“Un
uomo siede su una poltrona rossa… bianche le nocche delle sue mani che
stringono i braccioli… la testa reclinata all’indietro appoggiata
al muro… gli occhi chiusi…”
Mesi fa
scrivevo questo, forse non perfettamente uguale, ma questo.
E progettavo,
progettavo, raccoglievo, scrivevo bozze, e poi?
Più
niente. Mille idee e nessuna compiuta. Ci sono forse io adesso su quella
poltrona rossa?
Eppure nessun
lutto ha spalancato le porte della mia anima.
O forse
sì?
Il lutto di
quella che ero forse bussa piano alla mia porta.
È
più un lieve ticchettio. Che un vero e proprio bussare.
Magari
è prematuro, oltre che decisamente altisonante, parlare di “Lutto
di Quella che Ero”.
Sì,
è un’esagerazione.
E forse
è anche falso.
Certo io mi
vedo diversa, certo agisco in modo diverso, forse per la prima volta in vita
mia agisco davvero.
Ma sono
diversa?
In fondo sono
sempre io, non sono un’altra.
Solo mi sento
più libera.
E
terribilmente arrabbiata.
Mi sento
pronta a lottare, combattere è il mio pane. Ma per cosa? Riscattare una
vita passata a lasciarsi dominare? Altri termini risonanti, ma non posso
proprio farne a meno?
Libera…
davvero sono libera?
Quando penso
alle fanfictions che ho pensato, abbozzato, cullato, accudito e non ho scritto,
dubito di esserlo davvero. Se la libertà è lasciar fluire libere
le emozioni, io l’ho solo accarezzata e poi l’ho messa in gabbia,
tradendo loro ed anche me. Sono venuta meno al mio obiettivo. A ciò che
volevo.
Del resto non
è mai stato nelle mie intenzioni scrivere FF per “imparare a
scrivere”, farmi le ossa, provare ad immaginare intrecci, personaggi,
dialoghi. Magari diventare una futura scrittrice.
No. Niente di
tutto questo.
Volevo dare
parole alle emozioni.
Regolare,
riordinare, imbrigliare le emozioni nella fissità della parola scritta.
Scardinare,
sciogliere, plasmare la fissità della parola scritta nella lava
incandescente delle emozioni.
È con
grandissimo piacere che ho letto commenti come “mi hai commosso come da
un po' di tempo non mi succedeva”. Certo non volevo far stare male
nessuno, ma era la testimonianza del fatto che ero riuscita pienamente nel mio
intento.
Grazie, le
vostre lacrime sono il più grande complimento che potevate farmi.
L’unica
cosa che mi sono scoperta ad esplorare davvero da un punto di vista stilistico
è l’uso della punteggiatura, la scelta del carattere, la
separazione in paragrafi, come se fossero sostitutivi di quel linguaggio non
verbale che i personaggi, peraltro non miei, non possono avere attraverso le
parole.
Come se ogni
punto, virgola, maiuscola, corrispondessero ad un gesto, uno sguardo, un
sorriso di chi sta parlando.
Come
associazione sembra strana anche a me che la faccio.
In ultimo, ma
non è certo meno importante, è la seduzione del suono delle
parole la regina indiscussa di ogni mia frase.
Come un canto
di sirena.
Due parole di
uguale significato ma di suono diverso possono aprire le porte di mondi
completamente differenti, magari paralleli, ma distanti.
Termino qui
questo breve delirio.
Questa pagina
di un diario che non è un diario.
Questa sorta
di manifesto programmatico della mia rivoluzione.
Un
“punto e a capo” nella fanfiction della storia della mia
“Vita da Autrice”.
Prima di
chiudere, desidero ringraziare sinceramente tutti coloro che hanno letto le mie
storie, e in particolar modo Galadwen,Vitani, Yelle, Glowen, Dalila,
Verhobbit, Rowan_MayFair, Cristy, Yuo che con i loro commenti mi hanno resa
molto felice e, lo ammetto, anche lusingata… Grazie a tutti davvero, per
aver letto, recensito, ma soprattutto per aver avuto voglia di ascoltare
ciò che avevo bisogno di dire.