il mio mondo in una frase
Note:
questa
è una piccola one-shot che mi porto dietro da mesi, quasi un
anno forse. E parlo in senso letterale: quattro foglietti scritti fitti
fitti. Non riuscivo a finirla e questo causava una frustrazione
abbastanza preoccupante in me. Io detesto non portare a termine le cose.
Comunque ultimamente ho ripreso in mano le storie interrotte che avevo
nella mia cartella (il buco nero XD) e sto cercando di finirle, per
quanto l'ispirazione me lo possa permettere.
Come i miei scarsissimi lettori si saranno accorti, sì, ho
ricominciato a pubblicare su EFP XD Ma ho tutta l'intenzione di
sfruttare come si deve il mio wirting-journal, quindi fateci un salto
ogni tanto!
Premesse:
Questa storia non è perfetta, non sembra nemmeno scritta da
me. Ci sono tuttavia estremamente affezionata , perché per
la prima volta parlo di amore in senso lato e con termini molto diversi
da quelli che uso normalmente quando mi riferisco ad esso.
Qui non c'è il sarcasmo o il cinismo che riesco sempre ad
infilare ovunque.
Ho cercato di essere genuina e ho scelto di strutturare il tutto in
modo che ogni paragrafo costituisse un piccolo aneddoto, raccontato da
Uruha.
Spero che a qualcuno possa piacere anche se non mi aspetto molto.
Il mio
mondo in una frase
Ironicamente,
la prima cosa che pensai di Aoi, appena conosciuto, fu che era una
delusione per le mie aspettative.
Ruki
non aveva fatto altro che lodarlo ogni singola volta che qualcuno di
noi aveva la malaugurata idea di chiedergli qualche informazione sul
chitarrista ritmico che avremmo conosciuto – e
accolto nella band, si spera!, diceva Ruki
– da lì a poco.
A qei
tempi aveva i capelli biondi e non gli stavano per niente bene.
Trovavo
che i suoi vestiti fossero scoordinati.
Era
timido e non parlava molto.
Nonostante
la mia prima impressione, mi resi conto, dopo attente osservazioni, che
ero rimasto ammaliato dalla sua presenza. Mi piacevano i tratti del suo
viso, la pienezza e la dolcezza della linea delle sue labbra, la curva
gentile dei suoi fianchi.
Mi
piaceva la sua voce, non troppo bassa, nemmeno troppo alta. Le mani
eleganti. Le maniere gentili. Il sorriso infantile.
Aoi era,
senza dubbio, affascinante.
Dall'osservarlo
a distanza all'averlo, non passò molto.
Le prime
volte erano casuali, dettate dagli istinti più bassi,
dall'ebbrezza dell'alcool.
Cambiò
qualcosa nel momento in cui Aoi ebbe la malauguratissima idea di
innamorarsi di me.
Aoi mi
diceva “Ti amo” ogni volta che finivamo a letto
assieme.
Io non
rispondevo mai.
Mi
beavo del suono della frase, semmai; del tono con cui pronunciava
quelle parole, della sua voce impastata e i sospiri che fungevano da
intervalli tra sillabe errate.
La
prima volta in cui riuscii a capire veramente qualcosa di Aoi fu quando
trovai il coraggio di chiedergli perché si vestisse sempre
di nero.
“Perché
trovo che i colori siano rischiosi,” mi rispose lui,
“Il nero invece è
assenza di tutto, è il nulla. Ogni volta che provo a
mettermi qualcosa
di colorato mi sento a disagio, come se avessi osato troppo”.
Mi
ritrovai a pensare che sarebbe stato magnifico vestito di rosso, con
quei capelli corvini e la pelle bianchissima, quindi comprai delle
lenzuola rosse e la notte successiva le usai per il mio letto e Aoi,
quando lo feci stendere sopra al materasso, sembrava una fotografia in
bianco e nero su una parete rosso sangue.
Era
così bello che mi venne da piangere.
Aoi
continuava a dirmi “Ti amo” ogni volta che finivamo
a letto assieme.
Qualcosa,
tuttavia, era cambiato, e trovavo qualsiasi scusa per ritardare il
momento in cui avrei udito quelle parole. Lo baciavo, gli rubavo il
respiro che avrebbe recuperato solo dopo qualche minuto.
Una
stretta sui fianchi un poco più ferrea. Una spinta
più possente. Un
cambio repentino del ritmo in cui affondavo nel suo corpo.
Qualunque
cosa.
Tuttavia,
il momento arrivava sempre e dovevo reprimere la voglia di fermarmi e
urlargli di smetterla.
Invece,
spingevo più forte, con violenza, stringendo i denti.
Così forte che a
volte lo sentivo urlare, mentre scivolava sul materasso con ogni
spinta. A volte avevo la netta impressione che provasse dolore.
Comunque,
non mi sono mai fermato.
Aoi
diceva sempre che i colori erano rischiosi, che significava prendere
decisioni e lui odiava prendere decisioni. Quando gli chiesi
perché,
lui rispose che, ogni volta che si arrischiava a farlo, finiva col
rimanere ferito e che l’ultima volta gli era bastata.
“Cos’è
successo l’ultima volta?” gli chiesi.
“Ho
iniziato ad amarti.”
Mi
ritrovai a fissare il suo profilo ed in quel momento fu come vederlo
per la prima volta; notai le spesse occhiaie sotto un paio di occhi
gonfi, come se avesse smesso di piangere solo pochi minuti prima e mi
resi conto che probabilmente era proprio così.
Quella
notte Aoi mi disse “Ti amo”.
Tutto
ciò che udii fu “Ti odio.”
Suppongo
di aver capito di amare Aoi quella volta in cui lo scopai
così forte da farlo sanguinare.
Tralasciando
l’aspetto e l’apparenza, sono tutt’altro
che fine e un amante non
propriamente gentile; non amo la violenza, questo no... Infatti, in
quel momento, non avevo la più pallida idea di cosa mi
stesse
prendendo, di cosa mi stesse salendo dentro e annidando nel petto.
Sapevo solo che volevo di più e affondavo e spingevo come se
fosse
l’unica cosa da farsi.
Ricordo
che ero steso di fianco ad Aoi, come lui tentando di riprendere fiato,
quando, con la coda dell’occhio, vidi una sua mano sparire
fra le gambe
e ricomparire coi polpastrelli coperti di sangue.
Fu in
quel momento che mi si spezzò qualcosa dentro.
Inutile
dire che diedi di matto; in un lampo mi posizionai nuovamente fra le
sue gambe, le spalancai e cercai di scostare la sua mano. Lui
arrossì
furiosamente e io mi ritrovai a ricordargli che non mi sembrava proprio
il caso di vergognarsi in quel momento, quando meno di cinque minuti
prima là sotto c’erano state più parti
della mia anatomia.
Lui
arrossì ancora di più e, con un gridolino ben
poco virile, mi disse di
smetterla. Accompagnò l’ordine con una sberla; mi
sembrò opportuno
ubbidire.
“Ok,
ok! La smetto,” dissi alzando le mani in segno di resa.
Con mio
immenso orrore, Aoi iniziò a piangere.
“Aoi...
Aoi, non piangere,” gli dissi in un tono disperato,
“Se non vuoi non
guardo, ma stai sanguinando-“ mi bloccai, realizzando che
sembrava
stessi parlando con un bambino e, probabilmente, se ne accorse anche
lui, perché i suoi occhi si ridussero a due rabbiose fessure.
“Smettila!”
Lo
guardai con occhi spalancati, “Di fare cosa?”
chiesi debolmente.
“Di
fare questo,”
le lacrime non cessarono di rigargli le guance,
“Di
fingere di preoccuparti,” singhiozzò alzandosi dal
letto con un gemito
dolorante e andando alla ricerca dei suoi vestiti.
Avrei
dovuto fermarlo. Sapevo
che avrei dovuto fermarlo, abbracciarlo,
baciarlo e proibirgli di andarsene.
Ovviamente,
non lo feci.
Nonostante
tutto, sono sempre stato quello più debole fra i due.
Molto
spesso mi chiedevo quando Aoi avrebbe deciso di mettere fine a questa
farsa e smetterla di farsi del male. Io ero sempre stato egoista e
sapevo che non sarei stato capace di lasciarlo andare di mia spontanea
volontà.
Quando
Aoi disse “Basta!”, comunque, fui colto alla
sprovvista e quando mi
urlò in faccia che amarmi era stata una pessima idea, che
faceva troppo
male, mi tornarono in mente le sue parole.
“Cos’è
successo l’ultima volta?”
“Ho
iniziato ad amarti”
Ero
così stupido ed egoista da essere pronto ad aggrapparmi a
qualsiasi cliché, piuttosto che ammettere di amarlo a mia
volta.
“Non
possiamo scegliere chi amare, Aoi”
“Però
ho scelto di non evitare di farlo,” disse prima di voltarmi
le spalle ed andarsene.
Non lo
seguii.
Ero un
vigliacco e lo sapevo.
Questa,
dunque, è la storia di come mi resi conto di aver preso una
decisione
sbagliata dietro l'altra. E proprio di questo vorrei parlarvi: di
decisioni.
Ogni
giorno veniamo sottoposti a delle prove e veniamo messi nella posizione
di dover prendere decisioni; alcune sembrano quasi irrilevanti, altre
sono enormi.
Aoi
diceva che odiava il fatto di dover decidere, nonostante ciò
finiva
sempre col farlo e non esitava a mettere in gioco tutto ciò
che era ed
aveva per fare in modo che le cose andassero bene. Tuttavia molto
spesso le cose andavano male e io sapevo che, specialmente per quando
riguardava la sua vita amorosa, aveva sofferto molto. Perché
aveva
scelto di amare senza riserve.
Aoi
è una persona piena di buoni sentimenti ed è
capace di amare in modo quasi totale.
Tanto
amore a volte spaventa.
Aveva
scelto me e io, di quell'amore, non sapevo che farmene.
Lo
amavo. Lo amo. Di questo ne sono certo e, a costo di sembrare
sdolcinato e prevedibile, non credo esista un'espressione abbastanza
esaustiva per esprimere la grandezza del mio sentimento.
Quando
mi era stata offerta la possibilità di ricambiarlo, non
l'avevo fatto e
mi crogiolavo nella convinzione di non esserne capace: ero molto bravo
a mentire a me stesso.
La
differenza che c'è fra me e molte altre persone è
che a me fu data una
seconda possibilità e ogni giorno ringrazio qualsiasi
entità ci sia
lassù per avermi messo accanto una persona come Aoi.
Il
punto, comunque, è che non si sa mai quando ci possa
capitare davanti
la possibilità di essere felici e sentirci completi;
dobbiamo avere il
coraggio di scegliere e metterci in gioco.
Ora
sono sicuro che la curiosità sta prendendo il sopravvento
nelle vostre
testoline e vi state chiedendo cosa successe dopo che Aoi se ne
andò.
Potrei
raccontarvelo ma, visto che stiamo parlando di scelte, ora scelgo di
non farlo. Per me non sarebbe un problema, ma Aoi è una
persona molto
affezionata alla propria privacy e non ho certamente voglia di
guadagnarmi il suo disappunto e – detto proprio fra noi
– rischiare di
andare in bianco.
Quindi
le mie labbra sono sigillate.
Per
ora.
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Dediche:
- alla
Ju, la mia compagna, perché ha sempre creduto in me, no
matter what. E,
sempre per rimanere nell'ambito anglofono, perché siamo
"against the
world".
- alla mia Macchan, Mery,
perché
c'è
sempre e, nonostante sostenga il contrario, a volte ho l'impressione
sia lei a sopportare me XD E perché le devo
già una fanfiction su
Kuro, che arriverà, giuro!
- a Val, perché mi ha
sempre presa dal verso giusto, perché sa mettermi addosso un
buonumore
elettrizzante. E mi mancano i nostri té boVghesi
delle 5.
- a
Mya, perché senza rendersene conto mi ha permesso di mettere
la parola
"Fine" a questa storia e, nonostante ci conosciamo così
poco, le devo
già qualcosa
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