Non esistono lupi cattivi
Tonks
sbatté energicamente la porta, chiudendo all'esterno il
gelido
vento salmastro e l'assordante rumore del mare che s'infrangeva
sull'alta scogliera. Si tolse rabbrividendo una foglia dai capelli
scarmigliati e picchiò con decisione i piedi intirizziti sul
lucido pavimento di legno, chiedendosi dubbiosa se avrebbero mai
ripreso una parvenza di sensibilità.
Poi,
scorgendo la vivida fiamma che scoppiettava allegra nel camino del
soggiorno, vi si avvicinò borbottando fantasiosi improperi
all'indirizzo di felini psicopatici e di burocrati impediti scagliando,
con un atletico gesto da vero Auror, il mantello sul divano che
cigolò lamentoso. Anzi, gemette: piuttosto insolito, per un
divano.
«Mamma!»
protestò subito quello con una vocetta acuta, vibrante di
rassegnato sdegno.
Tonks
distolse sorpresa lo sguardo dal fuoco e lo puntò sullo
stravagante mobile. Venne immediatamente avvolta da un calore
più confortevole di quello di tutte le fiamme dei camini -
magici e non - d'Inghilterra: Remus e Teddy se ne stavano languidamente
accoccolati sul divano da lei usato come tiro al bersaglio, due tazze
vuote abbandonate sul tavolino, una scatola di Gelatine Tuttigusti+1
tra le mani dell'uomo e un grosso libro aperto sulle gambe del bambino.
«Ottima
mira, Dora» approvò Remus, ripiegando con cura il
mantello
della moglie e posandolo accanto alle tazze abbandonate. «Sei
riuscita a sommergere entrambi in un colpo solo. Davvero notevole.
Pochi Auror sono dotati di un siffatto talento».
La
donna, sbuffando sarcastica, si lasciò cadere esausta
accanto al
marito che, tirandosela più vicina, chiese con dolcezza:
«Giornata difficile?»
Tonks
corrugò la fronte, pensierosa: «Meno di altre. Ho
solo
pedinato per tutto il pomeriggio un grosso gatto randagio con un
carattere discutibile, frequentazioni non proprio raccomandabili e una
passione smodata per i bidoni dell'immondizia. Gibbs era sicuro si
trattasse dell'Animagus pazzo fuggito dal San Mungo. Peccato che
l'Animagus in questione sia solito trasformarsi in cane. Gibbs tende a
confondere i soriani
con gli alani,
pare. Uh, è davvero un...»
Remus
infilò rapido una gelatina in bocca alla moglie poi,
indicando
con discrezione Teddy che, con la testa appoggiata in grembo al padre,
sfogliava apparentemente assorto il grosso libro che teneva appoggiato
sulle gambe piegate, concluse la frase lasciata a metà dalla
strega: «Un uomo non
particolarmente perspicace?»
Tonks
scrutò il bimbo, inghiottì la caramella - menta
piperita,
constatò gustandosela con estremo piacere, il che era
abbastanza
strano tenuto conto che l'aveva sempre detestata, la menta piperita - e
annuì convinta: «Sì. Proprio un uomo non particolarmente perspicace,
ecco. E' proprio quello che stavo per dire. Più o
meno».
Teddy
distolse lo sguardo dal libro e, sollevandosi a sedere,
osservò
incuriosito i genitori: «Non particolarmente
perspicace?»
Remus
sorrise e spiegò, con quell'aria accademica che Tonks aveva
sempre adorato: «Sì, vuole dire non molto furbo,
tesoro».
Il bimbo
annuì: «Non
particolarmente perspicace,
mi piace. Suona bene. Anche Ron stava parlando con Harry di un certo
Gibbs l'altra sera alla Tana. Lui però ha usato un altro
termine. Ma io non l'ho mica capito, Molly mi ha subito coperto le
orecchie. E poi ha incantato un mestolo che ha cominciato a colpire
sulla testa Ron. A volte è un po' strana, Molly».
Tonks
sogghignò guardando il faccino serio del figlio: meno male
che
c'era Remus con i suoi riflessi mannari, sennò
chissà
quante mestolate avrebbe preso anche lei da Molly.
Consapevole
della sua fortuna, la strega si sporse oltre il marito e, scompigliando
affettuosamente i capelli del figlioletto, osservò
interessata
il grosso tomo sorridendo intenerita: era il suo vecchio libro di fiabe
Babbane. Glielo avevano regalato i nonni Tonks quando era bambina.
Chissà come era finito tra le mani di Teddy...
«Papà
ti sta leggendo una fiaba?»
Il bimbo scosse il
capo, elettrizzato. «No! Io
sto leggendo una fiaba a papà! Ho imparato! So leggere! E
per
ricompensa nonna Andromeda mi ha regalato questo! E' un po' pigro,
però. Ha le figure che non si muovono, pensa un po'... ma
nonna
ha detto che era quello che ti leggeva nonno Ted quando eri piccola. E
questa storia secondo me a papà piace: c'è una
bambina
con un mantello rosso, una nonna e persino un bosco con un grosso lupo,
credo. Ma al lupo non ci siamo ancora arrivati...»
Tonks
aggrottò le sopracciglia, preoccupata. Conosceva quella
fiaba.
L'aveva sempre detestata a dire il vero e dubitava seriamente che Remus
potesse apprezzarla.
«Ah,
Teddy, ci sono molte fiabe più belle in quel libro, sai? Non
credo che papà...»
Remus
la interruppe sorridendo: «Papà
l'apprezzerà
sicuramente se sarà Teddy a leggergliela. Non ora,
però.
Siete attesi a Villa Conchiglia, voi due: la festa di Halloween sta per
cominciare».
Tonks
sussultò. Si era completamente dimenticata della festa di
Halloween. Si era completamente dimenticata che fosse Halloween, in
effetti, realizzò fissando colpevole il consorte.
Mortificata,
gli appoggiò il capo su una spalla stringendogli gentilmente
una
mano ma, prima che potesse dire una sola parola, Teddy
scattò in
piedi protestando con veemenza: «Non ci voglio andare alla
festa
di Halloween se non vieni anche tu!»
Remus
sospirò profondamente: «Ted... ne abbiamo
già
parlato. E poi ho vinto la scommessa: mamma ha notato le fiamme del
camino prima di accorgersi di noi due».
Il
piccolo arricciò il nasetto e sbuffò risentito:
«Hai vinto solo perché tu conosci mamma da
più
tempo di me!» poi posò il libro sul tavolino e si
risedette accanto al padre. «A te non piace Halloween,
papà!»
Tonks
serrò gli occhi e strinse più forte la mano di
Remus. Il
mago ricambiò istintivamente la stretta e rispose con una
voce
un po' più roca del solito: «Hai ragione, Teddy.
Non amo
molto Halloween. Mi risveglia ricordi... poco felici. Ma sarei venuto
con voi, come sempre, se non fosse stato per...» si
interruppe e
indicò il pezzetto di cielo, incendiato dal tramonto di
quella
limpida giornata autunnale, che si intravedeva dall'ampia finestra del
soggiorno.
Tonks si
mordicchiò il labbro inferiore sentendosi ancora
più colpevole: Merlino, si era dimenticata anche di quello! Il
rocambolesco pedinamento felino le aveva fatto perdere ogni contatto
con la realtà. Altro che Gibbs: era lei quella non particolarmente perspicace!
Teddy si mise in
ginocchio sul divano e si appoggiò al padre:
«Allora resto anch'io con te!»
Remus sorrise.
«Sì? Perdendoti tutti i dolci che ci
saranno?»
«I dolci
di Fleur li perdo volentieri! Sono terrificanti! Peggio di quelli di
Hagrid!»
Tonks
non poteva che dirsi d'accordo su tutto quanto, ma era a conoscenza di
una fatto che il bimbo ignorava: «Sai, Teddy, Molly mi ha
rivelato che alcuni dolci li ha preparati anche lei».
Il
bimbo tentennò un istante - non riusciva proprio a resistere
ai
Calderotti di Molly - ma poi raddrizzò la schiena e
insistette
caparbio: «Non voglio lasciare papà da solo con i
suoi
ricordi poco felici!»
La strega
scrutò mesta il volto pallido del marito e
sospirò. «Papà vuole restare da
solo questa sera Teddy, lo sai».
«Ma
perché vuole sempre restare da solo quando c'è la
luna piena?»
«Eh,
questa è una gran bella domanda, marmocchietto»
mormorò la donna, non riuscendo a nascondere del tutto la
sua
antica esasperazione. «Sai, penso che abbia un po' paura che,
se
tu lo vedessi in quei momenti, ti piacerebbe un po' di meno».
«Davvero?»
chiese il piccolo scrutando incredulo il padre.
Remus si
sfregò stancamente la fronte e annuì mesto.
«E
perché?»
«Perché
non sarò io, questa notte, Teddy. Avrò un
aspetto...
molto diverso» sussurrò il mago tentando, con
scarsi
risultati, di abbozzare un sorriso.
Il
bambino lo osservò dubbioso per qualche istante, poi gli si
arrampicò sulle ginocchia: «Vuoi dire che quando
io cambio
aspetto non ti piaccio più?» chiese con una
vocetta
preoccupata, virando i capelli a un inquietante verde Avvincino.
Remus
trasalì e, accarezzandogli gentilmente la testa, si
affrettò a chiarire: «No! Certo che mi piaci. Tu
mi piaci
sempre, qualunque sia il tuo aspetto, tesoro. Sei sempre il mio
bambino, tu. Ma nel mio caso è molto diverso. Questa notte
io
non sarò... umano».
«Sarai un
lupo, lo so! Ho visto le figure sul tuo libro. Per caso!»
si affrettò a precisare il bimbo, notando lo sguardo
sconcertato
del padre, poi tacque un istante, pensoso. «Vuoi dire,
allora,
che quando Minerva si trasforma in una gatta non ti piace
più?
Secondo me è bella da gatta, Minerva... più di
quando non
lo è».
Tonks
trattenne a stento una risatina molto poco opportuna. Certo, forse il
piccoletto non brillava per diplomazia ma aveva stile, indubbiamente,
pensò ammirata: perché lei non aveva mai pensato
di usare
quell'argomento?
Remus
sospirò massaggiandosi le tempie e mormorò:
«Certo
che Minerva continua a piacermi anche da gatta ma... non è
la
stessa cosa, Ted».
«Perché
no?» insistette implacabile il bimbo.
L'uomo
socchiuse gli occhi e si sfiorò la fronte con una mano un
po'
tremante, un'improvvisa smorfia di dolore sul viso; Tonks
sbirciò il cielo diventato di un intenso color indaco e
decise
di salvare quel cocciuto licantropo dalle grinfie del figlioletto.
Teddy sapeva essere davvero esasperante, a volte: chissà da
chi
aveva preso...
«Teddy!»
esclamò quindi con decisione alzandosi dal divano.
«Papà non è molto in forma al momento,
e si sta
anche facendo tardi. Victoire ti starà aspettando».
Sentendo
il nome dell'amichetta, il bambino saltò in piedi e corse al
piano superiore, urlando qualcosa a proposito di pupazzi da recuperare.
«Ah,
l'argomento-Victoire funziona sempre!» sogghignò
Tonks divertita.
«Già»
concordò Remus con voce stanca.
La strega gli si
risedette accanto e, massaggiandogli le spalle, chiese con dolcezza:
«Giornata difficile?»
L'uomo
scosse il capo con noncuranza e tentò un sorriso:
«Meno di
altre. Sono molto fortunato ad avere una moglie che sa distillare alla
perfezione la Pozione Antilupo. Il che, detto tra noi, ha
dell'incredibile, tenuto conto che quella stessa moglie è
riuscita nella non facile impresa di carbonizzare un uovo
sodo...»
Tonks
ribatté piccata: «Uff. Ancora con quella storia?
E'
successo una sola volta...» tentò di difendersi,
ma Remus
sogghignò continuando imperterrito: «E sono molto
fortunato ad avere un figlio che mi intrattiene leggendomi affascinanti
fiabe Babbane».
«Uh, a
proposito, Remus, non credo che apprezzerai molto quella fiaba in
particolare. Alla fine il lupo...»
«Lo so.
Conosco la storia di Cappuccetto Rosso. Anch'io avevo nonni Babbani,
sai?»
«Ah.
Be', contento tu» la strega esitò un istante, poi
si
rannicchiò accanto al marito. «Stai
tremando».
«La luna
sorgerà tra poco: il mio corpo si sta preparando»
rispose il licantropo cingendola con un braccio.
«Remus, a
Teddy e a me non dispiacerebbe perdere la festa di Halloween, per una
volta».
Il
mago la scostò gentilmente da sé: «Non
è
necessario. Starò bene. Davvero. Mi accuccerò in
soffitta
e... mi godrò la luna piena».
Tonks
bofonchiò esasperata: «Sì, ti godrai la
luna piena e i pensieri poco
felici che accompagnano le tue notti di Halloween. Almeno
questa volta, Remus, questa
particolare volta potresti accettare...»
Remus le
posò un dito sulle labbra e scosse il capo: «No.
Non voglio che il mio piccolo
problema peloso crei inutili fastidi a te e a Teddy, lo
sai».
Tonks
sbuffò, pronta a ribattere con sdegno, a riprendere
quell'infinita discussione, a tentare per l'ennesima volta di ficcare
nella testa di quello zuccone che la sua presenza non faceva che
migliorare la sua vita. E quella di Teddy. Sempre. Ma scorgendo la
sofferenza che gli velava lo sguardo decise di cedere. Per il momento.
«Eccomi!
Sono pronto!» Teddy si gettò entusiasta in mezzo a
loro,
trascinando con sé il lupo, il cane e il cervo di peluche
che
Harry gli aveva regalato qualche giorno prima. «Ho promesso a
Victoire che le avrei presentato i Malandrini!»
Remus
sorrise, sfiorando con tenerezza lo zoccolo vellutato del cervo che
Teddy gli aveva quasi ficcato in un occhio, poi impugnò la
bacchetta magica, la agitò pigramente e un pupazzo a forma
di
topo sfrecciò sotto il naso di Tonks per posarsi sul palmo
della
mano libera del licantropo che lo porse al figlioletto:
«Allora
è meglio se porti anche lui, Teddy. E' Codaliscia, il quarto
Malandrino. Harry deve esserselo dimenticato».
Tonks
squadrò il marito allibita e Remus si strinse nelle spalle,
rivolgendole quel sorriso timido e vagamente colpevole che lei aveva
sempre trovato adorabile.
«L'ho
visto in una vetrina di un negozio e non ho saputo resistere, Dora. I
Malandrini erano quattro. Ed è giusto che siano ricordati
così».
Teddy prese il
topolino, lo studiò con attenzione e lo infilò in
uno zainetto con gli altri pupazzi.
Poi
ci ripensò, riprese il lupo e lo sventolò sotto
il naso
del padre: «Secondo me tu mi piaceresti proprio da lupo.
Lunastorta mi piace molto. E tu somiglieresti a lui».
Remus
tirò scherzosamente la folta coda grigia del pupazzo:
«Non
proprio. Io ho una bellissima coda a ciuffo, per esempio»
sorrise
ammiccando e proseguì: «Teddy, tra le altre cose,
sono
piuttosto noioso come lupo, credimi. Non posso neppure
parlare».
Teddy
socchiuse gli occhi, abbracciando il peluche. «E allora?
Quando
ero piccolo neppure io sapevo parlare ma tu non ti annoiavi a stare con
me. O sì?»
«No! Certo
che non mi annoiavo...»
«Ecco.
E poi tu potresti scodinzolare con la tua bellissima coda a ciuffo! Uno
scodinzolio per il sì. Due scodinzolii per il no. Tre per il
non
so. E io ti farei delle domande. Mi piace tanto fare delle domande! O
ti racconterei delle storie. O potrei anche...»
«Teddy!»
intervenne Tonks, sempre più ammirata per
l'abilità del
figlioletto. «Lascia in pace papà. Siamo in
ritardo»
affermò alzandosi, poi rivolse al consorte uno sguardo
intenerito e gli scoccò un rapido bacio sulla testa.
«Torneremo prestissimo, e ti porteremo qualche dolcetto,
Remus.
Mi accerterò personalmente di attingere alla produzione di
Molly. Sappi però che questo discorso lo riprenderemo:
purtroppo
per te ho un notevole alleato, ora!» sorrise, arruffando i
capelli del licantropo, poi afferrò Teddy con una mano, una
manciata di Polvere Volante con l'altra, entrò trascinando
il
bimbo nel camino e, dopo pochi istanti, sparirono entrambi, avvolti da
vivaci fiamme smeraldine.
*
* *
Tonks
si rigirò irrequieta nel letto e ascoltò con
attenzione:
nulla, solo il rilassante e familiare rumore del mare che si infrangeva
dolcemente sulla scogliera; il vento gelido che aveva imperversato nel
pomeriggio doveva essersi finalmente placato.
Nessun rumore
proveniva dalla soffitta: Remus sembrava tranquillo. Almeno lui.
Borbottando
insofferente, la strega scalciò la coperta e si
girò su
un fianco; possibile che un singolo boccone della tarte-qualcosa
di Fleur potesse essere la causa della sua improvvisa insonnia? No,
certo che no... la luminosa luna piena che occhieggiava spavalda dalla
finestra aveva sicuramente responsabilità maggiori.
Dal
giorno in cui aveva conosciuto Remus, Tonks odiava cordialmente le
notti di plenilunio. Oh, sapeva che lui stava bene quando prendeva la
Pozione Antilupo; non perdeva la coscienza di sé e si
limitava a
rannicchiarsi in soffitta, in attesa di riacquistare il suo aspetto
usuale. Ma il saperlo lassù, tutto solo, non le piaceva
neppure
un po'.
Per
di più era anche la notte di Halloween... anche quella le
piaceva molto meno da quando Remus era entrato nella sua vita.
Ricordi poco felici, certo.
Remus era sempre stato bravissimo con gli eufemismi.
Peccato
fosse meno bravo in altre cose, però. Nel rendersi conto che
sia
lei che Teddy avrebbero preferito passare quella notte con lui, per
esempio, coda a ciuffo inclusa!
Che poi sarebbe
anche stato interessante dialogare con un lupo mannaro attraverso lo
scodinzolio di una coda a ciuffo...
La
strega sbuffò frustrata e, afferrato il cuscino di Remus, se
lo
premette su una guancia aspirando l'odore del marito e cercando di
rilassarsi facendosi cullare dalla risacca. E dal cigolio di una porta.
Un momento: dal
cigolio di una porta?
L'Auror
Tonks sbarrò gli occhi e scattò in piedi,
afferrò
istintivamente la bacchetta magica e accostò l'orecchio alla
porta socchiusa. Vigilanza Costante! Il vecchio Malocchio l'aveva
addestrata davvero bene.
Passi rapidi e
leggeri in corridoio e un "Lumos"
scandito da una vocetta infantile.
La
strega sorrise, rilassandosi immediatamente: poteva escludere con
sicurezza l'ipotesi di un Troll di Montagna con grossi problemi di
orientamento.
Spalancò
di colpo la porta, uscì dalla camera piazzandosi in mezzo al
corridoio, e illuminò la bacchetta.
Teddy
si immobilizzò appena la scorse; si sistemò
nervosamente
il pigiamino turchese e strinse al petto la sua stramba torcia Babbana
(dono dei signori Granger) a forma di quello che - dopo una lunga e
combattuta discussione tra Hermione e Charlie - era stato convenuto
essere uno Pterodattilo
Dorsorugoso:
ossia una rilettura Babbana, particolarmente originale e fantasiosa, di
vecchissime ossa di un Dorsorugoso di Norvegia impantanatosi, millenni
prima, in qualche palude sperduta. Teddy l'adorava - Tonks non riusciva
a evitare di sorridere ogni volta che sentiva il bimbo declamare un
solenne Lumos
prima di
schiacciare il tasto che l'accendeva - e anche Arthur la rimirava con
sguardo bramoso e sognante ogni volta che se la trovava sotto gli occhi.
«Uh.
Ciao, mammina...» mormorò Teddy con una vocina
dolce,
sfoggiando il medesimo sorriso angelico che compariva sul viso di Remus
quando tentava di nasconderle qualche faccenda Malandrina.
«Anche
tu non riesci a dormire per via della torta di Fleur?»
Tonks
mascherò una risata con un colpo di tosse e tentò
di
rispondere con serietà: «La torta di Fleur? E' per
questo
che vaghi per la casa come uno spettro tormentato?»
Il
piccolo strinse la torcia in una mano e con l'altra si
massaggiò
la pancia: «Sì. Non so nemmeno perché
l'ho
assaggiata... non si possono proprio mangiare i dolci di Fleur! Ma
mentre lei era lì mi era sembrata una buona
idea...»
Tonks
corrugò la fronte. Possibile che cinque anni fossero
sufficienti per subire il fascino di una Veela?
«Vuoi
venire a dormire con me nel lettone, Teddy?»
Il piccolo scosse il
capo, sdegnato: «Ma certo che no! Solo i bambini vanno a
dormire nel lettone con la mamma».
Oh,
questa sì che era una novità. Teddy aveva tentato
di
infilarsi nel lettone ogni notte di plenilunio della sua vita. E
inventandosi scuse assolutamente creative: ventotto notti prima, per
esempio, le aveva descritto minuziosamente una mirabolante quanto
rumorosa gara di fate che cavalcavano gnomi da giardino proprio sotto
la finestra della sua cameretta.
«Giusto»
concordò seria la strega. «E tu hai già
cinque anni».
«Cinque e
mezzo, per la precisione!» affermò il piccolo,
adocchiando impaziente le scale.
«Cinque e
mezzo, per la precisione, sì. E quindi?» chiese
Tonks colta da un vago sospetto.
«E
quindi pensavo di andare di sotto a prendere il libro di fiabe che
è rimasto sul divano e di leggere un po'... sì,
noi
grandi lo facciamo» specificò Teddy, squadrando la
madre
con fiera dignità e avviandosi trotterellando verso la
scala.
Tonks
lo guardò scomparire scuotendo la testa, divertita, quindi
si
acquattò dietro la panciuta lampada di ceramica che si
trovava
in corridoio e aspettò fiduciosa; il sospetto era ora molto
meno
vago: conosceva quello sguardo. Aveva avuto anche lei cinque anni e
mezzo, in fondo.
Pochi istanti
più tardi la sua attesa fu ripagata.
Il
suo sospetto si dimostrò fondato: Teddy, armato di
Pterodattilo
Dorsorugoso abbagliante e di grosso libro di fiabe, risalì
le
scale con passi felpati - era identico al padre, in quello. Tonks non
riusciva proprio a capire come potessero essere tanto silenziosi, quei
due - e, invece di tornarsene nella sua cameretta per combattere
l'insonnia leggendo, come si conveniva alla sua veneranda
età,
salì intrepido la rampa che portava alla soffitta. E a Remus.
Tonks
si chiese se fosse il caso di bloccare l'aspirante Malandrino e di
punirlo, magari. Andromeda Black lo avrebbe fatto di sicuro. Anche
perché le sarebbe venuta una crisi isterica se avesse
sorpreso
l'adorato nipotino mentre tentava di entrare di soppiatto nella tana di
un lupo mannaro in una notte di plenilunio; ma lei non era Andromeda
Black e non condivideva affatto tale stato d'animo: sapeva con certezza
che Remus era perfettamente innocuo, quando prendeva la Pozione
Antilupo.
Solo
Andromeda Black e Remus medesimo non riuscivano a convincersi di questo
incontestabile fatto, risolutamente avallato da schiere di medimaghi,
pozionisti ed esperti di creature magiche.
Tonks
lasciò quindi passare una manciata di secondi prima di
uscire
dal suo nascondiglio e di raggiungere le scale, riuscendo
sorprendentemente a non travolgere la pianta un po' anemica che
tentava, con ammirevole dedizione, di sopravvivere sul pianerottolo.
Salì con cautela gli scalini, lasciandosi guidare dal
riflesso
della luce aranciata della torcia di Teddy e, appiattendosi contro il
muro, agitò furtiva la bacchetta per togliere l'incantesimo
con
cui quel paranoico del marito aveva sicuramente chiuso la porta; poi
sorrise, ammirando il figlioletto scivolare rapido e silenzioso nella
stanza e annuì, soddisfatta di se stessa. Contando anche lo
scontroso felino di quel pomeriggio facevano ben due pedinamenti di
sfuggenti soggetti andati a buon fine in meno di ventiquattro ore. Il
suo professore di "Segretezza
e Inseguimento" si era sbagliato di grosso sul suo conto!
L'improvviso
rumore proveniente dall'interno della stanza la distrasse dai suoi
compiaciuti pensieri: un uggiolio disperato e un ticchettio di zampe
artigliate che strusciavano sul vecchio assito.
Poi
la voce acuta di Teddy affermò entusiasta: «Oh,
avevi
ragione, papà! Hai proprio una bellissima coda a ciuffo!
Secondo
me scodinzoli bene, sì. Ti ricordi, vero? Uno scodinzolio
per il
sì, due per il no, tre per il non so. Ma perché
tenti di
rannicchiarti sotto quel vecchio tavolo, ora? Guarda che non ti mangio
mica... se ti avvicini ti leggo la storia della ragazzina col mantello
rosso".
Un tramestio
improvviso, poi passi lenti e strascicati.
«Ecco,
bravo. Avevo ragione io! Mi piaci molto come lupo! Sei più
bello
che da uomo, mi sa... ma non diciamolo alla mamma, che magari non se
n'è mica accorta».
Tonks
trattenne a stento una risata e si accucciò vicino alla
porta,
ascoltando il figlioletto leggere un po' titubante la storia di
Cappuccetto Rosso. Resistette qualche minuto - sentendosi davvero molto
eroica - ma poi non ce la fece più: non era giusto che i
suoi
due uomini se la spassassero in quel modo senza di lei!
Si
alzò con decisione e aprì la porta che
cigolò
contrariata: con Teddy non l'aveva fatto. Il piccoletto sapeva essere
più furtivo di lei. Bene, la prossima volta avrebbe spedito
lui
a pedinare bestiole psicopatiche!
Un
po' risentita scivolò all'interno e, constatando che i due
occupanti della stanza erano troppo concentrati per prestare attenzione
a una porta dal pessimo carattere, si appoggiò allo stipite,
godendosi l'incantevole scenetta che l'accolse: Teddy, seduto a gambe
incrociate sul caldo plaid scozzese che Tonks lasciava sempre in
soffitta nelle notti di plenilunio, leggeva con voce squillante il
libro di fiabe, illuminandolo con la sua inseparabile torcia. Poco
più in là, immerso nella morbida luce lunare che
entrava
dalla finestra alle sue spalle, un grosso lupo dal manto d'argento se
ne stava tranquillamente accucciato, le orecchie ritte e la folta coda
a ciuffo che disegnava pigra piccoli archi sul decrepito pavimento di
legno.
Tonks
scoppiò a ridere a quella vista e due paia di identici occhi
ambrati si posarono allarmati su di lei.
Teddy,
scattando in piedi con riflessi degni di un licantropo,
lasciò
cadere la torcia in testa al lupo che guaì sorpreso.
«Mamma...
io... ecco... stavo davvero andando a letto ma un.. uh...
Marciotto...» scrutò il lupo che agitò
una volta la
coda. «Sì, un Marciotto mi è comparso
davanti».
«Un
Marciotto» rimarcò Tonks. Teddy annuì e
il lupo
scodinzolò. «Ma pensa»
commentò la strega.
«Eh»
concordò Teddy raccogliendo la torcia e posandola a terra
accanto al libro.
«E cosa ha
fatto, esattamente, questo Marciotto?»
«Oh,
lui ha...» il bimbo esitò e il lupo
ululò lugubre.
Teddy annuì e continuò: «Si
è lamentato che
sembrava un po' nonna quando si lamenta, hai presente, no? Ecco, e io
non ho potuto fare a meno di seguirlo. E mi ha portato qui».
«Qui?»
domandò Tonks guardandosi attorno interessata.
«Sì.
Ma papà lo ha... uh... mangiato?»
Il lupo
agitò frenetico due volte la coda e diede una zampata
gentile alla torcia.
«Mangiato?»
chiese Tonks, tentando disperatamente di restare seria.
«Mangiato?»
ripeté Teddy. «No. Dicevo: e papà lo ha
mangiato?» fece una pausa ad effetto, sbirciò il
lupo alle
sue spalle e proseguì, agitando enfatico l'indice della mano
destra sotto il naso della madre. «Ma certo che no!
Perché
papà è particolarmente
perspicace e sa che un Marciotto per un lupo mannaro
è come una torta di Fleur per noi. Lo ha dissolto con una
zampata...»
Il
lupo guaì abbacchiato e colpì la torcia col muso.
Tonks
finse un attacco di tosse convulsa per nascondere le risate e Teddy
ritentò, senza scomporsi: «Con una zampata allo
Pterodattilo Dorsorugoso, naturalmente!»
Tonks
decise che non poteva resistere oltre, agguantato il figlioletto
scoppiò a ridere lasciandosi cadere sul pavimento e
trascinando
il bimbo con sé.
«Bella
storia, Teddy, davvero, ma la prossima volta dovresti documentarti un
po' meglio sui Marciotti, sai? Papà voleva sicuramente
suggerirti che il Marciotto era stato fatto evaporare con la
luce» affermò quando riuscì a smettere
di ridere.
Teddy
si sciolse dall'abbraccio materno e chiese mogio: «Davvero? I
Marciotti evaporano con la luce? Papà non è
ancora
arrivato a quel punto. Mi ha promesso che ne cercheremo uno insieme e
mi mostrerà cosa fare, ma non ne abbiamo ancora trovati,
purtroppo. Non è bello avere una mamma Auror,
però...
Fleur ci sarebbe cascata!»
«Non
ne dubito, Teddy. E tu...» replicò fissando il
lupesco
consorte. «Sei un notevole insegnante anche quando
sei
provvisto di coda a ciuffo. L'ho sempre detto a Kingsley che sei
sprecato alla Sezione Esseri del Ministero».
Il lupo
sollevò il muso dalle zampe e scodinzolò tre
volte.
Tonks
rise: «Non lo sai? Ah, Remus, sei senza speranza. Neppure la
luna
piena riesce a migliorare la tua autostima».
«Mamma?
Possiamo restare qui ancora un pochino?»
Tonks
riportò lo sguardo sul bambino, osservandone il faccino
implorante contornato da ciocche di capelli che, alla luce della luna,
sembravano dello stesso grigio argenteo del manto del lupo.
Il
bimbo prese il libro in grembo e mormorò:
«Papà non
ama Halloween perché ha ricordi poco felici. Così
pensavo
che se gli diamo un ricordo felice questo Halloween, magari poi gli
piace di più».
Tonks
annuì commossa, arruffando i capelli del bambino.
«A me
sembra un'ottima idea, marmocchietto... ma chiediamo a papà
se
è d'accordo».
Il
lupo scodinzolò con vigore una volta e Teddy sorrise felice:
«Sì. E' divertente come lupo, vedi? Scodinzola
bene!»
Tonks
annuì. «Benissimo. Del resto, con quella bella
coda a
ciuffo come potrebbe scodinzolare male?» poi
indicò il
libro. «Allora, dove siete arrivati?»
Teddy
le mostrò un punto preciso della pagina un po' ingiallita e
rispose: «La nonna della ragazzina ha appena fatto entrare il
lupo credendolo la nipote» tacque un istante, meditabondo.
«Si vede che era senza occhiali. Harry una volta che era
senza
occhiali ha tentato di baciare Bill pensando fosse Ginny».
Tonks
ridacchiò: «Davvero?»
«Uh
uh... Bill non era molto contento. Ma Ginny non la smetteva
più
di ridere. Però questa nonna deve vederci anche peggio di
Harry
senza occhiali, eh...»
«Magari
non ha avuto il tempo di guardare bene chi era».
Il
bimbo annuì poco convinto e puntò la torcia sul
libro,
poi esitò e chiese: «Vuoi leggere un po' tu,
mamma, io
sono ancora lento... e voglio proprio vedere come andrà a
finire
questa storia».
Tonks
sospirò, già sapendo che nessuno in quella
soffitta
avrebbe apprezzato la fine della fiaba ma, dopo essersi infilata la
vestaglia di Remus e avere avvolto Teddy nel plaid, cominciò
a
leggere con rassegnazione la truce storia di Cappuccetto Rosso.
«Il lupo
ha mangiato la nonna un po' cieca?» chiese a un certo punto
Teddy, alquanto allibito.
«Sì,
Teddy, così racconta la storia».
«Be',
ovvio. Quella ha aperto la porta a un lupo affamato»
affermò il bambino sbirciando in tralice Remus che se ne
stava
placidamente acciambellato ai loro piedi. «Pensi che
papà
abbia voglia di una Cioccorana?»
Il
lupo scodinzolò due volte e Tonks sorrise divertita.
«Parrebbe di no, Teddy. Papà non sembra avere
fame».
«Oh, bene.
Mica ero preoccupato, eh... era solo per sapere».
«Certo,
tesoro, naturalmente» concordò seria la donna
prima di ricominciare a leggere.
Teddy
si agitò contrariato un paio di volte e, giunti al punto in
cui
il cacciatore uccideva il lupo per liberare la nonna e la bambina,
scattò in piedi, si gettò su Remus - che
sobbalzò
sorpreso - e gli abbassò con energia le orecchie pelose.
Tonks
non poté impedirsi di pensare a Molly e al suo mestolo
vendicatore.
«Ma
che cosa crudele!» sbottò il piccolo contrariato,
lasciando andare le orecchie del lupo e accarezzandogli gentilmente la
testa.
«Lo
so, Teddy, ma il cacciatore doveva pur liberare la nonna e Cappuccetto
Rosso dalla pancia del lupo cattivo, ti pare?»
domandò
Tonks, cercando di essere il più convincente possibile: la
verità era che anche lei aveva sempre parteggiato per il
lupo...
«Ma il
lupo non era cattivo! Era solo un lupo. Non esistono lupi cattivi!
Hagrid dice che gli animali non sono mai cattivi. Sono gli umani che
non sanno come trattarli. E Hagrid se ne intende di queste cose. Ora,
dimmi che colpa aveva il povero lupo se quelle due erano
così...
così...»
Remus
mosse titubante le orecchie, come volesse accertarsi che funzionassero
ancora e Tonks fissò incuriosita il figlioletto fremere di
disgustato sdegno cercando un aggettivo adatto a descrivere le due
eroine della storia.
«Così
non particolarmente
perspicaci, ecco!» concluse soddisfatto.
«Il lupo ha solo fatto il suo dovere di lupo!»
«Giusto»
approvò Tonks, ammirando l'eleganza del suo bimbo; lei aveva
usato un altro termine, ai tempi. Un termine che aveva sconvolto
parecchio sua madre e divertito altrettanto suo padre.
Teddy si
lasciò cadere accanto a Remus, i capelli rosso fiamma:
«Andiamo, solo una persona non particolarmente perspicace
può confondere un lupo con sua nonna!»
«Magari
anche Cappuccetto Rosso era molto miope».
«No,
lei no. Riusciva a vedere i mirtilli nel bosco! Ci vedeva benissimo,
Cappuccetto Rosso. Questa storia non ha proprio senso, ecco! Quella del
Genio che esce dalla lampada... quella sì che è
realistica».
«Realistica?».
«Sì.
Papà dice che una cosa è realistica quando
somiglia a una
cosa vera. I Geni che vivono nelle lampade esistono davvero, Bill mi ha
anche mostrato una foto che ha fatto a uno di loro in Egitto. Ma credi
che se noi adesso mettiamo una cuffietta di pizzo in testa a
papà e lo infiliamo nel letto, poi qualcuno lo prende per
nonna
Andromeda?»
Tonks
si morse una guancia per non scoppiare a ridere e rispose seria:
«Uhm... potremmo provarci. Che ne dici, Remus?»
Il lupo
sollevò il muso di scatto, ringhiando piano mentre la coda a
ciuffo disegnava nell'aria due decise scodinzolate.
«Guastafeste!
Saresti incantevole con una cuffietta di pizzo»
protestò
la strega dando un buffetto affettuoso sul muso del lupo, ritrovando
con sorpresa le sottili cicatrici che segnavano il viso dell'uomo, poi
si incantò a fissare gli occhi che la scrutavano
oltraggiati:
quelli non erano cambiati. Erano occhi decisamente umani; occhi dotati
di una sclera bianca: gli occhi di Remus.
Teddy
chiuse il libro e si accoccolò contro il lupo, coprendo
entrambi
con il plaid: «Che ne dici, papà, ti andrebbe una
canzone?
Così non farai brutti sogni. Con me funziona».
Remus
scodinzolò tre volte, esitante, guardando Tonks che
cominciò a schiarirsi la voce.
«Aspetta
mamma... posso cantargliela io?»
Il lupo
scodinzolò una volta, un po' meno esitante, forse.
Tonks
sogghignò – il marito non aveva mai apprezzato le
sue
notevoli doti canore - e Teddy intonò la dolce ninnananna
che
Remus cantava sempre a lui quando non riusciva ad addormentarsi.
Tonks
appoggiò la schiena al muro, sperando che davvero i ricordi
poco felici di Remus venissero ingentiliti da questo.
Qualche
minuto più tardi, Teddy smise di cantare, si
scostò piano
dal lupo e lo rimirò soddisfatto, coprendolo meglio con il
plaid.
Poi
si avvicinò alla madre e la scosse per farla alzare:
«Ora
possiamo andare, mamma. Guarda, papà si è
addormentato» sussurrò il bimbo chinandosi a
raccogliere
la torcia e il libro. «Prima di proporgli qualsiasi altra
fiaba
la leggerò prima io. Questi Babbani sanno essere
terrificanti,
eh... e papà mi sembra un po' impressionabile»
sbadigliò, si stropicciò gli occhi e, infilando
la manina
in quella di Tonks, trascinò la madre fuori dalla soffitta e
giù dalle scale.
Quando
raggiunsero la porta della cameretta di Teddy, la strega gli
arruffò i capelli e sorrise: «Be'. Buonanotte,
Teddy.
Suppongo che tu non voglia proprio venire nel lettone. Hai cinque anni
e mezzo, in fondo».
Il
piccolo si mordicchiò il labbro inferiore,
sbirciò la
madre di sottecchi e scosse il capo, un po' avvilito: «No, ma
se
la prossima luna piena le fate faranno un'altra gara mi sa che ci
vengo. Son molto rumorose le fate, sai? Soprattutto nelle notti di
plenilunio».
Quindi
si voltò con decisione ed entrò fiero nella
stanza. Prima
di infilarsi nel lettino si fermò, osservando meditabondo la
mensola che lo sovrastava: la versione di peluche dei quattro
Malandrini dominava la stanza da quella postazione privilegiata.
«Mamma?
Pensi che se questa notte Lunastorta dormisse con me, Felpato, Ramoso e
Codaliscia si arrabbierebbero con lui?».
Tonks ci
pensò un istante, poi raggiunse il figlio e, preso il
pupazzo del lupo, glielo porse.
«No,
tesoro. Felpato, Ramoso e Codaliscia saranno sicuramente molto contenti
di affidarti Lunastorta per un po'. Anzi, secondo me è
proprio
quello che vorrebbero per lui» mormorò con
un'ombra di
tristezza nella voce, sfiorando con una carezza malinconica il grosso
cane nero, poi rimboccò le coperte al figlioletto e
uscì
dalla camera. Sorrise quando, voltatasi per chiudere la porta,
scorse il piccolo che, abbracciando stretto il pupazzo del lupo,
mormorò un solenne "Nox"
prima di schiacciare il tasto che spegneva la torcia a forma di
Pterodattilo Dorsorugoso: sì, Lunastorta era in ottime mani,
gli
altri tre Malandrini non avevano proprio nulla di cui preoccuparsi.
*
* *
Quando Tonks si
svegliò era giorno fatto. E da molto anche. Il sole
splendeva alto inondando, inopportuno, la stanza.
La
strega si rannicchiò contrariata, coprendosi la testa con il
lenzuolo e allungando una mano in cerca del marito. Non trovandolo si
girò un po' sorpresa e, allungandosi sul letto desolatamente
vuoto, afferrò l'orologio di Remus: il suo, dotato di
un'indole
alquanto avventurosa, si trovava in qualche posto ignoto; era
abbastanza sicura che si trovasse in casa, tra l'altro, e avrebbe
potuto anche provare ad Appellarlo, ma non se la sentiva di affrontare
i commenti inopportuni che Remus e Teddy le avrebbero generosamente
elargito se si fossero visti sfrecciare quell'orologio vagabondo sotto
il naso. Per l'ennesima volta. No, meglio evitare... prima o poi i due
sarebbero pure usciti di casa, no?
Strizzando
gli occhi sbirciò il quadrante e si alzò di colpo
a
sedere. Mezzogiorno passato! Poi si rilassò, lasciandosi
ricadere sui cuscini: non doveva andare al lavoro. Aveva cambiato turno
con Gibbs. Che era sì non
particolarmente perspicace ma, in alcuni frangenti, sapeva
anche rendersi utile.
Poi si
rialzò di scatto: Merlino, sua madre!
Quella
sera sarebbe venuta a cena! Aveva solo una manciata di ore per
sistemare tutto. E prima doveva anche rintracciare Remus: strano che
non fosse ancora collassato sul loro letto, in effetti,
realizzò
un po' preoccupata.
Scattò
in piedi, uscì dalla camera e si fiondò in
corridoio;
notando che la porta della cameretta di Teddy era spalancata, si
fermò, sbirciò incuriosita all'interno e sorrise
sollevata: non doveva più preoccuparsi di rintracciare Remus.
Teddy
dormiva ancora profondamente, in una di quelle sue strampalate
posizioni apparentemente impossibili per un essere umano dotato di
comuni articolazioni, il lupo di peluche ancora stretto tra le braccia;
Remus, ancora avvolto nel plaid scozzese, lo fissava assorto,
immobile accanto al lettino.
Tonks
decise che la sistemazione della casa poteva anche aspettare, si
avvicinò al marito e gli scostò con una carezza
gentile i
capelli arruffati dal viso: erano umidi. Un po' sorpresa gli
posò la testa su una spalla godendosi il fresco profumo di
Remus: menta piperita. Lei amava la menta piperita da quando
l'associava a Remus, realizzò all'improvviso.
«Uhm,
ti trovo davvero bene, Remus. Tutto pulito e profumato, in genere la
mattina dopo il plenilunio tendi a collassare sul letto e a esibirti
nella perfetta imitazione di un uomo sotto l'effetto del Distillato
della Morte Vivente. Come mai questo piacevole cambiamento?»
Il
licantropo si riscosse e, senza staccare gli occhi dal figlio, la
strinse a sé mormorando attonito: «Mi ha
accettato! Anche
da lupo. Non prova paura o... disgusto. Pare anzi che gli piaccia
più che da uomo».
Tonks
ridacchiò con gentilezza afferrando il mento del marito e
costringendolo a guardarla: «Ma non mi dire. Devo fingermi
sorpresa, Remus, o posso ricordarti che ti ho ventilato questa
eventualità per sei lunghi anni?»
Remus
le rivolse un sorriso imbarazzato, una luce di radiosa, incredula gioia
negli occhi: «Hai ragione, ma non mi è capitato
spesso che
qualcuno accettasse davvero
anche il lupo» alzò lo sguardo e lo
fissò sui
pupazzi del cervo, del cane e del topo che troneggiavano sulla mensola
e poi lo posò su Tonks: «Contando anche te, mi
è
successo solo con altre quattro persone, finora. Teddy è
decisamente tuo figlio, Dora! E mi ha regalato un ricordo molto felice
da associare ad Halloween... credo che ora questa notte mi
piacerà un po' di più» sorrise
sfiorando con
tenerezza infinita la manina del bimbo che stringeva Lunastorta.
«Mi ha persino cantato una ninnananna. E ha funzionato. Ho
dormito! Da quando Grayback ha incrociato la mia strada è la
prima volta che mi addormento in una notte di plenilunio. Certo, per un
terribile istante ho temuto che Teddy intonasse “Schianta la Manticora”*,
lo ammetto...»
Tonks
gli assestò un lieve scappellotto sulla nuca e
dissentì:
«Abbastanza improbabile, direi. Avrebbe piuttosto potuto
intrattenerti con “La
Ballata della Banshee”».
«“La Ballata della Banshee”?»
«Il nuovo,
travolgente successo delle Sorelle
Stravagarie».
«Oh,
sembra affascinante».
«Lo
è, soprattutto il ritornello. Riprende il lamento della
Banshee, fa...»
Remus
le sfiorò rapido le labbra con le proprie, poi
implorò:
«Per cortesia, Dora, lasciami crogiolare ancora un po'
nell'illusione. Lo saprò fin troppo presto come fa, il
ritornello del nuovo, travolgente successo della Sorelle Stravagarie.
Pare che Teddy abbia ereditato il tuo... ehm... singolare gusto
musicale».
«Già.
Bambino fortunato, ti pare? Pensa se avesse ereditato il tuo! Peccato
non abbia ereditato anche il mio impeccabile
senso estetico, però...»
«Dici che
non l'ha fatto?»
Tonks
scosse la testa, sconsolata. «Temo proprio di no. Ho sentito
che
sosteneva che tu sei più bello da lupo che da uomo... be',
non
sono assolutamente d'accordo» sussurrò
abbracciandolo
stretto. Quindi si scostò e lo rimirò da capo a
piedi.
«Uhm...
tra l'altro ti dona molto il Tartan. Ma come mai questo esotico look da
Highlander?»
Remus
sorrise imbarazzato, avvolgendosi più stretto nella coperta:
«Tu che dici? Perché la mia vestaglia
è, al
momento, indossata da qualcun
altro, magari?»
Tonks
si guardò e notò che, effettivamente, la
vestaglia di
Remus la indossava lei, al momento. Dalla notte prima.
«Be',
ti dona davvero il Tartan» affermò convinta.
«E...
lo porti come tradizione vuole, suppongo».
Remus la
guardò un po' confuso.
«Sì,
insomma... sotto il Tartan niente» precisò la
strega con sbarazzina noncuranza.
Remus
annuì disinvolto. «Peccato che mi trovi in una
condizione
fisica non ottimale per invitarti ad accertartene di persona».
Lei
sogghignò, pigliandolo a braccetto. «Non importa,
rimedieremo in un altro momento: sabato Harry porterà Teddy
a
vedere la partita delle Arpie».
«Davvero?
L'ho sempre saputo che Harry si sarebbe rivelato un padrino
perfetto».
Tonks
rise e, dopo avere dato un'ultima occhiata al figlioletto addormentato,
trascinò il marito fuori dalla stanza e richiuse la porta.
«Ora
vai a riposare un po', però. Questa sera ti
aspetterà una
serata mondana. Mamma cenerà da noi».
«Davvero?»
«Sì.
Vuole chiedere a Teddy se gli è piaciuto il libro di fiabe
di quand'ero piccola».
«Ah.
Potrebbe essere un problema, questo. Dovremo assolutamente tenere il
discorso lontano da Cappuccetto Rosso. Non mi pare che Teddy l'abbia
gradita molto, quella storia» si sfiorò
delicatamente le
orecchie. «Pensavo me le strappasse dall'energia con cui me
le ha
schiacciate...»
«Temi
che ti si costringa ad indossare una cuffietta di pizzo il prossimo
plenilunio, vero?» insinuò Tonks divertita.
Remus
la guardò torvo, ma sorvolò sull'osservazione e
continuò imperterrito: «E preferirei davvero che
Andromeda
non venisse trascinata in un dibattito su nonne un po' cieche, bambine non particolarmente perspicaci
e cacciatori che squartano lupi cattivi che si spacciano per esseri
umani».
«Non esistono lupi cattivi!
Lo ha detto Hagrid».
«E
Hagrid se ne intende di queste cose, lo so. Ma tua madre non
è
Hagrid e preferirei davvero che evitassimo di ricordarle la storia di
Cappuccetto Rosso».
Tonks
aggrottò la fronte, meditabonda: «Hai paura che,
impressionata dalla storia, possa affatturare il primo cacciatore di
passaggio?»
Remus
la guardò in tralice, poi scosse il capo e, un lampo
Malandrino
negli occhi, rispose: «Non esattamente, no, più
che altro
ho paura che, ispirata
dalla storia, decida di assoldarlo,
il primo cacciatore di passaggio».
Fine
Va bene.
Mi rendo perfettamente conto che è abbastanza originale
pubblicare qualcosa che parla di Halloween sotto Natale ma... meglio
tardi che
mai! (E a proposito, un sentito ringraziamento alla mia lettrice cavia,
impavida cacciatrice di avverbi troppo esuberanti, non fosse stato per
lei questa storia sarebbe stata pubblicata a Pasqua. Forse).
L'idea alla
base di questa one-shot è nata nel momento
stesso in qui, leggendo
"Harry Potter e i Doni della Morte", mi sono imbattuta in un Remus
disgustato da se stesso per avere incoscientemente costretto una
creatura innocente - la
sua
creatura innocente - a convivere con la licantropia o, nella
migliore delle ipotesi, con un padre licantropo. Mi sono subito
immaginata che, se Remus fosse rinsavito e avesse rinunciato all'idea
di improvvisarsi Kamikaze nell'assurda convinzione che essere il figlio
di un eroe morto fosse meglio che essere il figlio di un licantropo
vivo,
sarebbe stata l'innocente creatura stessa a fargli cambiare opinione.
Idea consolidatasi quando sono
stata travolta dall'entusiasta, incontenibile, gioia di Remus che
annunciava al mondo la nascita dell'innocente creatura, rivelatasi un
sorprendente bimbo dai capelli cangianti.
Idea poi brutalmente mortificata dal
fatto che, effettivamente, l'innocente creatura avrebbe avuto per padre
un eroe morto. E non un licantropo vivo.
Poi, però, ho
"esorcizzato" questa inopportuna scelta dell'altrimenti inappuntabile
Rowling scrivendo "La Chiave del Tempo" e l'dea si è
ripresa, trasformandosi in questa storia.
* "Schianta la Manticora"
è una - poco modesta, ne convengo - autocitazione. In "La
Chiave
del Tempo" Tonks era solita tentare di addormentare il piccolo Teddy
cantandogli questo strepitoso successo delle Sorelle Stravagarie. Pare
non funzionasse molto bene come ninnananna... ma deve avere contribuito
parecchio
a formare il singolare
gusto musicale del giovane Lupin.
I Marciotti
sono simpatiche creaturine che sembrano fatte di nebbia, avanzano
saltellando sull'unica zampetta, emettono un verso orrendo e attraggono
con la loro lanterna i viaggiatori nelle paludi e nei pantani. Non so
se davvero si dissolvono con la luce - la Rowling non dice nulla al
proposito - ma avendo una consistenza simile alla nebbia mi pareva
plausibile, come soluzione.
E, prima di restare vittima di una fantasiosa fattura lanciata da
qualche lettore contrariato, permettetemi di spendere due parole sulla
scelta di mettere anche Codaliscia tra la versione "peluchosa"
dei Malandrini: so perfettamente che il Remus adulto odiava
cordialmente Peter Minus (era pronto ad ucciderlo, in effetti). Ma
credo che una parte di lui abbia continuato a provare, se non affetto,
almeno una sorta di tenera nostalgia per il Peter ragazzino, quello che
ancora non si era macchiato di tradimento e giocava, studiava, dormiva
con lui nel dormitorio maschile nella torre di Grifondoro; quello che
aveva affrontato il difficile percorso per diventare Animagus pur di
condividere con lui anche le notti di plenilunio; quello che, assieme a
pochissime altre persone, aveva accettato davvero anche il
lupo.
Ecco, quel topolino di peluche è proprio a ricordo del
piccolo Peter, il quarto Malandrino.
Perché: i
Malandrini erano quattro. Ed è giusto che siano ricordati
così.
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