Trovarobe

di Eylis
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Epilogo

“Charles? Il pranzo è pronto, scendi!”
“Arrivo subito! Di a James di tenermi caldo il piatto!” Jeremy osservò il maggiordomo che, rassegnato, alzò gli occhi al cielo.
“Il signorino crede che James sia un nome che meglio si adatti ad un maggiordomo…” Jeremy ridacchiò, divertito.
“In effetti non ho mai sentito di un maggiordomo di nome Frederick, all’infuori di te…”
“Signorino, la prego! Non inizi anche lei!” Jeremy sogghignò e tornò nella sala da pranzo sedendosi a tavola, in attesa del fratello. Ma quando questo, pochi minuti dopo, si precipitò nella sala l’uomo rimase molto stupito.
“Charlie! Cosa sono quegli abiti?” Squadrò i vestiti stracciati con aria critica, poi rivolse al fratello uno sguardo oltremodo sospettoso. “Che intenzioni hai?” Charles abbassò il volto, vergognoso, poi si riprese.
“Me ne vado.” Allora Jeremy balzò in piedi, incurante della sedia.
“Cosa significa?! Non avevamo detto…” Ma il fratello lo interruppe.
“Sì, lo so. E avevi ragione. Mi ero dimenticato di quanto la mia vita fosse importante e sfidavo il mio destino sfuggendo dal mio passato e vivendo quasi come un accattone. Ma Jeremy, in questi giorni trascorsi qui a casa, con te, ho capito un’altra cosa.” Prese fiato prima di continuare, procurandosi che il fratello non potesse interromperlo. “Ho capito che… dopotutto, fare il trovarobe mi piace davvero. Anzi, per me è diventata una passione, ogni volta è una piccola prova e questo mi tiene vivo, mi riempie di gioia. Diamine, aveva ragione quell’indovino, persino la tua richiesta mi ha dato l’adrenalina della sfida! Prima non me ne rendevo quasi conto, lo consideravo più un modo per passare il tempo, ma con questa attività sono arrivato a molte conoscenze e soprattutto ho incontrato delle persone. Persone come Spagus, un mio caro amico, che ormai sarà infuriato con me perché non mi sono più fatto sentire. Devo andare, fratellone, ti prego…” A quel fiume di parole Jeremy Green era rimasto totalmente sorpreso, ma nel sentire una simile conclusione non poté non notare che ora suo fratello pareva davvero vivo, reale. Ed onesto con sé stesso e con gli altri. Meditò per qualche istante, incapace di perdere nuovamente l’unico parente rimastogli che aveva appena ritrovato, ma poi sospirò. Non aveva scelta, lo sapeva, lo leggeva nei suoi occhi… Così annuì.
“D’accordo… ad ogni modo non potrei fermarti, non è vero?”
“Già…”
“Ma devi promettermi una cosa, Charlie.” L’uomo annuì, in attesa.
“Che cosa?”
“Voglio che tu torni da me almeno… una volta ogni due settimane, diciamo. E che quando ci vedremo mi concederai di pranzare con te come avremmo dovuto fare ora.” Gli occhi di Charles si illuminarono, felici.
“Certo, fratello!” Gli saltò al collo come un bambino, e lo strinse con tutte le sue forze. Poi, prima di perdere il coraggio di mettere in atto la sua decisione tanto meditata, si rialzò per andarsene. Ma Jeremy lo richiamò.
“Ehi, trovarobe!” Charles si voltò, stupito.
“Che c’è?” Con un sorriso, il fratello gli lanciò una monetina che il trovarobe afferrò con destrezza. La osservò, era una monetina da un penny. “Ma... che significa? Dopotutto non ho trovato quello che mi avevi chiesto!” L’uomo rise, felice.
“Ne sei sicuro?” Allora Charles ricambiò il sorriso e senza più una parola se ne andò, sentendosi finalmente libero.

Prima di appoggiarsi alla maniglia della bottega respirò forte, facendosi coraggio. Spagus gliene avrebbe dette delle belle, pensò… Sicuramente sarebbe stato infuriato con lui, non si era più fatto vedere per quasi una settimana dopo aver ritrovato Jeremy. Con un sorrisetto aprì la porta, facendo tintinnare i campanelli, e si affacciò alle scale.
“Buongiorno, Arcibald Witterson!”





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