Eva sgattaiolò nella stanza di Julian in silenzio, cercando
di non fare il minimo rumore. Lei voleva vedere come stava e non si
accontentava delle rassicurazioni di Johnson e Suzie. L’uomo divideva la stanza con altre tre persone che
la guardarono palesemente perplessi. Lei fece cenno di stare in silenzio e si
chinò sul letto dove la sua ‘cavia’ da esperimenti
dormiva con l’espressione contratta. Si sentì una schifezza per il brutto
scherzo che gli aveva tirato e sbuffò intristita. “Scusa..”sussurrò
a bassa voce allungando una mano per toccarlo e ritirandola. Non si rendeva
conto che non aveva neanche una puntina di prurito. Era troppo preoccupata!
Si sedette sulla prima sedia che gli venne a tiro e restò un
po’ li, sbuffando silenziosamente e tormentandosi i capelli che avevano bisogno
di una lavata. Si alzò solo quando l’infermiere annunciò che l’orario di visita
era finito e lo guardò con una serie di smorfie che le deformarono il volto.
Gli sfiorò appena il braccio, scusandosi un’altra volta
dentro di se e uscendo con un magone che le annodava
la gola.
Julian si svegliò solo il giorno dopo, l’aria di chi è passato sotto un camion da ubriaco e la stessa verve dei
suoi adorati batteri statici. Si passò una mano in faccia sentendo la barba che
lo infastidiva e mettendoci un po’ a ricordarsi che non era a casa sua e che si
trovava in ospedale. Aveva lo stomaco in subbuglio, la gola dolorante e se non
si fosse recato al bagno al più presto, gli avrebbero dovuto
mettere anche un pannolino!
Te la faccio pagare,
sibilò dentro di se col suo malumore cronico
mattiniero che non cambiò di una virgola per tutto il giorno.
Per rimediare al disastro, Eva lavorò come un mulo per tutto
il giorno, saltando le pause e rischiando di fare un altro piccolo macello.
Aveva la testa da tutt’altra parte, precisamente al letto 23
della corsia F e non vedeva l’ora di andarsene. Chiuse il proprio laboratorio
alla svelta e si diresse all’ospedale dove fu accolta da un immusonito Julian
che la guardò di traverso e continuò la leggersi il giornale come se nulla
fosse. “Va via, fattucchiera!” sbraitò a mezza bocca quando la vide avvicinarsi
al letto.
“Mi dispiace”
Julian abbassò il giornale e le lanciò un’occhiataccia
cogliendo immediatamente ogni più piccola differenza. Aveva i capelli puliti e
quella camicetta che le stava da dio.
“Ti dispiacerà parecchio!” esplose
vedendola allontanarsi di un centimetro “ti rendi conto che per poco non m
ammazzavi con quella roba?” urlò con la voce rauca facendo girare la
gente verso di loro. Eva gli gettò un’occhiata contrita e annuì “io non volevo..”
Di nuovo la interruppe e l’aggredì per altri 5 minuti buoni
finchè la gola che gli faceva male non lo costrinse a tacere.
Eva aveva le lacrime agli occhi e contraeva le labbra per
non mettersi a piangere.
“Ti ha detto bene che non ho sporto denuncia” riprese dopo
un po’, più calmo.
La ragazza lo guardò con una smorfia e arricciò il naso,
tirandogli una schicchera sulla tempia “la finisci di
aggredirmi?! Quante volte dovrò chiederti scusa?”
“Non te ne fai un’idea!” esclamò spostandosi “e smettila.”
“No, non la smetto!”esplose dandogliene un’altra “non mi
devi urlare contro, cretino”
“Avvelenatrice!”ribatté fermandole il polso e vedendo la sua
espressione che cambiava.
“Se devi farti venire un attacco d’orticaria,
sei nel posto giusto!” esclamò tirandola contro di se. “Eccola la tremenda
punizione: ti farò grattare a morte!” ridacchiò abbracciandola marciandosi
ampiamente sopra!
Eva restò paralizzata sentendosi abbracciare in quel modo e
temette di venir sopraffatta da un’ondata di dermatite
incontrollata. Cominciò a tremare, facendogli allentare la
presa “ohi, stai bene?” le domandò preoccupato guardando qualsiasi punto
scoperto della pelle.
“Si...più o meno” sussurrò aggrappandosi alle sue spalle e
cercando di imprimersi in mente e nel corpo quella sensazione che non aveva mai
provato...o se l’aveva provata non la ricordava assolutamente.
“Ti lascio andare se…”
“No” gridò quasi smorzando subito il tono concitato “non c’è
bisogno, sto bene..”
Julian si perse in quella morbidezza e la strinse con aria
soddisfatta. Adesso si che si sentiva bene anche lui!
“Mi piaci…” la sentì mormorare con un filo di voce, la bocca
affondata fra la pelle e la maglietta.
La presa si allentò piano piano e
Julian la scostò da se sbattendo più volte gli occhi. “Davvero?” domandò
accarezzandola e osservando come diventava rossa un po’ alla volta. Eva si
morse il labbro e annuì “si..” Sussurrò guardandolo e
notando un’espressione meravigliata e perplessa che le diede una brutta
sensazione. Aveva sbagliato, non glielo doveva
dire?
“Lo sapevo io…” sussurrò mentre Julian continuava a
guardarla chiedendosi se la lavanda gastrica con gli avesse
occluso i timpani.
“Non dovevo dirtelo”
“Eh?” domandò scendendo nuovamente sulla terra dall’olimpo
della dea Eva.
La donna si allontanò in fretta, saltando
via dal letto e dalle sue braccia “Fa finta di niente…per favore” mormorò
imbarazzata prima di scostare la sedia e andarsene in fretta per la vergogna.
Julian restò a guardare la porta dalla quale era appena
uscita impalato come un carciofo al mercato, cercando di mettere le cose a
posto una dopo l’altra.
“Ragazzo..”
L’uomo si girò verso un vecchietto che era stato tutto il
tempo ad osservare la scena in silenzio “Corrile dietro”
Julian lo guardò e annuì, poi il suo cervello elaborò la
frase e schizzò in piedi, afferrando al volo il vestiti.
Eva camminava a viso basso e in fretta verso l’ascensore.
Aveva fatto una figura…oddio, con che faccia si sarebbe ripresentata a lavoro?
Si doveva far trasferire, o peggio licenziarsi!
Restò a tormentarsi un braccio con le unghie e la mente con
la propria stupidaggine mentre attendeva l’ascensore. Ripensò al breve e
intenso abbraccio e sorrise come una stupida.
“Eva!”
Si girò verso Julian che sopraggiungeva di corsa, scivolando
fra le poche persone che affollavano il corridoio ed entrò svelta
nell’ascensore, cercando di chiudergli le porte in faccia e rimanendo fregata.
Le ante si serrarono dietro di lui ed Eva lo guardò arrabbiata.
“Che vuoi? Non sei malato? Hai
fatto un sacco di storie e guarda come se pimpante!” esclamò
appoggiandosi sul fondo, con le braccia conserte e tremendamente a disagio.
L’uomo si avvicinò fino a toccarla “perché
sei scappata, non mi hai fatto neanche finire di parlare…anzi non mi hai fatto
neanche aprire bocca” mormorò con un sorriso dolce sulle labbra e
torcendo il collo per guardarla.
Eva lo fissò per un breve momento e sorrise dandogli una spinta.
Lui gliela ridiede e la spostò di qualche centimetro.
“Smettila, stupido” ridacchiò cercando di evitarlo e
raddrizzandosi sulle gambe.
Julian la abbracciò mugolando di finto dolore. “Noiosa
fattucchiera..” Sussurrò vedendo un sorriso birichino
che le montava sulle labbra.
“Ho fatto una figuraccia”
“Na…” affermò
con voce divertita, infilandole le mani nei capelli e arrotolandoli fra le dita
“mi piaci anche tu, cosa credi” mormorò sentendola rilassarsi addosso a
lui.
“Si?”
“E già!.”
“Vorrei ben vedere” esclamò sprofondandogli addosso, in un
paradiso che non aveva mai visitato.
“Sentila lei!” la prese in giro mentre le porte si aprivano
e la gente defluiva nell’ascensore e lanciava occhiate divertite
alla giovane coppia.
“Adesso torni su con me, mi faccio dimettere e ce ne andiamo a…” Julian si interruppe sentendo un brusco
scossone alla cabina dell’ascensore.
Le luci ondeggiarono e si spensero per qualche attimo.
Subito entrarono in
funzioni le luc idi emergenza e un lento brontolio provenne
dalla gola di Eva.
“Spero che in questo ospedale siano
celeri, perché non mi piace stare rinchiusa negli sgabuzzini di metallo che si
tengono su con i fili” affermò incrociando le braccia e sentendo una tremenda
ansia.
Julian non disse niente e si appoggiò come lei alla cabina.
“Pensa se adesso si rompe il cavo e ci sfracelliamo al suolo”
“Julian!!!”
“E scherzavo!” ridacchiò osservando
le deboli lucine che li avvolgevano.
Eva scivolò a terra con uno sbuffo “ci mancava anche
questo…” lo guardò mentre si accomodava accanto a lei e scuoteva la testa. “Ti
dirò, non mi dispiace più di tanto”
Si volse a guardarla e lei fece lo stesso. Le prese la mano
baciandola più di una volta e osservandola negli occhi in silenzio.
“Posso approfittare di te mentre ci tirano fuori di qui?”
domandò con un sorriso scanzonato e avvicinandosi di un altro centimetro.
“Non strisciarmi accanto come un verme, orgoglio dei
manicomi!” ridacchiò imbarazzata restando dov’era “Non dobbiamo mantenere la
specie per un semplice guasto all’ascensore.”
“Come no?” esclamò fintamente sconvolto
“No!” affermò dandogli una schicchera
sul naso “avvoltoio!”
“Fattucchiera” replicò girandole un braccio dietro le spalle
“dammi un bacio o non premo il bottone dell’allarme”
Eva sgranò gli occhi e ringhiò “ancora non l’hai premuto?!”
Lui sollevò le spalle e si avvicinò nuovamente.
“Ti do una testata se non premi quel bottone”
“Dammi un bacio e dopo ti accontento” le promise con tono
basso e invitante.“Mi piaci Eva, tantissimo” sussurrò accarezzandole il collo
con il respiro.
“Anche tu” la sentì miagolare
addossandosi contro di lui. Con un gesto lento la voltò completamente verso di
se, sentendo la bocca secca di fronte a quella visione, divorandola alla sola
vista del modo in cui chiudeva gli occhi mentre la accarezzava: era goduria
pura e semplice quella che le si leggeva sul viso.
Un suono melodico e ritmico li distrasse mentre stavano per
baciarsi. Eva mugolò e afferrò il cellulare rispondendo con un ‘si’ dolce che fece seriamente stranire Martina. Non era da lei!
“Ehi…Eva Dove sei, ti ho chiamata a casa…”
“Sono rinchiusa in un ascensore” spiegò con un sorriso ebete
mentre Julian la baciava sul viso.
“Cosa?! Ma
stai bene, sei sola?”
“No…c’è Julian con me” spiegò passando il telefono
dall’altra parte e inclinando la testa per farsi baciare meglio. “Mi sono
innamorata” le spiegò con un rossore diffuso un po’ ovunque “non ho più l’allergia agli uomini e mi sono innamorata …”
Sorrise un’altra volta come una scema al suo compagno mentre
l’amica fissava il nulla stupita “e chi è?”
“L’avvoltoio” sussurrò come se si trattasse di una parola
dolcissima.
“Cosa?!” esplose facendole staccare
l’orecchio dal cellulare, tanto che sentì anche lui il suo tono concitato.
“Quell’avvoltoio? MacHorney?”
Lei annuì e gli sfiorò le labbra come se si trattasse di
nettare degli dei.
“Oh santo iddio…” sussurrò Martina
mettendosi a sedere “e da quanto va avanti
sta cosa?”
“Da adesso” sussurrò un’altra volta lanciandogli un’occhiata
veloce. Julian le tolse il telefono garbatamente e si schiarì la voce. “Ciao amica di Eva. Ti dispiace richiamarla più tardi? Stavo
convincendola a procreare con me, nel frattempo che ci tirano
fuori da questa scatola di tonno”
“Ok…” borbottò la ragazza “divertitevi”
E come no? Pensò attaccando e posando il
telefono a terra “eravamo al punto in cui io ti baciavo”
Le disse avvicinandosi con un sorriso stupido anche lui.
“Gusto…”
Stava quasi per baciarla quando Eva lo bloccò innervosita.
“Che c’è?” le domandò un po’
preoccupato.
La ragazza cominciò a grattarsi e lo guardò con il viso
triste “mi sa tanto che mi sta tornando l’allergia!”