Venerdì
- Ore 23.20
Squillò
un telefono.
Il primo
suono in tutta la giornata diverso dal rumore che
fanno le dita quando battono la tastiera di un computer.
- Pronto?
-
Silenzio.
L’interlocutore stava parlando.
- Va bene
glielo dirò -
Il giovane
uomo si alzò in piedi svogliatamente tirando un sospiro di sconforto, si
diresse verso una porta a vetri chiusa fermandosi una volta arrivato. Un altro sospiro, poi bussò.
- Avanti -
rispose una voce profonda
Il ragazzo
aprì la porta non troppo velocemente incrociando lo sguardo del suo
capo, occhi azzurri come cielo e capelli argentei lunghissimi fino a fondo
schiena.
- Agente
Fair. Cosa posso fare per te? – domandò cortesemente l’uomo.
Il ragazzo
entrò posizionandosi al centro della stanza e scostò una ciocca
dei capelli corvini da davanti agli occhi – ho appena ricevuto una
telefonata dall’agente Strife. Non sta bene e
chiede un giorno di permesso –
L’uomo
dai capelli argentei portò una mano al mento e sospirò anche lui
affranto – Aerith? –
L’altro
annuì non troppo convinto ma con sguardo rattristato.
- Va bene Zack puoi andare, dì però a Cloud che dovrà fare anche il turno di notte quando
torna dopo domani -
- si
signore – rispose Zack mettendosi
sull’attenti e facendo il saluto militare.
Il moro
uscì a passo sicuro dall’ufficio del capo richiudendo alle sue
spalle la porta e poggiandosi sul muro subito dopo – Cloud,
che hai combinato questa volta? – domandò mentalmente
all’amico.
*
Ore 23.28
In un
comune appartamento di Midgar alcune ragazze
festeggiavano i diciotto anni di una amica, tra musica
e qualche bibita adesso non più tanto proibita.
In tutto
erano sei e stavano tutte nel salotto a parlare e a bere un po’ di coca
cola tra una frase e l’altra; la festeggiata sedeva al centro del
divanetto rosa pallido con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia,
accanto a lei due amiche; altre due sedevano dietro il tavolo da pranzo
parlando più a bassa voce di chissà quali segreti.
La sesta
invece stava in cucina con in mano un bicchiere di
plastica pieno d’acqua gassata, e guardava le stelle dalla finestra della
stanza. O meglio guardava il cielo, l’aria inquinata di Midgar non lasciava spazio alle povere stelle. Le
sfuggì un sospiro di sconforto.
- Tifa!
– sentì urlare una delle ragazze dal salotto – mi vieni ad
aiutare a scartare i regali? -
La ragazza
si lasciò sfuggire una rapida risata e
andò in salotto rispondendo al richiamo – Yuffie!
Hai diciott’anni ora, non credi che dovresti
imparare a fare da sola –
- allora
il tuo lo apro per ultimo – sbuffò la ragazza
seduta sul divanetto rosa con aria scherzosa.
Tifa
iniziò a ridere di gusto e prese una sedia per mettersi davanti a Yuffie.
La
ragazza, evidentemente più giovane delle altre, iniziò a scartare
i regali quasi strappando la carta a unghiate, e ricoprendosi i corti capelli
scuri di carta straccia volata via dai pacchi.
Tifa fu
l’ultima a porgere il regalo a Yuffie, che si
rivelò un bellissimo album fotografico verde acqua decorato in parte a
mano.
Yuffie lo aprì e trovò
subito dieci foto, ciascuna in gruppo con le cinque amiche presenti.
- Ragazze
questo è il miglior compleanno della mia vita – disse la novella
diciottenne con gli occhi lucidi prima di coinvolgere tutte le altre in un
caloroso abbraccio di gruppo.
- è
da parte di tutte questo – rispose Tifa ricambiando l’abbraccio per
quanto poteva.
Pochi
attimi dopo l’orologio a cucù posizionato davanti alla porta di
ingresso iniziò a suonare. –Mezzanotte - pensarono tutte nello
stesso momento
- è
tardi – fece notare un’altra ragazza bionda.
Tifa si alzò
dalla sedia con aria stanca e nascose un rumoroso sbadiglio dietro la mano
– effettivamente è ora di andare, io abito dall’altra parte
di Midgar –
- Tifa non
sei tu ad abitare lontano da Yuffie –
iniziò una rossa con tono scherzoso – è Yuffie
che abita lontano da tutte noi -
Yuffie portò una mano alla nuca e
sorrise imbarazzata – quando mi sistemo per bene mi sistemo nei vostri
palazzi così risolvo il problema –
Ci fu una
risata di gruppo.
- Ah
– urlò Yuffie subito dopo – Tifa i
tuoi appunti! –
- Hai ragione,
dove li trovo? – domandò la ragazza alzandosi e tirando indietro i
lunghi capelli castani.
- sul
tavolo. Prendi pure tutta la cartellina – fece Yuffie
indicando un tavolino vicino all’ingresso.
La ragazza
notò la cartellina menzionata dall’amica e scattò a
prenderla per poi metterla subito nella borsa. Era una cartellina ocra come
altre e Yuffie le disse che poteva anche tenerla.
Poco dopo
tutte le cinque ospiti iniziarono ad andare via una dopo l’altra. Tifa fu
l’ultima a varcare la porta di Yuffie.
Tutte si
ritrovarono a prendere l’autobus notturno che le portò nel loro
quartiere nel giro di una mezz’ora abbondante.
Si
ritrovarono a percorrere strade diverse finché tutte non rimasero sole.
Tifa si incamminò in una strada non troppo buia tenendo la borsa con gli
appunti prestati a Yuffie il giorno prima.
La bruna
scrutò la zona con i grandi occhi nocciolati e notò una figura in
fondo alla strada. Avvicinandosi notò che indossava una divisa da
poliziotto.
- Sera
– salutò con uno sbadiglio il poliziotto passando accanto a Tifa.
Lei rispose con un sorriso e con un cenno della mano – turno di notte?
– domandò allegra.
L’uomo
annuì svogliatamente e Tifa sorrise di nuovo continuando ad andare
dritta per la sua strada.
Una volta
girato l’angolo perse di vista il poliziotto. Casa sua era a pochi
isolati.
All’improvviso
si sentì spingere in un vicoletto da qualcuno. Anche questo indossava la
divisa da poliziotto ma non era quello incrociato prima.
Quello aveva i capelli rossi, questo aveva i capelli corti argentati tenuti in
una strana acconciatura con il gel. La borsa le cadde e si ritrovò
sdraiata sotto l’uomo che la guardava ubriaco e minaccioso.
Senza
pensarci radunò tutte le sue forze nel braccio destro e caricò un
diretto in faccia all’uomo che fu costretto a scostarsi per il dolore al
naso. Una volta tornato in sé, l’uomo caricò nuovamente
contro Tifa, furente di rabbia e desideroso della donna incrociata poco prima
per caso mentre salutava un suo collega.
Tifa non
riuscì a schivare i colpi dell’uomo e finì con le spalle al
muro mentre lui la teneva per il collo. Doveva sbrigarsi o sarebbe morta
soffocata. Gli mollò prima un calcio in mezzo alle gambe, poi un altro
pugno al petto.
- brutta
troia… - imprecò lui inginocchiandosi per il dolore.
Tifa non
perse tempo e raccolse di fretta tutti i fogli sparpagliati per terra e la
cartellina, rimettendo tutto subito dentro la borsa e scappò via
correndo a perdifiato.
Riuscì
a rientrare dentro la sua palazzina in tempo, finalmente era al sicuro e
riuscì a tirare un sospiro di sollievo.
- Grazie a
Dio ho preso lezioni di autodifesa – pensò mentre inspirava
pesantemente per via della corsa.
Trascinò
la borsa, in quel momento pesantissima, e salì le scale fino al suo
pianerottolo. Girò la chiave nella porta del suo appartamento e una
volta dentro buttò la borsa su una sedia lasciandosi cadere sul letto affaticata.
- I Soldier mi sentono domani
pomeriggio -
*
Il
poliziotto ubriaco tirò fuori un accendino e una sigaretta che
portò subito alla bocca, iniziando ad aspirare senza averla neanche
accesa. Rendendosi conto della mancanza di nicotina, accese la sigaretta per
bene e si accovacciò riprendendo la borsa a tracolla che aveva lasciato
cadere.
Posando la
mano su essa la sentì più esile, eppure era la sua.
Dopo aver
controllato dentro la borsa si lasciò sfuggire un’imprecazione.