Quei
fatidici venti giorni mancanti al Torneo passarono come se fossero
stati secondi, cadenzati dal solito ritmo di allenamenti che,
però, dopo che erano diventati una squadra, che si sentivano
una
squadra, non erano mai stati così produttivi e divertenti.
Erano
tutti e tre ulteriormente migliorati e come gruppo riuscivano a
collaborare alla perfezione. Jamal e Alex avevano persino smesso di
litigare, accontentandosi di punzecchiarsi a vicenda e trovando
divertente irritare a più non posso Mei Mei. Ma l'essere una
squadra stava anche in questo.
Mei Mei arrivò alla notte prima della partenza totalmente
esausta, ma elettrizzata e felice. Tutto stava andando secondo i piani,
restava solo da vincere il Torneo. Potevano farcela, se lo sentiva fin
nelle vene che era pienamente nelle loro potenzialità. Con
quella convinzione scivolò velocemente in un sonno profondo
che
subito venne animato da sogni di vario genere, mischiati ai ricordi di
quegli intensi mesi passati al tempio. Nella sua mente
combattè
di nuovo contro Alex e Jamal, si sottopose ancora una volta alle noiose
sedute di Tai Chi della nonna, passeggiò in mezzo alla
pioggia
di petali rosa del cortile del ciliegio, rivide l'occhio rosso e
malvagio di Kazuya. Proprio da esso iniziò il suo incubo.
L'occhio la scrutava intensamente e lentamente perdeva contatto col
proprio corpo per diventare un'entità a sè
stante,
talmente luminosa da oscurare tutto quanto attorno a loro. Da quel buio
comparve quindi un secondo occhio dello stesso colore e
intensità, intorno al quale si delineò poi
l'immensa
figura di una divinità egizia dal muso di lupo e il corpo
percorso da strani simboli. La bestia si eresse mostrandole tutta la
sua temibile possenza e Mei Mei non riuscì nè a
scappare
nè ad urlare talmente era paralizzata dal terrore. Nel suo
cuore
seppe che la creatura davanti a lei non era una divinità ma
un
demone, quel demone. Azazel tornò a guardarla con gli occhi
scarlatti e ruggì, costringendola ad accucciarsi nel vano
tentativo di proteggersi. Il ruggito divenne poi un urlo stridulo,
più umano ma ugualmente agghiacciante. Si azzardò
a
sollevare leggermente lo sguardo. Gli occhi che incontrò non
erano più rossi, ma innaturalmente neri con un'iride
bianchissima nel mezzo. Il volto animalesco di Azazel aveva lasciato il
posto a quello più umano di un ragazzo dai capelli neri,
dalla
cui fronte emergevano due grandi corna nere. La schiena, invece, era
adornata da grandi ali d'angelo dello stesso colore. Il ragazzo la
guardava con un ghigno vittorioso in volto e le mostrò il
motivo. Sollevò un braccio, la cui mano artigliata teneva il
corpo inerme di Kazuya per il collo. La presa su di esso si strinse, le
vene del braccio nudo del ragazzo iniziarono a pulsare come se qualcosa
stesse scorrendo nel loro lume, dritto verso il cuore. Il volto del
ragazzo si contrasse in una smorfia di fastidio, mentre il suo corpo
diventava sempre più nero e simile a quello di una bestia
per
forma e dimensioni. Al crescere della sua potenza, Mei Mei sentiva le
sue forze diminuire proporzionalmente, finchè, col respiro
affannoso e la vista annebbiata, non cadde a terra, impotente di fronte
all'abominio che si stava compiendo davanti ai suoi occhi. Il ragazzo,
se così poteva ancora essere definito l'essere in piedi di
fronte a lei, lasciò cadere il corpo di Kazuya e
tornò a
guardarla di sbieco, il volto deformato da un sorriso desideroso di
sangue. Mei Mei vide li artigli opachi della sua mano avvicinarsi
minacciosi a lei, completamente priva di forze.
Si svegliò nell'esatto momento in cui Jin Kazama le aveva
trafitto il cuore con la mano, totalmente coperta di sudore, col cuore
a mille e un bruciore insistente alla mano destra. L'adrenalina che le
scorreva in corpo continuava a farla tremare. Uscì dalla sua
stanza per prendere un po' d'aria, sperando così di riuscire
a
calmarsi. L'aria fresca della notte le asciugò in fretta il
sudore, ma non bastò a calmarla. Salì allora sul
tetto
del tempio, ma si bloccò ancora prima di muovere un
ulteriore
passo.
"Jamal?" domandò sorpresa alla figura in piedi vicina al
drago
di metallo. Questi si girò di scatto non appena si
sentì
chiamare e guardò accigliato la ragazza.
"Che ci fai tu qui?" le chiese.
"Potrei chiedere la stessa cosa a te" sorrise Mei Mei avanzando verso
di lui. Jamal la seguì con gli occhi finchè non
fu al suo
fianco, quindi tornò a guardare verso il bosco. Lei lo
imitò, appoggiandosi con le braccia e il viso alla testa del
drago. Rimasero in silenzio a scrutare la notte limpida, solleticati
dalla leggera brezza.
"La senti anche tu, non è vero?" domandò poi Mei
Mei d'improvviso, ricatalizzando l'attenzione di Jamal.
"Cosa?"
"Questa pace. Sei qui per questo, scommetto. Come me. In fondo non
siamo molto diversi"
Si voltò a guardare il ragazzo a fianco a lei, che subito
distolse lo sguardo, quasi fosse in imbarazzo. Non si era mai sentito a
disagio con nessuno, perchè quella ragazzina gli faceva
quell'effetto?
"Vedo che non hai perso il vizio di non rispondere alle domande"
constatò lei a commento del suo silenzio.
"No, cioè sì...voglio dire..." Jamal prese in
respiro
profondo e riordinò le idee, nonostante la vista di Mei Mei
in
pigiama non lo aiutasse "Stavo pensando" disse infine, una volta
recuperata la calma "Pensavo a domani, al Torneo"
"Non sei l'unico" ribattè Mei Mei. A Jamal non
sfuggì la
nota malinconica nelle sue parole e tornò a guardarla.
Effettivamente non aveva una bella cera.
"C'è qualche problema?" le chiese impacciato, facendo un
impercettibile movimento verso di lei.
"Ho avuto un incubo, sembrava quasi un presagio. Mi sono svegliata
talmente scossa che non sono più riuscita a prendere sonno"
Al ricordo del sogno, un brivido gelido percorse la schiena di Mei Mei,
che si strinse istintivamente nelle braccia. Jamal lo
interpretò
come un segno del fatto che avesse freddo e si tolse la felpa per
mettergliela sulle spalle. Per la prima volta dopo tanto tempo,
rinunciava al suo fedele cappuccio. Mei Mei sorrise quando gli vide il
volto finalmente scoperto e lo costrinse a dirottare la sua attenzione
sulle tegole del tetto.
"Quindi cosa...cos'hai sognato di preciso?"
"Azazel e Jin Kazama...e quello che potrebbe succedere se falliamo"
"Non falliremo, te lo prometto" cercò di rassicurarla Jamal,
di
nuovo vicinissimo a lei, occhi negli occhi. Notò che quelli
di
lei erano leggermente velati di lacrime.
"Ho paura, Jamal" confessò in un singhiozzò Mei
Mei,
stringendosi al petto del ragazzo, che ebbe un attimo di smarrimento
prima di cingerla con le braccia per consolarla.
"Perchè paura? Te la caverai benissimo!" la
incoraggiò.
"Ma sarò senza di voi" si allontanò leggermente
dal petto
di Jamal per guardarlo negli occhi. Gli parve che avesse le guance
leggermente arrossate "Senza di te"
Jamal ci mise qualche secondo a realizzare ciò che Mei Mei
gli
aveva appena confessato, secondi che a lei bastarono invece per farsi
sempre più vicina a lui. Voglioso di assecondarla, anche lui
si
fece più vicino, ma dovette fermarsi quando la mano di Mei
Mei
gli toccò leggera il collo, come a chiedergli di fermarsi.
"Non...non ho mai baciato un ragazzo" confessò in un
sussurro,
imbarazzata, riuscendo a strappare a Jamal un sorriso intenerito. Le
carezzò una guancia per rassicurarla e col pollice
lavò
via gli ultimi residui di lacrime, prima di poggiare delicatamente le
sue labbra sottili su quelle di Mei Mei. La sentì
irrigidirsi a
quel tocco e aggrapparsi alle sue spalle quasi avesse paura di cadere.
Subito dopo Mei Mei si staccò da lui e fece per andarsene,
ma
Jamal la trattenne.
"Che c'è?" le domandò, preoccupato di aver fatto
qualche passo falso.
"Scusami, sono stata un disastro, io...oh che vergogna!" di nuovo
provò ad andarsene, ma Jamal glielo impedì e la
sorprese
rivolgendole un caldo sorriso. Le fu vicinissimo ancora una volta.
"Non pensare" le consigliò, prima di baciarla nuovamente
senza darle il tempo di riflettere sulle sue parole.
Fu un bacio leggermente più irruento del precedente, ma
tanto
bastò a sgombrare la mente di Mei Mei, che potè
così mettere in pratica il consiglio del ragazzo.
Completamente
in balia di quelle nuove sensazioni, diede piena fiducia a Jamal
permettendogli di guidare il bacio. Quando il ragazzo lo
approfondì un po' di più, Mei Mei dovette
cingergli il
collo con entrambe le braccia per evitare di cadere quando le cedettero
le gambe. Jamal la tenne in piedi senza fatica, ma si lasciò
scappare una risata che lo costrinse a interrompere il contatto. Anche
Mei Mei sorrise, imbarazzata e con lo sguardo basso che Jamal
risollevò prendendole il mento tra le dita.
"Ho esagerato?"
Mei Mei negò con la testa.
"Sai, è strano anche per me"
"Cosa?"
"Questo. Essere qui con te, quello che provo...è la prima
volta che mi succede"
"Non ti è mai piaciuta una ragazza?" domandò Mei
Mei incredula.
"No, non è per questo. Però a nessuna ragazza
è
mai importato così tanto di me come a te. Tu mi hai salvato,
Mei
Mei. Mi hai salvato da me stesso, dal mostro che stavo diventando. Con
te vicina ho sentito per la prima volta di poter fare qualcosa di
buono, di essere qualcosa di buono e non solo una macchina per
uccidere. Grazie"
"Non c'è di che" rispose semplicemente lei, un po' in
soggezione
dopo la lunga confessione del ragazzo. Jamal le sorrise e la
baciò di nuovo delicatamente.
"E' meglio che nessuno venga a sapere di tutto questo" disse ancora
sulle labbra della ragazza "Potrebbero usarci l'uno contro l'altra e
non voglio che succeda come quella notte al villaggio"
"La notte in cui avresti messo a repentaglio la mia vita pur di restare
nella squadra?"
"Non l'avrei mai fatto, piuttosto di vederti morire mi sarei venduto al
diavolo in persona"
Mei Mei sorrise "Lo sapevo"
"Allora sei d'accordo?"
"Sì, penso tu abbia ragione"
"Bene, ora ti porto a letto" concluse poi, prendendola in braccio.
"Magari solo fino al ciliegio, che ne dici? Rischiamo che nonna ci
scopra se entriamo così
nel tempio"
"Fino al ciliegio" acconsentì Jamal, quindi balzò
agilmente giù dal tetto.
Le grida e i colpi sempre più forti contro i muri di pietra
lo
risvegliarono dal torpore in cui era caduto approfittando di un momento
di silenzio all'interno della prigione. Più passavano i
giorni,
più però quei momenti diventavano più
brevi, e le
successive grida più forti e disumane. Ed era tutta colpa
sua,
che si era andato a fidare della persona sbagliata. Ma quando sei un
figlio illegittimo non puoi trovare aiuto che nei tuoi simili. Per
questo motivo Lars aveva riposto piena fiducia in Lee ai tempi del
Sesto Torneo. Tutto ciò che ne aveva ricavato,
però, era
quell'eterna prigionia che durava da non sapeva più quanti
mesi
e, supplizio ancora peggiore, quelle urla strazianti provenienti dalla
cella vicina.
Jin Kazama era stato recuperato dall'organizzazione segreta per cui
lavorava Raven pochi giorni dopo la fine del Torneo. Dopo lo scontro
tra il ragazzo e Azazel al tempio egizio, Lars si era convinto che Jin
fosse morto. Sarebbe stato meglio se fosse andata così, per
tutti ma soprattutto per lui, ormai schiavo di quella lotta dentro di
sè per mantenere quel poco di umanità che gli era
rimasta
e che veniva allo scoperto solo dopo le crisi più violente,
quando gli veniva somministrato l'inibitore del gene Devil. Invece Jin
era sopravvissuto, era stato recuperato, curato e mantenuto in coma
farmacologico per essere sottoposto
a studi genetici a basso rischio. Lee Chaolan l'aveva rapito dai
laboratori
dell'organizzazione con maestria, sorprendendo lo stesso Raven, quindi
aveva portato Lars alla Mishima Zaibatsu con l'inganno per chiedergli
di essere suo alleato nella conquista del potere. Gli aveva detto che
era l'occasione giusta per entrambi per riscattarsi. Al netto rifiuto
dello svedese era scattato
l'arresto e da quel giorno Lars non aveva più visto la luce
del
giorno. Uscire da quella cella era impossibile, l'entrata era solo una
e quando veniva aperta, lasciava entrare l'unica persona a cui Lars mai
avrebbe fatto del male. Un'altra dimostrazione di come Lee avesse
architettato tutto nei minimi dettagli.
Nonostante Alisa non fosse più la stessa, mai si sarebbe
sognato
di farle ancora del male. Era già stato doloroso doverla
sconfiggere ai tempi del Torneo e non voleva più che
accadesse.
Forse il supplizio più grande era quello: vedere la sua
Alisa
trasformata in una macchina priva di personalità e di
calore,
distaccata come una divinità, vuota come un manichino e
totalmente indifferente alla sua vista e alle sue parole. Era stata
messa a guardia della cella e i suoi compiti erano pochi e precisi:
sfamare e prendersi cura dei prigionieri ed evitare che scappino. Se
Jin non ne aveva le forze fisiche, a Lars mancavano le motivazioni per
fuggire. A chi si sarebbe rivolto una volta fuori? In un mondo dove
tutti erano nemici, quante possibilità aveva di incontrare
un
vero amico, di cui fidarsi ciecamente? L'unica persona nelle cui mani
si sarebbe messo senza indugi non sembrava minimamente calcolarlo.
Un altro urlo, un altro colpo, le pareti tremarono e alcuni pezzi di
muro si staccarono dalle pareti. Jin stava raggiungendo nuovamente il
limite, gli ci era voluto molto meno tempo delle altre volte. Non era
un buon segno. Se anche lui avesse ceduto, le speranze di riportare la
normalità sul pianeta si sarebbero ridotte praticamente a
zero.
Jin doveva
resistere.
La porta si aprì e Alisa avanzò verso di lui con
un
vassoio in mano, inespressiva e fredda come sempre. Poggiò
il
pasto a mezzo metro da Lars e si congedò con un leggero
inchino,
ma Lars la bloccò per un polso prima che fosse troppo tardi
e la
trascinò a terra all'altezza del suo viso.
"Alisa, guardami, per favore" la pregò indirizzando lo
sguardo
del cyborg verso di lui con una mano sulla guancia. Nessuna reazione.
"Devo andare dal signor Kazama" disse lei con voce monocorde, come un
automa.
"Non sai più chi sono?" le chiese disperato.
"Lars Alexandersson, prigioniero LS02HM3..."
Prima che potesse finire Lars la zittì premendo le labbra
contro
quelle gelide di Alisa. Fu come scontrarsi contro un iceberg, duro,
freddo e inesorabile. Alisa non si mosse, ma attese paziente con lo
sguardo perso nel vuoto. Dopo attimi che per lui furono ore, Lars
lasciò la presa sul volto di Alisa e si staccò da
lei,
guardandola ancora una volta negli occhi, nella speranza di vedere
quella luce che li aveva resi luminosi per tutto il tempo in cui
avevano viaggiato assieme. Ma le sue iridi erano rimaste del verde
opaco di sempre.
Lars le liberò il polso e si risedette sul pavimento duro
della
cella, coprendosi con la mano il volto rigato dalle lacrime. Alisa
rimase a guararlo per qualche istante, il cervello elettronico in piena
attività cercava di decifrare ciò che le era
appena
successo, ma il sistema le disse che l'operazione avrebbe richiesto
qualche ora e riattivò i software di default. Alisa si
rimise in
piedi e uscì dalla cella chiudendosi la pesante porta di
metallo
alle spalle. Sicura di essere sola nel corridoio illuminato dai neon,
si portò una mano alle labbra, ancora umide dopo il tocco
del prigioniero.
"Bene, ragazzi! Direi che quello è il nostro treno"
annunciò in pompa magna Lei dalla cima dell'albero su cui si
era appostato in attesa del passaggio del mezzo.
"Non era più semplice andare in stazione come la gente
normale?" obiettò Mei Mei, a cui l'idea di prendere il treno
letteralmente al volo non andava molto a genio.
"E quando mai siamo stati normali, noi?" le rispose Alex "Inoltre
è un buon test per provare quanto siamo migliorati
dall'ultima volta"
"Anche perchè nessuno tirerà il freno d'emergenza
questa volta" aggiunse Jamal.
"E dai, Mei Mei! Sarà divertente" la spronò
infine il pellerossa, per poi iniziare ad avanzare nel prato che
divideva il bosco dai binari. Anche Jamal fece altrettanto, dopo aver
stretto la spalla della ragazza e averla incoraggiata con un sorriso a
cui lei non potè non rispondere. Purtroppo era il massimo
che potevano fare in pubblico, per evitare di destare sospetti. Mei Mei
sospirò e li seguì. Arrivata a metà
strada sentì il treno fischiare in lontananza e
iniziò a correre, la sacca con le poche cose che si era
portata dietro ballava sulla sua schiena, ma il fastidio era minimo. In
breve raggiunse il resto del gruppo e insieme arrivarono sul ciglio dei
binari in concomitanza col treno. Balzarono quindi agilmente sul tetto
di una carrozza.
"Ci siamo tutti?" domandò Lei gridando per farsi sentire
sopra lo sferragliare delle carrozze sui vecchi binari. I tre ragazzi
annuirono.
"Ottimo! Adesso entriamo, non mi sono fatto mandare biglietti di prima
classe per viaggiare scomodo"
L'agente prese a scandagliare il lato sinistro della carrozza in cerca
di un finestrino aperto da cui poter entrare. Non appena ne
trovò uno chiamò i tre ragazzi con un cenno della
mano, quindi si gettò di testa oltre il bordo della
carrozza, aggrappandosi con le mani al finestrino aperto.
"Santi numi!" esclamò l'anziana signora appena la schiena di
Lei comparve fuori dal finestrino. Questi si voltò e, appeso
solo per una mano, mostrò alla donna il distintivo.
"Non si preoccupi, signora, polizia. Non è niente di grave,
solo..."
Si riaggrappò con entrambe le mani e, richiamate le gambe al
petto, entrò nella carrozza cercando di evitare di
calpestare i passeggeri.
"Grazie per la collaborazione signori. Entreranno altri tre ragazzi da
lì, perciò non spaventatevi e dite loro che sono
andato a cercare il controllore"
"D'a-d'accordo" balbettò la donna, unica passeggera del
vagone.
Lei annuì e si diresse verso l'uscita. Una volta sparito la
signora raccolse borsa e cagnolino per andarsene in un altro vagone in
gran fretta.
Mei Mei, Alex e Jamal entrarono uno dopo l'altro nella carrozza ormai
deserta e si guardarono intorno smarriti.
"Ho sentito solo io Lei che parlava con qualcuno?" chiese la ragazza.
"A parte questo, adesso dov'è?" domandò in
aggiunta Jamal.
"Ha detto che aveva biglietti di prima classe" constatò Alex
"Perciò propongo di andare in prima classe"
"Sempre che questo treno ce l'abbia" commentò scettica Mei
Mei.