If you feel that it's real I'm on
trial
And I'm here in your prison
Like a coin in your mint
I am dented and I'm spent with high treason
Ace seppe di essere nei guai dal momento
in cui lo vide. Teach era un uomo grande, addirittura quasi troppo grande per
poter davvero causare dei problemi, ma il giovane era eserto di queste cose.
Ricordava la disperazione che il bastardo aveva provocato nel lasciare la banda.
L’impresa nella sua interezza aveva causato una catastrofe, scuotendo le fondamenta
dell’organizzazione che il vecchio Babbo Newgate aveva costruito dal nulla grazie
al suo duro lavoro. Anche se la polizia li considerava una “banda”, erano più
un grande gruppo composto da fratelli, zii e padri; Marshall D. Teach aveva
distrutto tutto. Ora un uomo era morto, una nuova vedova si stava disperando
ed il colpevole era ancora uccel di bosco.
Quando il Babbo gli aveva assegnato
la missione di rintracciare Teach, lui si era messo subito all’opera. Teach
and Billy Sachman erano due degli uomini che stavano sotto il suo comando nella
divisione di Atlanta, perciò li conosceva meglio del Babbo. Quei due erano stati
come fratelli negli anni passati assieme nella banda. Teach era stato persino
il testimone di Billy, quando aveva sposato Denise, cinque anni prima. I dodici
anni precedenti non erano stati altro che una finzione per quell’uomo, gli ultimi
tre erano una fonte di memorie dolorose, per Ace.
Ovvio, dato che era stato lui a trovare
Sachman, o “Sachi”, il mattino dopo che Teach l’aveva ucciso, ridotto in pezzi
sanguinolenti. Denise aveva chiamato Ace, poiché voleva sapere dove stesse nascondendo
suo marito. Lui si era precipitato nel macello che Sachi e Teach dovevano sorvegliare
durante la notte, per prevenire attività di bande rivali. Era stata una scena
terribile, tanto da assicurarsi che Denise non la vedesse mai. La scoperta che
Teach era introvabile gli aveva fatto ribollire il sangue. Ace sapeva che l’unico
modo per alleviare il dolore della ferita era estrarre la spina che l’aveva
causata.
Per Ace, era il momento di mettersi
alla prova. Era molto più giovane della maggior parte degli uomini che comandava,
addirittura anche di venti o trenta anni, minimo. Era un prodigio, e solo pochi
uomini dubitavano che fosse così tanto abile ed intelligente. Il Babbo sapeva
che era un capo capace ed in gamba, semplicemente per i suoi legami con quel
militare eroe di guerra. Era totalmente sicuro che avrebbe completato la missione
e riportato Teach all’ovile per la giusta punizione. La mente di Ace giocherellava
con immagini tipo scarpe di cemento, mentre comprava un biglietto per Vegas,
dove sapeva di poter trovare la sua preda. La florida città pullulava di alcol,
donne, soldi e lecchini, che, sapeva, Teach adorava. Adesso era solo una questione
di tempo.
Through a glass eye your throne
Is the one danger zone
Take me to the pilot for control
Take me to the pilot of your soul
L’aria era molto, molto pesante, afosa
e pungente per l’odore dolciastro delle sigarette delle altre persone. Già da
tempo, il barman aveva abbassato le luci, in modo che la ragazza sul palco monopolizzasse
l’attenzione con un vestito di lustrini ed i capelli ricci a forma di alveare,
mentre cantava una qualche canzone dei vecchi tempi. Anche se era al bar, Ace
poteva notare che si trattava di una nullità ben abbigliata. Da un momento all’altro,
lo sapeva, il pesante strato di trucco si sarebbe rotto, staccandosi dal suo
viso per precipitare sul pavimento. Comunque, gli altri clienti l’apprezzavano.
Era un buco sozzo, pieno di puttane
e canaglie che non potevano entrare nei casinò più rispettabili. Ace bevve il
suo scotch disdegnato; quel genere di posto faceva sembrare pazze le persone
come lui. Era disgustoso il fatto che, anche scegliendo il Sands o il Mirage,
i clienti sarebbero stati gli stessi, solo vestiti meglio.
Voltandosi verso il banco, diede la
schiena alla cantante e fissò il ghiaccio rimasto nel bicchiere. I cubetti rotondi
si stavano sciogliendo, rilasciando una sottile brina quando agitava il contenitore
trasparente. Fingeva di non notare l’uomo dai vestiti casual che si era seduto
al suo fianco, posando una cartellina di cartone sul bancone sporco.
“Pensavo non avessi intenzione di
rilassarti finché non avessi preso l’assassino di Sachi,” disse l’uomo a voce
bassa, così che solo Ace potesse sentirlo.
“Hey Joe, voglio un altro giro; uno
anche per il mio amico qui,” disse Ace al barman. Il buzzurro versò altri due
bicchieri e ritornò a guardare lo spettacolo, ignorando completamente sia lui
che il suo compagno.
“Non scherzo, Ace,” continuò l’uomo,
prendendo la sua bevanda. “Il Babbo sta iniziando a chiedersi se davvero hai
le capacità di azzannare una preda.”
“Il Babbo non ha mai detto niente
del genere.”
“E’ da un po’ di mesi. Pensavo avessi
detto di essere vicino a prenderlo tre settimane fa.”
“Infatti.”
“Che è successo?”
“Sai cos’è successo, Marco. Quello
che mi succede sempre anche quando sono al massimo.”
“Una donna?”
“Mi sono addormentato.”
Marco sospirò e fece scivolare la
cartella più vicina ad Ace.
Interessato, lui la prese e ne guardò
il contenuto. C’era un’altra piccola cartellina bianca, ma il resto erano fotografie
sfocate prese da una telecamera di sicurezza. Gli ricordavano quelle che suo
nonno faceva con una vecchia Polaroid a lui e a suo fratello quand’erano bambini.
I contorni erano abbastanza definiti da poter riconoscere sullo sfondo un uomo,
che leggeva un giornale nella hall di un Hotel. Allargò le narici per
la rabbia.
“Questa è stata scattata pochi giorni
fa in un hotel qui in fondo alla strada,” disse Marco, notando la sua rediviva
ira. “Conosco il proprietario; ci deve un favore. Sta tenendo d’occhio Teach.
Sembra che stia cercando di crearsi una sua banda.”
“Perché dovrebbe farlo?”
“Potrebbe avere a che fare con questo,”
disse Marco, indicando una delle fotografie ancora sul bancone. Ace la prese
e vide che raffigurava Teach nella sua stanza, insieme a qualche altro tizio.
Teneva in mano con ammirazione una pistola. Anche senza l’indicazione del colore
e l’aiuto della chiarezza, lui poté dire di chi fosse quell’arma.
“E’ la Switchblade di Sachi,” mormorò.
“Artigianale, giusto?” chiese Marco.
“Si dice che fosse molto protettivo nei confronti di quella pistola e che la
considerasse seconda solo a sua moglie.”
“Switchblade è probabilmente una delle
migliori pistole che siano mai state costruite. Nessun’altra è al suo pari.
Ha una forma così bilanciata ed una precisione di tiro che persino un bambino
potrebbe usarla per uccidere.”
“Quindi cos’ha in mente di farci Teach?”
“E’ quello che voglio sapere,” disse
Ace. Si alzò velocemente e quasi corse fuori dal bar. Marco scoccò un’occhiata
allo scotch abbandonato e sospirò.
“Quel dannato ragazzino finirà per
farsi ammazzare."
Si scolò entrambi i bicchieri e non
ci pensò più.
Take me to the pilot
Lead me through the chamber
Ace si appoggiò ad un albero, ansimando
con fatica mentre respirava. Silenziosamente, ringraziò il tronco per trovarsi
in quel luogo. Il giovane si irrigidì al sentire il ruggito del motore di una
vecchia automobile che viaggiava verso di lui. Sarebbe stato un bel risparmi
di tempo se non avesse dovuto occuparsi dei tirapiedi.
“Gracias per il passaggio, Doc!” rise
una voce forte. Ace digrigno i denti, sdegnato. Un’automobile scoppiettò pigramente
dall’altro lato della strada, e con un suono sordo scosse le fronde dell’albero.
Ace raggiunse la pistola nella sua fondina laterale e si preparò.
“Io non lo farei se fossi in te,”
gli disse all’orecchio una voce ironica. Si ritrovò sul collo la parte
sbagliata di una fretta pistola, e si paralizzò.
“Va’ a casa,” disse lui, mentre un
braccio lo prendeva per il collo. “Questi non sono affari vostri.”
“Oh, ma sono decisamente affari nostri,
hombre,” rise ancora la voce potente. Il più grosso e all’apparenza forte messicano
che Ace avesse mai visto entrò nella sua sfera di visione. Si infilò un paio
di tirapugni d’ottone e soffocò una risata.
“Fa’ attenzione, Jesús,” lo avvertì
l’uomo dietro Ace. “Teach lo vuole vivo.”
“Solo due colpi, mi amigo,” sorrise
l’altro. “Non posso lasciare che il capo si prenda tutto il divertimento.”
“Perciò,” sbottò Ace, “Teach è davvero
caduto in basso. Da quando ha bisogno di servirsi di un miserabile crucco e
di un immigrato idiota che facciano il lavoro sporco per lui?” Una scintilla
si accese negli occhi del messicano.
“Tú canalla!” ruggì Jesús, gettandosi
verso di lui. Ace sorrise mentre l’arma si spostava dal suo collo al cielo,
percorrendo un ampio cerchio in aria.
“Cosa ti avevo detto?” brontolò l’uomo
con la pistola. “Me ne frego di quello che dice di noi!”
“Calmo, calmo, Auger,” sospirò una
voce che ravvivò le fiamme della rabbia di Ace. Era bassa; troppo, perché il
messicano potesse udirla. “Sai che ho assunto Jesús perché non era proprio il
più intelligente a disposizione. Tutto ciò che deve fare è prendere a pugni
i bravi ragazzi ed è l’uomo adatto per questo lavoro.”
“Hai ragione,” disse il pistolero,
rilasciando il collo di Ace. Lui immediatamente lo spinse via e si voltò per
guardare Teach. Era in piedi vicino ai bassi cespugli, l’automobile a circa
cinque passi da lui.
Un uomo grosso, proprio come Ace ricordava.
Forse, un po’ troppo grosso.
Take me to the pilot
I am but a stranger
“Perché l’hai fatto, Teach?” chiese
Ace. Sentiva gli occhi arrabbiati di Jesús, così come il freddo sguardo di Auger,
fissi su di lui. Gli occhi di Teach, comunque, erano pieni di divertimento ed
allegria.
“Fatto cosa?” chiese lui.
“Sei stato tu ad uccidere Sachi.”
“E questo come puoi saperlo?” lo schernì
Teach.
“Tu e Sachi eravate gli unici in quella
zona quella notte. In più, hai tu Switchblade. Qualcosa mi dice che stai progettando
qualcosa di davvero grosso se hai dovuto uccidere il tuo migliore amico e rubare
la sua preziosa pistola.”
Ace fissò Teach, gli occhi illuminati
dal fuoco della rabbia.
“Zeh-heh,” rise Teach. “Penso di non
poterti nascondere niente, ragazzino. Non l’avrei mai detto, ma sembra che tu
sia davvero qualcuno.”
“Sono il tuo comandante. Non pensi
che fosse una prova sufficiente?”
“Ah, ma qualche volta sono quelli
dei ranghi più bassi che dovresti tenere d’occhio.” Teach gli puntò la pistola
direttamente alla fronte. “Sachi non è mai stato un mio amico, né lo sei stato
tu. L’unica ragione della mia presenza era Switchblade, tutto qui.”
“Tutte balle. Sachi e Denise ci tenevano
a te, e così anche il Babbo. Non puoi semplicemente voltarti e pretendere che
gli scorsi dodici anni non contino.”
“L’ho appena fatto,” sorrise Teach.
Schioccò la lingua, un grande ghigno sul volto.
Improvvisamente, tutto diventò nero.
Take me to the pilot
Lead me through the chamber
Ace mormorò mentre si svegliava di
colpo. Aveva la gola secca e i muscoli addormentati. Si stiracchiò leggermente,
quanto bastava per notare che aveva le mani legate dietro la schiena. Il pavimento
su cui stava era ricoperto di qualcosa, e più freddo della brezza invernale.
“Ben svegliato finalmente,” disse
la voce impassibile di Auger, a distanza. Ace aprì gli occhi e si guardò attorno.
Auger era seduto su una cassa lontana circa cinque piedi da lui, e puliva il
fucile.
Al soffito erano appesi grandi pezzi
di carne, da poco tagliati, visto che stavano ancora gocciolando sangue. Ace
poteva vedere il suo fiato ed iniziò a tremare per via dell’ambiente gelido.
“Dove sono?” domandò, attento a non
perdere il suo sangue freddo.
Auger proseguì la pulizia della pistola.
“Un congelatore per la carne,” rispose.
“Dov’è Teach?”
“Non qui.”
“Che stai progettando?”
“Io non progetto niente; ci pensa
Teach al posto mio.”
Ace rimase sdraiato là per quelle
che sembrarono ore. Più a lungo il suo stomaco brontolava, più la sua testa
doleva. Il suo carceriere doveva avere almeno dieci differenti pistole addosso,
e le stava pulendo e controllando tutte.
Dietrich von Auger: un cecchino così
capace, che avrebbe potuto vincere da solo la guerra in Europa, se non fosse
stato in prigione per aver trovato da dire ad Hitler. Non c’era possibilità
di fuga finché aveva abbastanza potenza di fuoco.
Da qualche parte una porta sbatté
e si sentì il pesante suono di quattro paia di passi. Ace tentò di allungare
il collo per guardare, ma Auger lo colpì con il calcio di un fucile.
“Come sta il nostro piccolo ospite?”
ridacchio Teach.
“Ora è sveglio,” fece una smorfia
Auger. La spina dorsale di Ace venne colpita da un calcio. “Deve aver cercato
un sistema per scappare. Ha fatto solo tre domande.”
“Tre o quattro e sta complottando
qualcosa,” disse Teach in tono casuale. Afferrò Ace per la collottola e lo lanciò
contro uno dei pezzi di carne appesi e congelati a metà. “Stai progettando
qualcosa, vero, ragazzino?!”
Ace si accartocciò sul terreno, un
sangue estraneo che gli bagnava la faccia ed i vestiti. In quello stato, sapeva
che una lotta era fuori questione. Aveva troppo freddo e troppa fame per essere
d’aiuto a se stesso. Se si fosse scaldato un attimo, forse i suoi muscoli avrebbero
collaborato a sufficienza per farlo uscire di lì e raggiungere il cibo più vicino.
Già... Del cibo. Era l’unica cosa su cui riusciva a concentrarsi al momento.
“Cosa ne faremo di lui, Teach?” tossì
una voce roca. A replicare fu il rozzo Jesùs.
“Lo uccideremo, ovvio! Stavi pensando
a qualcos’altro Doc?”
“Oh, non lo so. Sembra un ragazzino
così vispo.”
“Io so precisamente cosa farne di lui,”
disse Teach minaccioso. “Potrebbe davvero diventare utile.” Ace si sforzò per
alzarsi, magari anche battersi con il bastardo, ma si paralizzò a mezz’aria.
Con un gemito silenzioso, cadde sul terreno, indifeso ed addormentato. Doveva
capitare proprio in quel momento?
Take me to the pilot
I am but a stranger
Ace sedeva all’angolo di una stanza
sporca e spoglia, fissando i suoi carcerieri. Auger si stava affacciando fuori
dalla finestra, che faceva entrare a gocce all’interno della stanza il forte
ruggito di una folla. Teach stava pulendo Switchblade, accarezzando meticolosamente
ogni singola parte. Jesús and “Doc” stavano facendo un discorso solo in parte
in inglese riguardo qualcosa. Il quinto, un uomo smilzo con un bastone, non
era ancora ritornato indietro. Se n’era andato poche ore prima per occuparsi
dei “preparativi” e non era più tornato. Il corpo di Ace doleva per le botte
ricevute nel congelatore della carne. Non aveva avuto da mangiare; solo tirapugni
d’ottone e stivali rinforzati d’acciaio. Dopo che si era addormentato, loro
si erano assicurati che non andasse da nessuna parte.
“Fra quanto tornerà Lafitte?” chiese
Auger, a disagio. “Dubito che occuparsi della sorveglianza si ciò che lo sta
tenendo occupato.”
“Lascialo giocare,” sbadigliò Teach. “Lafitte tornase sempre. La parata potrà
anche avere la sicurezza più stretta della città, ma noi dobbiamo essere ancora
più prudenti. E’ ritornato dal nord di Seul.”
“Qui non siamo in Corea,” disse Doc.
“Siamo tutti più vecchi per vivere sul filo del rasoio. Perché ce l’hai tanto
con quel tipo, comunque?”
“Per un sacco di motivi, in realtà,”
disse Teach, incastrando al suo posto l’ultimo pezzo della pistola. “Più di
quanti si sapranno mai.”
“Avete intenzione di far incolpare
me?” chiese Ace, la voce debole. Strattonò leggermente le manette che lo incatenavano
ad un tubo. Non aveva né mangiato né bevuto in due giorni.
“Guardate chi ha deciso di tirare
fuori le palle per parlare,” rise Jesús. “Che ne pensi, mijo? Che ti lasceremo
semplicemente andartene senza preoccuparcene?”
“Penso che ti potrebbe piacere chi
abbiamo preparato per te,” disse Teach mentre ammirava Switchblade alla luce
solare che penetrava dalla finestra. “Penso che sia proprio il tuo genere.”
Proprio in quel momento, Lafitte entrò
sbattendo la porta. Il bastoe che portava somigliava maggiormene a quello di
un pappone piuttosto che quello di un poliziotto. Lo puntò verso Auger, i suoi
occhi freddi, per fargli cenno.
“Via dalla finestra. Stanno facendo
un controllo visivo proprio ora,” ordinò. Auger saltò giù dal davanzale e si
nascose in un angolo. Tutti gli altri si sposarono con attenzione contro il
muro opposto.
“Grazie Lafitte,” disse Teach, alzandosi
per stringere la mano al poliziotto. “Com’è il resto del sistema?”
“Parecchio stretto fino a questa curva,” disse Lafitte. “Se qualcuno farà qualcosa,
deve essere da quest’angolo. Persino i mattoni hanno occhi qui intorno.”
“Bene, bene...” Teach si interuppe
per pensare. “La parata è pronta? Partirà presto?”
“Già in moto tra la Quinta e Kings.”
“Ben fatto. Ritorna qui non appena
puoi senza insospettire nessuno. Ci affidiamo ai nostro bravi uomini in uniforme
perché facciano il loro lavoro e facciano rispettare la legge fino in fondo.”
“Perfetto,” sorrise Lafitte. Si voltò
e colpì Ace con il bastone negli stinchi prima di uscire.
“Penso di vederli arrivare,” sussurrò
Ager. Teach si affrettò alla finestra e rise di cuore. Afferrò in fretta Switchblade
ed un gruppo di munizioni. Le mise nel cilindro ed armò la pistola.
“Posso almeno sapere chi sto uccidendo?”
chiese Ace. Auger sorrise mentre si allontanava di nuovo dalla finestra e si
avvicinava a lui con un tubo.
“La cara vecchia botte di lardo,” ghignò.
Alzò il tubo sopra la sua testa proprio nel momento in cui Teach prendeva la
mira fuori dalla finestra. Ace sentì una fitta allo stomaco; non aveva lasciato
casa proprio con buone maniere e non era ancora riuscito a dire al nonno che
gli dispiaceva. Adesso era troppo debole per fare qualsiasi cosa; non lo legavano
delle corde che potesse bruciare con il suo accendino, e poi non aveva energie
da spendere in un combattimento corpo a corpo. Ace svenne, quando il tubo lo
colpì in testa, con la pistola che restava solo un rumore soffocato e distante.
Well I know he's not old
And I'm told he's a virgin
“Riconosci questa pistola?” chiese
l’ufficiale. Ace fissò Switchblade, indicata come arma del delitto e tenuta
con un guanto bianco. “Allora moccioso, la riconosci?”
“Quella non è mia, ma di Sachi,” disse,
la luce brillante sopra la sua testa gli faceva strizzare gli occhi. “Non l’ho
mai usata per uccidere nessuno.”
“Non ti ho ancora chiesto se hai ucciso
qualcuno,” si accigliò l’ufficiale. Soffiò il fumo dal suo sigaro e sospirò.
“Ascolta, ragazzino, non stai collaborando e noi possiamo stare qui tutto il
giorno se non cambi atteggiamento.”
“Vuoi dire se non confesso,” disse
Ace. Desiderò di potersi massaggiare i polsi, che venivano tagliati dalle manette
che lo tenevano legato alla sedia. Aveva provato a divincolarsi prima, ma la
sedia era fissata con sicurezza al terreno; brutto segno.
“Ti avverto, ragazzino,” disse l’ufficiale.
“Niente scherzi o ti spedisco dritto in Texas, e sai cosa fanno laggiù agli
assassini come te?”
“Ammetto di aver litigato con parecchie persone, ma non ho mai ucciso nessuno,”
disse Ace. “Dovete cercare Marshall D. Teach!”
“Teach ha un alibi per quel giorno:
era senza dubbio dall’altra parte della città.”
“Ha avuto un aiuto da un poliziotto!”
“Se stai parlando di Lafitte, era
presente e al suo posto come addetto alla sicurezza durante la parata. E’ stato
lui a trovarti, no?”
“Ho altri nomi… Dietrich von Auger, Doctor Quentin Nigma, Jesús de el Toro…”
“…tutti con Teach, e confermano il
suo alibi. Pensi davvero di poter scampare al pubblico omicidio di tuo nonno
accusando persone che erano senza dubbio da tutt’altra in un parte? Da quando
hai iniziato a sfinire con questa storia, mi sono procurato delle prove scritte
che confermano che quei quattro stavano lavorando maneggio. Mentre tu ti occupavi
dell’omicidio, stavano insegnato a cavalcare come dei cowboy a dei graduati
di quinto livello.
“…ma Teach ha ucciso Sachi e io sono
andato a cercarlo e poi loro mi hanno accusato! Agente Smoker, ho cercato di
evitare che potesse accadere qualcosa del genere! Che motivo avrei avuto per
uccidere mio nonno?”
“Tante quante può averle uno che scappa
di casa,” disse l’ufficiale. Guardò uno dei muri a specchio e si accigliò. “Tashigi!
Ho bisogno di altro caffé!"
For he may be she
But what I'm told is never for certain
“Smoker, sai che non mi sono mai nemmeno
immaginato di avvicinarmi a Garp,” disse Ace, il tono più basso possibile. “Ho
una bella vita adesso ad Atlanta. Mi vedo con una ragazza; è molto carina e
probabilmente preoccupata a morte per me. Sa che non farei mai qualcosa di dannatamente
sbagliato, perché lo sapresse prima che io abbia la possibilità di farlo. La
mia ragazza è troppo sveglia perché possa nasconderle qualcosa di così grosso.”
La porta si aprì cigolando e l’assistente
di Smoker entrò con il caffè. Era una bella ragazza orientale con spessi occhiali
che Smoker, sapeva Ace, osservava di sottecchi mentre gli versava la brodaglia
bollente. Lei fissò Ace freddamente, dicendogli silenziosamente che se fosse
stato per lei, sarebbe già morto.
“Somigli un po’ alla mia piccola Kai,”
disse lui gentile.
“Kai è un nome maschile,” disse lei
acida.
“Be’, l’hanno scelto i suoi parenti,
che ci poteva fare?”
“Tashigi-san, iie,” disse Smoker,
trattenendole in gola quelle che sarebbero stati insulti. La sua assistente
riprese la caraffa precedente e si allontanò in fretta dalla stanza, chiudendo
senza impegno le pesante porte d’acciaio.
Smoker bevve il caffé e fissò Ace.
Erano lì dentro da ore ormai, girando attorno alla stessa vecchia conversazione.
Era venuto il momento, pensò il poliziotto, di passare al livello successivo.
“Che cos’ha Edward Newgate a che fare
con questo?” chiese, allungandosi leggermente sul tavolo. Ace si agitò contro
le manette, facendosi sanguinare i polsi.
“Il Babbo non c‘entra niente in questa
storia!” gridò.
“Ti ha mandato a cercare Teach, no?”
“Chi te l’ha detto?!”
“Teach ha chiesto protezione alla
polizia, in previsione, dopo aver lasciato la vostra piccola banda. Sapeva che
avrebbero mandato qualcuno, anche se non mi sarei mai aspettato che avremmo
preso qualcuno di così alto grado.”
“Lascia gli altri fuori da questa
storia!” sibilò Ace. “Non sono una spia, né un venduto.”
“Quindi ammetti che è stata tutta
una tua idea, al di fuori di qualunque cosa Newgate stava progettando.”
“Teach ha ucciso William Sachman ed
io ero andato a fare giustizia.” Ace fece una smorfia all’ufficiale di polizia,
lasciando da parte i suoi sentimenti di antipatia nei suoi confronti. “Dovresti
sapere qualcosa sulla giustizia, dato che sei un poliziotto e tutto.”
Smoker si voltò ero il muro a specchi,
rifiutandosi di guardarlo negli occhi.
“Portatelo ad Impel Down,” disse,
la sua rabbia controllata che compariva appena. “Forse un po’ di tempo là dentro
gli farà cambiare atteggiamento.” Una voce vene dall’altoparlante in una scatola
sopra le loro teste.
“Pensi che sia saggio, James? Edward
Newgate non è conosciuto per un uomo che perde i suoi uomini così facilmente.”
“Pazienza,” disse Smoker. “Se se lo
meriterà dovremo anche condannarlo a morte. Toglietemelo dalla vista.”
Smoker uscì dalla stanza e permise
ai balestrati agenti della sicurezza di occuparsi di Ace. Non si preoccupava
se il giovane avesse intenzione di ribellarsi, o si sarebbe addormentato nel
processo, ma non aveva importanza. Ciò che importava era avere “giustizia” per
il defunto Garp e lui aveva intenzione di ottenerla, in una maniera o in un’altra.
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