Pocotempopocotempopocotempo!
Questo capitolo avrei dovuto postarlo domani, però manca il
tempo...
Un grazie infinito a chi commenta, a chi legge e a chi non apre nemmeno
XDD.
Generi/Avvertimenti – Introspettivo;
Shonen-ai (interpretabile come friendship).
Durante
la stesura:
«I
Costantly Thank God For
Esteban», Panic! at the Disco. (à
Citazione nel titolo)
La pioggia c’entra molto meno di quanto avrebbe dovuto essere
çwç, dannate idee
che cambiano durante la stesura!
Non muoverti.
Matt, in silenzio sulla poltrona sfondata che ha
«adottato» da due settimane a
questa parte, osserva Mello camminare avanti e indietro nel salotto.
Le mani dietro la schiena, il capo leggermente chino in avanti, gli
occhi persi
chissà dove – si chiede, il più
giovane, perché gli ricordi tanto il solito
fottuto Dottor Morte dei vecchi film.
Non indossa un camice verde sporco di sangue né tiene sotto
il braccio una
testa umana, però è dannatamente inquietante.
Osserva l’amico raggiungere la finestra.
Segue i suoi movimenti,
muscolo per muscolo, costringendosi a guardarlo mentre
chiude il pugno
s’una delle sbarre poste a proteggere il salto nel vuoto.
Studia come i capelli, ancora troppo meravigliosamente
lunghi, scivolino dalle spalle nel momento in cui Mihael reclina il
capo per
osservare meglio il cielo grigio.
«È ancora bello, ma fa freddo»,
esordisce all’improvviso. «Hanno detto che
pioverà».
Mail lo guarda dalla propria postazione.
È bello ma freddo – non potrebbe essere
più d’accordo.
Lo ripeterebbe fino alla morte,
lo ripeterebbe fino a
trovarsi affogato in una qualsiasi pozzanghera, perché hanno
detto che pioverà
e il cane deve restare
all’erta.
Spera piova presto: non pensa che accadrà, anche
perché guardava la signorina
del programma più che ascoltare le previsioni vere e
proprie, ancora non ha
capito in quale parte dello Stato succederà.
Spera piova presto perché quel fino alla
morte è
terribilmente affascinante.
[
Mello è bello ma freddo,
bello da ucciderlo e freddo da
ucciderti. ]
«Hai ragione».
Non aggiunge altro.
Non ha altro da aggiungere, ora che Mello è seduto di fronte
a lui, il culo su
quel maledettissimo tavolo sempre coperto di carte e gli occhi fissi
nei suoi.
La testa vuota, le braccia nude che tremano per l’aria gelata
della sera che
scende.
Chissà che fine ha fatto quell’orrendo ombrello
blu, si chiede.
Poi si alza dal divano e raggiunge il tavolo – sembrano
secoli, secoli che non fuma una
sigaretta. Lo
sguardo del partner non
l’abbandona,
viso che si piega in un sorriso amaro di fronte alla richiesta di
spiegazioni.
«Fuori piove. Resta qui».
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