In una notte di pioggia...
~ In una notte di pioggia... ~
ShigexFuwa
Personaggi: Shigeki Sato, Daichi Fuwa
Genere: Romantico, Sentimentale
Rating: Verde
Note: One-shot, Yaoi
Le luci della casa erano tutte accese.
- Buono - pensò - ... se non altro si è ricordato che dovevo venire... -.
Il ragazzo immobile dinanzi
all’edificio osservava quest’ultimo con totale distacco,
quello stesso distacco che gli aveva meritato l’appellativo de
“Il Distruttore”, attraverso la coltre di ciuffi che gli
ricadevano davanti agli occhi.
In quel momento iniziò a schizzettare, dapprima piano, poi sempre più forte.
- Stanotte ci sarà un
acquazzone... al più tardi domani... - osservò tra
sé, avviandosi verso la porta.
Bussò.
Il padrone di casa non si fece attendere a lungo.
- Ah, Fuwa!! - esclamò quest’ultimo, apparendo sull’uscio in canottiera e pantaloni da ginnastica.
- Shige... - replicò l’altro col suo solito tono indifferente.
- Dai... non essere così scontroso! -.
Il biondo indietreggiò di un passo sotto il severo sguardo che il castano gli rivolse a quell’affermazione.
- Hai detto che volevi parlarmi... -.
Non gli piaceva girarci intorno
alle cose: era solo uno spreco di tempo. Oltretutto, quel giorno, gli
allenamenti erano stati particolarmente impegnativi e si sentiva
distrutto.
Non desiderava altro che andare a casa.
Ma Shige, alla fine, lo aveva pregato di andare a casa sua, quella sera, perché aveva urgenza di parlargli, in privato.
Di cosa, non ne aveva la più pallida idea.
- Sempre il solito frettoloso, eh? - ironizzò il biondo.
Fuwa gli rivolse un’ulteriore occhiataccia.
- Piove e sono stanco. Mi sembra ovvio che sia di fretta... - rispose il portiere con impassibilità.
- Perché non ti trattieni un po’? Solo finché non smette un pochino... sta iniziando un temporale... -
- Di che vuoi parlare? -.
Dritto al punto, freddo e insensibile: il solito vecchio Fuwa.
Era proprio vero che, per quanto
uno si fosse sforzato, certi modi di essere non sarebbero mai cambiati:
ne era un esempio proprio il suddetto Daichi Fuwa.
Più umano di prima, certo, ma ancora freddo.
- Vieni dentro, così possiamo... - Shige s’interruppe un istante - ... parlarne con... calma -.
La voglia di Fuwa di piantare il
compagno in asso, girare i tacchi e togliere il disturbo era tanta, ma
lo era ancor di più la sua smania di sapere.
A malincuore dovette interrompere
“Lentamente” degli Studio 3 e riporre l’auricolare in
tasca, assieme al lettore mp3.
Seguì quindi Shige all’interno.
Il biondo lo condusse in una stanza che, dall’arredamento, Il Distruttore ipotizzò essere la sua camera.
Rimase fermo sulla soglia ad
osservarne l’interno per qualche istante, finché la voce
concitata dell’altro non lo richiamò.
- Be’, che ci fai lì impalato? Siediti pure... -.
Fuwa obbedì senza fiatare, sistemandosi dinanzi al compagno.
- Allora - ripeté per l’ennesima volta - di cosa volevi parlarmi? -.
- Non ti fermi mai, eh? Ora capisco perché ti chiamano tutti “Il Distruttore”! -
- Non hai risposto alla mia domanda -.
Si scambiarono un lungo, intenso sguardo, accompagnato da uno strano silenzio carico d’attesa.
Shige mise un sospiro, assumendo un’espressione seria, quasi inquietante.
Erano più che rare le occasioni in cui si mostrava tanto cupo: di solito era sempre pronto alle battute e agli scherzi.
Un brivido corse lungo la schiena del portiere, scuotendolo.
Al biondo non sfuggì tale movimento.
- Hai freddo? - chiese.
- No. Sto bene - replicò Fuwa, apatico.
Non sapeva spiegarsi il perché di quel brivido: certo era che non fosse per il freddo.
E allora, per cos’altro poteva essere?
Più ci si lambiccava più aveva la sensazione di allontanarsi dalla soluzione.
Era terribilmente frustrante,
soprattutto per Daichi Fuwa, Il Distruttore, colui che riusciva, con
una parola o un gesto, a trasformare il più audace degli uomini
in un coniglio.
Eppure era fin troppo strana la
sensazione d’eccitazione che aveva provato, seppur per un fugace
istante, quando i loro sguardi si erano incrociati.
Era un qualcosa di completamente
nuovo per lui, qualcosa che, ahimè, per lui era un mistero
apparentemente privo di soluzione.
- Ecco... - esordì Shige,
attirando nuovamente su di sé l’attenzione
dell’altro - ... AAAHN!! Cazzo! Non so da dove cominciare! -.
- Dall’inizio, forse...? - propose Fuwa.
Shige sospirò ulteriormente: l’aveva prevista più facile di come stava effettivamente andando.
Non credeva che potesse arrivare a
trovarsi, un giorno, in una situazione così: incapace di
concretizzare verbalmente pensieri ed emozioni.
Dinanzi a lui, per giunta.
L’aveva invitato proprio per quello e adesso non riusciva a dirglielo.
Lo guardò di nuovo: freddo, impassibile, assolutamente calmo.
Fuwa era l’incarnazione del flemma della specie umana.
Forse era proprio per quell’abissale differenza che li separava che aveva scoperto di...
- Allora? Sto aspettando... - insisté il portiere, senza abbandonare quel suo consueto sguardo di ghiaccio.
Era difficile.
Molto, molto difficile: non sapeva come l’avrebbe presa. Era l’incognita peggiore di tutte.
Il castano continuava a guardarlo: era palese che Shige stesse pensando.
A cosa, non sapeva dirlo con certezza assoluta: forse a quello che doveva dirgli, forse ad altro.
Tuttavia il rossore diffuso sulle
sue guance era senza dubbio indice di qualcosa di profondo, forse
imbarazzo, nonostante una parte di sé sospettava che fosse
tutt’altro tipo di sentimento ad accendere quelle guance
altrimenti pallide.
Un nuovo brivido lo scosse, mentre osservava gli occhi di Shige.
- Ecco, Fuwa... ci conosciamo ormai da un po’ e... -.
Chissà perché quel
principio di discorso fece già intuire al castano quale sarebbe
stata la sua conclusione, tuttavia non era né arrabbiato,
né sorpreso né altro.
Non provava niente di diverso da quello che aveva provato fino a che il biondo non aveva attaccato a parlare.
Era assolutamente impassibile, come sempre.
Avrebbe voluto troncare quel
discorso sul nascere, arrivare al punto velocemente, ma preferì
aspettare: era chiaro che il biondo era in grossa difficoltà.
Interromperlo l’avrebbe messo ancor di più in soggezione.
Così ascoltò il resto
del complesso, ingarbugliato e talvolta contradditorio discorso di
Shige e, quando gli parve ormai al termine o quasi, senza scomporsi
minimamente, si decide a concludere.
- Mi ami...? -.
Shigeki lo fissò: l’aveva capita così, al volo, e non aveva fatto una piega?
- Se ti dicessi di sì... che cosa faresti? -
- ... non lo so... -
- Allora... te lo faccio vedere io... -
- Okay... -.
Fuwa accompagnò quell’ultima parola con un’alzata di spalle.
Shige gli fu addosso in una
frazione di secondo e, senza lasciargli neppure il tempo di capire cosa
stesse per fare, lo spinse disteso sul pavimento, fissando lo sguardo
nel suo.
- Posso...? - sussurrò poi, scendendo a sganciargli la zip della felpa, senza aspettare una sua risposta.
Gli posò un dito sulla
guancia, tracciando una linea lungo il suo zigomo, avvicinando poi il
proprio viso al suo, talmente vicino che i ciuffi biondi che gli
circondavano il volto cadevano sul collo dell’altro,
solleticandolo.
Eppure Fuwa rimaneva totalmente impassibile: non un sorriso, non una parola.
Shige gli sorrise maliziosamente,
scendendo ancora più giù, finché le loro labbra
non furono a pochi centimetri le une dalle altre e i loro petti a
stretto contatto.
- Allora...? Qual è la tua risposta? - chiese ancora il biondo, alitandogli in faccia.
Il castano rimase in silenzio ancora un poco.
- Shige... sei gay...? -.
L’altro rise di gusto, forse per mascherare un dolore che non avrebbe faticato né tardato a manifestarsi.
- È questa, la tua risposta? “Shige sei gay”? Non hai nient’altro da aggiungere?! NIENTE?!?! -.
Silenzio.
Infine, eccolo: il dolore del rifiuto.
Penetrava come una lama nel suo inconscio, fendendo tutto ciò che trovava, senza fermarsi.
Freddo, doloroso acciaio che lo dilaniava: questo era quello che lui chiamava “dolore”.
Fuwa, dal basso della sua posizione, continuava a fissarlo, immobile, silenzioso.
Quel silenzio più assordante di qualsiasi chiasso avesse mai udito.
Fece per sollevarsi, quando si
sentì strattonare per la maglietta, verso il basso,
finché le sue labbra non incontrarono qualcosa di umido, che lo
sfiorò dapprima pian piano, poi sempre più intensamente.
Le labbra di Fuwa, decise, abili.
Lui, invece, tremava: gioia o dolore represso?
Non sapeva dirlo.
Una mano gli arrivò a spostare alcuni molesti ciuffi dorati dal viso, portandoli dolcemente dietro un orecchio.
Quando si staccarono, tornarono a
fissarsi negli occhi: quelli di Shige brillavano, ma quelli di Fuwa
erano identici a prima, una maschera fredda e impenetrabile.
Il detto “gli occhi sono lo specchio dell’anima”, nel suo caso, era perfettamente falso.
- Perché lo hai f...? -
- La mia non era una risposta, ma una domanda... -.
Fu a quel punto che le labbra del
castano si distesero in un labilissimo accenno di sorriso che
riempì il cuore dell’altro.
- Fuwa... sei gay? -.
La domanda ora era quasi retorica, tuttavia Shige sentiva il bisogno d’una conferma.
- Non ti avrei baciato se non lo fossi stato - replicò glacialmente l’altro.
Il biondo gli si distese sul petto, ancora una volta.
- Allora... mi ami? -
- Sì... -
- Davvero? -.
Shige era al colmo della felicità.
- Te l’avrei detto, altrimenti? - replicò Il Distruttore, impassibilmente.
Si baciarono ancora, più fervidamente di prima, quindi si separarono di nuovo.
- Devi già andare...? - gli sussurrò Shige a fior di labbra, triste.
- Devo... - rispose l’altro.
Si divisero e si rimisero in piedi.
- Allora... a domani... - mormorò il biondo.
Fuwa si stava già avviando fuori.
- Ah... Shigeki... -.
Il castano si fermò sulla porta.
- Sì? -
- Non farne parola. Con nessuno -
Detto ciò, Fuwa uscì.
- Contaci -.
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