Nuova pagina 1
Dedico questa piccola storia al mio cane!
Grazie a chi legge e recensisce!^^
Volare insieme
Freddo.
Quante volte aveva sentito freddo accucciato vicino la
porta, in cerca di un briciolo di calore proveniente dall’interno?
Tante. Troppe.
I rumori ovattati della televisione accesa, le voci allegre
e talvolta arrabbiate, il tintinnare di stoviglie e il piacevole odore
dell’arrosto del sabato sera erano ormai le sue uniche compagnie in quel cortile
minuscolo dove aveva passato lunghi e terribili anni di solitudine.
Pioggia o neve, sole o tempesta, era rimasto sempre lì,
fedele, ad aspettare gli avanzi quotidiani che quella ragazza gli portava in un
piattino di plastica.
Passava così i giorni: in assoluta noia, contando le
macchine che sfrecciavano sull’asfalto o divertendosi a seguire con lo sguardo
farfalle passeggere dagli splendenti colori.
In primavera, invece, osservava rapito le rondini giovane e
inesperte, volteggiare in aria con estrema eleganza per poi nascondersi non
appena giunta la sera.
Come sarebbe stato bello volare nel cielo, libero e senza
guinzaglio!
Essere totalmente liberi e privi di ostruzioni come padroni
arrabbiati o peggio ancora, indifferenti.
Perché, in quella casa, lui era come se non esistesse.
Ricordava di abitare lì, in quella città sconosciuta, da
quando era un cucciolo spaurito e curioso.
Rammentava i lunghi giochi a cui era sottoposto da due
teneri bambini, le lunghe passeggiate per i vicoli, le interminabili coccole e
gli sguardi affettuosi che lo sfioravano quando, maldestro, cadeva nella ciotola
sporcandosi tutto.
Quanto tempo era passato?
Anni, molti anni.
Quei ricordi sembravano appartenere ad un passato remoto,
quasi non credeva neanche di averli vissuti!
Era cresciuto, anzi invecchiato, e l’impacciata mossa di
immergersi nel cibo era diventata un’impresa ardua e scorretta.
Dalla carezze sempre più rare, ai giochi ormai scomparsi,
era giunto alla fredda indifferenza di chi, di un cane, non sa neanche cosa
farsene.
“ Vedi” gli aveva confidato un giorno, un cane suo amico “
è normale che ti trattino così” aveva fatto vagare il suo sguardo acuto e
giovane su di lui, che si era sentito in quel momento incredibilmente più
anziano “ Anche coloro che giocavano con te sono cresciuti. Non sono più
cuccioli” Lui l’aveva osservato senza fiatare, pensando a quei due suoi compagni
di avventure che ormai vedeva per qualche minuto.
“ Sono adulti. Guarda la ragazzina che ti porta la carne.
Ti ricordi com’era? Io ero ancora cucciolo e lei era come me. Ora è adulta e non
ha tempo per giocare con un cane vecchio come te”
Il cane si sarebbe dovuto sentire offeso dalle sue parole
ma nonostante tutto si limitò ad una smorfia disgustata.
Era vecchio, era la verità e se la sua famiglia non lo
aveva ancora abbandonato era per codardia o perché tenevano almeno un po’ a lui
o nelle peggiori delle ipotesi perché aspettavano la sua morte.
Rabbrividì al solo pensiero.
Fu uno di quei giorni di primavera, in un pomeriggio di
fine marzo, che decise di parlare con una delle rondini che aveva creato nido
sotto ad un tetto vicino.
Aveva sentito i gatti, miagolare una sera, su quanto erano
insopportabilmente vanitose e acide le rondinelle e su quanto disprezzassero in
modo totale coloro che non appartenevano al Mondo di Su, cioè al cielo.
Senza badare a niente che alla propria impulsività, prese
fiato e abbaiò verso una rondine che eseguiva larghi giri su se stessa – Ehi tu!
–
L’uccello si girò, infastidito.
Il cane abbaiò di nuovo facendole cenno di avvicinarsi e
quella, interrompendo i suoi divertimenti, planò su uno steccato restando a
debita distanza dall’animale che, per quanto vecchio, poteva costituire una
minaccia.
- Mi hai chiamata? Cosa vuoi? Spiegami le tue motivazioni
in fretta cortesemente, ho da fare – gracchiò lei guardandolo con sufficienza.
Il cane ringhiò sommessamente.
- Volevo solo parlare – ammise l’animale come se la cosa
fosse del tutto ovvia.
La rondine se possibile, s’infastidì ancora di più.
- Bhe allora cercati un topo di fogna e chiacchieraci, non
ho tempo da perdere – sbottò distendendo le ali nere come la pece per spiccare
il volo.
- Aspetta! Dimmi cosa si prova a volare –
La rondine chiuse le ali, sorridendo beffarda e ritornando
alla sua posizione per parlare.
Era un’occasione strepitosa per vantarsi e quindi gonfiando
il petto gracchiò in tono saccente – Oh, è una cosa che voi esseri della terra
non riuscirete mai a comprendere. Non del tutto almeno. Volare è un’emozione che
possono provocare in pochi e non c’entra nulla con quegli strani e inutili
aggeggi volanti degli umani –
Il cane l’ascoltò paziente rinunciando a ribattere
all’insulto velato delle sue parole.
- La libertà è tutto ciò che di più importante esista –
Questo lo sapeva benissimo anche da solo.
Cosa avrebbe fatto per avere un pizzico di libertà!
- Volare significa essere liberi. Però non totalmente, la
libertà è insaziabile: ne vuoi sempre un altro po’, non basta mai. Anche con
tutto il cielo a disposizione ne vorresti altro –
La guardò incredulo: a lui gli sarebbe bastato solo un
pezzettino piccolo per scorrazzare felice, a lui non serviva tutto il cielo!
- Tu non puoi capire e non capirai mai – scosse la
testolina l’uccello di fronte all’espressione sbigottita del cane.
Anche questa volta non ripose. Si limitò a guardarsi le
zampe pensando.
Ci fu silenzio per qualche minuto, poi la rondine, annoiata
gracchiò – Senti cane, ho da fare, ho perso troppo tempo con te – la rondine
scese dallo steccato, restando però a distanza di sicurezza.
-Tu mi provochi – ringhiò lui assaporando il desiderio di
staccarle la testa a morsi.
- No – Si avvicinò pericolosamente e proprio quando il cane
credeva di poterla acciuffare balzò in
avanti.
L’uccello fu più lesto e volò in alto mentre il cane sentì
uno strattone violento del guinzaglio che lo portò indietro.
La rondine rise volteggiando e coinvolgendo nelle sue risa
di puro scherno le altre sue simili.
Non si era mai sentito così umiliato in tutta la sua vita!
Abbaiò rabbiosamente causando altre risate di quei pennuti
intoccabili che si ritenevano superiori solo perché guardavano tutti dall’alto
al basso.
I gatti del vicinato osservavano la scena sonnolenti, dai
loro davanzali, non sapendo se sorridere per la figuraccia del cane, il loro
nemico, o uscire le unghie per quegli uccellacci della malora.
Non fecero niente, restarono zitti mentre le rondini si
allontanavano giunta la sera.
Il cane restò accucciato a terra senza la forza di
rialzarsi e quando la ragazza gli portò gli avanzi della cena non si alzò
neppure per odorare.
Era diventato davvero vecchio quel cane! Un giorno o
l’altro avrebbero trovata la sua carcassa.
Sembrava stanco, forse aveva corso per tutto il giardino.
Già, era troppo lunga quella catena, doveva dire a suo
fratello di accorciarla un giorno o l’altro se se ne ricordava.
Per ora doveva vedersi il film, poi avrebbe deciso.
Lanciò un’ ultima occhiata al cane: da bambina ci giocava
sempre, era il suo migliore amico.
Scosse la testa: che cosa buffa, un cane il suo migliore
amico!
Quando era cucciolo gli raccontava le sue fiabe preferite,
di principi e castelli, di fate e gnomi e del suo desiderio: come le sarebbe
piaciuto volare nel cielo libera e felice con lui.
Il cucciolo la aveva osservata e aveva abbaiato contento e
lei, bimba ingenua, si era illusa che lui avesse potuto capire.
Un cane che capiva! Doveva essere stata proprio sciocca da
piccola.
Rientrò in casa e si accomodò nel divano.
Provò un crampo allo stomaco e una fitta la cuore quando
pensò che quella sera poteva benissimo essere l’ultima volta che guardava il
cane. Il suo cane.
- Mamma sono fuori, col cane – La madre guardò stupita al
figlia recarsi in cortile.
|