desiderosa di sentirlo vicino
e di assorbire un po' del suo splendore, mi avvicino a carponi. Sono
così presa dal suo viso che urto inavvertitamente un sasso:
una
breve corsa, e la pietra si perde nelle oscurità con un
sordo
tonfo, rompendo il lugubre silenzio.
Basta questo, e lui balza in piedi, i muscoli tesi, nervoso e
scattante. Mi guarda con occhi febbricitanti, ardenti.
Il cuore ha un moto di gioia, è tornato da me.
Mi immobilizzo, mani a terra, in un atteggiamento meno ostile
possibile: lo ucciderò, ma sicuramente non ora, e non
così.
Quando troverò il coraggio di liberarmi di lui, lo
farò in modo degno, senza coglierlo di sorpresa.
La sua bocca si distende, e beffardo sogghigna.
Non ha paura, non ne ha mai avuta.
" Allora, bestia, hai finalmente deciso di divorarmi? Su, avanti,
ammazzami."
Stordita dal miele amaro delle sue parole, gli rispondo senza
pensare:
" No".
Quant'è orribile questo gracchiare al confronto!
Lui spalanca gli occhi, sorpreso e attonito...Non sospettava nemmeno
lontanamente ch'io potessi capirlo nelle sue urla e nelle sue
preghiere, nè che in un tempo lontano avessi perfino parlato
la sua lingua, la lingua degli uomini. E certo la sua era una domanda
che non pretendeva risposta.
Si riprende in fretta: " E perchè no?"
" Non voglio farti del male." Sappiamo entrambi che
è una bugia, un'orrenda bugia.
Tanto palese da sembrare
ridicola. Infatti, una risata secca che però è
anche la
più sublime risuona nella caverna.
" Avanti, smettila. Mangiami. Finiscimi. Sto morendo, non lo capisci,
mostro?"
Mostro. Ecco, io sono un mostro. Lo sapevo già, ma detto da
lui fa anche più male.
Sto per rispondere, che un tuono più forte mi fa ritrarre
impaurita, mentre mi rannicchio poco lontano dall'uomo.
Dondolo, tentando di tamponare la paura come una ferita.
Tento di riprendere il controllo di
me stessa, ma naturalmente è inutile. Getto indietro il
capo, ululo come un animale, mi tappo le orecchie con le mani.
Poi, improvvisamente, succede. Un suono nuovo e soave si mescola a
quello della tempesta.
Incredula, alzo gli occhi e
vedo Lui davanti a me, in piedi. Inneggia alla bellezza della pioggia,
sfidando il mio terrore. Le sue parole arrivano dritte e potenti come
il temporale di cui parlano, sono schiaffi in faccia,
strappano la mia debolezza senza pietà e mi
lasciano
stravolta, riversa sul terreno e incapace di reagire, di combattere.
Mi drogano e sottomettono nella meraviglia del canto in cui
sono
espresse.
Lenta, la voce va disperdendosi, fino a morire dolcemente.
Ora c'è solo vuoto.
Sono vulnerabile, e lui se ne accorge. Si avvicina, sprezzante ed
incredulo. " Hai paura dei tuoni?"
Annuisco, incapace di sostenere il
suo sguardo. Ho ripreso a tremare, e anche lui lo percepisce, sente
l'angoscia farsi strada nel mio animo.
È la prima volta che siamo così vicini
da quando lo ho catturato, sento distintamente l'odore del suo sangue e
il calore sprigionato dal suo corpo.
Non ho il coraggio di
voltarmi , ma lo spio con la coda dell'occhio: è pensieroso,
indeciso, e probabilmente sorpreso dalla sua stessa audacia. Non dista
più di tre piedi.
Prova di nuovo a parlare: " Penso che tu sia la creatura di gran lunga
più strana che io abbia mai visto."
Non posso trattenermi dal fare una smorfia che forse è un
sorriso. Ci credo.
Mi piace che si rivolga a me, ed è un'onore ascoltarlo.
" Che cosa sei? "
Non so rispondere, cerco freneticamente una risposta, non
posso irritarlo. Ma una risposta non c'è.
" Non sono niente."
Anche lui sorride.
" Chiunque è niente, non lo sai?"
" Non è vero. Tu sei. Al contrario, io non ci sono
più."
" Siamo entrambi polvere, bestia. Entrambi. Solo polvere."
Anche l'angelo si disprezza? Ma come può, lui?
Lui è qualcuno, senza dubbio.
" Il nulla non ha la tua voce. Io lo so bene." rispondo, con
più amarezza di quanta me ne aspettassi.
" Il nulla ha varie forme. Tu ne conosci una, io un'altra. Ma sempre
nulla è. Che sia assetato di sangue o che abbia qualche
talento
immeritato, sempre nulla rimane. "
Ed è così, dal nulla e dal niente, che
incominciammo a parlare. A ridipingere le nostre vite raccontandole.
Io riprendevo piano piano confidenza con le parole, mentre lui si
faceva sempre meno diffidente e si abbandonava al piacere di non essere
completamente solo. Di avere altra polvere accanto.
Mi
sveglio di soprassalto, e completamente, con lo stomaco in preda ai
crampi per la fame.
Dev'essere tarda mattina, anche se non posso dirlo con certezza: qui fa
buio sempre.
Intravedo il suo viso nella penombra, accanto al mio gomito.
Abbiamo dormito tutta la notte, l'una accanto all'altro.
Come una coppia di normali esseri umani...Ed invece, siamo io, la
bestia, e lui, l'uomo dalla voce angelica.
Avevamo parlato, e poi ci eravamo addormentati vicini, sfiniti da
quella conversazione insolita, in qulche modo felici.
Ricordo il suo fiato caldo vicino al mio
orecchio, e le parole sussurrate prima di lasciarci vincere dal
sonno:
"Buona notte"
Mi abbandono sul pavimento, ripensandoci.
Oh, che soavità in quelle
parole, dolci e così terribilmente inaspettate da
farmi credere ad uno scherzo della fantasia...
Questa notte ho sognato. Ho sognato per la prima volta da tanto
tempo...io e l'umano, correvamo in un prato.
Solo il cielo azzurro ed il sole caldo su di noi, invece della roccia
umidae del viscido muschio.
Correvamo, correvamo, ed una musica
celestiale riempiva l'aria mentre il Suo canto cresceva fino a
diventare un urlo selvaggio donato al vento.
Gli uccelli si zittivano per
ascoltarlo, e nessuno turbava la pace e la gioia di quel
luogo...nessuna fame, nessuna sete, solo la bellezza sfolgorante della
Terra aperta e dell'orizzonte senza frontiere.
Ho voglia di sentire ancora la sua voce, e così mi decido a
svegliarlo.
Mi stendo verso di lui, e mormoro
qualcosa di simile a :" Su, svegliati, è
tardi"...poi, non
ricevendo risposta, gli accarezzo il viso. La mia mano
è
leggera, adorante,e scorre su tutta la lunghezza del volto divino. La
sua pelle è freddissima.Continuo a far scorrere la mano sul
volto. Lui, però, non si sveglia. Mi rendo conto di
non
sapere nemmeno il suo nome...allora lo chiamo con il solo nome che gli
si addica. "Angelo...Angelo, svegliati"....Ma l'angelo non si sveglia.
Una leggera inquietudine mi prende, e allora alzo un po' il tono.
"Angelo, ti prego, svegliati!"
Niente. Con orrore, noto che il ritmico rumore del suo respiro non
c'è più.
Lo scrollo, ormai in preda al panico, ma non riprende coscienza.
Un lamento mi esce dalle labbra, e tento di soffiare nella sua bocca,
ma nulla funziona.
Se ne è andato. La fame ha deciso di prendersi lui ed il suo
canto sovrumano, lasciando me sola. Di nuovo.
Il mio urlo selvaggio rimbomba nella caverna, riscuotendola.
Mi accascio sul suo torace, disperata, e le prime lacrime fanno
capolino dagli occhi.
Le mie prime lacrime.
Lo prendo a pugni, incapace di trattenere la rabbia, e poi lo stringo
al petto, sospirando tra i suo capelli, accarezzandogli il
volto gelido e sfiorandogli le labbra morte...La sua voce, la sua voce
perfetta è persa, perduta per sempre. Mentre i singhiozzi
sconquassano il mio petto, aspiro il suo profumo.
E la fame prende il sopravvento.
Il sangue scivola nella gola, mentre il terreno si tinge di
rosso cupo, e la mia fame viene momentaneamente placata.
Sangue. E la bestia che è in me gioisce vittoriosa.
Sangue. Ed è il canto di un angelo caduto.
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