Arrival
Lady
Barbara Bloomfield stava praticamente sonnecchiando sulla carrozza che
l’avrebbe condotta nella villa di campagna della sua amica Gwen.
Era
la prima volta che Barbara assisteva al matrimonio di una sua amica ed era
molto emozionata, anche perché sapeva che ci sarebbero stati moltissimi
invitati.
Barbara
era una giovane di rara bellezza: aveva l’incarnato piuttosto chiaro, i capelli
castani con riflessi color rame e gli occhi castano chiaro tendenti al verde.
Inoltre aveva un vitino da vespa e il seno piuttosto florido, il che attirava
numerosi spasimanti (di cui molti non graditi).
La
giovane indossava un lungo abito in velluto verde smeraldo e aveva con sé una
valigia con il necessario per i tre giorni di permanenza nella villa
dell’amica.
Lady
Olympia Osborne stava leggendo avidamente un libricino che aveva acquistato
poco prima di mettersi in viaggio: era il racconto Il vampiro di un
certo John William Polidori.
La
giovane era talmente assorbita dalla lettura che quasi non s’accorse che la
carrozza s’era fermata, così il cocchiere dovette richiamarla alla realtà.
Olympia
era piuttosto alta, aveva un fisico florido, lunghi capelli biondi e gli occhi
azzurri. Era una giovane piuttosto estroversa e molto spiritosa e proprio per
questo era un’ospite ricercatissima alle cene mondane di mezza Londra.
La
ragazza scese dalla carrozza, aiutata dal cocchiere, e subito venne accolta
dalla padrona di casa.
“Olympia,
carissima amica mia!” la salutò Gwen.
Lady
Susan Scott era appena salita sulla sua carrozza, e ora stava osservando
preoccupata il cielo plumbeo. Sperava con tutto il cuore che non piovesse o il
suo lungo vestito blu ne avrebbe risentito.
Era
lieta di partecipare al matrimonio della sua amica ed ex compagna di studi
Gwen, anche se i matrimoni non le piacevano: la presenza dei molti invitati la
metteva sempre a disagio.
Susan
era una creatura dalla pelle candida, i capelli corvini e gli occhi ebano. Ed
era tremendamente, irrimediabilmente, timida. Non c’era da stupirsi che non
avesse spasimanti.
La
giovane sospirò, mentre le sue speranze venivano deluse: le prime gocce di
pioggia bagnarono il finestrino della carrozza e un lampo brillò in lontananza.
Stava
arrivando un bel temporale.
La
villa di Gwen quel giorno ospitò ben quindici persone. Altre quindici erano
attese per il giorno seguente e altre ancora si sarebbero aggiunte il giorno
della cerimonia.
I
genitori di Gwen, e quelli di Alan (il promesso sposo), avevano voluto fare le
cose veramente in grande e in fin dai conti era giusto così.
Susan
(che era miracolosamente riuscita a salvare il suo abito blu) osservò
sconsolata tutti gli estranei che la circondavano e pensò seriamente di darsi
alla fuga.
Alla
sua destra sedevano Olympia e Barbara. “Non avrei sperato in un tempo migliore
per inaugurare il mio nuovo vestito.” osservò Olympia, che indossava un lungo
vestito azzurro.
“Già,
speriamo almeno che la tradizione della sposa bagnata sia vera!” rispose
Barbara, con un sorriso.
“Piacere,
io mi chiamo Olympia Osborne. Sei amica di Gwen o di Alan?” si presentò la
giovane bionda, lieta di aver avviato una conversazione.
“Sono
un’amica di Gwen, mi chiamo Barbara Bloomfield.” rispose l’altra.
“Tu
invece come ti chiami?” domandò Olympia, rivolta a Susan. L’altra non poté
evitare di arrossire, ma se non altro non balbettò mentre rispondeva “Mi chiamo
Susan Scott, sono amica di Gwen”.
“Conoscete
qualcun altro, qui? Io nessuno.” domandò Barbara. Nemmeno le altre due
conoscevano gli altri invitati, esclusi i genitori di Gwen, Mr e Mrs Green.
“Sarà
assai ardua. Scalare una montagna sarebbe più facile che socializzare con
qualcuno!” osservò Susan. “Stai socializzando con noi, è già un inizio.”
osservò Olympia, con un sorriso.
Susan
non solo riconobbe che aveva ragione, ma si sentì sollevata. Le due giovani
sembravano molto simpatiche e le stavano facilitando le cose.
“Sapevo
che ci sarebbero stati molti invitati ma non pensavo che così tanti
alloggiassero qui!” disse Barbara, osservando gli altri ospiti. “Già, io
speravo in una cosa un po’ più intima.” annuì Susan.
“Per
me più si è, meglio è!” intervenne Olympia.
Le
tre giovani conversarono amabilmente per tutta la sera, trovandosi di reciproco
gradimento.
Dopo
cena rimasero con Gwen e Matilda, la sorella minore della sposa, che sarebbe
stata la damigella d’onore. Parlarono soprattutto del ricevimento, della
cerimonia e di come il maltempo rischiasse di compromettere il tutto.
“Questo
tempaccio dovrebbe piacerti, Susan. Oserei dire che è onnipresente nei tuoi
racconti.” osservò, improvvisamente, la promessa sposa. Susan arrossì, ma
nessuno se ne accorse nella penombra delle poche candele rimaste accese.
“No,
non mi piace. Niente che possa rovinare le tue nozze potrebbe piacermi.” rispose
la giovane. “Oh, scrivi?” domandò Olympia, interessata. “Sì, dei racconti gotici
come vanno tanto di moda da qualche tempo, ormai.” rispose Gwen, con un
malcelato disprezzo nei confronti di quel ramo letterario.
“Non
puoi disprezzarle solo perché non si tratta delle poesie sdolcinate che ami
comporre, Gwen cara.” obbiettò Susan.
“Non
riesco a capire come possa piacerti. In ogni caso, non c’è da stupirsi che voi
tre andiate così d’accordo: una scrittrice, una pittrice ed una pianista. Siete
tre artiste!” continuò Gwen, in un tono difficile da interpretare.
“Si
è fatto tardi, sorella mia. Sarebbe meglio se andassimo a dormire, domani ci
attende una giornata faticosa.” intervenne Matilda, probabilmente per evitare
che la conversazione diventasse sgradevole. “Hai ragione. Speriamo che il tempo
cambi.” annuì la sorella, alzandosi da tavola.
Le
altre giovani seguirono l’esempio e si diressero al piano superiore, dove si
trovavano le camere da letto.
Si
stavano augurando la buona notte quando arrivò un uomo distinto, di circa
cinquant’anni, con folti e spioventi baffi grigi e gli occhi azzurri.
“Fanciulle, che ci fate alzate a quest’ora?” domandò. “Stavamo parlando della
cerimonia, zio Oliver. Non preoccuparti, stavamo giusto andando nelle nostre
stanze.” rispose cordialmente Gwen, per poi augurargli la buona notte.
Dopo
quest’incontro le giovani si ritirarono nelle loro stanze, per ristorarsi dalle
fatiche della giornata.
Susan
si svegliò bruscamente, qualche ora più tardi. Il suo sonno leggero era stato
turbato da un rumore che sembrava provenire dal corridoio.
La
giovane cercò a tentoni dei cerini e ne utilizzò uno per accendere la candela
poggiata sul suo comodino, poi raggiunse la porta e rimase in ascolto.
Effettivamente,
anche ora udiva un rumore proveniente dal corridoio. La ragazza si fece
coraggio ed aprì lentamente la porta.
Nel
medesimo istante in cui Susan usciva nel corridoio, una faccia illuminata dalla
tenue luce di una candela le si parò davanti. La giovane sobbalzò, troppo
terrorizzata per riuscire anche solo ad urlare.
Impiegò
pochi istanti a rendersi conto che non si trattava d’una presenza ultraterrena,
ma solo d’un giovane uomo. Fu sufficiente che quest’ultimo aprisse bocca per
calmarla, e la giovane si ritrovò investita da un’alitata che puzzava d’alcol.
“E
voi chi diavolo siete?” domandò Susan, tentando di riaversi dallo spavento.
“Potrei farvi la stessa domanda.” replicò il giovane, il cui volto sembrava
familiare a Susan.
“Rispondetemi
o comincerò a strillare.” minacciò la ragazza, prendendo fiato. “No, per
carità! Mi chiamo Joshua Abbot, sono il fratello di Alan.” rispose il giovane,
evidentemente spaventato dalla minaccia.
“Ecco
dove vi avevo già visto! Al ricevimento per il fidanzamento di Gwen con vostro
fratello!” ricordò, d’un tratto, Susan.
“Oh,
quindi siete un’amica di Gwen.” disse Joshua. “Sì, mi chiamo Susan Scott.”
rispose la giovane.
“Bene…Susan.
Adesso che ci siamo presentati posso chiedervi un favore?” domandò Joshua.
“Chiedetemelo, ma non vi garantisco di potervelo concedere.” rispose Susan.
“Ho
perso le chiavi della mia stanza e non posso correre il rischio che mio
fratello venga a sapere a che ora sono tornato. Posso chiedervi di pernottare
da voi, per questa notte?” domandò il giovane.
“Ma
siete impazzito?! Se ci scoprissero in stanza insieme? Avete una pallida idea
di cosa penserebbero?” domandò Susan, esterrefatta.
“Non
ci scopriranno, ve lo garantisco. Non sono mai stato scoperto in camera di una
donna, eppure le frequento spesso. Ve ne prego, nulla intaccherà la vostra
reputazione. Volete rovinare la vigilia di nozze della vostra amica con una
litigata tra fratelli?” supplicò Joshua.
Susan
sospirò. “E sia. Ma se ci sarà qualche malinteso spero che siate pronto a
difendere la mia reputazione.” acconsentì, pentendosi delle sue parole subito
dopo averle pronunciate.
Joshua
ringraziò calorosamente la giovane, promettendo eterna gratitudine e
quant’altro gli venisse in mente, mentre Susan lo faceva accomodare nella sua
stanza.
“E
dove pensate di coricarvi, esattamente?” domandò la ragazza dai capelli
corvini, scrutando torva Joshua. Il giovane si guardò intorno, prima di
scorgere un divanetto ai piedi del letto.
“Quello
sarà perfetto. Non vi darò alcun disturbo.” rispose poi. Mentre Susan, dopo
aver poggiato la candela sul comodino, si coricava Joshua cominciò a togliersi
gli indumenti.
“Cosa
diamine state facendo?!” domandò, scandalizzata, la giovane. “Non posso
stropicciare i miei abiti, cosa penserebbe mio fratello?” rispose Joshua,
mostrando il torso nudo a Susan, che si affrettò a spegnere la candela.
“Come
pensate che riesca a spogliarmi, ora?” domandò, irritato, il giovane. “Non vi
hanno mai detto che per una signorina è sconveniente vedere un uomo nudo?
Arrangiatevi!” rispose, infuriata, la ragazza.
“Io
vi ho vista in quella veste da notte tutta pizzi che indossate, non è molto
diverso!” replicò Joshua. “Non è la stessa cosa. Adesso gradirei dormire. Vi
auguro buona notte!” disse Susan, pentendosi amaramente di aver accolto quel
poco di buono nella sua stanza.
“Buona
notte anche a voi.” sbottò Joshua, coricandosi sul divano.
“Lady
Susan! Lady Susan!”. Una voce maschile richiamò la giovane dal mondo dei sogni
ove si trovava.
Susan
tentò di ricordare l’accaduto della nottata precedente e quando vi riuscì
domandò “Che volete Joshua?”.
“Potreste
aprire gli scuri? Dovrei rivestirmi ma non posso aprirli io o qualcuno potrebbe
vedermi.” rispose il giovane.
Susan
si alzò e aprì a fatica gli scuri, illuminando la stanza. Nonostante il cielo
fosse ricoperto da nubi, la luce era piuttosto intensa e Susan fu costretta a
restare qualche istante seduta sul bordo del letto con gli occhi chiusi.
Quando
riaprì gli occhi, scoprì che Joshua la stava osservando. Il giovane si era già
infilato i pantaloni e ora si stava abbottonando la camicia.
Susan
arrossì e cercò qualcosa da fare per distrarsi dalla presenza del bel giovane,
senza successo. Joshua stava terminando di vestirsi ed era alle prese con il
nodo della cravatta. Susan si alzò ed aiutò il giovane nell’ardua impresa.
“Se
volete ingannare vostro fratello, dovreste fare le cose con un certo
accorgimento.” disse la ragazza, mentre ammirava il frutto della sua fatica.
“Ora
siete più che presentabile, potete andare.” sorrise Susan. “Sono lieto di
avervi conosciuta, Lady Susan Scott.” disse allegramente Joshua, facendo il
baciamano alla giovane.
“Lo
stesso vale per me, Mister Joshua Abbot.” rispose Susan, colpita da quel gesto
di galanteria, per poi accompagnare Joshua alla porta.
“Susan.”
la chiamò Joshua, prima che la giovane aprisse la porta. Susan si voltò verso il
giovane, che ne approfittò per baciarla.
Benché
esterrefatta, dopo il bacio Susan aprì la porta e fece uscire Joshua come se
nulla fosse stato.
Trascorsa
un’ora, il resto della casa si svegliò. Susan s’era già vestita, dato che non
era riuscita a riprendere sonno.
Nel
frattempo la pioggia aveva ricominciato a cadere e gocce fini ma fitte
bagnavano la campagna inglese. La strada era ormai solo uno strato di poltiglia
melmosa, impossibile d’attraversare in carrozza.
Susan
attese circa una mezz’ora, per poi uscire e recarsi al piano sottostante. La
colazione sarebbe stata servita un’ora dopo, ma poteva scrivere qualcosa, nel
frattempo. Era stata colta dall’ispirazione, quella mattina.
Sapeva
che la casa di Gwen aveva una splendida biblioteca che, oltre ad ospitare una
notevole collezione di libri, era arredata con due scrivanie, tre poltrone e un
divano da tre posti. Era un ambiente elegante e riservato.
Giunta
in biblioteca, si stupì di trovarvi Barbara, che stava sistemando i suoi
strumenti da disegno.
“Buongiorno,
Lady Barbara! Avete dormito bene?” salutò la giovane dai capelli corvini.
Barbara,
sussultò, sorpresa. “Oh, siete voi Lady Susan. Ho dormito molto bene, e voi?”
rispose poi la ragazza, sorridendo.
Susan
era tentata dal raccontare l’accaduto della notte precedente a Barbara, ma
decise che non era il caso. “Molto bene anch’io, peccato che la pioggia abbia
interrotto il mio sonno!” rispose.
“Io
non ho resistito alla tentazione di disegnare. Voi cosa farete?” domandò
Barbara. “Vorrei scrivere.” rispose Barbara, mostrando all’amica il suo piccolo
quaderno e una penna con calamaio.
“Ha
ragione Gwen, siamo due incorreggibili artiste!” sorrise Barbara. “Già ma, al
contrario di Gwen, non ci vedo nulla di male!” rispose Susan.
Barbara
s’avvicinò a Susan. “Vi svelerò un segreto…” sussurrò. “Nemmeno io sono
d’accordo!”.
Le
due risero, poi Barbara si sedette davanti al suo cavalletto mentre Susan
raggiunse la scrivania e cominciò a scrivere.
Le
due giovani di tanto in tanto si rivolgevano qualche domanda concentrate, però,
sui propri lavori. “Non vi ho ancora domandato cosa state disegnando.” osservò
Susan, ad un certo punto.
“Ve
lo mostrerò quando avrò terminato. Non amo mostrare le mie opere incompiute.”
rispose Barbara, sfumando una linea fatta a carboncino.
Quando
la colazione fu servita Barbara e Susan raggiunsero la sala da pranzo solo dopo
aver riposto i loro lavori nelle rispettive stanze.
Le
chiacchiere della colazione erano piuttosto agitate: la strada era in
condizioni pessime, la villa era praticamente isolata dal resto del mondo e
quindi il matrimonio doveva essere rimandato.
Gwen
prese molto male la notizia e s’allontanò dalla sala prima dei suoi ospiti.
Alan la seguì, tentando di calmarla.
Venne
deciso che gli ospiti sarebbero stati fatti rincasare non appena possibile, in
attesa della nuova data delle nozze.
Susan
seguiva solo in parte questi discorsi, dato che veniva distratta dalla presenza
di Joshua.
Non
appena gli occhi scuri di lei incrociavano quelli azzurri di lui, l’animo della
giovane s’agitava. La giovane tratteneva a stento l’istinto di studiare
attentamente quel viso sereno, quei capelli biondi e quei muscoli tesi sotto
gli abiti. Sarebbe stato tremendamente sconveniente ma Susan voleva sapere se
almeno una parte del suo turbamento era condiviso dal giovane.
Lo
strano comportamento di Susan non sfuggì né a Barbara né ad Olympia, che dopo
colazione raggiunsero Susan nella biblioteca.
Olympia
iniziò a leggere un libro di narrativa, Barbara riprese il suo disegno e Susan
si rimise a scrivere.
“Susan,
vi ho vista turbata a colazione.” osservò, con apparente noncuranza, Olympia.
“Dovete
sbagliarvi, Olympia. Non ero affatto turbata.” mentì la giovane, anche se la
sua mano tremò violentemente e il foglio venne rovinato da uno scarabocchio.
“Anche
a me siete sembrata inquieta, se devo dire il vero.” intervenne Barbara.
“Dev’essere
stato il poco sonno. Sto benissimo, davvero.” ribadì Susan, mentre la mano
volava veloce e leggera sul foglio.
Barbara
si rassegnò e tornò al suo disegno, ma Olympia non era affatto intenzionata a
lasciar perdere e poco dopo tornò all’attacco.
“Avete
notato quel giovane biondo a colazione? Avete idea di chi fosse?” domandò.
“Se
non erro è il fratello di Alan, mi è stato presentato alla festa di
fidanzamento di Gwen.” rispose Susan, sforzandosi di restare impassibile.
“Non
mi pare di averlo visto ieri sera a cena.” osservò Barbara. “Nemmeno a me, sarà
arrivato questa notte.” disse Susan.
Olympia
sbuffò, non riusciva a far parlare la timida Susan. Tornò alla lettura, mentre
la pioggia scorreva lungo le finestre.
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