La foto 01
Prima fiction su D-grey man.
Cercando delle belle immagini in rete ne ho trovata una che mi ha
colpito. Ho iniziato a immaginarla come una foto e a chiedermi che
storia potesse portarsi dietro ed ecco qui che è uscita questa
fic.
L’immagine di cui vi parlavo si trova in un sito molto carino che
tempo dopo ho scoperto essere stato creato e gestito da alcune autrici
di EFP vi lascio il link http://blackorder.forumcommunity.net/, se
volete fateci un salto e provate a indovinare di che immy si tratta
(immagine che verrà descritta nel terzo capitolo).
È un Alternative Universe che ho creato basandomi sulle mitiche Clamp e i siparietti a fine anime ^^
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Katsura Hoshino; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro
La foto
01
La portiera della macchina venne chiusa e la piccola famiglia, si mise
ad osservare l’entrata dell’imponente edificio principale e
il parco che lo circondava.
-Finalmente siamo arrivati- esordì Froi Tiedoll con un sorriso
gentile sul volto volgendosi verso i tre ragazzi. Marie studiava
attentamente la struttura gotica con un occhio esperto e critico,
Daisya osservava l’insieme con un sorrisetto soddisfatto, mentre
Yu aveva la solita aria scocciata.
Tiedoll sospirò sistemandosi gli occhiali sul naso, dei suoi tre
figli adottivi l’ultimo era quello che gli dava più
pensieri.
Il maggiore, un ragazzo di ventitre anni dalla corporatura imponente e
massiccia, anche se a primo acchito poteva dare l’impressione di
essere un tipo minaccioso e pericoloso, possedeva una grande
sensibilità e un grande dono, come sempre gli aveva ripetuto
l’uomo fin dal loro primo incontro.
Froi aveva sempre viaggiato per il mondo essendo un artista che non
voleva precludersi nessuna bellezza, che fosse paesaggistica, artistica
o architettonica.
Un giorno mentre era intento a riprodurre sul fedele blocco da disegno
l’affresco di una chiesa, la sua attenzione era stata attirata da
un bambino di soli otto anni che stava suonando l’organo con
grande maestria. Incuriosito dalla giovane età del ragazzino
aveva scoperto che si chiamava Marie, che viveva
nell’orfanatrofio attiguo e che da quando aveva scoperto
l’organo della chiesa ogni giorno si recava ad ascoltare il suono
prodotto dallo strumento. Casualmente i religiosi che lo accudivano si
erano poi accorti del suo talento prodigioso, infatti, contrariamente
da quanto aveva supposto l’artista girovago, era un autodidatta.
Sfortunatamente non avevano i fondi per farlo studiare come si
sarebbe convenuto e nessuno sembrava interessato ad adottare quel
bambino dal genio superbo e dal carattere mite e tranquillo. Tiedoll
fece avviare immediatamente il procedimento per divenirne il tutore.
Per quanto la sua aria trasandata desse a intendere tutt’altro,
era un artista assai noto e questo gli facilitò le cose,
così crebbe il bambino con amore e affetto. Aveva sempre avuto
uno spiccato senso paterno.
Pochi anni dopo, Marie ne aveva già dieci all’epoca, era
stato contattato da una sua pupilla una giovane e promettente artista
giapponese, Ayumi Kanda che purtroppo aveva scoperto di essere affetta
da un male incurabile e doveva ricoverarsi dato che le sue condizioni
peggioravano sempre di più.
Non avendo parenti in vita a cui potesse affidare il figlio aveva
pregato il maestro, che l’aveva spronata a intraprendere la
carriera artistica e di cui si fidava ciecamente, di
tornare in Inghilterra per prendersi cura del suo bambino. In quel
periodo Froi e Marie erano in Spagna ma non esitò minimamente ad
accorrere alla chiamata della sua protetta, a cui era legato
profondamente e ad accogliere senza riserve la sua richiesta.
Fu così che si era unito a loro il piccolo Kanda, che allora
aveva solamente cinque anni. Quando Ayumi morì, Tiedoll aveva
pianto come non mai così come Yu.
Quelle erano state le prime e ultime lacrime che gli aveva visto versare.
Il piccolo giapponese non aveva un carattere facile, tutt’altro,
fissava tutto e tutti con un cipiglio scontroso, si adirava facilmente
e inveiva se l’uomo, divenuto ormai suo padre a tutti gli
effetti, lo chiamava figlio o Yu chan usando il vezzeggiativo della sua
terra d’origine. Non parlava se non lo stretto necessario, non
giocava con nessun altro bambino, sopportava a mala pena le premure di
Marie che si sentiva suo fratello maggiore. Fortunatamente
l’indole affettuosa e pacata del primogenito gli aveva permesso
di sopportare le sgarbataggini dell’altro.
In quello il suo bambino aveva preso da lui, neanche Froi ci faceva
caso ma anzi rivolgeva sempre un sorriso gentile in risposta ai suoi
urli piccati, cosa che faceva andare ancora più in bestia il
piccolo Yu.
Le cose non migliorarono con l’arrivo di Daisya cinque anni dopo,
che per contro agli altri due figli possedeva una natura molto
spumeggiante. Era vivace, allegro, grintoso,decisamente
determinato e caparbio.
La grande passione del ragazzo era il calcio, sport in cui per altro
eccelleva grazie anche alla costanza con cui ci si dedicava.
- Dov’è il campo da calcio?- Tiedoll lanciò un
sorriso al ragazzo dai capelli neri sparati in tutte le direzioni
– Daisya ho una brutta notizia da darti- fece Marie, l’uomo rimase in silenzio, sapeva bene cosa sarebbe successo
–in realtà non esiste nessun campo e nessun club di
calcio- esordì con calma il maggiore, l’altro rimase
con la bocca aperta un secondo poi rivolse uno sguardo tremante
all’artista
– ma … ma papà avevi detto che – Froi non sopportò oltre
– Marie ti ha fatto uno scherzo figliolo, ovviamente
c’è – non proseguì e lasciò che
il più piccolo inveisse contro lo scherzo, a suo dire “di
pessimo gusto”, dell’altro.
Sorrise felice vedendo i due punzecchiarsi finché il più
grande, scoppiando a ridere, spettinò ancora di più i
capelli del fratellino chiedendogli scusa per la burla. Kanda li
osservava disgustato lui d’altra parte non amava quelle
manifestazioni d’affetto,anzi nessuna manifestazione di
nessun genere si corresse, gli altri due invece andavano molto
d’accordo, il primo sovente prendeva in giro il secondo che non
mancava di rispondere sempre per le rime.
Marie grazie alla sua sensibilità e alla dolcezza del suo
animo sempre premuroso e attento verso il prossimo, non aveva problema
a farsi degli amici. Daisya con la sua aria spavalda, la faccia tosta,
l’allegria e il fatto che fosse un indiscusso casinista.
Era sempre stato il più popolare della classe, della scuola o
del quartiere di tutti i posti in cui si erano fermati negli anni di
viaggi.
Invece, quello che lo preoccupava era Yu, sempre freddo e scostante, si
estraniava e isolava,non faceva mai amicizia con nessuno.
Sospirò sperando che almeno lì le cose potessero
cambiare, lo sperava con tutto il cuore, per questo aveva accettato
quel lavoro.
Con un sorriso e un richiamo ai tre si avviarono all’interno del
grande portone di mogano, trovò la segreteria facilmente e ne
varcò la soglia. Sorrise alla giovane impiegata quando questa
alzò lo sguardo a fissare i quattro
– buongiorno, io sono Froi Tiedoll il nuovo insegnante
d’arte e questi sono i miei figli – fece un cenno con la
mano per indicare i tre, poi estrasse dalla tasca un pennello, una
matita, un carboncino, dei fogli su cui aveva accennato dei disegni e
uno scalpello
–papà è nell’altra – gli sussurrò Marie
–oh certo, che sbadato come farei senza di te figlio mio- disse
rimettendo il tutto al suo posto e tirando fuori, finalmente la lettera
ricevuta – questa me l’ha inviata il preside –
cercò di ricordare il nome
- lo chiami il conte del millennio nessuno usa il suo vero nome – fece la ragazza ridacchiando
–conte del millennio?- domandò perplesso Daisya
-si per via del fatto che ha preso a dirigere l’istituto il
giorno in cui è iniziato il nuovo millennio ed essendo inoltre
un conte inglese gli studenti per gioco hanno iniziato a chiamarlo
“conte del millennio”- spiegò alzando le dita e
facendo il segno delle virgolette - al preside piace molto e nessuno lo
chiama diversamente, anzi sono certa che la pregherà di
chiamarla proprio così-.
Si voltò ad afferrare la cornetta del telefono e premette
un bottone – Il professor Tiedoll è arrivato - rivolse un
sorriso al gruppo e poi riattaccò subito alzandosi e facendogli
cenno di seguirla.
Li condusse attraverso un corridoio fino all’atrio e poi ad una
grande scala a chiocciola dagli scalini di marmo, salirono al secondo
piano e li accompagnò in una stanza dove un giovane dinoccolato
sedeva dietro una scrivania studiando dei fascicoli.
–Io vi lascio qui- si congedò la ragazza prima di andarsene sorridendo affabile.
–Venite non perdiamo tempo, il preside è un uomo
molto impegnato – scattò in piedi l’impiegato,
aprì la grande porta e li fece accomodare nello studio
dell’uomo, che con un grande sorriso li accolse entusiasta.
-Professor Tiedoll- esordì stringendo la mano dell’artista
– posso chiamarla Froi?- chiese subito prendendo i fascicoli che
il segretario gli porgeva.
– Naturalmente – rispose l’altro osservando i figli stringere la mano del preside.
L’uomo li fece accomodare su delle morbide poltrone
d’epoca, sistemate innanzi alla scrivania massiccia dietro la
quale riprese il suo posto, il giovane gli si mise a fianco.
–Finalmente dopo tanti anni ritorna non solo in Inghilterra
ma anche all’istituto – prese a dire il conte non smettendo
mai di sorridere –non solo ha studiato qui ma per alcuni
anni ha anche insegnato e finalmente ritorna ad occupare la cattedra
che l’attendeva –
Froi si sentì imbarazzato e ridacchiò a disagio, lui
aveva sempre preferito girare per il mondo, ma era pur vero che quella
vita non si addiceva più ai suoi ragazzi, specialmente non
contribuiva alla socializzazione di Yu.
– Naturalmente il laboratorio d’arte è a sua
disposizione, non voglio certo che un artista talentuoso e di successo
come lei smetta di creare – stava dicendo ancora il preside
mentre prendeva in mano i fascicoli aprendo il primo - l’ordine
oscuro, come ben sa, non è solo un istituto internazionale ma
bensì un vero e proprio campus con la finalità di formare
giovani menti e talenti seguendoli dal liceo fino
all’università- continuò sorridendo ai ragazzi
– e naturalmente i suoi figli concluderanno qui i loro studi.
Dunque Marie Noise – fece sorridendo al ragazzo -
frequenterai il terzo anno universitario, vedo che hai studiato
costantemente con ottimi maestri di musica,pianoforte, violoncello,
arpa e flauto dolce. Veramente impressionante, sono sicuro che ti
troverai benissimo, abbiamo ottimi insegnanti e potrai seguire delle
lezioni pomeridiane dove potrai continuare a coltivare il tuo
talento, hai uno strumento preferito oppure..? –
-Marie si sta dedicando al violino, già da qualche anno lo
predilige a tutti gli altri strumenti, sono molto fiero di lui –
esclamò gonfio d’orgoglio lanciando un’occhiata
colma d’amore per il maggiore.
-Mio padre è troppo buono con me – si schernì Marie che non si reputava così talentuoso.
-Sciocchezze ragazzo, diventerai un grande artista, ho letto tutte le
lettere dei tuoi insegnanti che sono allegate qui - ridacchiò il
preside prendendo la seconda cartellina.
–Daisya Barry - continuò
– io in persona – rispose con un sorrisino sicuro di sé
– vedo che sei stato bocciato purtroppo – il
ragazzo alzò le spalle, lui sarebbe diventato un grande
calciatore lo studio era solo una perdita di tempo.
-Frequenterai il terzo liceo, ti abbiamo inserito nella stessa classe
di tuo fratello minore, così staranno insieme – sorrise a
Froi prendendo il terzo fascicolo.
– Yu Kanda, neanche tu brilli molto per lo studio –
ridacchiò ignorando l’occhiata gelida e disinteressata del
ragazzo giapponese – ti avverto Daisya – si rivolse di
nuovo all’altro accentuando il sorriso – so che possiedi un
grande talento sportivo, calcistico per la precisione, il club di
calcio dell’istituto è molto rigoroso e uno dei requisiti
fondamentali per non esserne escluso è avere la media
dell’otto – Barry scattò in piedi
–avrò tutti nove – esordì inorgogliendo
il padre, per poter giocare a calcio avrebbe anche studiato, nessun
sacrificio sarebbe risultato troppo grande.
– Oh mio figlio in realtà è molto intuitivo è che non si applica – fece Tiedoll.
-Si ho letto i rapporti dei suoi insegnanti – convenne il
conte per poi fissare lo sguardo sul terzo – anche tua madre ha
studiato qui – lo informò ottenendo un cenno di assenso,
lo sapeva bene gliene aveva parlato il tutore.
–So che sei un appassionato di arti marziali –
-kendo – precisò, non praticava un’arte qualsiasi, lui seguiva la via della spada.
–Certo,c erto- riprese il sorridente preside, anche troppo
per i gusti di Kanda - Lero, il mio segretario, vi fornirà
i vostri orari e vi mostrerà le stanze. Sono tutte ubicate al
sesto piano della zona est, vi accompagnerà un inserviente
– ridacchiò ancora un attimo – troverete anche gli
orari dei pasti che verranno serviti in mensa – poi guardò
l’orologio sopra il piano.
– Fra un’ora ci sarà il pranzo, farete in
tempo – guardò l’artista –intanto che i
ragazzi si sistemano noi parleremo del suo programma e le
mostrerò la sala professori, due porte più giù su
questo piano, così farà la conoscenza dei suoi colleghi e
poi la farò accompagnare al suo alloggio nell’ala per i
docenti –
Tiedoll si disse favorevole e diede le chiavi dell’auto a nolo a Marie.
– Padre ci vediamo dopo – fece il maggiore uscendo
salutando educatamente, Daisya fece un cenno con la mano e Yu col capo,
una volta rimasti soli il conte diede all’altro un fascicolo
– questi sono i suoi orari e il programma di
quest’anno, inizierà lunedì, dato che alcuni
studenti devono ancora tornare o arrivare. Non serve che le ricordi che
per coprire le spese degli studi dei suoi figli – abbassò
un po’ la voce - come d’accordo ogni opera che
comporrà in questo istituto – Froi lo fermò alzando
una mano – non c’è bisogno che me lo rammenti,
saranno proprietà della scuola – sorrise tranquillo, non
gli interessava il profitto, ne aveva già fin troppo.
L’ordine oscuro era un’eccellente scuola, i suoi figli ne
avrebbero beneficiato e in quel modo potevano avere un po’ di
stabilità.
–Bene allora venga professore – continuò l’altro alzandosi con un enorme sorriso soddisfatto.
I tre recuperarono le valigie dall’auto aiutati da alcuni
inservienti e li seguirono attraversando nuovamente il grande atrio, ma
questa volta invece che salire per la scalinata centrale presero quella
di sinistra
– i dormitori sono da questa parte- gli disse un giovane, che dalla corporatura sembrava un giocatore di Rugby.
-Sentite qui - fece Daisya leggendo a voce alta dal foglio datogli dallo scostante segretario del preside
– la pulizia delle stanze viene eseguita ogni lunedì
mattina quindi vi preghiamo di lasciare l’alloggio in modo tale
da permettere al personale lo svolgimento delle mansioni, praticamente
tocca tenere in ordine - dedusse facendo dondolare il pallone da
calcio custodito nell’apposita retina.
Era ormai vecchio con le parti nere sbiadite dal tempo e
dall’utilizzo ma ci era affezionato, era l’ultimo regalo
che gli avesse fatto suo padre prima di morire prematuramente in un
incidente, la madre era morta anni prima e l’uomo aveva lasciato
il figlio di dieci anni alla custodia del vecchio amico
-già quindi evita di lasciare le tue cose in giro come sempre -
gli fece Marie leggendo le restanti regole mentre nella mano libera
teneva la custodia del violino.
Daisya continuò – ogni studente è tenuto a
provvedere al proprio bucato usando l’apposita zona lavanderia
nell’edificio – si fermò un secondo chiamando
l’attenzione del ragazzo davanti a lui –scusami anche i
docenti devono provvedere al proprio bucato da soli?-
l’inserviente annui anche se un po’ perplesso, non capiva
il perché di quella domanda
– papà è negato con qualsiasi elettrodomestico- notò il maggiore
– tsz solo con quelli?- esclamò Kanda sistemandosi
meglio il borsone sulla spalla mentre nell’altra stringeva
Mugen, la sua katana, eredità del padre che non aveva mai
conosciuto.
– S’informano tutti gli studenti che superati gli
orari dei pasti le cucine non serviranno nulla ai ritardatari –
fece ancora Daisya – saltare le lezioni non è ammissibile
a meno che non ci sia un motivo valido come la malattia, che deve
essere certificata dallo staff medico o nel caso che un docente
richieda la presenza dello studente, ugualmente la cosa deve essere
certificata – terminò di leggere le regole quando
gli inservienti si fermarono giungendo in un corridoio
– le vostre stanze – disse sempre il ragazzo che gli aveva parlato all’inizio.
Kanda s’infilò nella prima che aprirono sul lato
destro, i fratelli invece occuparono quelle sul lato opposto e due
stanze più giù rispetto alla sua.
Il giapponese osservò la semplice stanza, un grande armadio
sulla parete di sinistra, un letto singolo accostato al muro
d’innanzi e una finestra che si apriva su questo da cui
intravedeva, osservò, uno scorcio di parco. C’era poi una
scrivania fornita di lampada,una sedia e una libreria sul lato opposto,
sul piano del tavolo vi erano già i libri di testo, dei quaderni
e un assortimento di penne,matite e tutto ciò che poteva servire
ad uno studente per svolgere il suo dovere, sul letto invece
c’erano le divise.
-Finché le lezioni non inizieranno, per questi due giorni,
potete indossare i vostri abiti, da lunedì dovrete portare la
divisa ufficiale che avete scelto per tutto l’anno, eccezione
viene fatta per la domenica che potrete mettere ciò che volete
– recitato questo, l’inserviente posò le valige nel
centro della stanza e uscì.
La porta venne nuovamente aperta un attimo dopo da Daisya che si precipitò dentro
-come è la tua divisa? – chiese mentre Yu lo guardava
alzando un sopracciglio, l’altro aveva già indossato la
giacca dell’uniforme, riconoscibile dallo stemma sul lato
sinistro. Era nera con degli inserti bianchi, in realtà
più una specie di casacca che una giacca, sul collo vi era poi
attaccato un cappuccio dalla punta lunga alla cui estremità
pendeva una pallina con un sonaglio rumoroso, cappuccio che ovviamente
era stato alzato sul capo appena indossato l’indumento.
–Tsz- fece il minore poggiando il borsone,
all’istituto vigeva l’obbligo di indossare la divisa ma
questa poteva essere scelta fra alcuni modelli disponibili e il
fratello aveva optato per quella specie di versione di elfo o di
giullare.
– Daisya lascia che Yu sistemi le sue cose e faresti bene a fare altrettanto – disse Marie dal corridoio
– ma dai possiamo farlo anche dopooooooo – corse
verso l’esterno quando vide Kanda togliere il panno protettivo in
cui aveva avvolto l’arma
– tsz- ripeté il giapponese chiudendo finalmente la porta a chiave.
Poggiò Mugen sulla mensola posta sopra lo scrittoio, poi
aprì la borsa che aveva portato personalmente, dopo aver
rovistato qualche istante ne trasse fuori un oggetto avvolto in un
panno cremisi, mise la clessidra in cui era sospeso un fiore di loto
accanto all’arma.
Quella era la creazione che la madre aveva fatto per lui poco
prima di essere ricoverata in ospedale gliel’aveva data con un
sorriso, non ricordava molto di lei era troppo piccolo e la fotografia,
l’unica che possedesse, dato che la donna non amava farsi
immortalare, era ormai andata persa.
L’aveva portata con se tanto a lungo guardandola di nascosto ogni
giorno, ogni notte che alla fine si era rovinata, ma non si era
dispiaciuto, quell’oggetto significava molto di più per
lui, ricordava quelle mani delicate e quel sorriso dolce e pieno
d’amore mentre glielo donavano.
Sistemati gli oggetti si tolse la giacca e la sciarpa nera che
portava e li appese ai ganci sul muro di fianco alla porta, su cui
spiccava un foglio riportante le regole e gli orari dei pasti. Non lo
degnò di una seconda occhiata.
Andò invece al letto, osservò gli stivali che erano in un
angolo e la divisa che aveva scelto, le cinque camicie bianche che
avrebbe indossato, la coppia di pantaloni neri e le due giacche lunghe
fin quasi alla caviglia, nere con solo lo stemma della scuola sul
petto, bianco come la croce che appariva sulle spalle e la cintura, ne
provò una constatando che la misura era esatta, aprì
l’armadio notevolmente capiente e iniziò a riporre sia le
uniformi che i suoi abiti.
Dopo mezz’ora aveva svuotato le due valigie, il borsone e
le scarpe contenute in una sacca avevano trovato posto nella scarpiera
accanto ai ganci, si tolse l’elastico lasciando che i lunghi
capelli neri gli ricadessero sulle spalle e fin oltre metà della
schiena.
Osservò l’ora sulla sveglia, prese i libri di testo e li
mise in un vano della libreria che non avrebbe mai riempito, la lettura
non rientrava nei suoi hobby, aprì i cassetti trovando dei
blocchi e altro materiale che avrebbe potuto occorrergli durante le
lezioni, ripose anche quelli e poi si stese sul letto.
Essere tornato in Inghilterra dopo tutti quegli anni non gli
dispiaceva, prima di dirigersi all’istituto avevano fatto visita
alla tomba della madre, non ricordava molto di quel giorno solo che
pioveva, chiuse gli occhi mettendosi su un fianco e scacciando
l’immagine di quella lapide bianca dalla mente.
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