L'isola
Uno
ad uno, i partecipanti al Torneo sfilarono davanti all'occhio della
piccola telecamera man mano che scendevano dalle barche a motore con
cui, dalla terra ferma, erano stati portati in quell'isola artificiale,
costruita appositamente per la grande manifestazione. Un sorriso
soddisfatto si inarcava sul volto di Lee ogni qual volta qualcuno di
conosciuto scendeva a terra. Sembrava che tutti gli invitati avessero
accettato. Ma non era di loro che gli interessava. Qualcuno di
più importante era atteso sull'isola, tre nuove reclute che
nemmeno immaginavano di quali piani fossero diventate le pedine.
Tutto era stato organizzato nei minimi dettagli, sei mesi di duro
lavoro per preparare tutto e solo pochi giorni mancanti alla riuscita
dell'impresa. I battiti del cuore di Lee accelerarono a quel pensiero e
l'uomo inspirò a fondo pregustando il suo momento di gloria.
Una voce elettronica annunciò il nuovo arrivo.
Partecipante n° 20: Kazuya Mishima. Approdato al molo 9.
"Ci
siete
proprio tutti" commentò Lee massaggiandosi il mento con due
dita. In breve il suo fratellastro venne inquadrato dalla telecamera,
preannunciato da un tremolio nell'immagine. Il suo io demoniaco doveva
essersi potenziato notevolmente se riusciva addirittura ad infierire
con i circuiti elettrici.
Ma non è
niente in confronto al mio giocattolino
pensò Lee, il cui sguardo saettò veloce verso lo
schermo
del suo computer, su cui campeggiava inquietante la figura alata e
cornuta di Jin. Un ringhio basso arrivò dalle casse
incorporate
del monitor.
"Pazienta, mio caro. Presto sarà il tuo turno"
Di nuovo la voce elettronica parlò. Altri nuovi arrivati.
Finalmente. Gli sguardi dei tre ragazzi scandagliarono il luogo su cui
erano sbarcati.
"Molto presto"
Avevano capito che non era un'isola come le altre non appena apparve
all'orizzonte, quasi un'ora dopo la loro partenza dal porto. Non aveva
le classiche forme di un atollo tropicale e il mare intorno era
praticamente privo di vita. Quando ne costeggiarono una parte per
raggiungere il molo d'approdo, davanti ai loro occhi comparvero
ambienti e vegetazioni diverse, sconnessi gli uni dagli altri,
costruiti su ampi lotti di terra che sembravano connessi ad uno
centrale, su cui spiccava un alto grattacielo.
"Hanno fatto le cose in grande" fu il commento di Alex, per nulla
farcito di sarcasmo.
Nessuno dei suoi due compagni rispose, concentrati su ciò
che li avrebbe aspettati nelle ore successive.
I simboli sulle loro mani, abilmente nascosti alla vista da guanti o
fasciature, avevano iniziato a pulsare violentemente a metà
del
viaggio, e quando ciascuno di loro mise il primo piede a terra, fu
percorso da una potente scossa elettrica. Si scambiarono uno sguardo
teso e iniziarono ad osservare l'ambiete intorno a loro. Alla fine del
molo un grosso cartello metallico portava la scritta "0.1: Porto".
"Secondo voi che vuol dire?" domandò Mei Mei dopo che lo
ebbero sorpassato.
"Non ne ho idea" le rispose Jamal, altrettanto inquieto "Qui
è tutto molto strano"
"A partire da noi" aggiunse Alex, il pugno destro stretto nel tentativo
di placare le scosse che il simbolo inviava.
Un uomo in nero e con gli occhiali da sole venne loro incontro e li
salutò giovialmente.
"Benvenuti ragazzi! Siete i nuovi iscritti immagino" esordì,
ma
non lasciò loro il tempo di ribattere e consegnò
ad
ognuno uno spesso fascicolo "Qui troverete il regolamento del Torneo,
che vi verrà ricordato prima dell'inizio, e una mappa
dell'isola
con la spiegazione della struttura, oltre ai documenti per il check-in
all'hotel in cui alloggerete in attesa dell'inizio. In fondo ci sono i
numeri utili in caso di emergenza, ma potrete usufruirne solo prima
della competizione. Buona permanenza!"
I tre ragazzi lo guardarono passare loro oltre per andare ad accogliere
gli altri partecipanti, quindi Mei Mei aprì la sua cartina e
iniziò a studiarla insieme agli altri.
"Allora, noi siamo qui" indicò un punto sulla mappa
contrassegnato dal numero 0.1 "Mentre l'hotel è qui"
andò
a toccare un altro punto, stavolta denominato 0.2.
"Le zone 0 sono quelle dove non si terranno scontri" aggiunse Jamal,
che stava leggendo invece la guida "Mentre quelle numerate diversamente
saranno le arene di combattimento. Ognuna è caratterizzata
da un
ambiente diverso e sono tutte tra loro interconnesse da ponti"
"Suppongo che l'obiettivo finale del Torneo sia arrivare al grattacielo
centrale, no?" domandò Alex, indicando l'alta costruzione
che si
elevava imperiora su tutta la struttura.
"Sì, esatto" rispose l'amico "Ma puoi arrivarci seguendo la
via
che preferisci, con la sola clausola che devi avanzare di numero di
zona. Non si può tornare indietro a meno che non si venga
sconfitti in un combattimento"
"Non c'è via d'uscita quindi" concluse Mei Mei amaramente
"Ma
d'altronde non è previsto che ci tiriamo indietro, giusto?"
Gli altri due ragazzi annuirono seri e Jamal aggiunse "Dobbiamo
arrivare al grattacielo tutti e tre senza mai scontrarci prima,
altrimenti sarà stato tutto inutile"
"Sì, hai ragione" concordò Alex.
"Nel frattempo propongo di andare a sistemarci in hotel. Stare qua a
ragionare per il momento non serve a molto"
Alex e Jamal furono d'accordo con lei e insieme presero la strada verso
l'albergo. La struttura che si presentò loro davanti era
simile
a quella di un resort a cinque stelle, formato da quattro complessi di
cui due contenevano solo stanze, uno era riservato a bar e ristoranti
mentre l'ultimo, su due piani, era composto da una palestra
perfettamente attrezzata e da casinò.
La stanza affidata a Mei Mei non era nello stesso edificio di quella
dei ragazzi, che ne avrebbero divisa una in due, perciò si
diedero appuntamento davanti al casinò non appena si fossero
sistemati tutti. Le stanze, molto più simili a suite, erano
tutte per due persone e quando Mei Mei trovò la sua vide che
la
sua compagna di stanza era già arrivata e aveva
già
sistemato le sue cose, ma non riuscì a capire chi fosse.
Certo,
a giudicare dai vestiti sparsi sul letto, doveva essere un tipo davvero
bizzarro.
In breve fu nuovamente fuori, nel grande cortile racchiuso dai quattro
palazzi. Si diresse rapida al casinò e attese l'arrivo dei
due
ragazzi seduta su una panchina vicino all'ingresso. Per passare il
tempo iniziò a studiare i dintorni. Il cortile era
abbastanza
affollato, segno che quasi tutti i partecipanti al Torneo erano
arrivati. Ce n'era per tutti i gusti, vecchi, giovani, alti, bassi,
uomini, donne...chissà quali motivazioni li avevano spinti a
partecipare. Molti dei combattenti erano poco più grandi di
lei,
ma da come si parlavano spontaneamente capì che non era la
prima
volta che partecipavano. Distolse subito lo sguardo da uno dei
gruppetti che si erano formati quando un ragazzo orientale dalla
bizzarra capigliatura rossa diede di gomito al suo amico dai tratti
anglosassosi e gli fece poi un cenno verso di lei.
Ma dove sono finiti?!?
si domandò in ansia mentre il rosso le si avvicinava
baldanzoso, seguito con lo sguardo dall'amico.
"Ciao! Sei nuova?" le chiese spavaldo dopo che si fu fermato davanti a
lei. Mei Mei si limitò a sorridere e annuire.
"Da dove vieni?" continuò lui.
"Italia"
"Beh, non sembri affatto italiana"
"E tu con quei capelli sei poco credibile come orientale in generale"
ribattè stizzita.
"Credimi, me ne hanno dette di peggiori"
"Non stento a crederlo"
"Mi sembra di capire che non sono il benvenuto"
"Come siamo intelligenti!"
"Se mi dici come ti chiami me ne vado"
"Il suo nome è Schioda-da-qui-o-non-arrivi-a-domani" rispose
per lei una voce femminile poco distante.
Dall'espressione scocciata che apparve sulla faccia del ragazzo, doveva
conoscerne la proprietaria.
"Madame Rochefort! Sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato" la
accolse con arroganza.
Una ragazza biondissima e griffata da capo a piedi gli si
affiancò e puntò il suo sguardo azzurrissimo su
di lui.
"E tu sempre a infastidire la gente col tuo sarcasmo da quattro soldi,
signor Virilità Nascente" ribattè a tono facendo
il segno
delle virgolette con le dita.
"Non è colpa mia se sei l'unica che non capisce le mie
battute, cervello di gallina"
"O forse ti rode che questo cervello
di gallina sia l'unica ragazza che non ti sei ancora
portato a letto?"
"Piuttosto la clausura" concluse visibilmente irritato il ragazzo, per
poi allontanarsi a passo spedito.
Mei Mei si concesse un sospiro di sollievo e ringraziò la
ragazza che l'aveva aiutata.
"Figurati, è stato un piacere. Ha fatto così con
me il
primo anno che ho partecipato e so quanto possa risultare irritante"
Allungò una mano dalle unghie perfettamente curate.
"Sono Emily Rochefort, ma tutti mi chiamano Lili. Specializzata in
lotta di strada"
"A guardarti non si direbbe" rispose prima di prenderle la mano e
presentarsi a sua volta "Io sono Mei Mei"
"Però devo dargli ragione, non sembri affatto italiana"
"Sono un incrocio un po' strano, mamma cinese e papà
italo-brasiliano"
"Wow, interessante. Arte marziale?"
"Cinesi, soprattutto Tai Chi"
"Ma non serve solo a rilassarsi o cose del genere?"
"E' una credenza comune, ma se insegnato in un certo modo è
una buona arte marziale"
"Beh, vedremo domani se è effettivamente così.
Anche se,
per quanto mi riguarda, potresti già provarle su
Virilità
Nascente"
"Perchè lo chiami così?" domandò
incuriosita Mei Mei.
"E' il suo nome. In coreano Hwoarang"
"Coreano? Con quei capelli?"
"Già, non ci si crede" rise lei con un tono cristallino che
metteva allegria "Probabilmente è colpa dello stress che gli
ha
fatto sbagliare tinta"
"Sinceramente mi sembrava tutto fuorchè stressato"
constatò Mei Mei.
"Oh, certo! Lui è un duro, non può mostrare le
sue
debolezze" lo canzonò Lili "Ma io lo so cosa gli passa in
testa.
E' l'unico motivo per cui si iscrive al Torneo dalla terza edizione.
Jin Kazama, la sua ossessione"
"Non solo la sua" commentò Mei Mei troppo a voce alta
perchè Lili potesse non sentirla.
"Come, scusa?" domandò, infatti, incuriosita.
"No, niente". Non le sembrò opportuno raccontare ad una
perfetta
sconosciuta come Lili dei suoi sogni ricorrenti riguardo Jin Kazama,
che continuavano a tormentarla dalla notte precedente la loro partenza
dal Tempio.
"Toh, parli di ossessionati del bel Kazama! Eccone là
un'altra"
Lili la risvegliò dai suoi pensieri e Mei Mei vide che stava
indicando qualcuno col lungo indice dall'unghia perfettamente smaltata.
La ragazza seguì l'indicazione e riuscì a vedere,
seppur
per poco, la cinese che l'aveva aiutata nel bosco.
"La conosci?" domandò a Lili troppo emozionata per
nascondere il suo interesse verso di lei.
"Si chiama Ling Xiaoyu, è mia compagna di scuola da quando
mi
sono trasferita in Giappone. Una tipa strana, sempre coi panda.
Perchè ti interessa di le...Mei Mei?"
Ma Mei Mei era già partita all'inseguimento di Xiaoyu,
dimentica dell'appuntamento con i suoi compagni di squadra.
"Ovviamente è in ritardo" fece notare Alex a Jamal non
appena arrivarono davanti al casinò.
"D'altronde è una donna" commentò asettico
l'altro
ragazzo, nascondendo perfettamente la leggera preoccupazione che quel
ritardo aveva suscitato in lui. Mei Mei non era mai stata in ritardo al
Tempio e non vedeva apparenti motivi per cui dovesse iniziare ad
esserlo proprio in quel momento.
"Beh, non ci resta che aspettare" concluse rassegnato Alex, lasciandosi
cadere pesantemente sulla panchina lì vicino. Jamal
lanciò un'occhiata in giro per il grande cortile prima di
sedersi e notò che qualcuno lo stava fissando intensamente.
Sbattè le palpebre per mettere meglio a fuoco la sua
immagine,
ma in quel brevissimo istante la figura scomparve. Gli occhi di Jamal
saettarono tutt'attorno per ritrovare quell'uomo, ma fu tutto inutile.
Nessuno gli ricordava la visione fugace che aveva avuto di lui,
possente e in nero, inespressivo come una statua.
"Ehi, amico, hai visto qualcosa di interessante?" lo ridestò
Alex.
"Sì...cioè no...non lo so" balbettò
Jamal, lasciando perdere le sue ricerche per sedersi vicino all'amico.
"Tutto a posto?" gli domandò allora Alex, preoccupato.
"Mi è sembrato di vedere un uomo che mi stava fissando, ma
è stato un attimo e poi è sparito"
"Abbastanza strana come cosa"
"Sì, abbastanza" assentì Jamal, che
tornò a
guardare il giardino davanti a loro. Alex lo imitò e
notò
che in molti erano interessati a loro, ai nuovi,
e non mancavano di fare commentini sottovoce sempre guardandoli di
sbieco. Qualcun altro, invece, non li stava degnando neanche di uno
sguardo, intento a dare fastidio a quella che sembrava una ragazza
parecchio irritata ma in gran parte nascosta dalla notevole massa
dell'uomo, la cui altezza, però, non gli permise di celarne
il
volto quando lei si alzò dalla panchina su cui era seduta
per
andarsene.
"Julia!" esclamò incredulo Alex, per poi alzarsi e andare
nella
direzione della ragazza sotto lo sguardo perplesso di Jamal.
Dovette ammettere a se stesso che rivederla dopo tanto tempo gli fece
un immenso piacere, nonchè un effetto strano alla bocca
dello
stomaco, subito sostituito da una crescente rabbia quando vide l'uomo
che la stava importunando afferrare Julia per un polso e impedirle di
allontanarsi.
"Ganryu, lasciami andare o sarà peggio per te" lo
intimò Julia, cercando di divincolarsi dalla presa dell'uomo.
"Ma Julia, tesoro, voglio solo parlarti due minuti, per favore"
sembrò implorarla lui, con una luce maligna in fondo ai
piccoli
occhietti neri che non piacque per nulla ad Alex, sempre più
vicino ai suoi obiettivi.
"Io non ho niente da dirti, specie dopo quello che hai fatto a me in
tutti questi anni e prima a mia madre"
"Avanti, piccola, non farti pregare..."
"Hai sentito o no cos'ha detto, palla di lardo? Non vuole avere niente
a che fare con te!" intervenne Alex furibondo, staccando in malo modo
la mano di Ganryu dal polso di Julia.
"E tu che diavolo vuoi, ragazzino?" gli domandò arrogante
lui, facendoglisi pericolosamente vicino.
"Alex..." sussurrò nervosa Julia, ma il ragazzo era
concentrato totalmente su Ganryu.
"Sono suo fratello e questo ti basti"
"Alex, calmati" gli intimò Jamal, che lo aveva raggiunto non
appena aveva visto la situazione farsi calda.
"Michelle Chang non ha avuto figli, ha solo adottato Julia. Stai
contando una balla" lo accusò il lottatore ormai a pochi
centimetri dal petto di Alex, guardandolo da sotto in su.
"Un pellerossa non dice mai il falso" rispose Julia al posto di suo
fratello "Sono sua sorella, adesso ci credi?"
Ganryu guardò tutti e tre i ragazzi davanti a lui per
qualche secondo, con un fare indagatore che a Jamal diede i nervi.
"Amico, sloggia, ti conviene" gli disse perferandolo con lo sguardo da
sotto il cappuccio.
L'uomo grugnì qualche parola incomprensibile, quindi si
allontanò guardingo. I tre ragazzi poterono allora
rilassarsi e
tirare un sospito di sollievo.
"Grazie, Alex" disse Julia sorridendo al fratellastro, che le rivolse
uno sguardo non altrettanto cordiale, anzi piuttosto teso e corrucciato.
"Stai un po' più attenta alle persone a cui dai confidenza.
Non
ci sarò sempre io a tirarti fuori dai casini" rispose
infatti
Alex con tono duro, per poi andarsene prima che Julia avesse il tempo
di ribattere. La ragazza lo guardò allontanarsi, quindi si
voltò verso Jamal, rimasto lì vicino, che si
scusò
con lo sguardo al posto dell'amico e gli corse poi dietro.
Julia portò il volto afflitto a terra. Quando l'aveva visto
fiondarsi in suo soccorso, aveva sperato per un attimo che Alex fosse
cambiato, che fosse più ben disposto nei suoi confronti. Ma,
come sempre, non appena si era dimostrata gentile nei suoi confronti
aveva alzato la sua barriera di freddezza, cancellando ogni
possibilità di approdare ad un rapporto fraterno come
sarebbe
dovuto essere il loro. Anche se non era del tutto convinta di potersi
accontentare di averlo come fratello.
Una volta precipitatosi all'inseguimento di Alex, Jamal non aveva avuto
possibilità di raggiungerlo, perchè la figura
nera che
aveva visto poco prima gli si era parata davanti bloccandogli il
passaggio. Ora che l'aveva a pochi centimetri dai suoi occhi, il
ragazzo potè notare quanto particolare fosse il volto di
quell'uomo, solcato al centro da una cicatrice a X, gli occhi coperti
da un paio di occhiali da sole e sormontato da corti capelli biondo
platino. Non tentò neanche di passare oltre, l'uomo l'aveva
inchiodato sul posto con solo sguardo.
"Tu sei l'Assassino, giusto?" gli domandò con voce profonda
e monocorde.
"Sì, sono io" rispose Jamal titubante e per nulla in grado
di mentire all'uomo davanti a lui.
Questi piegò le labbra carnose di lato in uno sghembo
sorriso e
lasciò cadere le braccia, prima incrociate sul petto, lungo
i
fianchi.
"Non dimenticarti del mio viso, perchè ti starò
col fiato sul collo per tutto il Torneo, e forse anche dopo"
"Sembra quasi una minaccia" ribattè Jamal facendosi
guardingo.
"Interpretala come vuoi, ma ho ordini precisi riguardo a te e questo
Torneo sarà il tuo banco di prova"
"Banco di prova per cosa?"
"Spero di battermi con te. Solo così potrò avere
la certezza che sei la persona che stiamo cercando"
In un battito di ciglia l'uomo sparì da davanti a Jamal,
lasciandolo sconcertato e leggermente inquietato. Non aveva capito
molto della breve conversazione che avevano avuto, ma una cosa era
certa: aveva qualcuno da cui guardarsi le spalle.
Eccomi col nuovo
capitolo! Un po' più in ritardo degli altri, ma sono stata
impegnata tra studio e altre storie da portare avanti...
Non succede nulla di nuovo, ma facciamo la conoscenza, per
così
dire, di alcuni personaggi storici del Tekken, che saranno, chi
più chi meno, importanti per il prosequio della storia :)
Grazie a Lotti e Angel Texas Ranger per i commenti fedele, ai
lettori e a chi ha inserito questa storia tra preferiti e seguiti :)
Alla prossima!
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