VeritàNascoste
Verità Nascoste
Scorpius amava la domenica: giorno festivo per i babbani, per i maghi non era diverso.
Gli uffici del Ministero erano chiusi e lui poteva rilassarsi tranquillamente a casa.
Nessuna lamentela.
Nessun ritardo.
Nessun rumore se non quello provocato dalle pagine voltate e dalla musica di sottofondo.
Un calice di vino in una mano, un libro nell'altra; il camino acceso scaldava l'ambiente dal freddo dell'inverno.
Era tutto perfetto, una sana giornata di relex...
Ma c'era qualcosa che lo
disturbava. Sebbene quella fosse la perfetta riproduzione di una sua
giornata ideale, dove poteva dedicarsi a nessun altro che a sé
stesso, c'era un 'ma' che lo disturbava.
Un 'ma' dai capelli ramati e gli occhi azzurri.
Un 'ma' che prendeva il nome di Rose Weasley.
In Malfoy.
Sua moglie.
Dopo diversi anni di fidanzamento,
cominciato ai tempi di Hogwarts, Scorpius aveva deciso solo l'anno
prima di fare il grande passo: del resto erano venticinquenni ma si
conoscevano – o si sopportavano, come lei amava definire il loro rapporto – da quando erano adolescenti.
Non meno importante nella sua decisione era stata la sua visione di una possibile loro vita coniugale. O meglio, dei doveri di una moglie nei confronti del proprio marito.
Inoltre, la convivenza l'avevano già sperimentata, i battibecchi facevano parte della routine e la loro intesa non poteva che essere migliore.
Sì, alla fine aveva ceduto.
Oh, non si pentiva di certo, di averlo fatto.
Solo che, essendo lui un tipo
razionale, sin dall’inizio sapeva che ci sarebbero stati diversi
aspetti del loro carattere che si sarebbero scontrati.
Così era e spesso queste
piccole divergenze accadevano in momenti come quelli; la quiete della
casa, la musica classica di sottofondo, venivano interrotte dalle
chiacchiere di Rose o dal suo desiderio di vedere chissà quale
film – e l'impianto audio per televisione, che ne aumentava i
rumori, di certo non poteva entrare in sintonia con il giradischi antico.
Inevitabile che scoppiassero a volte piccole liti.
Solo che era da più di
mezzora, ovvero da quando avevano terminato di cenare, che non si
sentivano che rumori artificiali.
E questo, oltre ad infastidirlo, lo preoccupava.
Rendendosi conto che quello che
doveva essere un momento di pace si stava lentamente trasformando in un
lavoro frenetico per la sua mente, con un sospiro rassegnato decise di
chiudere il libro.
Si alzò, senza fretta,
apparentemente tranquillo. Il loro appartamento era situato nel centro
di Londra; avevano rifiutato la proposta di suo padre di trasferirsi in
una proprietà dei Malfoy e quella dei parenti di Rose di
sistemarsi nelle vicinanze della tribù dei rossi: se volevano
far sopravvivere il loro amore, era meglio stare alla larga dall'occhio
sempre vigile di Malfoy Senior o dalle attenzioni a volte soffocanti
della famiglia Weasley.
I nervi di entrambi non avrebbero retto.
In ogni caso, non si poteva
definire un appartamento privo di stile; esso presentava una coesione
di generi di arredamento molto diversi fra loro, ma in armonia l'uno
con l'altro.
Era il loro 'nido', sosteneva Rose,
ignorando il suo disgusto a quella parola così troppo romantica,
e come tale manifestava il loro amore: così come loro
rappresentavano un unione di caratteri a prima vista incompatibili, ma
perfettamente complementari, così era per la loro casa.
E a stento Scorpius riusciva a trattenere un sorriso, dopo quella sorta di dichiarazione così appassionata.
Si riscosse dai suoi pensieri quando di fronte a sé si parò la porta della loro camera, aperta.
Era stata lei a voler occuparsi
dell'arredamento di quella stanza, non prima che lui le avesse
strappato la promessa che non avrebbe comprato nulla di troppo estroso.
I colori erano chiari, caldi, e si alternavano al legno, presente nel
parquet e nelle travi del soffitto.
Estremamente raffinato ed elegante.
Ma sapeva bene cosa amasse
veramente la sua sposa di quella camera: l'ampia finestra, dove il muro
rientrante, su cui erano stati adagiati dei cuscini, permetteva di
sedersi ed osservare il panorama.
Fu lì che la trovò.
Il volto rivolto verso l'esterno, ma parzialmente visibile.
Così com'era visibile era la sua tristezza.
Se da un lato la cosa lo toccava,
perché non riusciva a capire cosa l'avesse resa malinconica,
dall'altro cominciava a sentire la leggera ansia che lo prendeva quando
non sapeva come comportarsi.
Sebbene rimanesse imperscrutabile
per fuori, mantenendo una calma invidiabile, dentro di sé
cercava di capire come fosse meglio agire.
Non era mai stato bravo con le parole.
Si avvicinò, lentamente, quasi avesse paura di vederla fuggire. Ma lei non si mosse.
Ora, se c’era una cosa che
Scorpius odiava era essere ignorato; tuttavia cercò di
trattenere l’irritazione finché non fosse venuto a capo di
quel mistero.
Ma quando non rispose neppure alle
sue chiamate, un certo nervosismo si impossessò dei suoi
movimenti; afferrò le gambe della giovane, sollevandole e
sedendosi dove prima erano poggiati i piedi, schiena alla finestra, e
portando gli arti inferiori di sua moglie sopra i suoi.
In quel modo, ottenne la sua attenzione: Rose distolse lo sguardo da fuori e lo puntò nei suoi occhi.
Erano lucidi.
Scorpius, a disagio, stirò le labbra in un sorriso quasi imbarazzato, così strano per lui.
<< Sai che non mi piace
essere ignorato.>> più che un’accusa, come avrebbe
voluto farle per quello strano comportamento, la sua assomigliò
più ad una scusa per le proprie azioni.
Ma quando vide che il volto di sua
moglie stava per voltarsi ancora verso la finestra, non esitò ad
allungare una mano per afferrarle il mento, trattenendolo dolcemente.
<< Rose, che succede?>> cercò di modulare la voce, renderla gentile senza nessuna traccia di altra emozione.
La vide mordersi il labbro, prima di rispondere.
<< I-io… Io non lo sento più...>>
Non lo diede a vedere, ma la risposta lo lasciò basito.
Di chi diavolo parlava?
Il soggetto era sicuramente
maschile. Mille scenari diversi si concentrarono nella sua mente, ma si
concentrò solo su due.
I due che sembravano più
insidiosi. Si preoccupò per come la sua mente li avesse
elaborati ed individuati così velocemente.
Il primo, guidato dalla parte
più istintiva di Scorpius, designava come protagonista un
possibile amante. Sentì lo stomaco stingersi e la mani prudere:
non riusciva, non poteva neanche immaginare Rose, la sua Rosie, con un altro. E che oltretutto fosse disperata per una improvvisa dipartita di questo fantomatico amante.
No, Rose lo amava. Ne era certo.
Come diceva lei, si sopportavano
egregiamente bene a vicenda! Non avrebbe mai accettato di sposarlo se
qualcosa non le andasse bene.
Cercò di scacciare quella
visione alquanto irritante – e dolorosa – per concentrarsi
nella seconda, forse più delicata della prima e non meno amara:
Rose era incinta e aveva perso il loro bambino, ciò che non
sentiva più erano i suoi movimenti o forse non provava
più i sintomi dei primi giorni/mesi di gravidanza.
Sì, forse era questo. Ma non
era una prospettiva migliore della prima. Oltretutto lui non ne sapeva
niente, aveva scoperto che stava per diventare padre quando ormai non
aveva più la possibilità di esserlo.
Con la mano libera cercò quella di Rose.
<< Rose, ne sei sicura?>> prima di lasciarsi andare allo sconforto, era meglio esserne certi.
<< Sì.>> la sua voce era spezzata, flebile. << Io non lo sento più!>>
Sembrava così fragile…
Decise di accantonare il suo dolore, per cercare di confortarla.
Sebbene si mostrasse una dura, Rose era la ragazza più sensibile che conoscesse.
<< Non ti preoccupare tesoro,
ne faremo un altro. Vedrai, quando il dolore passerà si
potrà riprovare…>>
Ma, stupendolo, sua moglie lo bloccò. E ancora di più lo stupì l’occhiata torva che gli rivolse.
<< Ah sì? E come faresti vista la tua incapacità in materia?!>>
D’accordo, Scorpius aveva
capito che il dolore provocato per la perdita di un figlio, anche se
non ancora nato, era grande – anche lui lo sentiva.
Capiva che Rose, probabilmente sconvolta, non si rendeva conto di quello che diceva.
Ma dire che Scorpius Malfoy fosse incapace era un affronto alla sua virilità, nonché al suo orgoglio.
Lui era capacissimo in quel campo.
<< Sai bene che non è vero, che lo so fare ad occhi chiusi, se volessi.>> non era riuscito ad evitare di difendersi.
Merlino, come avevano fatto una volta avrebbero riprovato di nuovo!
<< Davvero? E perché io non ti ho mai visto?>>
<< Forse perché
è a te piace farlo con gli occhi chiusi, amore.>> si
aspettava una controbattuta velenosa, ma la sua occhiata confusa lo
confuse a sua volta.
<< Io non l’ho mai
fatto. Figurarsi senza tenere gli occhi aperti!>> non poté
evitare di inarcare un sopracciglio, scettico.
Non ne capiva il motivo, ma sentiva che qualcosa gli sfuggiva, in tutto quel discorso.
E stavano inoltre tralasciando il problema di fondo.
<< Mai fatto? Cosa significa,
che ti sei fatta sostituire da una persona che aveva assunto le tue
sembianze tramite Pozione Polisucco?>>
Non rispose. Si limitò a guardarlo spaesata.
Scorpius capì subito che non aveva compreso una parola di quel che le aveva detto.
E forse – forse –
c’era qualche possibilità che entrambi non avessero
compreso, per tutto il dialogo, il vero senso delle parole rivolte
l’uno all’altro.
Perché forse – forse – era stato frainteso tutto dall’inizio.
<< Scorpius, di cosa stai
parlando?>> e scoprire che forse – sempre questo
dannatissimo forse! – lui, un Malfoy, avesse potuto prendere un
abbaglio non era cosa facile da pensare.
Né tanto meno da confessare.
<< Tu… Non eri
incinta? Non hai perso nostro figlio?>> tuttavia, per quella sera
avevano frainteso abbastanza.
L’occhiata prima confusa, poi stupita che gli rivolse, gli fece capire di essere nella strada giusta.
<< No! Non avrai pensato… No che non ero incinta!>> vide le gote di lei arrossirsi, insieme alle orecchie.
Non era incinta.
Non aveva perso loro figlio.
Bene.
<< Ah.>> patetico, quanto di più lontanamente profondo potesse dire.
<< Ma veramente hai pensato…>>
<< Cosa avrei dovuto
credere?>> la interruppe brusco, incrociando le braccia al petto.
Non era facile ammettere di aver sbagliato. E poi, lui ci aveva
seriamente creduto per un attimo.
Aveva sentito la speranza subito venire spenta.
Avere un erede. Un figlio proprio.
Non era stato un brutto pensiero.
Scosse la testa, nel tentativo di
riprendersi. << Dicevi “non lo sento più”:
credevo parlassi degli spostamenti del bambino.>> si morse la
lingua, con quel “del”.
Preposizione composta.
“Il” , articolo determinativo.
Ma non c’era niente, da specificare. Non c’era mai stato.
Quasi sobbalzò, nel sentire
le braccia di Rose avvolgergli il collo e le sue labbra muoversi dolci
sulle proprie. Rispose, forse più veementemente rispetto a lei.
Staccarono le labbra, quando fu il momento di riprendere fiato, ma non la presa delle mani sull’altro.
In quella strana conversazione era arrivato alla conclusione che non gli sarebbe dispiaciuto essere padre.
Non avevano mai accennato all’argomento e ora, con un’incomprensione, sentiva questo desiderio farsi strada in lui.
<< Per questo prima hai detto “ci ritenteremo”… Ma tu, veramente, lo vorresti?>>
Lo voleva?
Si ritrovò ad annuire, incapace di parlare.
Vide gli occhi di Rose cancellare
la tristezza e brillare felici; così come felice e dolce era il
sorriso dipinto sulle sue labbra.
Da solo, illuminava l’ambiente e scaldava più del camino.
Merlino, come possono ridursi i pensieri di un uomo innamorato? Si ritrovò a pensare, rassegnato.
<< Mi fa piacere saperlo.
Sai…>> gli scoccò un’occhiata imbarazzata,
prima di continuare con voce quasi timida. << … non ho mai
avuto il coraggio di affrontare l’argomento. Avevo paura che
credessi fosse troppo presto, che non fossimo pronti. O, semplicemente,
che non ne volessi uno. Però il sapere che anche tu lo desideri
mi fa piacere.>>
Si ributtò con foga, sulle sue labbra e Scorpius non ci pensò due volte a stringerla a sé.
Tuttavia, non gli passò
neppure per l’anticamera del cervello di riferirle che no, non lo
sapeva neanche lui di volerlo un figlio fino a poco fa.
Ma era un dettaglio inutile in quel momento.
C’era qualcosa che non riusciva però ancora a capire…
Seppure contrariato, si separò dalle sue labbra, pronto a far chiarezza su quella storia.
<< Allora cos’è
che ti ha intristito?>> per un attimo, si affacciò di
nuovo il pensiero dell’amante segreto, ma lo scacciò
velocemente.
E, se anche ci fosse stato, gli avrebbe fatto personalmente da guida nelle segrete del maniero di suo padre…
Ma i suoi progetti passarono in secondo piano quando incontrò le iridi tristi della sua signora.
<< Io… stavo parlando di Piggy.>>
Fu colto alla sprovvista da quelle dichiarazione.
E coglierlo alla sprovvista era una cosa rara.
<< Piggy?>>
<< Sì Piggy. Ricordi, la Puffola Pigmea che nostra nipote ci ha regalato per il matrimonio.>>
Certo che la ricordava. Come poteva scordarsi di quella piattola?
No, non si riferiva alla figlia di Ted e Victoire, ma a quell’essere che la piccola aveva rifilato loro.
Non riuscì a trattenere una
smorfia pensando a quel mostriciattolo che squittiva, si dimenava e,
cosa non meno importante, riceveva buona parte delle coccole quotidiane
di Rose.
Non che fosse geloso – oltre
che essere, come già specificato, un Malfoy, lui era un vero
uomo. Figurarsi se era geloso delle coccole che gli riservava! –
solo che era un essere parecchio fastidioso.
Piggy.
Gliel’aveva sempre detto, a
Rose, che era un nome stupido, ma non c’era stato verso di farle
cambiare idea; oltretutto sembrava che la …cosa … si
fosse abituata a quell’appellativo.
Ora che ci pensava, però, non la vedeva neanche lui da tempo.
Non che ne sentisse la mancanza, fosse chiaro.
<< Non potrei mai scordarla,
tesoro. Ti assomiglia terribilmente.>> ora che ogni tensione era
sciolta, non riuscì a non punzecchiarla.
Era segretamente felice che il loro rapporto quotidiano non fosse mutato dai tempi di Hogwarts.
<< Se era un tentativo di
offesa, sappi che non funziona. Sono più che orgogliosa del mio
Piggy e sono felice se dici che ci assomigliamo.>>
<< Felice te di assomigliare
ad una piattola…>> quello che gli sfuggì,
purtroppo, fu un sussurro fin troppo udibile, che fece assottigliare
fin troppo pericolosamente lo sguardo delle rossa.
<< Cosa hai detto, amore?>>
A disagio, distolse lo sguardo, cercando di cambiare velocemente argomento.
<< Ma… Da quant’è che non lo vedi?>> ed eccola, l’espressione affranta.
Per una Puffola, Salazar!
<< Da venerdì mattina.
Sai, tu eri via con Albus, mentre io sono rientrata solo la mattina
dopo, per un impegno di lavoro…>>
Venerdì… Incontro con Albus…
Sì, non aveva lavoro quel giorno ed erano andati a giocare a Quidditch, in onore dei vecchi tempi.
Fece uno sforzo per ricordarsi se aveva visto quell’essere.
Era rientrato a casa accaldato e sudato, sporco, deciso solo a farsi una doccia.
E sì, l’aveva sentito
uno squittio acuto. Si ricordava di averlo pure attutito, lanciandogli
sopra i vestiti sporchi mentre si denudava in camera e si avviava
fischiettando a lavarsi.
Si era lavato, togliendosi il sudiciume, e… si irrigidì, la bocca improvvisamente secca.
<< Ti è venuto in mente qualcosa?>> il tono di voce di Rose e i suoi occhi erano colmi di speranza.
E lui si sentì un mostro.
<< No, mi dispiace. Vedrai,
ritornerà a casa.>> sorrise, rassicurante, ignorando
completamente la vocina che gli diceva che sì, lui sapeva
dov’era Piggy.
Ignorando deliberatamente le
immagini che lo vedevano uscire dalla doccia, asciugarsi ed afferrare
la roba sporca ammucchiata per metterla in lavatrice.
Ignorando palesemente il momento in
cui, quando aveva aperto l’oblò, metà dei capi era
azzurro e aveva ritrovato una … cosa … zuppa e
morbidiccia che aveva creduto essere uno di quegli aggeggi acchiappa
colori – la cosa gli era poi costato una Smaterializzazione fino
a casa dei suoi, per farsi lavare i vestiti: non voleva certo dare una
scusa a Rose per ridere della sua incapacità nell’usare
gli affari babbani.
Semplicemente, ignorò.
Si limitò a sorridere e ad abbracciarla stretta sé, cercando un’idea per sviare l’argomento.
Ma sapeva bene quanto la rossa fosse tenace.
<< No, sento che stavolta
l’ho perso per sempre.>> gli dispiaceva, ma proprio non
riusciva a condividere la sua tristezza.
Era internamente felice di essersi liberato di quel coso.
<< Se non torna, potrei farmi regalare una nuova Puffola per Natale…>>
Storse il naso, al pensiero, ma si limitò ad adoperare il suo tono più noncurante.
<< Sì, potresti.>>
<< Oh forse…>>
vide i suoi occhi cercare i suoi, accesi da una strane luce: un misto
di malizia e amore che lo conquistava ogni volta. << …
potremmo impegnarci per ricevere un regalo più grande, che
magari non arriverà proprio a Natale ma…>>
Non la lasciò finire: un ennesimo bacio interruppe la conversazione.
<< Questo è un’idea più sensata, Weasley.>>
Gli sorrise, complice. << Bene, Malfoy. Vediamo quanto sei bravo a fare quella cosa ad occhi chiusi.>>
E mentre si amavano, Scorpius non poté non pensare quanto effettivamente erano rilassanti i giorni festivi.
Non poté non pensare a come quel Natale sarebbe stato migliore.
E non poté non pensare a Piggy: forse, un giorno, avrebbe raccontato a Rose di una sua piccola disavventura domestica.
Ma per ora, andava bene così.
Note: scritta di getto oggi pomeriggio, appena conclusa. ^^
Cosa posso dire, ero ispirata. *_*
Ed eccomi
qua, con la mia seconda storia su Rose/Scorpius. Mi piace anche
più della prima. Ma siccome devo ancora scrivere il secondo
capitolo dell’altra, magari mi ricrederò.
Che ne dite di questi due, venticinquenni e sposati? A me piacciono. ^^
Mi rendo
conto che a volte Scorpius appare un po’ romantico, ma parliamo
ormai di un adulto: non potevo farlo vivere di frasi smozzicate e
monosillabi!
Povero Piggy ç_ç
Siccome Hermione aveva Grattastinchi, anche a Rose volevo affibbiare a qualcuno: ma non avrei mai fatto sparire un animale!!!
E poi
Scorpius geloso – ma non diteglielo – mi stuzzicava.
Così come quando si fa i viaggi mentali, credendola incinta:
tutto così confuso, tutto così divertente (lo so, sono
malata u.u).
Quando Rose lo accusa di incapacità, intende nel creare una Pigmea.
Spero vi sia piaciuto!
Se ci fossero errori, sappiate che in ogni caso domani ricontrollerò.
Un
ringraziamento enorme andrà a chi commenterà: verrete
ringraziati sull’ultimo capitolo dell’altra mia storia.
Grazie anche a chi leggerà.
Un bacione
Anthea
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