*Come
avevo già detto batto il sentiero finché
è fresco e caldo… scrivo subito ciò
che ho in testa prima che mi sfugga chissà dove. Ecco il
secondo capitolo. Il prossimo dovrebbe essere l’ultimo, forse
però ci faccio anche un epiloghino, vediamo. Sono contenta
che i miei ‘parti’ vi piacciano… e
aspetto la statua che mi è stata promessa! Anche un bel
disegno va bene… ^O^. Ad ogni modo non so come mi
vengono… nascono da sole… Comunque scherzi a
parte grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato. Buona
lettura. Baci Akane*
CAPITOLO II:
GRIDO D'AIUTO
/Freestyler
- Bomfunk MC’s/
Grazie
alle informazioni ricevute, anche se non erano state specifiche, Mac
riuscì a trovare la banda del fratello del ragazzo.
I Tanglewood
Boys erano una gang piuttosto famosa in quel quartiere pericoloso e
malfamato di New York, dove si erano trovati ad indagare. Secondo le
informazioni trovate, gli Scorpions erano stati da sempre i nemici
giurati dei primi, ma non avevano mai prevalso uno dei due gruppi fino
a quel giorno, in cui avevano trovato morto il capo degli scorpioni.
I Tanglewood
Boys erano composti da un paio di ragazzi fra cui spiccava Louie Messer
ed un certo Tony Sassone.
Ovviamente di
danni ne avevano già combinati in abbondanza.
Accompagnato da
Stella, anch’essa incaricata del caso, andarono con una certa
discrezione a dare un’occhiata a questi fantomatici
Tanglewood con la speranza di trovare qualcosa con cui incastrarli o
che confermasse che fossero effettivamente stati loro.
Non avendo
prove concrete non avevano ottenuto nessun mandato, così
potevano solo seguire lo spunto lasciato dal ragazzo di nome Danny.
Per tutto il
tempo della ricerca, Mac aveva avuto in testa quel giovane, quello
sguardo finale quasi disilluso e spento con cui l’aveva
guardato. Ed il tormento cui era stato preda era ben nitido, ancora,
insieme all’odio visto nei suoi occhi.
Una tigre in
gabbia, l’aveva visto così, dentro alla sala
interrogatori… forse lo era anche nella sua vita, al di
fuori del dipartimento.
Il primo posto
dove erano andati a controllare era, naturalmente, casa Messer. Parlare
direttamente col fratello sarebbe stata la cosa più
sensata… magari per proteggere il fratello già
accusato in precedenza, quel Louie avrebbe parlato.
La speranza
però si spense immediatamente quando ad aprirgli era stato
Danny.
Appena Mac e
Stella lo videro tutto parve terribilmente chiaro.
La postura
tutta ricurva con le braccia istintivamente a proteggere il ventre
parlava chiaro ma ancor di più il suo viso pieno di lividi.
L’occhio nero, il sopracciglio ed il labbro spaccato, il naso
aveva appena finito di sanguinare.
Quando Danny li
vide riconoscendo Mac impietrito davanti a quella visione, si
irrigidì chiudendosi a riccio ancor prima di parlare. Con
sguardo cupo disse rabbioso:
- Cosa diavolo
vuoi ancora da me? Non ti è bastato stamattina? - Erano
passate poche ore… possibile che in quel lasso di tempo
l’avessero già ridotto a quel modo?
“Dovevo
tenerlo in arresto anche se non lo era… sarebbe stato al
sicuro…”
Fu questo il
pensiero che Mac ebbe mentre registrava le parole del ragazzo pestato e
malconcio. Parlava a fatica.
- Chi
è stato? - Fu quella la prima domanda spontanea che gli
venne da porgli, era così chiaro cosa fosse
successo… per vendicarsi del fatto che secondo loro lui
aveva parlato con la polizia, l’avevano picchiato per fargli
passare la voglia di rifarlo.
Cosa gli
avrebbero fatto, allora, se l’avessero visto parlare con lui
una seconda volta? Il pensiero l’attraversò troppo
veloce e così come arrivò se ne andò
insieme alla rabbia che cominciò a montargli dentro.
- Non te ne
frega! Non sono cazzi tuoi! Nulla di tutto ciò lo
è! Vattene! VATTENE DALLA MIA VITA! NON VEDI COSA MI HAI
GIA’ FATTO? NON TI BASTA? - Nel rispondergli si era scaldato
ulteriormente mettendosi a gridargli infuriato. Sbatteva il pugno
contro la porta per evitare di tirargliene a lui e Stella stessa
impietrita non riusciva a dire nulla. Osservava sconcertata la scena
mentre sapeva, sapeva bene qual era ora lo stato d’animo di
Mac.
L’uomo
più grande rimaneva immobile con aria sempre più
seria e cupa ad ascoltare e guardare lo sfogo del ragazzo che tremava
da capo a piedi per la rabbia ed i dolori.
Come poteva
arrivare il genere umano a tanto?
- E’
stato tuo fratello, vero? - Sibilò a denti stretti
trattenendo a stento la sua ira che montava.
- HO DETTO DI
ANDARTENE, PORCA PUTTANA! MI UCCIDERANNO SE MI VEDONO PARLARE CON TE
ANCORA! - Gli occhi lucidi di un misto fra la paura, l’odio e
il panico stesso. Non sapeva più cosa provava di preciso,
sapeva solo che stava male e che stava per impazzire.
Mac lo
capì perfettamente ma non poteva permettere che tutto quello
accadesse proprio sotto i suoi occhi, che quella gente rimanesse
impunita, che la passasse liscia…
- Voglio
parlare con Louie, sono venuto per questo. È qua? Fammici
parlare! - Disse imperterrito sempre mantenendo una falsa freddezza
pronta ad esplodere. Gli occhi due lame azzurre.
- Cosa sai di
lui? - Si placò cercando di ragionare in mezzo a quel caos,
la testa gli esplodeva. Cosa aveva scoperto?
- E’
qua? - Chiese imperterrito spingendolo da parte per entrare e cercare
il fratello nella speranza di trovarlo e potergliene dire un paio.
Danny lo
seguì come un forsennato, seguito a sua volta da Stella che
sperava vivamente non ci fosse nessun altro in casa. Se Mac avesse
trovato chi cercava in quelle condizioni, probabilmente si sarebbe
dimenticato delle regole… e non poteva assolutamente
permetterselo.
- No, no che
non è qua! Non puoi rovistare come ti pare! Vattene o ti
butto fuori io a calci! Non voglio più avere niente a che
fare con te! Niente! - ancora agitato cercava di non urlare
più ma la tensione che gli attanagliava lo stomaco
l’avrebbe fatto svenire se non fosse stato per la sua
testardaggine. Non voleva dare nessuna soddisfazione a
quell’uomo, quali che fossero le sue intenzioni!
Mac allora si
fermò girandosi di scatto, Danny quasi gli andò
addosso. Solo allora notò la sua canottiera bianca,
l’unica cosa che indossava sopra, sporca di sangue in
più punti. Il suo. Ci erano andati giù davvero
molto pesanti.
Prese un
profondo respiro cercando quella calma per parlare ragionando, quindi
afferrandolo per le spalle nude sopra cui c’era un tatuaggio,
lo scosse con forza sapendo di fargli non certo bene.
- Tu non devi
subire tutto questo! Parlami, io ti posso aiutare ma tu mi devi dire
ogni cosa! - L’aveva preso più a cuore di quanto
lui stesso non si sarebbe mai aspettato ed il motivo proprio non
riusciva a capirlo. Lì su due piedi non si riconobbe.
Danny lo
fissò stranito come se avesse davanti un alieno, quindi pur
senza riuscire a muoversi soppesò seriamente, per un
momento, l’opportunità di farsi aiutare da lui.
Un istante di
silenzio cadde nella stanza ma proprio quando stava per decidersi a
dirgli tutto e chiedergli aiuto, un altro pensiero si
insinuò nella sua mente terrorizzata.
Era uno sbirro,
uno di quelli che non c’era mai stato quando aveva avuto
bisogno. Uno di quelli che anzi gli aveva solo provocato più
danni.
Cosa mai poteva
fare per lui uno così?
Avrebbe solo
peggiorato la situazione.
Nessuno poteva
aiutarlo.
Nessuno.
E questo
tormento glielo si lesse nitido negli occhi azzurro mare arrossati e
gonfi.
- No. Nessuno
può aiutarmi. Non c’è nessuno di cui
possa fidarmi. Nessuno può fare niente per me. È
sempre stato così e questo mai cambierà. Mai. Ora
vattene. Io non sono quello che cerchi e non so dove sono i tuoi cazzo
di colpevoli! - anche il suo era stato un sibilo. Un sibilo pieno di
dolore, qualcosa di molto simile ad un grido d’aiuto, in
realtà.
Le sue parole
rimbombarono nella mente del detective che sbatté le
palpebre chiedendosi se avesse capito bene, poi quando vide che il
giovane stava per piangere capì di aver passato un limite e
che non gli avrebbe mai chiesto aiuto.
Il problema era
che l’unico che poteva salvarlo era lui.
Rendendosi
sempre più conto dello stato in cui l’avevano
ridotto, la rabbia riprese a muoversi, quindi lasciandolo andare lo
penetrò un’ultima volta con lo sguardo e senza
aggiungere nulla se ne andò nel silenzio più
completo. Senza nessuna promessa se non l’unica intenzione di
fare davvero qualcosa per lui.
Uscito dal
palazzo fatiscente, la rabbia di Mac era semplicemente alle stelle.
La collega
l’affiancava cercando velocemente le parole migliori per
calmarlo ed impedirgli di fare una strage di massa, ma nonostante lo
conoscesse da un po’ non aveva la minima idea di come
trattarlo.
Non era una
persona facile.
All’apparenza
sembrava calmo, controllato e diplomatico ma se si toccavano certi
tasti si poteva risvegliare una bestia che poi nessuno era
più in grado di spegnere.
Decise
semplicemente di seguirlo in silenzio e prima ancora di capire cosa
volesse fare, lo vide coi suoi occhi.
Dopo un paio di
isolati si fermò e scendendo a passo di carica
andò verso un gruppetto che aveva individuato al volo
guidando.
Quello era il
secondo posto dove sapeva avrebbe potuto trovarli.
Con le foto di
Louie e Tony ben impresse nella testa arrivò come una
scheggia da loro e senza il minimo preavviso né
identificarsi tirando fuori il distintivo, afferrò Louie per
la maglia, da dietro, lo strattonò di brutto e spingendolo
contro il muro pieno di graffiti lì accanto, gli
piantò l’avambraccio contro la gola spingendo in
profondità.
Lo sguardo di
chi prometteva nulla di buono fece rabbrividire il ragazzo bloccato
impossibilitato a muoversi e a respirare.
L’istante
successivo tutti gli altri reagirono tirando fuori pistole
puntandogliele contro, sia lui che Stella tirarono fuori le loro e
mentre lei la puntava contro gli altri gridando che erano della polizia
e di non intervenire, lui la puntava proprio contro la tempia di Louie.
- Se non volete
che lo ammazzi state fermi. Devo solo dirgli due parole, poi ce ne
andiamo. - Sapeva bene che non poteva arrestarlo né
accusarlo, però questo poteva farlo. Almeno per la sua testa
ottenebrata dall’ira.
Ottenendo un
silenzio insperato in risposta, mentre tutt’intorno
nell’intero quartiere l’attenzione anche di altri
ragazzi veniva puntata su di loro, Mac parlò minaccioso con
un filo di voce senza staccargli gli occhi dai suoi, vicinissimo al suo
viso paonazzo e preoccupato:
- Se tocchi di
nuovo tuo fratello ti ammazzo, hai capito bene? E tanto per la cronaca,
se uccidete qualcuno non basta assicurarsi che il fratellino testimone
non parli con gli sbirri… se avete le palle per uccidere
qualcuno, allora dovete averle anche per affrontare le conseguenze da
uomini. Ma visto ciò che fate mi sembra proprio che non lo
siate! -
Dopo di che
rimase ancora un po’ a fissarlo male con l’unico
desiderio di potergli dare davvero ciò che si meritava.
L’idea
che avesse picchiato suo fratello solo per farlo stare zitto lo mandava
in bestia, specie considerando che Danny non aveva voluto venderlo.
La mano di
Stella lo toccò alla spalla notando quanto male si stessero
per mettere le cose intorno a loro, quindi sentendola appena dire che
dovevano andarsene, a malincuore e contrariato mollò la
presa lasciando andare Louie che si accasciò a terra
tenendosi la gola.
- Se lo tocchi
di nuovo non la passi liscia. È una promessa. -
Ma andandosene
non vide lo sguardo omicida di Louie posarsi su Tony e sugli altri suoi
amici.
Uno sguardo che
significava solo una cosa.
Che non
l’avrebbero passata liscia per aver toccato a sua insaputa il
fratello.
Tutti lo
sapevano. L’unica regola era quella. Non toccare Danny.
Eppure le cose
non erano così semplici.
Quando il suo
telefono squillò Mac era nel pieno di un analisi con la
quale sperava di incastrare i Tanglewood; rispose distratto ed irritato
ma immediatamente si fermò cercando di fare quanta
più attenzione poteva alla voce familiare che parlava.
Ferito e
sommesso, quasi nemmeno lo si udiva.
-
Danny… cosa succede? - Chiese subito apprensivo capendo che
si trattava di lui. Ma l’altro non poté dilungarsi
molto.
- Aiutami. Mi
hanno preso. Mi uccideranno… - e mentre pensava che
l’aveva immaginato, un ansia tremenda quasi lo
schiacciò.
Tutto
sparì, solo la sua voce affaticata rimaneva.
Le ossa di
piombo, lo stomaco attanagliato, il cuore stretto in una morsa.
Una sensazione
che non avrebbe mai dimenticato negli anni futuri.
- Dove sei? -
Ma quando l’altro cercò di rispondere la linea si
interruppe.
Rimasto solo
un’unica consapevolezza lo investì con la portata
di un treno in corsa.
Danny era stato
rapito per essere ucciso e la colpa, probabilmente, ancora una volta
sarebbe stata sua.
Aveva fatto
arrabbiare le persone sbagliate.
Ma queste non
sapevano a loro volta una cosa.
Anche loro
avevano fatto arrabbiare la persona sbagliata.
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