forse la vita
Forse la vita, forse la morte
Lente, le grate del cancello si aprono davanti agli occhi fermi del giovane uomo.
Un rumore metallico stride fin dentro le orecchie, provocando non pochi
brividi lungo la schiena – un fastidio tale da non poter essere
celato.
Un passo in avanti, scortato da un poliziotto più che zelante, e
la catena che lega le due manette ai polsi tintinna quasi dolce,
facendo risuonare il proprio suono chiaro nell’aria circostante.
A quest’ora del mattino, a parte qualche mano che sbucava fuori
dalle sbarre, ben poche bocche hanno la voglia e lo spirito di far del
sarcasmo – quando il tempo passa così lentamente,
è sciocco credere che ogni istante sia speciale di per sé.
Solo, qualche occhio esperto è aperto, ben fisso a guardare la passerella che divide una cella da quella di fronte.
Di oppositori politici se ne vedono davvero pochi, di questi tempi; per
cui, già il fatto preso da solo è qualcosa di veramente
straordinario. Contando poi che la suddetta persona è stata
chiamata fino a qualche tempo prima “salvatore
dell’umanità tutta” la faccenda si colora di acceso
interesse – sempre per chi ha abbastanza anni sulle spalle da
poter ricordare quei tempo andati.
Ancora, se quell’uomo vanta del nome di ex- Comandante Simon
allora proprio non si può dire che sia estraneo alla
notorietà.
Oltre che sguardi astiosi, si sente qualche ghigno sommesso e un
brontolio contrariato. Così, i nuovi compagni accolgono nel
carcere di Rinkane quel ragazzetto dall’aria fin troppo sostenuta.
Simon non sembra spaventato dalla nuova impresa cui deve far fronte,
non sembra intimorito dalla nuova compagnia che lo circonda. Il suo
passo è fermo, il viso punta in alto – è difficile
rinunciare all’orgoglio quando ci si è cibati di tale
prelibatezza per anni e anni interi.
Così, quando le sbarre della sua nuova cella si chiudono alle
sue spalle non può che concedersi un sospiro profondo e
frustrato; chiude gli occhi, rilassa le spalle.
Proprio, il freddo di quel luogo gli sta già entrando nelle ossa.
Arriva, però, una voce fin troppo glaciale nel suo essere ferina, pregna di gioia immensa che sfiora la commozione.
-Oh, che ospite interessante…-
Volta il capo in fretta, Simon, per ritrovarsi davanti un viso fin troppo conosciuto.
Ecco, la Bestia lo accoglie nella sua tana a braccia aperte.
Viral sorride, spietato, nella sua felicità palese.
-Benvenuto in prigione, Comandante in Capo Simon!-
Ogni parola, ogni lettera che viene detta si colma di sarcasmo
impietoso – tutte le umiliazioni vengono ivi riversate e
tramutate in odio puro e semplice.
Così, gli occhi dell’uno di fissano nello sguardo dell’altro.
-Ah, già… tu non sei più il Comandante, giusto?
Dovrei dire “Criminale di guerra” Simon, no? Anche stando
qui dentro, ci arrivano comunque notizie dall’esterno. Non la
trovi una situazione interessante, Simon? L’uomo bestia della
ribellione e l’eroe che ha liberato gli umani… ora si
trovano dietro le sbarre assieme, grazie al tanto decantato
“processo”…-
Pausa, Viral ha bisogno di godersi tutte le sensazioni che questa situazione inaspettata gli hanno creato nel petto.
-A questo punto non dovrei più dubitare della saggezza degli umani…-
Non si ricorda l’Eroe, in effetti, quanto possa graffiare una voce carica di astio.
Il ricordo di Rossiu è quanto mai scottante nella memoria,
difficilmente sarà cancellato da qualche altro lieve evento.
Eppure… eppure Simon sente quanto l’odio di Viral sia
più radicato, fin nelle radici del suo animo immortale. Ha
sperimentato sulla propria pelle cosa vuol dire assistere alla morte di
un amico – non può che comprendere lo spirito della
Bestia, priva ormai di ogni punto di riferimento.
Sospira, tornando nuovamente a fissare la finestrella della propria cella. Grande, la Luna bianca si para ai suoi occhi.
Non è quello il tempo di soffermarsi troppo sui particolari.
-Due settimane ancora…-
La sala mensa è ampia e spaziosa, dotata di innumerevoli tavoli
dove anche i più ostinati solitari possono trovare qualche
minuto di raccoglimento per riempire sovente i propri stomaci.
In un posto del genere, i timidi sussurri discreti sembrano quasi urli
svergognati. Ma certo non è un problema, dal momento che alla
gente che lì è costretta ad abitare il pudore è
proprio estraneo.
Mille e più sguardi sono puntati addosso all’ex Comandante
in Capo, come coltelli vorrebbero trapassare le sue spalle e
conficcarsi nella carne, facendo uscire litri e litri di sangue.
Un animale da macello, questo è quello che parve a tutti Simon. La sua carne è decisamente la più ambita.
-A che scopo mangiare se fra nemmeno due settimane dobbiamo crepare tutti?-
-Ehi, eroe! Perché non fermi la Luna?-
-Che ci fai qui? Non dovresti essere là fuori a proteggerci tutti?-
La mano si muove lesta dal vassoio alle labbra, dalla ciotola scura
alla bocca. Simon non ha certo tempo per badare a queste cose, a quelle
voci fin troppo insolenti.
Francamente, non ne ha neppure la voglia.
Dov’erano tutti quando il dominio di Lord Genone era stato
spodestato? Dov’era la folla la cui libertà era stata
appena garantita?
Erano tutti ad acclamarlo, chiamandolo Salvatore, Liberatore, in quei giorni.
Ora, vinti dall’ipocrisia, non fanno altro che dare aria alla
bocca; perché è più facile dare la colpa agli
altri piuttosto che ammettere di poter errare.
Questa consapevolezza è la miglior protezione che il giovane
uomo possa erigere, così che le parole malevoli dei suoi nuovi
compagni cadano rovinosamente a terra senza averlo minimamente scalfito.
Con gli occhi stanchi fissa il cibo che porta ai denti, come un automa sembra muovere le dita.
Non pensa più, Simon. E’ completamente vuoto.
Arrendersi all’evidente sconfitta inflittagli dai propri alleati
non cosa da prendere nemmeno in considerazione, la mente non lo
accetterebbe neppure sotto tortura. Allora, imputare ad altri la
propria sconfitta significherebbe abbassarsi fino al degrado totale
dell’anima.
Cosa pensare? Cosa fare?
Un quesito simile logora fin nel midollo, specie una persona che a
pensare non è proprio abituata, che a certe situazioni non aveva
minimamente pensato.
Così, Simon continua a mangiare, come lo farebbe un cane –
un animale qualsiasi privo d’intelletto – mostrando una
maschera pallida che ricorda i tempi che furono. Almeno
l’illusione si doveva salvare.
Solo il tempo avrebbe deciso, e questa unica speranza lo portava a credere di poter fare ancora qualcosa.
Se mai alzasse la testa dal suo posto, prestando un poco
d’attenzione anche al mondo che ha contribuito a formare,
potrebbe tranquillamente vedere due paia d’occhi che lo scrutano
nel più totale silenzio.
E’ ciò che lo aspetta prossimamente.
I minuti scorrono lentamente, quasi gelosi dei propri secondi.
Goccia dopo goccia, la fredda doccia di quel luogo tetro –
persino le luci hanno timore di mostrarsi più vive degli animi
ivi presenti – lava via la polvere e lo sporco da quel corpo
slanciato.
Non la tristezza, non il languore, non riescono ad arrivare così
in profondità. Scivolano sulla pelle leggere, picchiettando
appena sui muscoli ancor tesi. Non si fermano neanche un secondo.
Occhi ancora fissi in avanti, privi di ogni espressione.
Tutt’attorno, voci concitate che paiono animare l’ambiente.
In realtà non potrebbe essere più morto di così.
Esce, Simon, ritrovandosi incredibilmente solo. Non avrebbe forse la
forza di sostenere ancora la prova di fronte a qualcuno che lo guarda
neanche fosse un insetto molesto.
Un sospiro, mentre i capelli vengono asciugati da gesti isterici di un panno candido sopra la testa.
Ed ecco che arriva.
Il fendente di una mano artigliata sfiora il fianco magro
dell’uomo, quasi lo tocca. Davanti agli occhi dell’ ex
Comandante compare un uccello a cui sono state tarpate le ali.
Patetico, così come le sue infime lamentele. Non credevi che il
degno avversario qual’era Cytomanter potesse circondarsi di
simili individui meschini.
D’altronde, il rimorso è una delle spinte più forti
che esistano, così com’è vero che l’odio
è facile da assimilare.
Lo legge nei suoi occhi, Simon, la delusione cocente della sconfitta.
Non può che rendersi conto di quanto in effetti siete simili.
Un paio di colpi schivati, e una gamba vile lo fa piombare a terra a
contatto con le mattonelle fredde. Lo guarda in viso, sostenendo con
orgoglio il suo sguardo; se egli ha delle buone motivazioni per
ucciderti, il giovane uomo ne ha altrettante per vivere.
O forse non è così?
Non importa, non ha tempo per queste cose.
Viral compare, improvvisamente, fermando con un semplice calcio
quell’essere tanto inutile. Torna a posare lo sguardo irriverente
sull’altro, come se mai avesse smesso.
Simon detesta quello sguardo. Non ha di che credersi superiore eppure,
eppure continua a sostenere la propria volontà integerrima
– perché non è ancora crollato?.
Non risparmia nessuno, Viral; egli non ha natura gentile.
-Questo è l’aspetto che più ti si addice, scimmia nuda…-
Allora ricorda cos’è l’orgoglio, ricorda il suo nome e la missione che ha sempre portato stampata in viso.
Non accetta critiche dal momento che la sua coscienza non ha mai avuto di che lamentarsi.
-Cosa?-
Ma Viral non pare dello stesso parere, e continua imperterrito a stuzzicarlo,
Terribile, il volto coperto da quella massa di capelli biondi
spettinati, un unico occhio che sembra sprizzare divertimento puro.
Davvero, dev’essere esilarante vederlo ridotto così.
-Hai perso Gurren – Lagann, la tua donna e i tuoi
compagni… Sei tornato a essere una Scimmia nuda. Sei in grado
almeno di non perdere la tua stessa vita?-
-Che hai detto?-
-Kamina era in grado di affrontarmi alla pari anche senza armi…-
No, quel nome no. Non lo vuole sentire.
Non da quelle labbra, non da quell’assassino.
Urla, più a te stesso che a lui – vuoi essere assordato dalla tua stessa voce.
-Stai zitto!-
Un ultimo ghigno, prima che, mosse appena le spalle all’irrisoria gioia, gli risponda ancora.
Un ultimo attacco, prima della vera e propria lotta.
-Oh? Cos’è quell’espressione? Se non ti piace quello che ho detto fatti sotto!-
Sa bene, Simon, che un’anima ferita diventa violenta.
Un animale dalla zampa sanguinante morde con più facilità, seppur di indole buona e gentile.
Viral non è gentile, non è buono, ed è più che dolorante.
Ovvio che i suoi pugni fanno male, così come le sue parole sono più irte delle spine dei bassi cespugli di rovi.
Il labbro è spaccato, lo zigomo è dolorante. Erano dovuti
andare a dividerli a forza, altrimenti quei due si sarebbero massacrati
di botte fino a porre fine alle loro esistenze.
Quant’è stupido un comportamento simile, lo crede persino lui.
Ma non ha potuto far altro che assumerlo, mosso com’era
dall’irritazione e dall’astio che Viral gli aveva fatto
nascere in petto.
Ora, però, che lo sguardo è fermo, il respiro regolare
– il dolore abbastanza lieve da permettere il pensiero –
torna la mente a domandarsi le più infime questioni.
Era stato l’istinto a muovere i muscoli del corpo, la ragione non aveva avuto possibilità di dire la sua.
E’ ancora necessaria tutta questa farsa?
D’altronde, se l’attesa non verrà premiata, come si
potrebbe dare un senso a tutto questo? Irrisoria diventerebbe ogni
azione, proprio perché priva di fine.
Sospiri, guardando il vuoto.
Questione d’attesa, questione d’essere puramente pazienti.
L’anima non è però abituata a tergiversare
così a lungo, e freme tutta per l’impazienza.
Se deve morire, allora lo faccia subito, risparmiandogli questa tremenda agonia.
-Ohi, Scimmia Nuda… non hai ancora provato a morderti la lingua per soffocarti?-
Si chiede, Simon, per quale assurdo motivo quella Bestia debba riuscire
sempre così precisa nel trovare i momenti appositi a trovarlo
più fragile.
Sembra quasi che vada ad istinto.
-Pensavo non avessi retto nemmeno qualche ora, a dirla tutta… sei così ridicolo!-
Vuole uscire l’orgoglio dalla gola di Simon, forse tentenna un
attimo – la fatica comincia a farsi indi sentire – ma
quando le labbra si piegano il tono diventa aspro.
-Taci! Non dire una parola di più!-
Un ghigno si dipinge sulle labbra di Viral mentre le parole continuano ad affiorare dai polmoni.
All’improvviso, è un’espressione amara quella che altera i lineamenti del viso.
-Pensavo di essere stato sconfitto da un Guerriero, non da un uomo
qualsiasi… è imbarazzante vedere colui che ti ha
sconfitto in queste condizioni pietose!-
Forse la vita, forse la morte…
Cos’è che ti ha sconfitto così, Simon?
Piegando la testa di fronte al vincitore – sempre ritta all’apparenza – sei finito con il viso a terra.
Hai gettato la spugna ancora prima di cominciare realmente a combattere.
Hai creduto d’essere finito, la gloria che ha dipinto le tue imprese s’è trasformata in diffamazione.
E’ forse conclusa ogni cosa? Come fai a valerti ancora del nome di eroe?
Finché ci sarà anche
una sola persona da salvare, finché ancora ci sarà
qualcuno da proteggere, il tuo compito non è finito.
Alzati, rizza la tua schiena.
Non puoi permetterti di morire.
Kamina è morto arridendo la sorte.
Per essere grande – per
superarlo – devi semplicemente continuare a vivere. Questo
renderà la morte solo un fatto come un altro.
Niente d’altro.
Alzi lo sguardo, dopo tanto tempo ancora vivo.
Sorridi, guardando la Luna pallida. Ora ti sembra solamente bella.
-Io non sono finito…-
Nata come progetto di tutt'altro, alla
fine sono arrivata ad analizzare le sensazioni che Simon deve aver
provato in quelle puntate in cui si vede in prigionia.
Spero vi sia piaciuta ^^
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