Quinta classificata al contest
"Da una frase..." nel forum EFP indetto da superkiki92. La
frase era: "non si può scegliere chi amare, non si
può smettere di amare"
Amori
a colpi di bang
Come venni a scoprire di
Roger è molto semplice: era il capobanda dei West side e
aveva nella
sua gang Havier, il fratello di Belinda, e proprio quel giorno
scelsero la casa dei fratelli Fernandez come covo di ritrovo.
I West side il loro covo
ce l'avevano, ma siccome Havier si era rotto la gamba, decisero di
andarlo a trovare e raccontargli delle ultime novità e
proprio quel
giorno mi trovavo a casa di Belinda, come spesso accadeva negli
ultimi tempi, siccome aveva dei problemi con Jeremy, il suo ragazzo.
Loro avevano sempre
problemi, per una cosa o per l'altra litigavano, così
Belinda
chiamava me e si disperava, dicendomi che si erano lasciati. Questo
accadeva praticamente una volta a settimana.
-Posso prendermi un
bicchiere d'acqua? E magari ne porto uno anche a te- chiesi a
Belinda, dopo l'ennesimo resoconto della sua litigata con Jeremy.
-Si, vai pure, ma non la
voglio l'acqua, grazie- mi disse, con quel suo accento spagnolo. Era
carino da sentire, buffo.
Scesi le scale di quella
casa modesta e mi avviai con tranquillità in cucina senza
farmi
notare dai West side. Non erano persone che stimavo.
Aprii il frigorifero e
presi l'acqua. Poi afferrai il bicchiere appena riempito e mi avviai
verso la porta.
-Havier, ti dico che non
ti devi preoccupare. Te l'ho detto, El Guapo mi ha fatto avere quella
dannata pistola, abbiamo il culo coperto ora, dobbiamo solo trovare
il momento giusto per attaccare. Vedrai che trovarsi il loro
capobanda morto gli farà cambiare idea ai bastardi dell'est-
disse
Roger, il diciannovenne.
Mi bloccai, senza uscire.
Dovevo ascoltare.
-Ammazzarlo? Ma sei
fuori? Non si era parlato di ammazzare qualcuno, pensavo che la
pistola ti servisse a minacciarli. No, Roger, tu hai già un
sacco di
casini, se ti beccano ci marcisci in prigione- disse qualcuno che
riconobbi come Slyer, ovvero Kyle.
-Se te la fai addosso,
poppante, questa roba non fa per te, perciò puoi uscire da
quella
porta e sparire dalla mia vista- rispose Roger, duro.
-No, amico, ma che hai
capito... No, non intendevo quello, lo dicevo per te- si difese
Slyer, quasi balbettando.
-Grazie, ma non mi serve
una mammina- disse di rimando Roger, chiudendo lì la
questione.
Uscii dalla porta e
comparii in salotto, dove si trovavano i West side.
-Oh, ma chi c'è qui?
La
piccola Hannency- disse Roger, rivolgendomi un sorriso.
Roger aveva proprio la
faccia e lo stile del tipico attaccabrighe delinquente.
-Non provare ad ammazzare
nessuno, altrimenti io farò il tuo nome in centrale- dissi,
ignorando i West side che scoppiarono a ridere.
-Oh, ma non sapevo
avessimo una paladina della giustizia in città! Che Dio ce
ne scampi
a noi poveri delinquenti- disse lui, molto teatralmente.
-Non sto scherzando
Roger- risposi, seria.
-Va bene, tu fai il mio
nome e io ammazzo anche te- mi disse lui, questa volta serio. Si,
incuteva paura, ma non a me.
-Non mi fai paura- gli
dissi, senza muovere un muscolo.
-Meglio per te allora- mi
disse lui, sorridendo di nuovo.
Mi voltai e me ne tornai
in camera da Belinda, la quale mi chiese che fine avessi fatto e le
spiegai che avevo fatto una sosta al bagno.
Scesi dalla camera solo
quando fu davvero tardi e arrivò l'ora di andarmene. Prima
di
uscire, però, Havier mi bloccò con una stampella
e, dopo aver
controllato che sua sorella non potesse sentirlo, mi disse:
-Belinda non deve sapere
niente di questa storia-
-Nessuno deve sapere di
questa storia, oppure siete spacciati. E io sono pronta a dirlo a
chiunque interessi- dissi, seria.
-Dillo a chi ti pare, ma
non a Belinda- affermò nuovamente.
-D'accordo, non lo avrei
fatto comunque, ha già troppi problemi tua sorella- gli
dissi,
voltandomi e sparendo nella notte.
La guerra tra le bande
era storica in Bethesda, c'era ancora prima che nascessi io o che
nascesse Roger. Consisteva in un odio tra la parte ovest (West side)
e la parte est (East side) della città. Il perché
dell'odio non lo
conoscevano neanche loro, ma si è sempre raccontato che ci
fu
un'incongruenza durante alcune elezioni e i West side incolparono gli
East side di aver manomesso le schede elettorali. Ma questo accadde
almeno trent'anni prima della comparsa di Roger.
Ad ogni modo, il giorno
dopo a scuola mi sentivo strana, come un peso nello stomaco e
maledissi la mia curiosità che mi portava sempre a mettermi
nei
casini.
Camminavo con il
cappuccio della felpa tirato su, ero solita vestirmi con la felpa. Ne
avevo davvero tante, dei colori più strani, dal
lillà al verde
prato. Non facevo parte di un gruppo, quindi potevo vestirmi come
volevo e spesso rimanevo da sola con il mio i-pod.
Passai davanti a Belinda
che mi guardò con una faccia preoccupata e accennai un
saluto con il
mento, poi passai davanti ai West side che decisero che ero un bel
passatempo.
-Ed ecco qui la nostra
Woder Woman!- esclamò Roger, facendo ridere il resto dei
caproni.
Decisi di ignorarli, ma
Roger non fu contento del mio gesto, così mi
seguì.
-Fermati- mi disse, ma
continuai a camminare in direzione del cancello d'entrata: volevo
solo comprarmi un panino per il pranzo.
-Ho detto di fermarti- mi
disse, prendendomi dalla spalla, impedendomi di avanzare. Okay,
potevo anche essere coraggiosa, ma contro i suoi muscoli da rugbista
non avevo speranze.
-Non prendo ordini, non
sono un cane- gli dissi, arrabbiata.
-Senti, non mi va di fare
più vittime di quante non ce ne siano già in
programma, perciò
ragazzina levati dai piedi e fatti i cazzi tuoi- mi disse, arrabbiato
e serio, guardandomi negli occhi.
-Devi sapere che uno dei
miei difetti peggiori è che non so starmene al mio posto-
risposi,
divincolandomi e liberandomi dalla sua mano.
Ed era vero, ero solita a
ficcare il naso in affari che non mi appartenevano.
-Hai a malapena
diciassette anni, morire così giovane è un
peccato- mi disse,
serio. Si, forse i brividi li metteva, ma il mio obiettivo era quello
di non farglielo capire.
-Correrò il rischio-
gli
risposi, voltandomi verso il bar.
La settimana dopo i West
side non avevano ancora colpito.
Il venerdì pomeriggio
uscii con Jacob, comunemente chiamato Jake, uno dei ragazzi degli
East side che avevo conosciuto ad una festa. Era carino ma faceva
parte della parte opposta, quindi uscire insieme era quasi
pericoloso. Tanto per me quanto per lui.
Siccome avevo sempre
trovato ridicolo questo odio immotivato, decisi di uscirci nonostante
tutto, così quella sera mi presentai al parco della parte
ovest
vestita bene, con la gonna e i capelli sciolti. Non si può
uscire
con i ragazzi e mettersi una felpa.
Mi fece i complimenti
appena mi vide e io ne fui lusingata: potevo perdermi tutto per colpa
di una guerra tra ragazzini?
-Dove andiamo?- mi
chiese, dopo dieci minuti che passeggiavamo tranquilli.
-Potremmo farci un giro
nel centro storico. Immagino tu non lo possa vedere spesso- gli
dissi, sorridendo.
Il centro storico era
“nostro”.
-Certo, perché no-
disse, sorridendomi.
Così ci avviammo verso
il centro storico, anche se avevo un brutto presentimento. Dannato
sesto senso.
Siccome era ottobre mi
offrì una cioccolata calda e si comportò come una
specie di
principe alias ragazzo perfetto. Peccato che era dell'Est.
Decisi di non farmi
influenzare da quel dettaglio inutile, se loro volevano combattere
una guerra inutile che facessero pure, non dovevano mettere in mezzo
anche gli altri però.
Parlammo della scuola e
di come fossero costretti a spostarsi perché era sotto il
dominio
dei West side. I West side erano parecchio fortunati per quanto
riguardava le infrastrutture, perché oltre alla scuola
avevano anche
il pezzo del parco più bello. Invece nella parte est c'erano
le case
popolari e villette a schiera. La periferia era più marcata.
Nessuno aveva mai capito
realmente quali fossero i confini, ma erano stati suddivisi i luoghi
negli anni e Jake mi disse che la cosa non gli faceva proprio
piacere.
Ammetto che passare
un'intera serata a parlare di quella stupida guerra tra bande non era
nei miei progetti, ma ci faceva avere un dialogo perciò non
mi
dispiacque.
-Andiamo?- mi chiese,
dopo quasi un'oretta e optammo per una passeggiata nel centro.
Una volta fuori dal
locale qualcuno ci aggredì.
Sesto senso
Mi
bloccarono le braccia dietro la schiena e cacciai un urlo.
-Stai
zitta Hannency, non stai rendendo le cose semplici- mi disse Slyer.
Merda, merda, merda
-Lasciami
stare Kyle- dissi, iniziando a divincolarmi. Possibile che fossero
tutti dei bestioni?
Slyer
però mi ignorò e fui costretta a guardare il
resto del gruppo che
malmenava Jake.
-No!
Smettetela! Non vi ha fatto nulla!- gridavo inutilmente verso quegli
essere primitivi.
-Portatela
via- disse Roger a Slyer e Mike, così mi presero con la
forza e mi
portarono via, cercando di tenermi ferma e farmi stare zitta.
Mi
portarono al parco, esattamente dove mi ero data appuntamento con
Jake e mi si strinse il cuore in una morsa lacerante. Perché
proprio
a me? Non avevo neanche denunciato Roger alla centrale. Ma era logico
che lo facessero per Jake e la guerra, non per la sottoscritta.
Eppure non riuscivo a capacitarmene lo stesso.
-Perché
mi avete portata qui? Posso andarmene a casa?- chiesi, cercando di
trattenere le lacrime.
-No,
non andrai da nessuna parte finché Roger non ci
darà l'okay- mi
rispose Slyer sedendosi sulla panchina. Mike mi teneva un braccio, ma
sembrava annoiato.
-Mi
spiegate perché lo avete picchiato? Non ha fatto nulla!
Stava
uscendo con me, non era venuto per disturbare voi- urlai nel parco,
squarciando il silenzio della notte e del posto, solitamente deserto
a quell'ora.
-E
stai un po' zitta- borbottò Mike, sbuffando. Io gli tirai un
calcio.
-Brutta
stronza!- mi gridò prima di tirarmi uno schiaffo. Io rimasi
senza
fiato: non me lo sarei mai aspettato.
-Mike!
Che cazzo fai! Se Roger lo viene a sapere ti ammazza!- disse Slyer
alzandosi dalla panchina e spintonandolo.
-Perché
dovrebbe? Ha detto di portarla via. Non ci ha detto cosa potevamo o
non potevamo farle- disse l'altro, arrabbiandosi.
Decisi
che era meglio scappare, così indietreggiando senza farmi
notare,
cercai una via di fuga. Poi la trovai: il buco di Rock.
Iniziai
a scappare verso il buco che Rock, il cane di Gertrude, aveva scavato
nella rete intorno al parco.
Iniziarono
ad inseguirmi e io cercai di accelerare e ci riuscii. Mi infilai nel
buco sporcandomi con la terra umida le ginocchia, poi mi ritrovai
fuori dal parco e iniziai a correre verso il centro storico.
Torna a casa
mi consigliava la mia coscienza, ma non le diedi ascolto.
Corsi
verso il vicolo in cui ci avevano aggrediti ma una volta lì
non
trovai nessuno. Iniziai a piangere, era tardi e i West side non erano
l'incubo peggiore della città a quell'ora di notte.
Camminai
tenendomi lontana dai vicoli, nonostante avessi una voglia
incredibile di esplorarli tutti per cercare Jake, Roger e il resto
dei West side.
Mi
toccai la guancia mentre camminavo spedita verso casa. Non potevo
credere di aver ricevuto un ceffone e di non essermi difesa.
Arrivai
nel mio quartiere e vidi un'ombra nella notte. Roger.
Mi
bloccai appena lo riconobbi e lui camminò verso di me
facendosi
illuminare dai lampioni.
Cercai
un modo per correre a casa, ma lui aveva una pistola e contro quella
non si poteva scappare.
-Sono
qui per un avvertimento- mi disse, con le mani in tasca. Io non mi
mossi, non potevo mica fidarmi di lui.
-Vuoi
dire per una minaccia?- gli chiesi, stringendo i pugni.
-Chiamala
come vuoi Hannency- mi rispose, guardandomi seriamente. Non sembrava
né ubriaco né drogato e mi chiesi se fosse un
bene o no.
-Parla.
E poi voglio sapere dov'è Jake e cose gli avete fatto- gli
dissi io,
anche se quello che desideravo di più era chiudermi in
camera mia e
non uscirci più.
-Il
tuo amichetto è vivo, ma se prova a tornare ancora qui
dovremo
prendere provvedimenti- mi disse, mentre riprese ad avanzare verso di
me.
-Non
avete il diritto- dissi, tenendo la mascella serrata. Avevo voglia di
urlare.
-No,
sei tu a non avere il diritto di portare il nemico. Sai benissimo
cosa accade, perciò se vuoi rivedere il tuo amichetto ti
conviene
andare a est, rischiando la tua di vita. Non portarci più
problemi
di quanti non ne abbiamo già- mi disse e sorrisi.
-Certo,
immagino quanti problemi. Ad esempio premeditare un omicidio? Se lo
fai non te la farò passare liscia- dissi, senza tentennare.
-Sai
cosa mi piace di te? Che in fondo hai la speranza di spaventarmi. Sei
una piccola illusa e fai quasi tenerezza- mi disse, scuotendo la
testa.
Lo
guardai con disprezzo.
-Era
questo l'avvertimento? Che Jake non deve più farsi vedere?-
gli
chiesi, concedendomi un piccolo movimento.
-No,
non era solo quello. Hannency fatti i fatti tuoi, cercati un ragazzo
da queste parti e non metterci i bastoni tra le ruote- mi disse,
fermandosi e guardandomi serio negli occhi.
-Io
vi denuncerò per quello che avete fatto- dissi, convinta.
-Te
l'ho già detto. Se lo fai, io ti uccido- mi disse, facendomi
venire
i brividi. Non potevo lasciarmi spaventare, una vita da vittima in
silenzio non la volevo. Volevo combattere. Volevo vedere Roger
McKenzie dietro a delle fottutissime sbarre.
-D'accordo,
se questi sono i patti ci sto- gli dissi, alzando leggermente la
testa. Ero superiore e lo sapevo.
-Te
ne pentirai- mi disse.
-Non
se muoio- constatai sorridendo.
-E dì
pure ai tuoi amici che il loro schiaffo non mi ha scalfita
minimamente- aggiunsi, tornando a essere seria.
-Ti
hanno picchiata?- mi chiese e io alzai le spalle.
-Solo
uno schiaffo che, tra l'altro, ha fatto meno male di quelli che mi
propina mia madre- dissi, iniziando a camminare verso casa mia,
così
mi avvicinai a lui.
-Cambia
idea Elizabeth- disse, mentre gli passavo accanto.
-No-
risposi e mi allontanai nella notte, diretta a casa mia.
Quella
notte dormire fu difficile, soprattutto per gli incubi che popolarono
il mio sonno, rendendomi agitata e nervosa la mattina, che
iniziò
con l'annuncio di mia madre che mi comunicò che un ragazzo
era stato
portato al pronto soccorso perché era stato picchiato da un
gruppo
di bulli.
A
scuola ci pensai costantemente, prendendomi anche una D per non aver
seguito la lezione. Dovevo andare in centrale a fare i nomi dei West
side.
Dopo
la scuola uscii di casa diretta alla centrale. Presi il bus che mi
portava lì vicino e mi guardai le spalle. Non sembrava ci
fosse
qualcuno.
Camminai
in modo veloce, stavo per tradire qualcuno di pericoloso
perciò
sbrigarsi era fondamentale.
Facevo
il conto alla rovescia di quante case mi mancavano alla centrale:
alcune volte ricordavo cose davvero inutili.
Capitava
che mi ricordassi quante volte mia madre mi diceva una cosa in un
giorno, così senza rendermene conto, ma non riuscissi a
ricordare
una stupida poesia per letteratura.
Iniziai
a sentirmi meglio, ne mancavano meno di venti, così cercai
di
tranquillizzarmi. Poi vidi qualcosa, anzi qualcuno,
che non doveva vedere me.
Slyer
camminava proprio di fronte alla centrale con le cuffie nelle
orecchie che faceva movimenti improponibili. Rimasi ferma a fissarlo
decidendo cosa fare.
Dovevo
nascondermi ma non c'era via d'uscita. Se fossi scappata lui si
sarebbe accorto che qualcosa non andava. Dovevo far finta di niente e
cercare di mimetizzarmi.
Mi
tirai su il cappuccio della felpa spostando i lunghi capelli castani
per nascondermi almeno un po'. Infilai le mani nelle tasche e
camminai a testa bassa, passandogli proprio accanto.
È fatta
mi dissi mentalmente.
Camminai
un po' più velocemente, non mancava molto, circa dieci
passi, quando
mi sentii afferrare da un braccio e il mio cuore palpitò per
la
paura.
Mi
voltai e vidi Slyer con una faccia piuttosto incazzata.
-Stavi
andando in centrale?- mi chiese, cercando di mascherare la rabbia. Io
scossi la testa.
-No,
avevo di meglio da fare- risposi, abbassando lo sguardo.
-Roger
aveva ragione, sei venuta davvero. Forza, andiamo- mi disse
tirandomi.
-Lasciami
o urlo- mi disse.
-Fatti
tuoi, se urli ti bacio e vediamo come potrai farti sentire con la mia
lingua in bocca- mi disse, ridendo come uno scemo. Arricciai il naso.
-Ma
che schifo- commentai, sincera. Avevo abbassato la guardia e lui mi
aveva portato alla fermata del pullman.
Il
covo dei West side era dall'altra parte della zona ovest rispetto a
casa mia, ma era più vicino alla centrale.
-Se
tu fossi un ragazzo potresti essere anche meglio di Roger. Il
coraggio non ti manca- mi disse, mentre mi tirava verso il covo.
-Cos'è,
una specie di complimento?- gli chiesi, lasciandomi tirare.
-Una
specie- commentò, bussando alla porta della casa di Roger.
Non
potevo credere che il covo dei West side fosse una cantina interrata
sotto la casa del capobanda.
Mi
guardai intorno. Non era male casa sua, peccato non poter fare un
giro turistico.
-Ehy,
Roger, avevi ragione. L'ho pizzicata vicino alla centrale- disse
Slyer, spingendomi nella stanza e chiudendo la porta.
-Se
volevi ammazzarti bastava un po' di cianuro- commentò Mike,
facendo
ridere tutti gli altri. Tutti tranne Roger che appoggiò la
pistola
sul tavolo davanti a lui.
-Siamo
arrivati a un punto di non ritorno, Hannency. Ora basta giocare, o ti
tagli fuori o ti pianto una pallottola nella testa- mi disse,
sfiorando istintivamente l'arma.
Lo
guardai, seria.
-Perché?
Perché dovrei lasciarvi stare? Non è giusto,
ciò che fate è
sbagliato, dovresti saperlo. E comunque ammazzarmi è l'unico
modo
per farmi stare zitta- gli dissi, sfogandomi. Lui prese la pistola in
mano e me la puntò al cuore.
-E
allora così sia- mi disse, gelido. Mi spaventai. La pistola
contro
non me l'aveva ancora puntata.
Ne
avevo visti parecchi di gialli e polizieschi, ma ammetto che
ritrovarsi davanti ad un'arma da fuoco è un'esperienza che
ti toglie
il fiato.
Mi
agitai e iniziai a respirare male. Avevo paura e stava diventando
incontrollata.
-Assassino
di merda- commentai, guardandolo negli occhi.
-Tu
non sai un cazzo! Stai zitta piccola insolente!- mi gridò
contro,
muovendo l'arma.
Chiusi
gli occhi di scatto.
Sparami. Se devi
farlo, fallo ora.
Ma
qualcosa mi diceva che Roger non mi avrebbe sparato. Sembrava mi
volesse solo far prendere un grande spavento, ma io lo stavo facendo
incazzare.
-E
allora dimmi quello che non so- gli dissi, tenendo gli occhi chiusi.
I
West side erano tutti fermi immobili, non sentivo rumori, risatine o
parole bisbigliate. Erano tutti sull'attenti, chiedendosi se il loro
“capo” avrebbe premuto o meno il grilletto.
-No.
Tu devi stare lontana da questa storia- disse lui, calmandosi un po',
così riaprii gli occhi.
Aveva
abbassato la pistola ma non l'aveva lasciata.
-Ormai
ci sono dentro. Forse se tu non avessi picchiato Jake mi sarei anche
tagliata fuori. Lo sbaglio è stato tuo- gli dissi, senza
preoccuparmi dei West side.
Stavo
tenendo duro, avevo una paura folle ma riuscivo a reprimerla
piuttosto bene. Al nome di Jake, Roger strinse il pugno libero. Non
aveva ancora perso la voglia di picchiare.
-Sei
tu che rischi la testa. Non puoi tornartene a casa e rincominciare la
tua solita vita da liceale emarginata?- mi chiese, pungente.
-No,
io sono per le emozioni forti- commentai, sarcastica.
-Slyer
riportala a casa- disse Roger, senza distogliere lo sguardo da me.
-Posso
tornare a casa da sola, non ho dieci anni- commentai, muovendomi dopo
tanto tempo.
-No.
Slyer, muoviti- disse e Kyle mi prese per un braccio.
Guardai
Kyle. Forse il peggio era passato.
-Se
mi minacci di nuovo di infilarmi la lingua in bocca giuro che ti tiro
un calcio nei coglioni- commentai, aprendo la porta e fissandolo
negli occhi.
Slyer
guardò preoccupato Roger che lo stava uccidendo con gli
occhi. I
West side ridevano nervosi.
-D'accordo-
mi rispose lui, spingendomi fuori.
Kyle
mi riaccompagnò davvero fino a casa, ma mi accertai che non
ci
vedesse nessuno. L'ultima cosa che volevo era proprio farmi vedere
con Slyer dei West side.
I
giorni seguenti ci provai. Cercai di non pensare a Jake, al capo
degli East side e a Roger con la pistola.
In
effetti avere una pistola puntata contro mi scombussolò per
un po',
ma ero “placcata in ferro”, m i riprendevo in
fretta. E poi la
vita da liceale emarginata mi stava un po' stretta.
Così
un mercoledì decisi che era ora di avvertire Jake e gli East
side e
dirgli cosa avevano in mente i West side.
Presi
il bus e in mezz'ora fui dall'altra parte della città. Uno
strano
presentimento mi diceva che qualcuno mi teneva d'occhio,
perciò
spesso mi guardavo alle spalle, ma non vidi mai nessuno.
Non
conoscevo il covo dei ragazzi dell'est, neanche tutti i componenti a
dire il vero, ma ero decisa a trovarli al più presto.
Feci
un giro alle case popolari e chiesi a qualche ragazzino se per caso
sapevano dove fossero gli East side e loro mi risposero che
probabilmente erano al parco, oppure in giro per la città.
Trovarli
fu complicato e si era fatto anche tardi, ma alla fine li trovai
intenti a fumarsi una canna nel quartiere in cui abitava Jake. La
centrale era lontana da quella parte della città,
perciò quelli
dell'est facevano ciò che volevano all'ora che volevano.
-Jake-
dissi, appena fui visibile.
Sette
paia di occhi si voltarono a fissarmi ostili.
-E
questa chi è?- commentò un poveraccio seduto a
terra. Mi chiesi se
avesse ancora l'uso della ragione o se fosse in un altro mondo.
-Hannency.
Elizabeth Hannency- disse Jake. Gli East side scoppiarono a ridere.
-Una
sporca dell'ovest... Che ci fai qui?- mi chiese uno. Sembrava il
capo.
-Sono
venuta per un avvertimento. Roger e i West side hanno intenzione di
ucciderti. Sei tu il capo, no?- chiesi, guardando scettica le loro
facce. C'era qualcosa che non andava.
Scoppiarono
a ridere. Una di quelle risate grasse, come una battuta venuta
particolarmente bene o una bella ragazza che sorride e ha gli spinaci
tra i denti.
Ma io
non stavo scherzando.
-Che
vi prende?- chiesi, quasi strillando.
-Ehy,
ragazzina, stai un po' zitta. E comunque si, io sono Johnny, il capo,
come dici te. Senti, non abbiamo paura di Roger e di quel gruppo di
ragazzini. Tu sei stata brava a farci fare la prova, siamo pronti per
attaccare- mi disse Johnny, enigmatico.
Fumò
la canna che aveva tra le dita e poi fece un gesto impercettibile con
il mento.
Due
ragazzi si alzarono da terra e mi si avvicinarono. Non riuscii a
collegare.
Il
primo, il più grosso, mi bloccò le braccia dietro
la schiena mentre
l'altro mi distrasse.
E poi
mi mancò il respiro e mi accasciai su me stessa. Il tizio mi
aveva
tirato un pugno nella pancia.
Poi
mi prese per i capelli e mi guardò in faccia.
-A me
quelli dell'ovest fanno schifo tutti. Comprese le femmine- mi disse,
disgustato. Aveva anche usato la parola femmine in
un modo
davvero volgare.
Poi
mi arrivò un colpo in pieno viso, ma non riuscii a capire
come mi
colpì. Iniziai a sanguinare dal labbro e a sentire bruciore.
Mi
stavano picchiando. E io non potevo fare nulla.
Poi
tutto accadde velocemente.
Io
caddi a terra perché il tizio mi lasciò andare e
non avevo
abbastanza forze per tenermi in piedi. Sentii degli urli e degli
insulti e capii che c'era una rissa in corso. Forse erano arrivati i
West side.
Mi
sentii alzare da terra, qualcuno mi aveva preso in braccio, ma capire
chi fosse era impossibile.
Quella
persona mi portò in un vicolo o qualcosa di simile, poi mi
mise giù
e io cercai di tenermi in piedi.
-Gra-grazie-
mormorai, prima di aprire gli occhi.
-Non
devi ringraziarmi- mi disse una voce che mi fece tremare. Mi ero
sbagliata.
Johnny
si era allontanato e mi puntava una pistola contro. Guardai il suo
viso e pensai a Roger: non avevo capito chi era il vero mostro.
Chiusi
gli occhi e sentii che bruciavano. Dovevo trattenere le lacrime o
avrei rischiato di essere troppo vulnerabile.
-Vuoi
uccidermi?- chiesi, aprendo gli occhi.
-Certo
che si. Te l'ho detto: mi fate schifo tutti- mi disse. Era pazzo e il
suo sguardo mi faceva capire che non si faceva scrupoli come Roger.
-Allora
fallo- gli dissi, chiudendo di nuovo gli occhi. Non mi andava che
fosse lui l'ultimo mio ricordo.
Poi
lo sentii. Un colpo di pistola secco e deciso. Caddi in ginocchio.
Ma il
colpo non era per me. Sentii un tonfo.
Spalancai
gli occhi spaventata e vidi il corpo inerme di Johnny a terra e
scoppiai a piangere spaventata. Mi alzai in piedi e mi voltai: Roger
se ne stava con il braccio teso e la pistola tra le mani. Sembrava
spaventato.
Mi
avvicinai, con gli occhi appannati dalle lacrime, e potei notare che
non abbassava la pistola.
-Te
l'avevo detto che non sapevi un cazzo di questa storia- mi disse,
scuotendo la testa. Mi bloccai.
-Mi...
Mi dispiace- dissi, abbassando la testa e asciugandomi le lacrime.
-Ti
avrebbe sparato lui. Non come me che ho sempre fatto finta- mi disse,
spostando lo sguardo.
Rincominciai
ad avvicinarmi verso di lui e gli abbassai il braccio con l'arma: lui
rimase a guardarmi.
Senza
pensarci troppo lo abbracciai a livello della vita, poggiando la
testa sul suo torace. Feci tutto molto lentamente: non avevo forze.
Roger
mi aveva salvato la vita, nonostante avesse più volte
dichiarato di
volermela togliere.
Lui
lasciò cadere la pistola e ricambiò titubante.
-Grazie
Roger...- gli dissi, singhiozzando.
-Dobbiamo
andare via da qui. O almeno io devo sparire- disse, ignorandomi.
-No,
voglio venire anche io- dissi, senza avere la minima idea di dove
volesse andare.
Finimmo
nella parte ovest del parco, proprio dove Mike mi aveva tirato lo
schiaffo poco tempo prima.
Ero
spaventata e scossa ma stargli vicino non poteva non farmi bene. Lo
sapevo, ero sicura che Johnny mi avrebbe sparato e mi ero preparata
all'eventualità e poi era comparso dal nulla Roger con la
sua
pistola importata.
-Come
hai fatto a trovarci?- gli chiesi, rannicchiandomi sulla panchina.
Lui si guardava intorno nervoso: aveva paura che arrivasse la
polizia.
-Ho
visto che ti portava via- mi rispose, senza degnarmi di uno sguardo.
-Beh,
mi avrebbe tolta dai piedi una volta per tutte... Perché non
glielo
hai lasciato fare?- chiesi, trattenendo i tremiti.
-Non
hai capito niente di questa storia. Non ho mai voluto ucciderti- mi
disse, voltandosi verso di me. Capii dal suo sguardo che diceva la
verità.
-E
allora... Voglio sapere tutto, ormai ci sono davvero dentro- gli
dissi, prendendo tono. Purtroppo non facevo molto effetto con le
guance inondate di lacrime e con i brividi che mi scuotevano come una
foglia al vento.
-Non
ho mai pensato che tu dovessi sapere la verità, ma siccome
hai
appena rischiato di essere ammazzata mi sembra giusto dirti che ti
sei sempre sbagliata. I cattivi non eravamo noi, come ti abbiamo
lasciato credere. Ma non lo avrei mai fatto se avessi pensato che tu
potessi andare da loro. Non si sono mai fatti scrupoli, loro- mi
disse, sedendosi vicino a me.
-No,
infatti- commentai guardandolo.
-Già.
Johnny era riuscito ad avere una pistola e stavano aspettando il
momento giusto per venire ad attaccarci e uccidermi. Così
hanno
mandato Jake e tu ci sei cascata, pensando che la guerra fosse una
cazzata per adolescenti. Era così fino a qualche anno fa, ma
Johnny
è offuscato da un odio tutto suo. Per evitare di rimetterci
le penne
mi sono procurato anche io un'arma; così la famosa pistola
che
conosci bene è comparsa tra le mie mani. Mi dispiace averla
usata
per minacciarti, ma non sapevo come tenerti fuori da questa storia-
mi disse, guardando a terra, forse un po' ferito.
E
così Roger McKenzie mi aveva salvato il culo. Non solo,
aveva
cercato di salvarmelo fin dall'inizio.
Ma
perché ero così maledettamente attratta dal
diciannovenne
infantile?
-Sono
un'emerita cogliona. Così non ho fatto altro che essere
d'intralcio
e rischiare anche di mettere nei casini quelli sbagliati. Merda, devo
imparare qualcosa da questo- constatai, toccandomi il labbro rotto.
Roger
mi toccò il viso, in particolare le ferite.
-Sei
quella ridotta peggio e non è giusto. Torna a casa e fatti
medicare.
Non c'è bisogno che ti passi la notte in centrale- mi disse,
troppo
vicino. Mi stava analizzando una per una le ferite.
-Non
posso tornare a casa in queste condizioni. No, davvero. E poi...
Perché non posso stare con te?- chiesi, ingenuamente e lui
mi
sorrise.
-Hannency
sei proprio irrecuperabile. Devo ammettere che mi dava fastidio che
tu mi odiassi e che non sapessi la verità, ma che tu non mi
sia
indifferente è forse anche peggio per te- mi
confessò ridendo e
guardando il cancello del parco. Si sentivano delle sirene in
lontananza.
Avrà
avuto pure diciannove anni, ma mi sembrava piccolo e impaurito. Mi
sentii scorretta, avevo combinato solo pasticci in meno di due
settimane.
Gli
toccai il braccio, volevo tornare tra le sue braccia ma forse non era
il caso. Così aspettai la sua reazione al contatto. Si
voltò a
guardarmi e gli sorrisi. Si, aveva una fottutissima paura ma riusciva
ad essere calmo.
Per
me era uno sconosciuto a tutti gli effetti, ma non mi importava,
così
lo abbracciai facendo attenzione a non farmi male.
-Che
ti prende, Hannency?- mi chiese, mentre ricambiava istintivamente il
mio abbraccio. Anche lui era cauto nei movimenti, non voleva toccarmi
le parti dolenti.
-Non
lo so, davvero. Non dovevi aiutarmi- gli dissi, guardandolo.
Lui
mi sorrise e mi guardò le labbra.
-Si,
inizio a pensarlo anche io. Comunque, Hannency, devo dire che la
gonna non ti sta affatto male- mi disse malizioso e io risi.
Ridicolo.
Era tutto ridicolo: la polizia lo stava cercando e io ero stata
appena picchiata e ce ne stavamo su una panchina del parco
abbracciati. E poi c'era quella voglia di baciarlo che mi stava
logorando.
Ma tu lo hai sempre
detestato!
Ignorai la mia testa e lo baciai, sorprendendolo. Dopo ch'ebbe
realizzato ricambiò mandandomi in estasi.
-Aspetta, una cosa ancora non mi torna- gli dissi, allontanandomi dal
suo viso. Lui mi guardò confuso.
-Cosa?- mi chiese, tornando a fissarmi le labbra.
-Come facevate a sapere dov'ero? Siete arrivati nel momento giusto,
come nei film- gli dissi, alzando un sopracciglio.
-Slyer ti ha seguita. Dopo che ha capito cosa volevi fare è
tornato
indietro ad avvertirci e poi siamo arrivati tutti. Menomale che non
sapevi dove trovarli, altrimenti non saremmo arrivati in tempo. Avevo
detto a Slyer di fermarti, ma sapeva che non lo avresti seguito- mi
disse, rabbuiandosi.
Già, ero una testa dura.
-Come in centrale... E così mi tenevate d'occhio, eh? Mi
sento una
stupida ad aver creduto a Jake- gli dissi, apprezzando il fatto che
non mi allontanasse.
-Beh, ammetto che picchiarlo è stato davvero piacevole.
Senti...
Davvero Slyer ti ha minacciata di baciarti? No, perché non
vorrei
avergli dato un pugno per niente- mi disse, imbarazzato.
Poi capii.
-Un pugno? Mi chiedo se tu non mi abbia uccisa perché ti
piacevo-
gli dissi, sorridendo.
-Non ucciderei mai qualcuno senza motivo. Però diciamo che
il
fattore ha influenzato- sorrise anche lui e mi baciò,
facendomi
tremare.
Le sirene si avvicinavano: stavano arrivando.
-Scappiamo. Ti incarcereranno se riescono a prenderti- gli dissi,
tristemente.
-Si, lo so. Ma anche lui aveva una pistola, perciò non mi
daranno
più di cinque anni. Forse anche meno con i domiciliari- mi
disse,
toccandomi la ferita all'occhio.
-E per te sono pochi?- gli chiesi, tristemente.
-No. Ma sarebbe stato peggio se... Se tutto fosse incominciato prima.
Almeno possiamo fare finta di niente- mi disse, sciogliendo il nostro
abbraccio.
Cosa farneticava?
-Non voglio lasciarti perdere. Perché dovrei? E
perché dovresti tu?
So di aver combinato dei pasticci, ma... Nessuno si era mai
preoccupato per la mia sorte, dico davvero. E poi posso aspettare,
sono fatta così. Mi hai... Beh, mi hai colpita in pieno-
dissi,
spegnendomi verso la fine e rannicchiandomi su me stessa.
Mi accarezzò i capelli.
-Sei piccola... Non è giusto che tu perda tempo con un
delinquente-
mi disse ridendo. Però sembrava anche ferito.
-Non lo avevo capito che non ti ero indifferente. Anzi pensavo mi
odiassi- ammisi, guardandolo di sottecchi.
-Beh, come può non colpire una diciassettenne
pluriminacciata di
morte che se ne frega di tutto e di tutti perché deve
portare a
termine il suo obiettivo? Sei... Speciale- mi disse, ammutolendomi.
No. Non avrei rinunciato.
-E siccome ho la testa dura e sono anche dura di comprendonio, non
voglio che tu mi lasci perdere proprio ora- gli dissi, tranquilla. Ci
voleva poco per farmi tornare il coraggio.
Le sirene erano vicine.
-D'accordo, sta a te scegliere- mi disse, prima di baciarmi un'ultima
volta.
Quella notte terminò in centrale, con tante lacrime e tanti
dubbi.
Scoprii che Johnny non era morto perché Roger lo aveva
colpito
all'altezza del rene, perciò si trovava in ospedale.
Nei giorni a seguire tennero Roger in carcere e io non smisi di
vederlo, anzi tutto ciò non faceva che invogliarmi a stare
con lui
per quanto fosse possibile.
Se la cavò con due anni nel carcere di massima sicurezza,
fuori
Bathesda, per tentato omicidio. E poi un anno di domiciliari.
Quando lui uscì dal carcere io ero diplomata e pazzamente
innamorata
di un cosiddetto delinquente.
Mai, mai dimenticai quella notte e nemmeno Roger McKenzie. Il nostro
era un amore nato con un colpo di pistola.
Non scelsi di innamorarmi, capitò e basta, ma scelsi di non
abbandonarlo, credendo davvero che nonostante tutto fosse lui la
vittima.
-Sei qui- mi disse, fuori dal carcere, due anni dopo quella notte.
-Cosa credevi?- gli chiesi, avvicinandomi. Lui doveva salire sulla
pattuglia perché dovevano portarlo a casa sua. Non aveva
ancora
scontato tutta la pena.
-Che a vent'anni avessi capito che razza di brutta persona sono- mi
disse, sorridendomi.
Lo abbracciai e quasi mi fu impossibile credere che fosse vero.
-Non ho ancora vent'anni e tu non sei quella brutta persona che dici
di essere. Sei solo un bulletto di periferia un po' troppo montato-
gli dissi e mi baciò.
-Grazie... Per non aver smesso- mi disse, guardandomi negli occhi.
-Grazie per non avermi scelta- gli risposi, sorridendo. Erano frasi
enigmatiche, ma non avevano bisogno di spiegazioni.
Ed ecco qui una delle due one
shot che mi hanno rubato il tempo per continuare Love in Germany ^^
spero vi sia piaciuta... Anche se è arrivata quinta su
undici partecipanti, per me è stata una vittoria
perché era il mio primo contest *___*
Un bacione^^
Erika
<3
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