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Ciao carissime ! =)
Before
i die mi è venuto in mente leggendo un libro! ed eccomi qua a
scrivere.E' una specie di continuo di 'Freak kid make freak life', ma
non dipende dall'altra fanfiction.
E tutto ambientato in una cittadina in New york.
Gwenda,una
quindicenne, figlia di Renesmee e Jacob, ha una rara malattia, che
hanno gli ibridi di licantropo. Leggendo la storia capirete di cosa si
tratta.
La
ragione dell'esistenza di Renesmee e Jacob è di mantenere in vita
Gwenda, o almeno di trovare un modo per farla guarire... ma Gwenda è
stufa, è stufa delle cure, delle continue ricadute, quando il sangue le
fiotta dal naso come un'emorragia, è stufa dei lividi nel suo corpo ed
è stufa delle continue cure e medicine che deve prendere, e che non le
permettono di vivere una vita normale.
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Before
i die
Prologo
Le porte
delle stanze sono chiuse, il corridoio è buio. Salgo le scale a quattro
zampe, e mi graffio le ginocchia. Mi accoccolo in cima alle scale
guardando il buio che c'è li sotto, qualcosa si muove. Le tende rendono
opaca la luce della luna che filtra dalle finestre per poi imbattersi
nel divano. Passo un braccio fra le aste della ringhiera di legno
laccato delle scale, e mi stringo, sentendo il freddo del legno liscio
e duro sfregarmi la guancia. Il mio respiro taglia il silenzio, si
dilegua caldo, è ritmato. Espiro ogni tre secondi, sempre ogni tre
secondi, a volte ogni due e mezzo.
Sento una chiave
sfregare nella serratura metallica della porta principale. Mi stringo
di più alle aste, guardo nel buio e sento le mie pupille
dilatarsi, la porta si apre, vedo una sagoma avanzare lenta,
spingere la porta e chiuderla. Non vedo pìù nulla, sento dei passi, e
poi la luce si accende. Papà è li in piedi. Ha una giacca di pelle,
appoggia le chiavi in un tavolino e si toglie la giacca nera e la
appende nell'appendiabiti. Si volta e alza lo sguardo.
Alza un sopracciglio e mi guarda con aria strana, come se non si
aspettasse di trovarmi qui. I suoi occhi sono scuri, i suoi capelli
bagnati nerissimi, la maglia mette in risalto i suoi muscoli, e la sua
pelle sembra più olivastra vista di sera.
- che ci fai li ? - chiede.
- nulla... - Esita.
- ti fa male qualcosa ? -
- no. -
Mi lancia un'occhiata sospettosa, poi si dirige in cucina. Mi alzo e
scendo le scale seguendolo. Apre il frigorifero e si abbassa per
cercare qualcosa, chissà da quanto non mangia.
Sbadiglia. Mi siedo nel bancone, appoggio i gomiti e dondolo i piedi.
Lo sgabello è altissimo. Quando ero piccola una volta sono caduta da
questo sgabello, e mi sono slogata un polso, ricordo che nonostante
fosse pericoloso era il mio gioco preferito, salirci, fare finta di
essere sopra una torre e comandare tutti!
- hai fame ? - chiede papà, e il suo viso fa capolino dalla porta del
frigorifero. Scuoto la testa.
- se vuoi ti preparo qualcosa -
- non ho fame -
- non c'è nulla di buono - sbuffa dopo un pò, per poi ritornare a
frugare nel frigo.
- mamma ti ha lasciato la cena nel microonde - lo informo. Si dirige
nel microonde e tira fuori un piatto con riso e carne.
- perchè sei ancora sveglia ? - prende due bicchieri e versa del latte
in entrambi, me ne mette uno d'avanti.
- non riesco a dormire. -
- è tutto apposto ? -
Annuisco.
- non lo voglio il latte papà -
- bevilo Gwenda, fa bene alle ossa - dice. Come se le mie ossa si
potessero aggiustare con del semplice liquido bianco. Come se tutto
ritornasse normale per uno stupido bicchiere di latte. Afferro il
bicchiere e ne butto giù un sorso. Papà si siede ed
incomincia a mangiare. Ogni tanto mi guarda strano. Già, ultimamente mi
guardano tutti strano, come se fossi impazzita. Guardo la
luna piena alle sue spalle, nella finestra della cucina.
- che cosa avete fatto oggi ? - chiede fra un boccone e l'altro.
- Lilly ha ha letto una pagina intera di giornale senza errori
- Ma tu non c'eri, a quanto pare
il branco diventa più importante della tua famiglia voglio
dirgli, ma mi fermo in tempo. Sgrana gli occhi.
- già - sospiro. - mamma vuole impararle a leggere prima che cominci la
scuola - sorride squotendo la testa, non gli interessa veramente.
Cala il silenzio e mangia un'altro boccone.
- ho avuto una ricaduta - non mi è mai piaciuto fare la parte della
vittima, ma mi piace farlo sentire in colpa, farlo nutare nel rimorso.
Alza gli occhi e mi guarda incredulo.
- oggi ?-
Annuisco. Lo sento deglutire.
- come stai ora ?- è dispiaciuto, bene ! così impara!
- sto bene.-
Sento il suo respiro più forte. Molla la forchetta e si aggiusta nella
sedia.
- è durato molto? -
- no -
Giocherella con il cibo, sembra un bambino a cui non
piacciono le verdure. Sospira e poi si alza, butta la roba da mangiare
nel cestino e mette i piatti nel lavandino. Mette le mani sui fianchi,
e poi si avvacina, mi accarezza la testa e mi guarda dall'alto, profuma
di erba, di mare, muschio e sudore. Si abbassa e mi bacia la fronte.
Sento il suo respiro caldo in viso.
- vai a dormire - mormora.
- fra un pò - dico. Annuisce e mi da un altro bacio. Attende qualche
istante e poi se ne va. Sale le scale e rimango li immobile, con il
bicchiere di latte di fronte a me. Sospiro nel silenzio. Le mie notti
ormai sono diventate le mie giornate. Sento dei passi veloci nelle
scale. Appoggio la testa nelle braccia e faccio finta di dormire. I
passi non si fermano avanzano veloci verso di me. Il profumo di
Sebastien si sente da lontano, so che è lui. Apro un occhio e ne trovo
due verdi come i miei a pochi centimetri.
- lo sapevo che facevi finta - dice, si dirige nel frigorifero e prende
una busta di sangue. Ha un maglione di una squadra di baseball che gli
sta largo e dei pantaloncini. I suoi capelli sono legati e sembra
diventare ogni giorno più alto. Ormai ha quasi tredici anni e sembra un
sedicenne. La sua voce sta cambiando eppure mi sembra la stessa, acuta
ed odiosa.
- che ci fai sveglia ? - domanda, e si porta la busta di sangue nelle
labbra, incomincia a succhiare.
- la malattia mi da poteri speciali - dico, corruga la fronte e stacca
la busta dalle labbra. Scoppia a ridere. è bella... la sua risata.
Butta la busta di sangue e si incammina nelle scale. Sta mettendo su i
muscoli. Appoggia una mano nel corrimano e si ferma. Mi guarda come se
stesse avendo mille pensieri.
- mi mancherai - dice, ma non sembra triste, mi pianta li, nella
cucina, mentre sento la porta della sua camera sbattere.
Continua...
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