primo capitolo e premessa attacchi di panico
PREMESSA
Questo libro
è il racconto di un
viaggio “solitario”. Un treno “senza
soste né fermate”. E’
il viaggio della
paura ed il treno degli attacchi di panico. Non narro d’un
ricordo di quel
viaggio perché io su quel treno ci sto tuttora. Ho ancora
bisogno dei suoi ciuf ciuf , ma sto imparando a condurlo.
Sono ancora una
principiante, ho avuto un paio d’incidenti e deragliato parecchie volte,
ma ho cercato e
trovato, anche con un po’ di fortuna, il
giusto tasto per riportarlo nel suo binario. Dal principio essendo solo
una spettatrice
assente ,riuscivo a sentire il viaggio ma non conoscevo la
destinazione. Dopo
tanti anni di gratuite sofferenze ho trovato
la cura per la mia malattia. Solo a quel punto ho smesso di essere da
sola e dal treno ho
incominciato a scorgere i vari
segnali che mi avrebbero indicato la direzione giusta. E’
difficile
considerarsi malati ma il panico è LA
SOLITUDINE DELL’ANIMO ed ha una specifica cura. Dopo essermi
condannata ad uno
stato vegetativo perenne ho da poco “scoperto” la
voglia di vivere e la speranza che
un giorno questo mio male sarà debellato...
Ho iniziato ad alimentare di sogni creduti
ormai persi la mente. Il panico non è mai stato un nemico in
assoluto, quando
ero abulica nei
confronti della vita, l’attacco
mi ha scosso, debilitando ”mente/ corpo/ cuore” ma
mi ha anche aiutato a capire
di essere viva ed avere una speranza
in più rispetto a malati terminali. Il treno è fatto da
tre scompartimenti, il mio posto si trova nello scompartimento B quello
appunto
degli attacchi di panico, ma in questi lunghi anni di viaggio sono
entrata tre
volte anche nello scompartimento A quello della depressione (
è un passaggio
obbligatorio ) e solo da pochissimo, ho aperto lo scompartimento C
quello della
Speranza.
La lettura è
scorrevole e veloce, le tematiche sono le mie ma gli stati
d’animo che sono
riuscita a descrivere appartengono a tutti. Diversa però è
l’intensità dell’emozioni che ognuno
percepisce a suo modo. Del resto chi non si è mai sentito
solo? chi non ha mai
pianto? Ma soprattutto chi non ha mai avuto paura?
Buon viaggio a tutti e vi prego
non commiseratemi, sappiate solo che sono una
ragazza come tante altre e se qualcuno si rispecchiasse
nel testo si
guardi dentro e scoprirà di possedere la
forza di guarire e di chiedere aiuto … Non si è
soli. Si crede di esserlo per paura
degli altri. Si ha paura di vivere. Alla
fine del viaggio troverete il mio indirizzo e-mail! Ringrazio
tutti coloro che mi stanno aspettando in stazione e in particolar modo
la mia
adorata babuccia che ha vegliato su
di me, il vero e unico amore della mia vita...GRAZIE SORELLINA!
CAPITOLO
PRIMO
Questo
è un viaggio che io intrapresi nel lontano 2002;
è
stato un viaggio né programmato né voluto ma io
forse - anzi sicuramente - sono
salita su quel treno senza soste né
fermate, un treno solitario, buio, vuoto … il
treno della paura … il treno degli
attacchi di panico. Molti non
sanno che l’etimologia della parola panico
deriva da una storiella mitologica. Si narra che il dio Pan, ossia il
dio dei
boschi, fosse un dio orribile, metà
uomo
e metà mostro, e
che il suo passatempo
preferito fosse
spaventare i passanti
apparendogli innanzi al loro cammino e sparendo poco dopo
improvvisamente. La
vista del dio suscitava nelle sue prede un’assoluta
immobilità, un tremendo
terrore che vibrava per tutto il corpo come la corda tesa di un violino
che
piano piano si
stava spezzando. Quando
il dio volava via, rimaneva solo la follia di quegli attimi. Era
successo
veramente? Cos’era successo? A
me accadde la stessa cosa con la differenza che il terrore partiva dal
mio io. Cos’era?
Cosa cazzo stava
accadendo dentro il mio corpo?
Ho
nitidi ricordi del mio primo attacco : ero a casa di un’
amica sul divano stesa
a guardare la tv “un medico in
famiglia”, senti un formicolio
piedi e mani, ero pallida, sudavo, il cuore mi stava per uscire dal
petto, un
dolore al braccio. “Claudia” -
esclamai
- “sto
morendo!” . Quella stanza sarebbe
stata l’ultima stanza che i miei occhi avrebbero visto!
“Oh Dio fammi vivere,
aiutami .” Ero
sola, sarei morta da
sola!
Questo
fu l’attacco, poi
corsa in ospedale, elettrocardiogramma,
diagnosi del medico,
tranquillanti. Su
quel lettino lasciai
la mia vecchia vita per intraprendere il mio viaggio verso il nulla. Ricordo che
l’attacco mi prese per mano
immediatamente, la sua morsa era cosi stretta che percepii subito che
avremmo
dovuto convivere insieme per molto tempo.
All’ uscita dell’ospedale trovai tutti
i miei amici, tutti i loro occhi
pieni di commiserazione erano su di me, i come và di
circostanza suonavano alle
mie orecchie come: “Ci hai fatto precipitare qui per un
attacco? Di cosa?
Panico? ”. Volevo mandarli tutti
a quel
paese, ma in fin dei conti, erano lì per me, li avevo fatti
preoccupare. Indossai
quindi; una
maschera per
proteggere me stessa ormai esiliata su quel lettino e
riuscì a sdrammatizzare il tutto. Da
lì ebbe
inizio il mio viaggio solitario, nessuno sarebbe riuscito a penetrare
nell’intimo del mio dolore e a salvarmi … Smisi di
credere alle favole! Da quel
giorno non ci fu più né amore né
amicizia, lì s’interruppero tutti i miei
sogni, incominciai
a cadere nel baratro
più profondo ed a salire sul treno più lento
della mia vita …La
mia solitudine si era fatta accompagnare dall’attacco di
panico, alleato
sincero, l’unico
a sapere e a conoscere
mente/corpo/cuore, l’unico che riusciva a vedere il mio
profondo malessere e a
guidarlo sempre più giù...
I giorni seguenti stetti una settimana a letto per potere
smaltire tutta
una dose di tranquillanti, volevo solo dormire! La mia stanza era
diventata il
grembo materno che mi proteggeva da tutto e da tutti.
La mia vita era diventata la mia camera, i
miei nuovi amici erano i personaggi della tv, mi parlavano senza
oberarmi di
responsabilità … La notte mi era amica e le
finestre della mia stanza non
furono attraversate dalla luce del sole per molto tempo. Tutte le
maschere
erano state gettate via.
Ero io il vegetale
rannicchiato nel suo letto!
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