Icha Icha no Umi
Il mare ruggiva e infuriava, spazzando la lunga baia con i suoi
cavalloni e la sua voce possente; la tempesta annunciata era cominciata
Correvano e correvano, tutti insieme in un caotico ordine, gli adulti i
ragazzi e i bambini, presi da quella frenesia iniziata da quando le
prime gocce avevano cominciato a cadere; la piccola Moegi aveva
distribuito a tutti gli ospiti della locanda le lanterne ed era
scappata nel vento e nel buio, una piccola stella nella bufera, seguita
a ruota da Udon e Konohamaru, gli altri piccoli gestori della Foglia.
Senza sapere come nè perchè, anche i pochi e scarsi
ospiti si ritrovarono a correre senza una ragione, seguendo il puro
istinto
Lei, rimasta un pò più indietro, incurante, li osservava,
osserevava tutte quelle persone che conosceva appena da una settimana
lunga quanto una vita
Nel vento, mulinavano i lunghi capelli biondi di Ino, la bionda Ino, la
bellissima Ino mandata dal marito sul mare per guarire dalla pericolosa
malattia dell'adulterio e che ora rideva e strillava danzando come una
ninfa fa con le lucciole, incurante del passato come di certo lo era
del futuro, le braccia ondeggianti al canto del vento
Correvano, e correva Sasori, il famoso pittore venuto sul mare per
sfidarlo e immortararlo per sempre su una tela, in modo che chiunque la
avesse vista avrebbe sentito il suo profumo e la sua presenza; ma il
mare, capriccioso, sempre gli sfuggiva e lui sempre lo rincorreva come
in quella notte senza senso
E arrancava a fatica il vecchio Jiraya, lo scrittore osceno dal cuore
d'oro, quello che la ascoltava e la trattava da adulta quando ancora
era una bambina; quello che aveva un sorriso e una parola di conforto
per tutti, capace che se questo squallido mondo andava ancora avanti
era perchè c'era ancora gente come lui, appostata sul ciglio
dell'abisso a riprenderti mentre stai precipitando mentre continua a
scrivere lettere per una donna chiamata "Tsunade" e che forse neanche
esiste
La più inqiueta era la sua maestra e istitutrice, Kurenai,
l'unica che tentasse di mantenere un filo di raziocinio in quella
confusione e che la stava cercando
"Animo Kurenai, balla! Siamo giovani!"
"Lei magari... riguardati vecchio"
"Dov'è? Hinata, dov'è?"
"Eh? Chi?"
"HI-NA-TA!"
"Non è avanti?"
"No, non c'è... Hinataaaa"
"La pioggia, la pioggia"
"Ino il cappello!"
"Lascialo stare, chi se ne importa"
"Ma..."
"Lascialo perdio!"
"Ma dove andiamo?"
"Bisogna chiedere ai bambini ..."
"Hanno perso la lingua, accidenti a loro?"
"Udon maledizione rispondi!"
"Le navi signor Sasori..."
"Le navi... che?"
"Le lanterne sono per le navi?"
"Si signor Jiraya.... quando è brutto tempo accendiamo lanterne così le navi...."
"... possono arrivare sane al porto?"
"... si schiantano sugli scogli"
"scherzi?"
"no"
"Hinata... Hii... nata"
Ma Hinata non si era allontanata, era più semplicemente rimasta ferma, mentre gli altri correvano
Rimase ferma per un pò, guardando la scena, i suoi piedi
piantati nella sabbia soffice e i capelli scuri come quella notte
assecondare i sibilii rabbiosi, a respirare pesantemente
Poi, d'un tratto, cambiò qualcosa
D'improvviso, tutto le sembrò nuovo e affascinante, un mondo che
vedeva con la curiosità della prima volta.... con
curiosità volse il capo, a destra e a sinistra, meravigliandosi
dei suoni e degli odori come se fosse appena arrivata in un nuovo mondo
Sapeva cosa fare, incredibile sensazione, senza un preciso
perchè sapeva quello che sarebbe successo ora, qualcosa nè giusto nè errato. Ma vivo, come non mai.
Semplicemente si girò per tornare alla locanda della Foglia,
dove il destino di cui tanto cianciava suo cugino la attendeva.
Avete presente quando la strada di fronte a te è chiara, dritta
e prosegue senza un timido bivio nè un accenno di curva? Una
meravigliosa sensazione di abbandono la pervadeva, qualcosa che la
vecchia Hinata non aveva mai neanche osato immaginare nei suoi sogni
più folli... se la Nuova Hinata si fosse girata, avrebbe visto
il corpo della vecchia sè stessa giacere senza vita sulla
spiaggia. Ma non si voltò.
Correva anche lei, ora, questo era tutto: avrebbe voluto camminare,
godersi passo dopo passo il momento, ma l'urgenza le premeva in corpo,
la spingeva, un demone osceno che la incitava nonostante non ci fosse
bisogno, come se quello che appena aveva trovato le sarebbe potuto
sfuggire di mano così, come la sottile sabbia che la circondava.
Arrivò alla locanda ed esitò un' ultima volta prima di
entrare: nella spessa penombra, la sala principale di quella specie di
reception sembrava vuota, ma abituandosi pian piano
all'oscurità, la piccola e nuova Hinata distinse un apersona in
piedi al centro della stanza: lui.
Lui.
L'uomo misterioso, se uomo si poteva chiamare, il biondo triste
come lei, venuto pochi giorni fa con un piccolo zaino e tanti pensieri
nascosti sotto una massa di capelli d'oro e di sole.
Aspettava, immobile, senza dar segno d'essere stanco. E aspettava lei.
Lui e lei, riuniti in una notte di tempesta insensata, sotto poche assi
di legno a proteggerli da un mondo che aveva significaati diversi per
ciascuno dei due.
Piano piano, la piccola corvina si avvicinò a quello che le sembrava un gigante, e chiese una cosa sola
"Mi farai del male?"
Le farà del male?
Le farai del male?
"No." Una parola. Semplice.
E allora lei prese il suo volto tra le mani e lo attirò a
sè, incontrando per la prima volta il sapore delle labbra di un
uomo sulle sue, il suo sapore, di uomo; se il mondo avesse potuto
vederli, se il vecchio padre di lei e la sua triste famiglia avesse
potuto da un buco nel cielo scorgerli avrebbero pensato a molte cose, a
scandalo, a sporcizia, avrebbero parlato dei doveri e della
virtù e non avrebbero visto ciò che davvero era
essenziale.
Amore.
Le mani di lei che cercavano la sua schiena, i baci di lui che
scendevano impudichi sul suo collo strappandole piccoli gemiti di
piacere, la confusione di una esperienza nuova condivisa... e poi
essere nudi in mezzo la bufera, scoprire che il tuono non potrà
mai urlare più forte del piacere per l'amato e che il vento non
sarà mai in grado di fuggire veloce come due corpi stesi su un
vecchio divano.
E ansimava Hinata, sconvolta dallo scoprire quanta vita ci fosse nel mondo ad attenderla.
E singhiozzava il giovane, mentre si rendeva conto che la vita
continuava, anche per i peccatori come lui forse Dio aveva lasciato
tenui brandelli di speranza, perchè non fossero soli. Mai.
Se avessero potuto vederli... il candore di una ragazza che non aveva
mai visto nulla e il nero di un uomo che il mondo aveva fatto soffrire
troppo, che scivolavano l'uno nell'altro, in una notte tanto bella da
sembrare eterna.
Ma come ogni giorno, la notte finì.
"E' l'alba... torneranno..." ansimò la giovane, stringendo istintivamente a sè il biondo
"Vieni con me" gli sussurrò, il un pesante sospiro la giovane
E lui la fissò a lungo, in quegli occhi tanto grigi da sembrare bianchi
Come fai a dire a una ragazza così che non potrai mai seguirla?
Che per te non c'è un futuro - ora se ne rendeva conto- ma solo
una rapida china verso l'inferno, che non puoi sporcare un angelo con
la stessa melma in cui lui doveva vivere -anche se per poco-... che non
puoi essere... felice?
Come fai?
"Hinata... io non posso. Devi andare, senza di me." le rispose,
roco, come se quelle parole le stesse incidendo nella sua setssa carne
viva
A sua volta, lei cercò gli occhi di lui, occhi azzurri come il cielo ma infestato di ombre
Come poteva rifiutare la promessa di felicità che lei gli
offriva? Se avesse voluto, avrebbero potuto avere ancora mille notti
come quella, notti in cui non ci sarebbe stato il tuo passato ad
attenderti dietro la porta, ma solo luminose albe... se avesse voluto,
avrebbero potuto spiccare il volo insieme e non ritornare mai più
Come poteva dirgli tutto questo?
Hinata volse il capo dall'altra parte e, a malincuore, lo allontanò
"Come vuoi... io andrò lontano" mormorò cercando di
sembrare più forte di quello che era "non voglio sentire
quell'urlo" aggiunse, guardandolo con una sorta di morbida tristezza
che lo trafisse fino in fondo all'anima, dove ancora risiedeva una
piccola parte di lui.
E Hinata uscì, ormai guarita dal suo mal di vivere, nella pace del giorno che segue la tempesta
"Hinata" la chiamò, e lei si volse appena
"Volevo dirti che... mi dispiace, e che ti ringrazio. Un giorno ci riincontreremo"
"Lo so... Naruto" mormorò lei, prima di uscire per sempre dalla porta e dalla sua vita.
Naruto fu impiccato due settimane dopo, a St. Ivalice, per l'assassinio del giovane medico Uchiha. Pioveva, ma nessuno pianse.
Hinata visse ancora molti anni, in cui cercò, in ogni uomo, il suo Naruto, il suo sapore, il suo sorriso.
Molto tempo dopo, in un luminoso bosco d'estate, i due si incontrarono
di nuovo, e stavolta sarebbe stati insieme, mano nella mano... per sempre.
La storia è ispirata a un capitolo del libro "Oceano mare", di A. Baricco.
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