Sfida:
1. Scegli un personaggio, una
coppia o un fandom.
2. Apri la tua cartella di musica
e seleziona la modalità di riproduzione
casuale e fai partire.
3. Scrivi una drabble-flashfic che
sia collegata alla canzone che sta andando.
Hai tempo fino al termine della canzone per terminare la drabble: inizi
con
l’inizio della canzone e finisci quando finisce, niente
esitazioni! Non importa
quanto scombussolata è la tua drabble.
4. Scrivine 10, poi pubblicale.
Questo è un piccolo regalino di
Natale per chi segue quella gran bagatella di Doppelgaenger,
visto che con il capitolo sono ancora in corso
d’opera. È una specie di raccolta di missing
moments e introspezioni varie. ;)
Questa
è la playlist. Caricata su youtube con il sudore della
fronte.
Messaggio per chi non ha idea
di che cavolo sto dicendo: questa raccolta di Drabble si
riferisce alla mia
fan-fiction Doppelgaenger che potete trovare su EFP.
I
personaggi sono tutti della nuova generazione di HP, con
l’aggiunta di tre pg
originali. Sono incasinati anche nella storia, quindi tranquilli,
è normale che
vi chiediate qual è il loro problema. ;P
I fatti o le allusioni fanno
riferimento alla storia. ^^
Bad Boyfriend
– Garbage. (Teddy/Victoire)
Era sempre stato il fidanzato
perfetto.
Era incredibile pensare che
sarebbe potuta finire così.
“Mi dispiace Vic, non credo di
farcela più…”
Una sera, davanti al portico di
Villa Conchiglia, Ted Remus Lupin l’aveva lasciata.
Era sempre stato perfetto:
sollecito, gentile, un amante delicato e attento.
Quante notti passate a parlare.
Parlare, parlare, parlare.
Forse era proprio quello il
punto. Lei parlava. Ma lo ascoltava?
Era certa che lui la ascoltasse.
Con quel vago sorriso tenero e gentile, che l’aveva fatta
innamorare, come le sue
mani delicate, i suoi occhi miele in cui affogare, e i capelli blu come
un favoloso
principe azzurro.
Non ti ho mai ascoltato veramente, non
è così Teddy?
Perché altrimenti avrebbe capito
che c’era qualcosa che non andava. Che loro
non andavano bene assieme. Che essere mostrato in giro come un trofeo,
sentirsi
dire che era il fidanzato perfetto, e pianificare il matrimonio nei
dettagli
non era quello che Teddy voleva.
L’aveva capito troppo tardi.
Perché Teddy non parlava.
Ascoltava,
tutto lì.
Gli aveva gridato addosso,
spronandolo a reagire. Quando ormai non c’era più
niente da fare.
Teddy era partito, e lei era
rimasta sola.
Knowledge – Green Day (James Sirius
Potter)
Oh, sì. Era
davvero un cattivo ragazzo.
Beveva e pure tanto, quando
d’estate Fred lo portava in giro.
E non si era mai sentito tanto
vivo.
Aveva sedici anni, troppe
proibizioni e una gran voglia di infrangerle.
Quindi si era
trovato su un palco in un sordido bar di Leeds a ululare ad un
microfono,
sbronzo fradicio. Aveva urlato al mondo che l’unica cosa che
sapeva era di non
sapere un dannato accidente.
Freddy rideva, suo personale
Caronte in quel’estate rovente.
Ignorante e testardo come una
capra. E gli andava bene così. Sedici anni e niente pensieri.
C’era tempo per crescere.
Prayer of the Refugee – Rise Against.
(Thomas
Dursley)
Diverso. Ecco
cos’era.
Il mattino sarebbe arrivato
presto, spazzando via quegli incubi, quei pensieri.
Non era facile, però, la notte. A
volte voleva solo avvicinarsi al fuoco e lasciarsi scaldare.
Di notte aveva freddo. Era una
sensazione nuova, per lui, che sempre si era sentito a casa tra le mura
di
Serpeverde. Non riusciva quasi più a sopportare la stessa
terra su cui
camminava a volte, quando i cattivi pensieri lo divoravano.
Ora tutti lo guardavano. Certo,
probabilmente era solo un’impressione, ma si sentiva
così.
Era diverso. Adesso lo sentiva
finalmente. Doveva smetterla di illudersi che la sua
diversità consisteva solo
nel fatto di essere uno studente brillante.
Era Tom Dursley, il nato-babbano
senza passato. Era Tom, il ragazzo a cui mancava un pezzo.
Poteva fingere di essere un bravo
amico, un ottimo studente, un figlio rispettoso. Poteva fingere.
Ma era diverso. Come un pinocchio
triste e pericoloso. Come in una brutta favola.
Solo che le favole finivano bene,
c’era una morale e tutti alla fine imparavano qualcosa.
Lui non era certo che per lui sarebbe
stato così.
Quindi chiudeva gli occhi e
cercava di dormire.
Aspettando l’alba e pregando come
un ridicolo rifugiato sotto le bombe.
Little House – The Fray (Lilian Luna
Potter)
Tutti pensavano in fondo che fosse
un po’ sciocca, un po’ frivola.
Tanto carina, ma anche tanto
sciocchina.
Non che glielo dicessero
apertamente, ovvio.
La piccola, dolce, Lilian Luna.
Un nome musicale, rotondo,
così
adatto a lei.
Lei rideva, e gli veniva davvero
da ridere quando Jordan Thomas le teneva la mano e le diceva quanto
fosse
tenera, baciandole la fronte.
La piccola e dolce Lily, che
faceva arroventare il cuore dei maschietti con un sorriso.
Hugo sapeva, e scuoteva la testa,
con quel suo sorriso storto e un po’ esasperato.
Doveva davvero trattenersi dal
ridere a volte.
Perché davvero, lei giocava. Non
si sentiva offesa dall’idea un po’ sciocca che gli
altri, i ragazzi
soprattutto, avevano di lei. Era esattamente quello che voleva dare ad
intendere.
Lily giocava a nascondino con sé
stessa.
Però, in fondo sperava che un
giorno qualcuno la trovasse e desse tana libera tutti.
E aspettava, nascosta.
Indipendent Love Song – Scarlet. (Rose
Weasley/Scorpius Malfoy)
Si era sempre ripromessa che non
si sarebbe mai innamorata come un idiota.
Sì, come quelle cretine che
perdevano completamente il senno, blaterando del proprio ragazzo,
esaltandone
le qualità fino al parossismo.
Ridicolo.Lei aveva un cervello.
Peccato non si fosse resa conto,
o forse non lo sapeva proprio, che lì il cervello
c’entrava poco.
Perché quando si era innamorata
di lui se n’era andato
allegramente a
spasso.
Di lui, l’ultimo cavaliere della
tavola rotonda. Quell’insopportabile biondino slavato.
Scorpius ‘sono un idiota
ridanciano’ Hyperion Malfoy.
“Andiamo biscottino, potresti
anche ammetterlo.”
“Ammettere cosa?”
“Che sei pazza di me!”
“Neanche nei tuoi sogni più reconditi,
Malfoy.”
Perché anche se era innamorata
(come una cretina) l’avrebbe fatto in modo diverso.
Perché se fosse stata canonica, banale,
lui probabilmente l’avrebbe confusa alla massa.
Anche se a volte era difficile.
Quando, per esempio, la baciava, come faceva a non sciogliersi come una
di
quelle oche idiote?
“Io sono diversa Malfoy, non sono
una delle tue sciacquette.”
E Scorpius le aveva sorriso.
“Mi pare evidente, Rosie-Posey.
Perché pensi che io sia
pazzo di te?”
E aveva capito. Non era l’unica a
volere una storia d’amore diversa.
Fascination Street
– The Cure.
(Michel Zabini)
Era il fascino in persona. Non
era una mera sparata boriosa.
Era semplicemente la pura verità.
Michel Zabini, nome francofono, cognome italiano, pelle scura e zigomi
da
orientale era la personificazione della bellezza maschile.
Sua madre era una ballerina
classica, suo padre semplicemente Blaise Zabini.
E lui poteva forse essere da
meno?
Ma la bellezza chiedeva un pegno:
la solitudine.
Uno Zabini era bello, ma di
quella bellezza quasi intollerabile, che spingeva le ragazze ai suoi
piedi e
gli uomini a perdere la testa. Ma nessuno si spingeva oltre.
Perché cercare di rompere la sua
corazza quando l’involucro era perfetto?
Uno spreco, ecco cosa sarebbe
stato.
Solo due amici, al mondo.
Scorpius Malfoy, il ragazzo che sorrideva sempre e come lui chiudeva
tutto
dentro. Era stato il suo primo amore, naturalmente non corrisposto.
E Loki Nott, compagno di
scorribande, che con un lucidissimo nomen
omen combinava più intrighi e imbrogli di quanto
una mente comune riuscisse
anche solo ad ideare.
Poi era arrivata Hogwarts,
Serpeverde, la squadra, i risultati scolastici, e gli ammiratori erano
decuplicati.
E poi era arrivato lui.
Albus Severus Potter, un
ragazzino con natali ingombranti e un nome ridicolo. Apparentemente
insignificante,
sempre attaccato alle gonne del brillante nato-babbano Tom Dursley.
Aveva capito quanto non lo fosse,
insignificante, quando si era reso conto che con lui il suo fascino non
funzionava affatto.
Ed era andato tutto secondo un
copione un po’ troppo abusato per i suoi canoni.
Si era preso una cotta proprio
per chi, di fascino, non ne aveva affatto.
Gives You Hell – The All American
Rejects
(Scorpius Malfoy)
Sperava davvero gli andasse tutto
di traverso.
Scorpius lo pensava guardando il
grasso e grosso prefetto di Grifondoro, che con pomposa ostentazione
gli
spiegava come, anche se era un Malfoy, non doveva aspettarsi
trattamenti di
favore.
Soprattutto in quella casa.
“Hai capito Malfoy? Non voglio
vedere roba non regolamentare come questo manico di scopa…
Gli studenti del
primo anno non possono avere manici di scopa personali. Quindi sono
costretto a
requisirtelo.”
Scorpius non aveva smesso di sorridere. Aveva capito, da quando aveva
facoltà
di pensiero, che spesso un sorriso era la soluzione più
indicata.
Sia per irritare che per placare.
Dipendeva dalla sfumatura che gli davi, ovvio.
E lui era bravissimo nelle
sfumature.
“Sicuro che ho capito. Non lo
farò mai più.”
“Bene. Ora va’ in camera.”
Scorpius aveva annuito, infilandosi le mani in tasca
“Ehi, prefetto!” Aveva gridato
dalle scale. “Spero che quel volo ti vada tutto di
traverso!”
Era scappato su per le scale prima che potesse togliergli punti o
riempirlo di
botte.
Il giorno dopo quando, durante la
colazione in Sala Grande, aveva visto passare il prefetto con un
braccio al
collo e un occhio livido l’aveva fermato. Chiaro come il sole
che la sua scopa
l’avesse disarcionato.
Era stata un’idea geniale,
quella di incantarla perché
obbedisse solo a lui.
“Ehi, signor prefetto!” Gli aveva
fatto un gran sorriso. “Io te l’avevo detto che ti
sarebbe andata di traverso!”
Natural Disaster – Plain White
T’s. (Scorpius
Malfoy/Rose Weasley)
Era totalmente assurda.
La prima volta che Scorpius aveva
notato Rose Weasley stava redarguendo il cugino più grande,
quell’idiota
arruffato di Potter.
Aveva il viso arrossato, i
capelli completamente in disordine e per giunta aveva della carta
igienica
attaccata alla scarpa destra.
Non aveva capito perché ma
l’aveva trovata intollerabilmente carina.
Ma allora aveva dodici anni e non
era indipendente dal trend di pensiero Malfoy.
Quindi aveva seppellito il
pensiero con imbarazzo.
Poi un giorno ci aveva sbattuto
letteralmente contro. Stava uscendo dalla biblioteca con il braccio
attorno
alla vita della Haggins, la sua prima ragazza. La trovava noiosa ma
aveva già
la tette grosse.
L’aveva mandata a gambe all’aria
e libri e pergamene erano volate dappertutto.
“Malfoy, stai attento a dove
guardi!” Aveva sbraitato, stavolta al suo indirizzo. Aveva
raccolto tutto ed
era filata via senza degnarlo di uno sguardo.
Alla fine, stesse lezioni, stesso
anno, stessa Casa, avevano cominciato a ronzarsi intorno.
Erano cominciati i battibecchi,
le prese in giro, le classifiche sui rispettivi risultati scolastici.
E un giorno, mentre le faceva
notare quanto fosse un ‘disastro naturale’
beh…
Aveva capito che quel disastro in
carne e ossa gli piaceva da morire.
I Don’t Care – Fall Out Boy
(Loki Nott)
Lui se ne fregava. Davvero, non
era tanto per dire.
Loki Nott se ne fregava delle
regole, ma non in modo plateale e idiota come quel Potter e i suoi
scagnozzi
gemelli.
No, lui le aggirava. Perché dove
c’era una regola, lo diceva sempre al paziente compare
Zabini, c’era il modo
per aggirarla.
Loki adorava il suo nome. Loki
era un dio nordico (ed era figo avere un nome da pantheon), il dio
delle burle
e degli inganni. E mai nome era stato più azzeccato. Suo
padre era un tipo cupo
e vigliacco. Sua madre era scappata con un istruttore di scherma quando
aveva
sei anni. Lui? Aveva avuto come balia un folletto, buttato fuori dalla
Gringott
per appropriazione indebita..
Quindi non c’era da stupirsi se
Loki Nott era il banco ufficiale, e assolutamente disonesto, di
Hogwarts.
Loki aveva gli occhi bicolori,
uno verde e uno marrone, e si diceva avesse uno sguardo inquietante.
La gente diceva che fosse calcolatore, immorale,
cinico e disonesto. E lui se la rideva.
Non gli importa di cosa diceva la
gente, finché parlava di lui.
C’è una sola cosa
peggiore del non far parlare di sé, citava Mastro
Zabini, non far parlare di sé.
Whatever – Oasis (Albus Severus
Potter)
"Sai
Harry, amico… mi chiedo come
diavolo abbia fatto Al a finire a Serpeverde. È un ragazzino
così a posto…”
“Ron, guarda che c’è
gente a posto a
Serpeverde.”
“Fammi un nome allora!”
Harry aveva sospirato. “Beh. Mio figlio?”
Al aveva tirato lo stesso tipo di sospiro, nascosto dalla balaustra
delle
scale.
C’era rimasto male? Un po’, ma
non tantissimo. Se l’era presa più per
l’offesa implicita dello zio. Ma del
resto era un Grifondoro.
Lui stava a Serpeverde perché
cavolo, quella era la sua Casa. Semplice, no?
‘Vedo doti non indifferenti, dietro
questa grossa insicurezza, signor
Potter. Intelligenza, una certa predisposizione ad infrangere le
regole, o
reinterpretarle.’
Albus, con il cappello calato fin sotto alle
orecchie (sentiva le
risate di suo fratello, di sottofondo) aveva deglutito profondamente.
“Io signore?”
‘Ehy, ehy, so quel dico! Sai quanti ragazzi ho smistato
signorino? Come dicevo…
intelligenza, una certa dose di astuzia, vedo anche una certa
predisposizione a
seguire il cuore, più che il cervello. Potrebbe finire a
Grifondoro… ma anche a
Corvonero. O perché, no? Tassorosso…’
Albus sbuffò impaziente:
praticamente tutte le case. Tranne Serpeverde.
‘…ma
molta, molta insicurezza.’
Continuò il Cappello ‘Potrebbe diventare grande,
come restare per sempre nella
schiera degli ignoti. Le possibilità si equivalgono, direi.
La scelta sta a
lei’
Albus aveva deglutito.
“Io… ma scusi,
Serpeverde? Non potrei finire là?”
Il cappello era rimasto in silenzio.
L’undicenne aveva pensato di aver
detto una grossa cretinata.
‘Direi che anche Serpeverde potrebbe
essere una scelta. Non vedo
ambizione, ma astuzia e intelligenza sì. Sprezzo delle
regole anche… Perché no,
perché no. Beh?’
Il Cappello stava chiedendo a lui. Ma era una
cosa normale?
Grifondoro. Avrebbe detto Grifondoro, certo,
fino a dieci minuti prima.
Ma non voleva separarsi da Tom. E Tom era
solo. E suo padre gli aveva
detto che non aveva importanza. E poi…
Inspirò forte.
“Voglio andare a
Serpeverde.”
‘Ne sei sicuro? Sappi che poi non
potrai tornare indietro.’
Al deglutì. Gli tremavano le mani,
ma suo padre aveva detto che andava
bene. E l’amicizia di Thomas valeva uno stupido cravattino
verde-argento.
“Sono sicuro.”
‘E così sia. SERPEVERDE!’
Quello che un Grifondoro non
avrebbero mai capito era che a
Serpeverde si trovavano ‘ottimi amici, certo quelli
astuti’. Non era solo una
stupida filastrocca di un Cappello un po’ matto.
Infilò le lettere di Nott e
Zabini in tasca e corse fuori, dove Tom lo aspettava per andare a
caccia di urchin. Alla fine si
trattava di essere
sé stessi. E lui l’aveva fatto.
Bonus Track
Santa Claus Is Comin’ To Town - McFly
(Al/Tom:
spoiler!)
“Santa Claus sta arrivando in
città… ” Canticchiava nonno Arthur
facendolo ridere, mentre lo aiutava a
decorare il grande abete in giardino. Nonna Molly era passata loro
vicino,
alzando gli occhi al cielo.
“Per Morgana, Al! Non fargli mai più ascoltare
carole natalizie babbane!”
“Ma questa è una canzone nonna!” Si era
difeso ridendo, mentre, con un colpo di
bacchetta, spediva sull’albero un festone luminoso.
La Tana si addobbava a festa
quando i figli tornavano all’ovile. Che fossero di quarta o
quinta generazione,
che fossero adottivi poco importava.
La Tana accoglieva sempre. O almeno
così gli aveva detto
sua madre, durante uno dei tanti natali. Allora non aveva capito, aveva
solo
sei anni e una voglia folle di
aprire
i regali.
“Al, non provarci!” L’aveva
apostrofato la mamma, vedendolo per l’ennesima volta
all’albero. Aveva fatto il
broncio.
“Sei un fesso…” Il tono era monocorde.
“Tom!”
Proprio lui, con un cardigan verde bottiglia e pettinato di fresco.
Papà Harry,
impegnato a spingere la moto dentro la rimessa, gli aveva sorriso
complice.
“Sei venuto per Natale!”
“Zio ha chiesto a papà se potevo
venire…” L’aveva squadrato.
“Che è quella
faccia?”
“Sono tanto, tanto, tanto super-contento!” Aveva
fatto una pausa, guardando
avidamente un grosso pacco che il cugino teneva sotto il braccio.
“Mi hai fatto
il regalo, Tom?”
Il bambino aveva fatto una smorfia imbarazzata. Era un sì,
lo sapeva quello!
Aveva fatto un sorrisone. “Se mi
dai il permesso… Il tuo lo posso scartare di regalo,
Tom?”
Albus aveva sorriso, a
diciassette inverni di età, mentre Tom era entrato dalla
porta principale della
Tana scrollandosi di dosso la neve.
“Zio ha convinto di nuovo mio padre a farmi venire.”
Ovviamente, solito tono
monocorde. Come se non gliene fregasse nulla.
Tanto sapevano tutti e due che
fosse vero il contrario.
Al aveva riso, avvicinandosi e abbracciandolo. “Sono tanto,
tanto, tanto super
contento…” Aveva cantilenato ironico, facendolo
sogghignare. Se lo ricordava
pure lui.
“Mi hai fatto il regalo Tom?”
Aveva replicato infatti, imitando la
sua vocetta infantile, in maniera piuttosto convincente.
“Certo che me l’hai fatto. Sei
qui.” Gli aveva stretto il braccio, mentre il sorriso
prendeva una sfumatura
maliziosa. “Che dici, se mi dai il permesso posso
scartarlo?”
|