Note: questo è ... un esperimento? :)
Andando avanti con l'altra mia fanfic (Verso l'alba) mi
rendevo conto
che avevo in mente tutta una serie di comportamenti o momenti che
potevano essere accaduti tra Rei e Yuichiro nei quattro anni precedenti
a quella fanfic. Così ho deciso di parlarne; mi è
venuto
l'impulso e non sono riuscita a fermarlo :)
Per ora c'è solo la prima parte del primo episodio
che ho in
mente, ovvero una mia
interpretazione di quanto successo nell'episodio 30 della prima serie,
quello in cui appunto arriva Yuichiro al tempio.
Dopo aver finito di parlare dell'incontro tra Rei e Yuichiro,
mi
piacerebbe per esempio raccontare l'episodio 98 (terza serie,
quella in cui Yuichiro credeva che Rei se la intendesse con Haruka e
perciò stava andando via dal tempio). Non escludo la
possibilità di fare espliciti riferimenti ad altri episodi
(o
interpretarli, come ho fatto con questo), però la mia
intenzione
è quella di creare nuovi momenti e raccontarli, specie in
riferimento ai due anni per cui c'è un vuoto nella saga di
Sailor Moon che sto
creando (ovvero, tra la fine di Sailor Stars e 'L'indole del fuoco').
In ogni caso, scriverò questa storia senza darmi
alcuna
scadenza,
quando avrò tempo e soprattutto ispirazione. Penso che
così verrà anche meglio; inoltre i singoli
capitoli (con l'esclusione di questo)
sarebbero episodi a se stanti, quindi dovrebbe funzionare :)
Il titolo fa riferimento a quello che credo sia sempre stato
il
pensiero di Rei con riferimento a Yuichiro ... per lei era ovviamente
impossibile che tra loro potesse esserci mai una relazione.
Cio ... non proprio, però... :D
Spero che la fanfiction vi piaccia. Ciao a tutti!
Ovviamente...
impossibile?
Autore:
ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono.
Essi sono
esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation
Co.
Ltd
Episodio
1 - INCONTRARSI - Prima parte
Meditare davanti al fuoco non stava portando ad alcun
risultato.
Eppure Rei non
poteva
fare a meno di continuare a rifletterci: i sette cristalli
dell'arcobaleno. Lei e le altre dovevano raccoglierli per
trovare
il cristallo
d'argento, secondo le informazioni di Luna.
Un videogiocatore incallito, un prete cristiano, uno studente
capace di
predire il futuro, una pittrice, la fidanzata di Motoki...
Apparentemente ,non c'era
nulla che accomunasse quelle persone, se non il fatto di custodire
dentro di sé un frammento del cristallo dell'arcobaleno.
Fino a quel momento lei e le ragazze ne avevano recuperato
solo
uno; altri tre erano in mano al nemico, mentre uno l'aveva Tuxedo
Kamen.
Lui era sempre accorso in loro aiuto, ma desiderava per
sé i cristalli
dell'arcobaleno e aveva chiarito ad Usagi che era disposto a
combattere
contro di loro pur di impadronirsene.
Purtroppo non c'era molto altro da fare se non aspettare
l'apparizione
dei soggetti coi frammenti mancanti, per quanto quel giorno Luna avesse
detto che, forse, presto sarebbe stata in
grado di elaborare un sistema per identificare quelle persone - un
metodo diverso
dal semplice segnale emesso dallo scettro lunare.
Rei alzò gli occhi al soffitto.
Aveva pensato di ricavare qualcosa dalla preghiera davanti al
sacro fuoco, ma i risultati erano stati risibili.
Era valsa comunque la pena di fare un tentativo: la ricerca
dei
frammenti era un obiettivo troppo importante per loro e-
In aria, fuori, si librò un urlo.
Quello era suo nonno!
Si precipitò fuori dalla stanza, nei corridoi.
Uscì di casa, correndo fino ad arrivare nel piazzale del
tempio: l'urlo era venuto da
lì.
Nel buio scorse una piccola figura incurvata su se
stessa.
Era il nonno!
In aria Phobos e Deimos gracchiavano impazzite, fendendo
l'aria.
Non c'era tempo per pensare a loro. «Nonno, stai
bene?!»
Gli
appoggiò le mani sulle spalle, sorreggendolo.
«Cosa ti
è
successo?»
Lui se ne stava rannicchiato e dolorante.
Perché si
stringeva il petto?
A poca distanza da loro, qualcuno sbadigliò.
Rei sollevò gli occhi e vide un
paio di braccia che si stiracchiavano sopra le scale che portavano
all'entrata del santuario.
«Ma chi disturba?» A parlare era stato un
uomo. «Quanto
rumore...»
Fantastico: un altro
senzatetto
che scambiava il loro tempio per il luogo del riposino serale.
Rei sospirò e gettò uno sguardo a suo
nonno:
lui
aveva
smesso di lamentarsi, forse stava meglio. Adesso lei mandava
via lo scocciatore e portava suo nonno dentro a
riposare. Affilò la voce e si risolve all'estraneo.
«Dovrei chiederti io chi
sei. Lì non si
può dormire.»
Il tizio si girò. Più che un uomo era un
ragazzo, ma non faceva differenza: senzatetto era e
senzatetto restava, e loro non erano un centro di assistenza.
«Mi
hai sentito?» gli ripeté.
Lui non parlava, era rimasto imbambolato a fissarla. Era
sordo?
Dalla bocca aperta gli uscì il suono di un
respiro
mozzato,
incomprensibile. Rei si ritrasse quando il tizio si gettò
davanti a loro in ginocchio.
«Io-... Io mi chiamo Yuichiro Kumada!» Il
ragazzo
fece
sprofondare la
testa fino al pavimento. «Per favore,
signore,
mi
prenda come apprendista!»
Che cosa?
Suo nonno balzò in avanti. «Ma
certo!»
CHE? «Nonno,
sei impazzito? Non lo conosciamo nemmeno!»
E da
dove aveva tirato fuori lui tutta quell'energia? Fino a poco prima
stava
male!
Il ragazzo saltò in piedi e questa volta
si
rivolse a
lei, la testa chinata. «Io-... io
posso
promettere che non sono un criminale, o... una cattiva
persona. Voglio dire... sì, voglio solo stare qui,
voglio fare l'apprendista!»
Suo nonno iniziò a saltellare in tondo.
«Sì
sì, ho già detto di sì! Non
c'è nessun
problema!»
«Nonno!» Lui era fuori di testa, da quando
canticchiava?
«Finiscila di muoverti e sta' fermo!» Lo
afferrò per le spalle. «Non possiamo prendere
un apprendista! Dovrebbe stare
in
casa con noi-»
Suo nonno fece scattare le braccia al cielo.
«Abbiamo un mucchio di stanze
libere!» Scoppiò
a ridere. «Non c'è
nessunissimo
problema!»
Il problema c'era eccome! Quell'estraneo avrebbe dormito sotto
lo
stesso
tetto in cui dormiva anche lei! «A me non sta bene per niente
invec- EHI!» Suo nonno era corso via!
Iniziò ad andargli dietro, ma si fermò
dopo un passo. «Senti, tu! Non
è
ancora stato deciso niente, resta fermo qui!»
Ma il ragazzo non la stava più guardando; aveva gli
occhi
fisso
oltre le sue
spalle. «Credo... che stia cercando di buttare giù
la
porta.»
Rei si voltò: il
nonno era
ammattito!
Si precipitò verso di lui. «Nonno! Che ti
è
preso?!» Cercò di
bloccarlo. «Calmati, finirai col farti
male!»
Lui continuava a dimenarsi. «È colpa di
questo
stupido
legno,
non mi fa entrare!» Si liberò dalla sua presa e si
scagliò
contro la porta, sbattendoci contro come un peso morto.
«Nonno! Ora basta!» Così si
fratturava
qualcosa!
«Lo tengo io.»
Il tipo di prima avvolse suo nonno tra le braccia,
bloccandolo.
Rei trattenne in gola un sospiro di sollievo. Almeno il tizio
si stava rendendo utile.
«Lasciami, lasciami!» Suo nonno
continuò
a dimenarsi
anche nella stretta del ragazzo, ma non riuscì
più
a fare altri danni.
Rei arrivò rapidamente a una
conclusione. «Per favore, aiutami a portarlo dentro.
Provo a
dargli qualcosa per calmarlo.»
Scostò la porta facendosi strada nell'ingresso, con
la testa
già dentro il cassetto delle medicine.
«Ehm...» Il ragazzo entrò
dietro di lei
e si
schiarì la gola. «Ti aspetto qui con
lui?»
La scocciava far entrare un estraneo in casa, ma in quel
momento non
aveva alternative. Lui comunque non sembrava un criminale.
«No, portalo in salotto. È da quella
parte.» Indicò la direzione col braccio alzato.
«Vado a
prendergli qualcosa.»
Non badò più a nessuno dei due e corse
verso la
stanza di
suo nonno. Recuperò in fretta un
sonnifero e tornò di corsa in salotto.
Il tizio se ne stava in piedi in un angolo, con suo nonno tra
le braccia
che
urlava assurdità.
«Mollami, mollami! Devo andare a
combattere la malvagità di questo mondo!»
Era completamente partito.
Lei corse in cucina a riempire d'acqua un bicchiere.
Tornò indietro il più velocemente possibile
«Nonno, prendi questa pillola con un po' di
acqua.»
«È un veleno, non la voglio!»
«Macché veleno, ti farà stare
meglio!
Devi mandarla
giù!» Cercò di avvicinargli la
pastiglia alla
bocca, ma lui la allontanò con una manata.
«Non la voglio, ho detto!»
Il ragazzo lo abbassò a terra, continuando a
tenerlo
fermo.
«Non è
un veleno, signore. La farà diventare
più forte.»
«Perché non me l'avete detto
subito?!»
Il volto rugoso di suo nonno si fece rosso d'ira. «Dammelo,
Rei!»
Lei sospirò, porgendogli la pastiglia. Suo nonno si
liberò
dalla presa dell'estraneo, le strappò il bicchiere d'acqua
di mano e ingoiò il sonnifero. Un secondo dopo
crollò a
terra.
«Nonno!» Corse a inginocchiarsi accanto a
lui.
«Mi senti, stai bene?!»
«Forse sta solo... dormendo?
Come no, si era addormentato un istante dopo aver preso il
sonnifero. «Fa'
silenzio, per
favore.»
Toccò la fronte madida di suo nonno. Lui
continuava a respirare e la sua temperatura corporea sembrava normale.
Anzi,
forse lui era persino un po' freddo. Come mai stava sudando, allora?
Gli era successo qualcosa, ma cosa?
Almeno adesso si era calmato. «... Lo metto
a
dormire.» Lo avrebbe controllato per diverse ore. Di uno
stato simile non si
fidava.
Il tizio tornò in piedi. «Certo. Io...
tolgo il
disturbo.»
Oh? Era proprio ciò che era stata sul punto di
suggerirgli.
«Sì. Grazie per il tuo aiuto.»
Lui annuì con aria mesta. Si diresse verso l'uscita.
Chissà se...?
«Aspetta.» In
fondo quel ragazzo era
stato gentile. «Per caso hai un posto dove dormire?»
«Ecco... no, oggi no. Ma posso trovarlo, non ti
devi
preoccupare.»
Mandarlo a dormire in strada dopo che lui l'aveva
aiutata
le
sembrava
meschino. Era
meschino. «Ascolta... Se per te va bene, posso aprirti una
stanza del tempio. Puoi dormire lì, se vuoi.»
Lui tentennò.
Cos'è, per caso pretendeva che gli offrisse una
delle stanze
della casa? Manco per sogno!
«Certo, io- grazie. Grazie per la tua
gentilezza.»
Hm. «Aspetta qui, devo
portare
mio nonno nella sua stanza.»
«Posso aiutarti io... Se vuoi.»
Be', già che c'era, poteva sfruttarlo: nonostante
la mole ridotta, suo nonno
pesava. «Va bene.»
Si scostò per fargli spazio. Lui si
avvicinò e
prese suo nonno in braccio.
Si alzò anche lei. «Da questa
parte.» Uscì sul
corridoio, diretta verso sinistra. A metà strada, le
tornò in mente che non sapeva nemmeno il nome della persona
che aveva fatto entrare in casa. «Com'è
che ti
chiami tu?»
«Yuichiro Kumada.»
Be', almeno nel pronunciare il suo nome lui non esitava; in
generale
non le
sembrava un ragazzo
molto sicuro di sé. D'altronde, se lo fosse stato,
difficilmente
sarebbe finito a dormire in giro per la città.
Bah,
la storia della sua vita non le interessava.
«Ecco.» Nella stanza di suo nonno,
indicò il futon steso a
terra. «Posalo qui, per favore.»
Lui fece come gli era stato detto e lei si abbassò
a
rimboccare
le coperte a suo nonno. Per essere sicura, gli posò di nuovo
un palmo sulla
fronte... Sì, sembrava ancora tutto a posto.
Sbuffando, si diresse ad un
cassetto e tirò fuori le chiavi
del
tempio. «Seguimi. Ti indico dove puoi dormire.»
«... va bene.»
Il tizio non disse altro nell'intero tragitto dalla casa al
santuario.
Era davvero uno strano ragazzo, pensò lei. Forse
avrebbe
dovuto essere più prudente in sua presenza, visto
che era un estraneo
saltato fuori dal
nulla, ma... no, non lo temeva minimamente. Il suo
istinto non la tradiva. Avevano avuto solo un altro apprendista uomo
in tutti quegli anni e a lei non era piaciuto sin dal primo momento che
lo aveva visto. Difatti si era trattato di uno dei nemici, Jadeite. Per
fortuna lui non aveva mai accennato all'idea di dormire nel loro tempio.
Infilò le chiavi nella serratura di una
delle stanze posteriori del tempio. Era completamente spoglia, per cui,
se si fosse sbagliata su quel ragazzo, non c'era
comunque niente in giro che lui potesse rubare.
Premette l'interruttore accanto alla
porta. L'unica luce della stanza si accese, diffondendo un debole
bagliore giallo.
«Ecco. Se ti va
bene, ho questo posto.»
«Certo.»
Lui entrò e appoggiò a terra una sacca
che aveva
conosciuto
giorni migliori. I suoi vestiti non erano niente di speciale, ma la
giacca e i pantaloni di jeans blu sembravano quasi
nuovi. Potevano essere tanto il dono di un
centro di assistenza quanto il frutto di qualche giorno di lavoro.
Certo che, se lui
aveva lavorato di recente, non aveva usato i soldi per andare a
tagliare i capelli: li aveva lunghi fino alle
spalle.
Il ragazzo le rivolse un mezzo
inchino. «Grazie.»
«Sì.» Ma era importante
chiarirgli una
cosa.
«Puoi stare qui fino a domattina. Come avrai capito, mio
nonno non era in sé quando oggi ha accettato la tua offerta.
Perciò non se ne farà niente.»
Lui chinò il capo, affranto. Accennò a
dire qualcosa, ma si zittì da solo.
Lei detestava le persone tanto deboli.
«Perché mai vuoi diventare un apprendista, poi?
È
un
mestiere
senza futuro. Anzi, non è nemmeno un mestiere!»
«A me... sembra una buona occupazione. Mi piace
l'idea di
poter stare in un posto come questo, a... pregare.»
Lei roteò gli occhi al cielo. «Alla tua
età faresti meglio a trovarti un lavoro serio.»
«... ho solo diciotto
anni.»
Diciotto? Gliene avrebbe dati almeno quattro o cinque di
più: la
massa di
capelli scuri e l'accenno di
barba non aiutavano. Bah. «Buon per te. Devo dirti lo stesso
che questa storia non approderà a niente. Anche se mio nonno
insistesse, io non
sono d'accordo.» Incrociò le
braccia. «Viviamo da
soli io e lui in casa e non ho intenzione di condividere uno spazio
tanto personale con altra gente.» Finì di dirlo e
deglutì.
Oh, maledizione! Non era
furbo far
sapere ad un estraneo che si viveva da soli in casa col
proprio
nonno! Specie mentre il nonno in questione era svenuto.
«Ecco...»
«Posso capirti» la interruppe lui.
«Penso sia normale non voler vivere con...
altre persone.» Accennò a sorridere.
«Forse
non avresti
dovuto dirmi che stanotte sarai sola in casa, ma io»
sbatté le mani davanti al petto,
«non sono un
criminale, davvero. Me ne starò qui buono per tutta la
notte. Se
ti
fa stare più tranquilla, chiudi pure a chiave tutto quanto.
Anzi,
dovresti farlo sempre.»
«... va bene.» Rei lo valutò,
perplessa.
«Allora... resta per il tempo che ti serve. Quando vuoi
andare
via,
lascia pure aperta questa porta.» Si voltò e fece
per
uscire. «Grazie per avermi aiutato con mio nonno.»
«Di
niente.»
Era la decima volta che quel ragazzo chinava la testa nel giro
di pochi minuti.
Come
aveva
fatto a convincersi che lui potesse farle del male? Quel tizio era
inoffensivo.
«Ti
auguro di dormire bene. E se non ci vediamo
più...» Alzò le spalle.
«Buona
fortuna per tutto.»
Lui si aprì in un sorriso enorme. «Grazie.»
Hm. Non solo era inoffensivo, forse era persino un
bravo
ragazzo.
«Ciao» lo salutò.
Chiuse la porta
dietro di
sé e tornò in casa.
«Reiii! Dove sono le mie uova?!»
Che mattinata infernale! «Eccotele!»
Buttò la ciotola
della colazione davanti a suo nonno. Senza degnarla di
uno sguardo, lui iniziò a
mangiare voracemente.
Rei si sedette. «Adesso devi spiegarmi
cosa ti
è successo ieri sera!»
«Ma di che parl-?» La parola
sparì tra i
denti che macinavano cibo. «Sto benf-issimo!»
L'appetito senza dubbio era tornato «Sentiamo, per
caso oggi
cercherai ancora
di distruggere la porta?»
«Quando mai ho fatto una cosa del
genere?»
«Ieri!»
«Hai fatto un brutto sogno, nipote.»
Certo, come no. «Vuoi dire che
non
ricordi
neanche il ragazzo che voleva fare l'apprendista qui da noi?»
«Quale ragazzo?»
Rei sbuffò, trattenendo il nervosismo.
«Guarda,
se ti senti bene, lascio perdere!»
«Sono in forma smagliante! Vado a fare una corsa
intorno al
santuario!»
Una corsa?
Suo nonno alzò un pugno in aria. «Le
corse fanno
bene alla salute!»
«Alla tua età non credo, e poi-»
«Ho appena sessant'anni! Non offendermi mai
più in
questo modo!»
Veramente gli anni erano sessantacinque. E da quando parlargli
della sua età equivaleva ad offenderlo?
Lui non le lasciò il tempo di rispondere.
«Ho
finito, vado a fare la mia corsa!»
«Aspetta! Dopo mangiato non-!»
Lui era già andato via.
Fumando di rabbia, a Rei non restò altro che
sparecchiare.
Un quarto d'ora dopo aveva indossato la tunica e l'hakama
tradizionali.
Si diresse al tempio.
Sarebbe toccato a suo nonno gestire i visitatori, ma quel
giorno lei si aspettava a stento di trovarlo ancora in forze dopo la
pazzia
che
gli era venuta in mente.
Come prima cosa, doveva andare a recuperarlo.
Il
bosco intorno
al santuario era grande, perciò, se davvero lui stava
correndo, ci
avrebbe messo un po' a individuarlo.
Preferì controllare qualcos'altro, prima.
Nella
stanza
posteriore del santuario trovò ciò che si era
aspettata: nessuno.
Già.
Buona fortuna,
allora.
Era il momento di cercare suo nonno.
Serrò con cura la porta dietro di sé e
si diresse
verso il piazzale.
Vagò con lo sguardo nei
dintorni, cercando una massa bianca e azzurra nella macchia della
vegetazione intorno al tempio. Se lo avesse individuato a vista, si
sarebbe risparmiata una
fatica che
si preannunciava immensa.
«Buongiorno.»
Si voltò di scatto verso le scale.
Ah. Il tizio era ancora lì. «Ciao. Come
mai sei
tornato?»
Con la luce del giorno il ragazzo sembrava più
giovane della sera prima, ma non per
questo
dall'apparenza meno disordinata.
Lui abbassò lo sguardo per un momento,
facendolo
passare
ripetutamente da lei al suolo. «Io... pensavo di propormi di
nuovo a tuo nonno, se oggi sta meglio.»
Fantastico, sbuffò lei.
«Perdonami se ti infastidisco.»
Il ragazzo si
massaggiò la nuca con una
mano. «Ma non ho cattive
intenzioni. Se tuo nonno mi accetta, starò tutto
il tempo
nel santuario, anche di notte. Non ti recherò alcun
disturbo.»
Tutto il tempo nel santuario? Almeno aveva spirito
di
abnegazione. «Se volevi incontrare mio nonno,
perché sei andato via?»
«Per questo.» Lui le mostrò un
sacchetto di carta. «Sono andato a prendermi qualcosa per
fare
colazione.»
«Fate laargoooo!»
Suo nonno passò
sparato
in mezzo
a loro, in piena corsa e col braccio alzato. Il sacchetto fermo a
mezz'aria
finì a terra.
Rei spalancò la bocca. «Nonno! Torna
immediatamente qui!»
«Manco per sogno!» Lui smise di
correre e
prese a saltellare in giro.
«... si comporta sempre così?»
Rei si voltò verso... Yuichiro, se ricordava bene.
«Per niente.»
Osservò il disastro a terra: sul lastricato si era
rovesciato un
mucchio di caffè. «Mi dispiace. Troverò
il modo di
rimediare. Devo solo-» Sbuffò
esasperata. «Devo
solo prendere quella minaccia ambulante e poi pulire qui! Prometto che
ti risarciremo.»
«Posso recuperarlo io, se vuoi.»
Oh. Era un'ottima soluzione. Almeno per quello, lei non
avrebbe mosso
un dito. «Se puoi farlo, ti ringrazio.»
Lui le mostrò un sorriso felice.
«Vado e torno!» Scappò via.
Cos'era tutto quell'entusiasmo? Forse quel ragazzo non aveva
il cervello più a posto di suo nonno in quel momento.
Si trattenne dallo scuotere la testa e si diresse verso lo
sgabuzzino dello scope.
Recuperò uno straccio bagnato. Odiava
sporcarsi
le
mani, specie con quel freddo, ma odiava ancora di più le
macchie
che poi non venivano più via.
«L'ho preso!»
Si voltò, incredula. Di
già?
«Mi ha preso!» Gioì suo nonno,
in
braccio a
Yuichiro. «Mi ricordo di lui, è
l'apprendista!»
«È quello che voleva diventare
apprendista,
sì.
Gli hai
rovesciato per terra la colazione!» E l'aveva fatto pure
apposta!
«E che problema c'è? Può fare
colazione
in casa, in fondo è il mio apprendista.»
Di nuovo con quella storia. «Tu adesso non sei in
grado di
decidere nulla, perciò ascolti me-»
Suo nonno balzò al suolo. «No, tu ascolti
me, Rei!
Questa è casa mia e comando io!»
«Sì, ma-»
«Abbiamo bisogno dell'aiuto di qualcuno! Io e te non
possiamo
fare tutto da soli!»
Sì, ogni tanto le risultava pesante passare i suoi
pomeriggi a badare al tempio, però-
«Guarda un po'!» sbraitò lui.
«A causa della
montagna di impegni, non posso nemmeno farmi una corsetta in santa
pace!»
Ecco, appunto. Suo nonno non era ancora sano di mente.
«Ora continuo a correre! Non fermatemi
più,
prrr!»
Una... linguaccia?
Lui corse via.
Rei arrossì. «Ecco,
non... Non fa così di solito, sul
serio.»
Guardò per terra, costernata. «Comunque adesso
pulisco qui e
poi ti
offro
qualcosa da mangiare.» A quel punto si sentiva in colpa per
averlo costretto ad avere a che fare con suo nonno in quello stato.
«Ah... grazie. Per la colazione. Ma-» Il
ragazzo
si
avvicinò
di un passo. «Se vuoi, posso pulire qui io. A me
basta solo un po' di latte in un bicchiere di
plastica.»
Tirò su il sacchetto mezzo distrutto, madido di
caffè.
«Qui si è salvato un dolce che avevo
comprato.»
Rei rilasciò un lungo sospiro.
«Se
puoi
pulire qui, ti ringrazio. Dopo però vieni dentro, ti offro
una
colazione come si deve. Vado a prepararla.» Iniziò
ad
andare.
«Ma se è un disturbo-»
Lei piantò i piedi a terra e si girò.
«Non lo
è, mi disturba solo tanta gentilezza da parte tua! Lascia
che
ricambi almeno in questo modo!»
«... va bene.»
Oh! Finalmente si era evitata ulteriori ringraziamenti.
Momentaneamente
soddisfatta, imboccò la strada di casa.
«Senti... Visto che mio nonno al momento non ha le
rotelle a
posto
e può darsi che continui con questa storia
dell'apprendistato
ancora a lungo, vorrei farti io qualche domanda.»
Il ragazzo annuì. Finì di masticare e
appoggiò le bacchette
sul tavolo. «Certo.»
Rei si accigliò. «Non è un
colloquio,
non è
necessaria tanta formalità. Continua pure a
mangiare.»
«Va bene.»
Quel tizio diceva sempre sì a tutto, era
senza
speranza.
«Allora... ti chiami Yuichiro Kumada e hai diciotto anni.
Hai...» Che cosa poteva chiedergli?... Ecco. «Hai
altre
esperienze lavorative?»
Lui annuì. Deglutì e poi
parlò.
«Ho lavorato in diversi posti. Ho scaricato la
merce al porto, ho fatto il cameriere, ho lavorato anche come
muratore.» Ridacchiò, finendo di elencare con le
dita. «Ma non ero molto bravo.»
Hm. «E perché non vuoi più
lavorare
come hai fatto fino ad ora?»
Lui iniziò ad osservarla, ma forse era
solo
una sua
impressione: i capelli gli coprivano la fronte e lei on
riusciva quasi a vedergli gli occhi.
Notando che lo guardava, Yuichiro
abbassò la
testa.
«Questo posto sembra molto pacifico e io... è
da un
po' che pensavo di tentare un mestiere nuovo. Mi piacerebbe aiutarvi
qui come posso, mentre cerco di capire se questa... è una
vita
che può essere adatta a me.»
Non era una motivazione malvagia. Comunque, doveva avvertirlo.
«Sai già, giusto, che qui
dovresti fare molto e ricevere poco? Forse mio nonno non
sarà nemmeno disposto a pagarti.»
«... per un po' di tempo non avrebbe
importanza.»
Non aveva importanza ricevere denaro? «Senti, forse
è una domanda personale, ma... Hai
pensato ad
un lavoro come questo per avere vitto e alloggio
gratis?»
Lui chiuse le bacchette dentro la bocca, smettendo di
mangiare.
Masticò quello che rimaneva e scosse la testa.
«No,
potrei trovare un'altra sistemazione. Né il vitto
né
l'alloggio sono un problema per me.»
Lei non ne era convinta. «Allora
perché
dormivi sulle scale del nostro tempio, ieri?»
«Si stava bene. Ho pensato di
schiacciare un
pisolino.» Gli uscì una risata sciocca.
Quel ragazzo non era molto sveglio.
La risata si fermò. «Ehm... cosa potrei
fare
oggi?»
Rei tornò a guardarlo, spostando gli occhi dal
muro.
«Non
lo so, di questo devi parlare col nonno. Ma se ti chiede cose troppo
strane, vieni da me prima.»
Lui annuì con decisione, riprendendo a mangiare.
Be', non aveva altro da domandargli; lo avrebbe volentieri
lasciato
mangiare
da solo se non fosse stato che lui era una specie di ospite in quel
momento.
Trattenne un sospirò: l'idea di averlo in giro per
casa non
l'attirava per niente. Avrebbe significato rinunciare
al
confort che si concedeva solo in assenza di estranei. Non era
affatto disordinata o meno educata quando stava da sola con suo nonno,
tuttavia... Uffa, un estraneo l'avrebbe scocciata e basta.
«Ah... Rei-san, giusto?»
Capì di non avergli trasmesso un'informazione
molto
importante.
«Sì. Mi chiamo Rei Hino.» E gradiva
molto che lui
avesse usato il san,
nonostante fosse più grande di lei.
Formalità e rispetto erano buone basi per interagire tra
loro.
«... è da molto che lavori come
miko?»
Fortuna che doveva lasciarla in pace. «Non lavoro
come
miko. Questo è semplicemente il tempio di mio nonno e io lo
aiuto.»
Lui si strinse nelle spalle.
Perfetto: doveva capire che le confidenze erano fuori luogo.
«... chiedevo solo per sapere se... potevi
descrivermi
meglio il lavoro del tempio...»
Oh. Magari era stata troppo acida. «Be'... abbiamo
un
recinto di
galline nel cortile di casa. Assieme a mio nonno do loro da mangiare
ogni mattina; dei corvi del santuario invece mi occupo da sola.
Principalmente... c'è molto da pulire. Inoltre, quando
possiamo,
accogliamo i visitatori e vendiamo talismani.» Hm... se ci
fosse
stato qualcuno di più presente al bancone del tempio, forse
il
loro santuario avrebbe ricevuto più visite.
Lui tenne gli occhi fermi sulla ciotola mezza
vuota.
«Grazie.»
Era ancora pentito per la domanda che le aveva fatto. Che
ragazzo poco deciso.
«Mio nonno ti comanderà come
più gli pare e piace se non tiri fuori un po' di
carattere.»
Lui sorrise a malapena e scrollò piano le spalle.
Incredibile.
«Dimostro
più tempra io che ho quattordici anni che tu in-
ehi!» Si sporse oltre il tavolo: quello si stava strozzando
col cibo!
Fece per colpirlo sulla schiena, ma non fu necessario: lui si
batté con forza il petto e tornò a respirare
normalmente.
«Q-quattordici?»
Eh? «C'è qualche problema con la mia
età?»
Lui aprì la bocca,
ma invece
di
dire qualcosa buttò in avanti la testa. «...
sembri
più... grande.»
«Davvero?» Quello sì che era un
complimento.
«Sì.» Lui la guardò
di
sottecchi. «Credevo avessi sedici anni...
almeno.»
Lei sorrise soddisfatta. «Già, non sono
molte
le ragazze che hanno la mia maturità.» Le bastava
pensare
ad una certa guerriera dalle lacrime facili.
«Ragazzo!»
L'urlo li fece sobbalzare entrambi.
Suo nonno apparve all'entrata del salotto, frenando una
scivolata.
«Ancora lì a poltrire?! Abbiamo un mucchio di cose
da
fare, datti una mossa!»
Rei scattò in piedi. «Nonno, che maniere
sono
queste?!»
«Quelle che si devono usare con un
apprendista!»
Lui indicò l'altra parte del tavolo col dito puntato.
«Se
non vieni con me adesso, puoi dire addio al posto!»
Yuichiro balzò in piedi, lasciando cadere le
bacchette sul
tavolo. Poi... rimase a fissare lei, mordendosi le labbra.
Be'?
«Scattare!» urlò suo nonno,
sparendo nel
corridoio.
Yuichiro si irrigidì di colpo.
«Arrivo!»
Fu lesto ad obbedire e gli corse dietro.
... ancora un po' e faceva il saluto con la mano,
come un
bravo
soldatino.
Rei osservò la ciotola e il bicchiere abbandonati
sul tavolo. Rassegnata, sparecchiò per la
seconda
volta quella mattina.
Quella sera bussò alla porta della stanza
sul retro
del santuario.
«Entra pure.»
Rei fece scorrere la porta di shoji.
«Ciao.»
Yuichiro si alzò e si profuse in un mezzo inchino.
«Rei-san.»
«E così, sei ancora qui.»
Lui si portò una mano dietro la testa.
«Ah... Ttuo
nonno ha
detto che potevo dormire dove volevo. Siccome questa stanza era ancora
aperta...»
«Non mi
riferivo a
quello.» Alzò gli occhi al cielo. «Mi
stupisco che tu sia ancora qui da noi. Mio nonno continua a
comportarsi in modo strano. Non deve averti affidato alcun compito
normale.»
«Ecco...» Lui esitò.
«Abbiamo estirpato le erbacce dal vostro
cortile. E in parte del bosco.»
Eh?! «A mani
nude?!»
Yuichiro annuì.
Ma che cosa aveva in testa il nonno? Per quel tipo di lavoro
di solito
chiamavano una ditta specializzata! «E ancora non ti sei
demoralizzato?»
«È come
avevo
pensato. Il vostro tempio è davvero un posto di
pace.»
Il complimenti la zittì. Molti
avrebbero
definito il loro santuario un posto noioso, senza riuscire a
comprenderne la vera qualità. «Grazie.»
«È la verità.»
Rei si sporse verso il corridoio, a
prendere
quello che si era portata dietro. Con un ultimo sforzo
posizionò
il
grosso involucro di plastica all'interno della stanza.
«Questo
è un futon di mio nonno. È pulito. Puoi usarlo
stanotte.»
Sorpreso, Yuichiro si avvicinò. «Grazie
mille,
ma-... No, posso
usare il sacco a pelo che ho qui. Il futon si sporcherebbe su questo
pavimento.»
«Non si sporcherà. Avevo pensato che
avresti dormito ancora qui stasera, perciò ho pulito questa
stanza.»
... e ora perché lui rimaneva a fissarla?
Non
era un atteggiamento molto
educato.
«Che c'è?!»
Lui sobbalzò. «Niente. Grazie
ancora.» Si
avvicinò fino a prenderle l'involucro di mano.
Rei annuì. «Se domani mio nonno ti
propone ancora
cose
folli come quella di oggi, vieni da me questa volta. Non ti chiederebbe
niente del genere in condizioni normali.» Anzi,
tutte
quelle stranezze cominciavano a preoccuparla. Erano iniziate
proprio il giorno prima, dopo che lo aveva sentito urlare.
Aveva
tentato di chiedere nuovamente a suo nonno cosa fosse accaduto, ma,
ancora una
volta, lui aveva sostenuto di non ricordare niente.
«... ci tieni molto.»
Sollevò gli occhi. «Come?»
«A tuo nonno.»
Certo. «Mi
ha cresciuta sin da quando ero
bambina. Ha sempre avuto una salute di ferro e finora... Finora
è
sempre stato bene.» Scrollò le spalle, cercando di
mostrare
sufficienza. «Me ne prenderò cura e
tornerà tutto a
posto.»
«Ne sono certo.»
Sentirlo dire a qualcun altro fu fonte di inaspettato
conforto.
«Bene.
Allora ti auguro la buonanotte.» Si allontanò
verso la
porta. «Visto che dormani sarai ancora qui...»
Sorrise. A pensarci bene, tanta tenacia era
quasi... tenera. «Be', oggi ti dico solo... a
domani.»
«A domani, Rei-san.» Lui
sollevò in aria
il futon, mostrandoglielo con un sorriso. «E
grazie!»
Lei finì di salutarlo con un cenno della mano,
quindi chiuse
la porta dietro di sé.
Persone come Yuichiro potevano essere poco sveglie e non molto
intelligenti, ma erano sempre felici, un po' come i bambini.
A suo modo, anche quella era una qualità
apprezzabile in un essere umano.
La mattina successiva si alzò verso le nove, come
ogni
domenica.
Doveva preparare la colazione per lei e suo nonno; per
fortuna, toccava
farlo a lei solo nei fine settimana. In fondo lei andava a scuola e suo
nonno
si svegliava abitualmente molto presto, perciò l'aveva
abituata a farle trovare sempre pronto qualcosa da mangiare. I weekend
erano l'eccezione alla regola.
Mentre si dirigeva in cucina, percepì un profumo
invitante provenire da quella direzione.
Quando entrò in salotto, vide Yuichiro seduto
attorno al tavolo basso. Lui
balzò in piedi, spegnendo la televisione.
«Buongiorno, Rei-san!»
Lei corrugò la fronte. «Tu cosa ci fai
qui?»
«Ecco... Tuo nonno è uscito per una
commissione. Mi ha
chiesto di badare alla colazione. Io e lui l'abbiamo già
fatta,
perciò mancavi solo tu. Vuoi che ti serva?»
Rimase interdetta. «Hai... preparato da
mangiare?»
Yuichiro annuì. «Non sono molto bravo, ho
preparato
qualcosa di
semplice. Oltre al riso c'è un po' di zuppa di miso, della
carne
e dei tramezzini.» Ridacchiò. «Non so se
mi sono
venuti bene, li ho riempiti con quello che ho trovato in
frigo.»
A pensare per lei fu il suo stomaco. «Oh...
Sì,
se è pronto, mi piacerebbe mangiare.»
«Perfetto!» Yuichiro si diresse in cucina.
Poco
dopo
tornò con un vassoio pieno e perfettamente ordinato. Lo
appoggiò sul tavolo. «Ecco a te. Allora vado a
pulire
il tempio, va bene?»
Ma perché le chiedeva il permesso per caricarsi di
altri
compiti? «Se non vuoi, non è necessario.»
Lui scrollò le spalle. «Se rimango qui ti
disturbo,
così invece faccio qualcosa di utile.»
Annuì.
«Vado. A dopo, Rei-san.»
«... a dopo.» Prima che avesse terminato
di dirlo,
lui era già sparito oltre l'angolo del corridoio.
Certo che come ragazzo era davvero... servizievole. Non
avrebbe
potuto
fare
nulla di meglio per lei: la colazione aveva un aspetto squisito e
sì, si sarebbe
sentita a disagio a mangiare con lui presente.
Anche se... forse no: Yuichiro sembrava cogliere rapidamente
quello che
la infastidiva.
Bah, meglio così.
Era le una e mezza passate del pomeriggio e di suo nonno non
si era
vista neanche
l'ombra.
Ma dove diavolo era finito?
Rei si diresse al tempio e, dopo una rapida controllata ai
dintorni,
incontrò
solo Yuichiro, che ramazzava con alacrità il piazzale.
«Mio nonno è tornato?»
Lui scosse la testa. «Non l'ho ancora
visto.»
Lei guardò l'entrata del tempio.
Muoversi per la città
nello stato di suo nonno poteva non essere prudente, ma non le rimaneva
altro da fare che attendere il suo ritorno. Sospirò.
«È già
pronto
da mangiare, lo stavo aspettando.» Si concentrò su
Yuichiro. «Tu non hai
fame?»
«Un po'» le sorrise lui. «Tra
poco vado a
prendermi qualcosa.»
In che senso? «Guarda che è pronto anche
per
te.»
«P-per me?»
Ora perché balbettava? «Sì,
per te.
Non mi costa
niente preparare una porzione in più. Fino a che stai qui,
visto il lavoro che fai, puoi mangiare con noi.»
«... grazie.»
Che motivo c'era di arrossire per un'offerta tanto
semplice?
«Io mangio adesso, altrimenti si raffredda. Vieni
pure, se vuoi.»
Lui lasciò cadere la scopa a terra.
«Certo!» La raccolse fulmineo. «Voglio
dire, metto a posto e vengo!» Corse via.
«... già.»
Cominciava
seriamente a
pensare che
Yuichiro fosse un po' stupido.
Lanciò una nuova occhiata alle scalinata che
portava al
tempio, trovandola vuota proprio come prima.
Si diresse all'altare delle invocazioni. Dopo aver suonato
la
campana, congiunse le mani.
Che stia bene e
che
torni a
casa sano e salvo.
Poi lei lo avrebbe sbarrato dentro una stanza, impedendogli di
fare
altre
sciocchezze.
Aprì gli occhi e, voltandosi, trovò
Yuichiro che la osservava, fermo a qualche metro di distanza.
Si accigliò. «Non ti hanno insegnato che
non
è educato fissare le persone?»
Lui si irrigidì.
«Mi
dispiace!
È solo che...» Abbassò lo sguardo.
«... Niente.»
Rei incrociò le braccia. «Solo che, cosa?
Concludi il discorso.»
«Sono tornato!» Fu un urlo dalle scale.
Le sparì un peso di dosso. «Nonno! Dove
sei stato?
Ero preoccupata!»
Suo nonno si avvicinò a loro di corsa, buttando
qualcosa
dritto
tra le braccia di Yuichiro. «Sono andato a prendere questo!
Ragazzo, ora sei un apprendista ufficiale!»
Eh?
Yuichiro stava tirando fuori da
una borsa
in
tela un lungo lembo di tessuto azzurro. Era... un hakama. E c'era
anche una tunica bianca.
«Dove hai preso quella roba?» Era
domenica; non
poteva esserci nessun negozio specializzato aperto. L'ultima divisa
maschile che avevano avuto nel tempio era stata fatta sparire proprio
da lei: l'aveva indossata Jadeite e lei non aveva avuto voglia di
conservare un indumento impregnato di tanta malvagità.
Il nonno poggiò le mani sui fianchi, fiero.
«Me la
sono fatta dare dal tempio del mio amico Yoichi.»
Per forza era stato via a lungo: quel posto si trovava
dall'altra parte
della città.
Tutta quella faccenda dell'apprendistato stava
andando troppo
oltre per i suoi gusti.
Yuichiro si inchinò a novanta gradi.
«Grazie mille
signo- maestro.»
Appunto.
Lei fece per esprimere il suo disappunto, ma Yuichiro si
affrettò a scuotere la testa. «Non ti preoccupare,
Rei-san! Continuerò a dormire nel tempio.»
Iniziò a sentirsi meschina. Tanta
gentilezza
metteva
in cattiva
luce qualunque sua rimostranza.
Sospirò e lanciò
un'occhiata a suo nonno. «Sembri più tranquillo,
sei
tornato in te?»
Lui la osservò con occhi innocenti e... normali.
«Cosa vuoi dire?»
Le cascarono le spalle. «Nulla. Andiamo a
mangiare.»
«Allora? Cosa ti ha fatto fare oggi?»
Rei si mise seduta sul pavimento della stanza del tempio,
Yuichiro davanti a lei nella stessa posizione.
Era scesa la sera ed era tempo di fargli un discorso.
«Oggi tuo nonno si è comportato
normalmente.
Dopo
che sei uscita, questo pomeriggio, lui mi ha fatto pulire i pavimenti
di
tutto il tempio. Abbiamo anche lucidato le scale in
pietra dell'ingresso al santuario.»
«Finora non avete pregato una sola volta,
suppongo.»
Yuichiro scrollò le spalle, come se la questione
fosse poco
importante. «Non è ancora arrivato il momento per
me
di passare a compiti più spirituali. Il maestro non mi
ritiene
ancora pronto.»
«Gli stai dando più credito di quanto non
ne
meriti. Mio nonno non ha mai avuto un vero apprendista.»
Yuichiro non commentò. Il suo sembrava per
metà assenso e per metà totale
indifferenza alla questione.
Rei ormai aveva capito che quello era il suo
modo di
fare: se c'era da
discutere, lui non lo faceva, al massimo ubbidiva.
Un atteggiamento simile in effetti ne faceva un
apprendista perfetto.
«Ascolta... Penso di potermi fidare di te. Non so
per quanto
tempo mio
nonno deciderà di farti rimanere qui, ma, se non vieni
dalle
parti della mia stanza, a me va bene che tu dorma in casa.»
Lui fu così sorpreso per alcuni secondi
non disse proprio nulla. Alla fine sorrise, in un
modo nuovo, quasi... condiscendente?
«Rei-san... Ti assicuro che
io sto bene anche qui. Non devi scomodarti per me.»
La stava trattando come se
fosse una...
ragazzina.
«Non mi scomodo per te! Se te l'ho proposto, è
perché mi va bene.» Si alzò in piedi,
seccata. «È un'offerta prendere o lasciare. O
vieni adesso
o,
per quel che mi riguarda, puoi startene qui anche per tutto
l'inverno!»
«Eh?»
Tanto lui aveva capito benissimo. E se non l'aveva capito,
allora
era
proprio uno stupid-
«Va bene.» Yuichiro scattò in
piedi.
«Scusami se ti ho fatta arrabbiare, non
volevo-»
«Sì, okay. Prendi le tue cose e
seguimi.» Tanto
lui aveva solo quella sacca sgualcita.
«Arrivo!»
Il tono di completa e totale ubbidienza la calmò.
Lui continuò a comportarsi così fino a
quando non si salutarono per la notte e questo la convinse di aver
preso la
decisione
giusta.
Sdraiato su un futon che conservava ancora un vago odore di
detergente,
Yuichiro Kumada fissò i quadrati di
luce fioca
che si stagliavano sul soffitto.
Lo avevano accolto in quella casa perché diventasse
un buon
apprendista, perciò doveva concentrarsi su quello e non su...
Sospirò.
... Non aveva mai visto una ragazza così
bella.
Rei-san non era solo bella, era anche gentile e buona. Gli
aveva
offerto un tetto sotto cui dormire, probabilmente credendolo un
vagabondo. Aveva pulito la stanza dove lui aveva dormito, si era
premurata di procurargli un futon pulito, lo aveva invitato alla sua
tavola, si era preoccupata di quello che suo nonno gli faceva fare...
Tutto questo nonostante lui non fosse che un estraneo per lei.
Si
era persino scomodata a dargli una stanza nella sua stessa casa,
nonostante avesse detestato l'idea appena un paio di giorni addietro.
Non le piaceva essere ringraziata per nessuna di queste
azioni, o
vederle riconosciute. Lei gli aveva mostrato tanto spesso
un'espressione di
rimprovero che lui
poteva dire di conoscerla a memoria, eppure... anche quando le
sopracciglia ad arco si univano sopra gli occhi viola, brillanti e
scuri, e le labbra si arricciavano fino a formare una piega
infastidita... anche in quei momenti, Rei-san era straordinariamente
bella.
Lui aveva cercato di tenere a mente che lei aveva solo
quattordici
anni, di
vedere quella giovane età da qualche parte, ma non
ci era
riuscito: lei sembrava talmente adulta e matura... Anzi, non lo
sembrava solamente, lo era. Aveva certamente più carattere
di
lui.
Sospirò di nuovo.
C'era una cosa su cui non si faceva illusioni: Rei-san non
pensava affatto a lui in quel
modo. Lo considerava inferiore a lei e aveva ragione. Lui
non era affatto suo
pari in quanto a intelligenza e sicurezza di sé.
Non che
contasse molto: non sperava di avere una storia con lei, voleva solo...
starle
accanto. Guardarla.
Non sapeva quanto sarebbe durata, ma per il
momento gli andava bene così.
... Quello era amore, vero?
Sì, forse era innamorato di lei.
Era proprio da lui interessarsi ad una persona che non aveva
la minima
intenzione di ricambiarlo.
Forse avrebbe dovuto farsela passare, pensare di meno a lei e
di
più al suo ruolo di apprendista in quel tempio.
Già.
Il giorno seguente doveva impegnarsi al massimo in qualunque
compito gli
avesse affidato il maestro.
Doveva ripagarlo per l'opportunità che gli aveva
offerto e
comportarsi da uomo, senza lamentarsi.
Si girò su un fianco.
Prima di dormire, provò a immaginare quali
sarebbero state le sue mansioni il mattino dopo.
Ci pensò per due soli secondi, poi si convinse che
non c'era
niente di male nel ricordare l'unico sorriso che Rei-san gli aveva
rivolto, mentre gli diceva...
'Be', oggi ti
dico
solo... a domani.'
A domani, la salutò lui.
Dormì.
INCONTRARSI
- Fine prima parte
Nella seconda parte terminerò di raccontare quanto
avvenne
nel resto dell'episodio trenta della prima serie.
Grazie per aver letto e se avete un pensiero su questo mio
scritto, mi
farebbe molto piacere sentirlo :)