Una festa insulsa

di Melisanna
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Non dovevo venire

 

 

Non dovevo venire. Sola a casa sarei stata da cani, ma qui è peggio.

Parlano, ridono, bevono, c’è chi balla.

Io mi sento un’estranea. A volte, uno sguardo mi si posa sul viso e penso che, almeno lui, mi rivolgerà la parola. Ma, ogni volta, lo sguardo scivola via.

Vorrei pensare che non mi riconoscano, dietro alla maschera, ma so che mi riconoscono fin troppo bene.

Mi trovano imbarazzante. Avrei dovuto ritirarmi in buon ordine, sparire.

Non ho ceduto, sono venuta lo stesso e me la fanno pagare.

Che stupida! Credevo che, se avessi incrociato il suo sguardo, mi sarei ricordata che sono io, quella che ama.

Sarebbe valsa la pena sopportare questa festa insulsa, questi esaltati vestiti da vampiri e fantasmi, se mi avesse concesso un’occhiata complice.

Invece mi ignora.

Ogni tanto si china e abbraccia quella.

Voglio solo che la serata finisca, tornare a cancellare tutto nella nebbia in cui sprofondo appena sono sola.

Mi trattengono l’orgoglio e la speranza di riuscire a ottenere una minuscola conferma dei suoi sentimenti.

 

Ormai è mezzanotte. Cosa spero di ottenere?

E all’improvviso si volta e mi vede. Mi guarda dritto negli occhi.

Vorrei abbassare lo sguardo, nascondere il mio cuore, ma sono di vetro: è lui a distoglierlo per primo.

Quella è lì. “Cos’hai?” chiede.

Sbuffo: lo tratta come un bambino.

“Mi è sembrato di vedere Ilaria” .

Sembrato! Sono a due passi da loro.

La cretina assume un’aria compassionevole: “Non è stata colpa tua. Non le avevi promesso nulla”.

Illusa. Infinite volte ha promesso che ti avrebbe mollato. Voleva me, non te: mi ha lasciato per paura della passione.

Lui affonda il viso in una mano e io, ancora adesso, vorrei consolarlo: “Però…”

“Era pazza. Non potevi aspettarti che reagisse così”.

Cosa avrebbe dovuto aspettarsi? Che ne fossi felice? Che capissi? Lo amavo da morirne.

Un ricordo improvviso riaffiora. Mi guardo le mani. Incredula le sollevo di fronte al viso.

Attraverso le dita evanescenti, scorgo le sue labbra mormorare: “Mi sento come se l’avessi uccisa io”.





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