LE LACRIME DI DRAGO E DI FENICE
N.A.
Salve! Prima che leggiate questa storia, di soli due capitoli, premetto
che doveva essere pubblicata per il giorno di Natale ma, per imprevisti
vari e un mare di problemi cadutimi inaspettatamente addosso nel giro
di una settimana, ciò non è stato possibile fino ad
adesso.
Vorrei dire poi a chi, conoscesse
già il mio nome e stesse aspettando l’aggiornamento delle
altre mie due fan fiction, che negli ultimi mesi ho attraversato un
periodo di profonda aridità ‘artistica’, se la si
può chiamar così, e che fino a qualche settimana fa ero
in piena ‘crisi dello scrittore’.
Dato che tengo davvero, con tutto
il cuore, a dare un compimento ad ‘Il piccolo Harry e il principe
Draco’, ho provato allora ad uscirne e ritornare a scrivere. Ed
ecco che è nato questo racconto natalizio che, all’inizio
avevo previsto dovesse essere una oneshot, ma che poi, data la sua
eccessiva lunghezza, ho preferito invece dividere.
Beh, se la crisi l’ho
superata o meno, spetta comunque a voi deciderlo e se vorreste farmelo
sapere, insieme al vostro giudizio se vi piace o meno questa nuova
storia, mi farete davvero contenta. ^__^
Infine, anche se in ritardo,
considerate ‘LE LACRIME DI DRAGO E DI FENICE’ un regalo di
Natale per tutti voi che, come me, siete innamorati di Draco ed Harry!
Un abbraccio sincero! Infinity19
LE LACRIME DI DRAGO E DI FENICE
Era la vigilia di Natale e
quell’anno il profumo di festa che aleggiava nell’aria
portava con sé una fragranza del tutto nuova, un sapore di gioia
e serenità che da troppo tempo l’intera comunità
magica non aveva più provato. L’atmosfera che avvolgeva le
cittadine inglesi era calorosa e accogliente e persino i babbani
percepivano nel cuore che qualcosa intorno a loro era cambiato, mentre
si lasciavano cullare dalla sensazione di pace e tranquillità
che gli infondevano i sorrisi sinceri e gli scambi di auguri, che si
scambiavano quelle persone bizzarre dalle vesti strane e dai colori
sgargianti.
Il motivo di tanta felicità
era che per ogni mago e strega, piccolo o grande che fosse, quel Natale
era impregnato di un significato ancora più grande e speciale
dei precedenti, essendo questi il primo che trascorrevano dopo la fine
del periodo di terrore e paure perpetrati per decenni dal Signore
Oscuro.
Harry Potter, nell’estate di
quello stesso anno, aveva trionfato sul male assoluto che era
Voldemort, e ora il mondo magico era doppiamente in festa perché
ognuno sapeva che sotto l’albero di quel Natale, tra i vari
pacchetti e regali, ce n’era uno più speciale e prezioso
degli altri, qualcosa che in molti credevano perso per sempre, ma che
invece quel ragazzino di appena diciassette anni, con estremi sacrifici
e sofferenze, aveva donato loro: la libertà e la speranza per un
futuro migliore.
La sola persona che però
sembrava totalmente immune all’euforia natalizia e che al
contrario mostrava una faccia perennemente abbattuta e depressa, era,
scherzi del destino, proprio il moro Grifondoro, l’unico in
quella guerra ad aver perso sul serio la propria libertà: il suo
cuore infatti si era ritrovato saldamente e indissolubilmente
imprigionato dalle spesse e indistruttibili catene dell’ Amore.
Non che nell’essere
innamorati ci fosse qualcosa di male, ma, come bisognava aspettarsi
dalla sfiga congenita di Harry, naturalmente il suo Amore era privo di
qualsiasi speranza, dato che il destinatario del suo affetto era Draco
Malfoy.
Era accaduto tutto quando la Casa
di Serpeverde, per la meraviglia generale, si era schierata apertamente
dalla parte di Silente e il Principe delle Serpi, un poco alla volta,
era divenuto il suo secondo e il suo miglior consigliere per la
preparazione e l’attuazione della battaglia finale.
Harry, che all’inizio era
stato parecchio diffidente nell’accogliere Malfoy e i suoi
compagni tra i membri dell’Ordine della Fenice, pian piano ne era
rimasto invece sempre più affascinato, perché quando non
faceva lo stronzo Draco era davvero una persona incredibile, capace di
ammaliare chiunque, anche chi come lui partiva già con dei
pregiudizi di base, con la sua eleganza ed intelligenza. Draco era
forte e determinato, astuto ed ingegnoso, e, anche se i suoi modi di
fare erano prepotenti ed arroganti, alla fine aveva sempre la meglio,
ma non perché imponesse la sua volontà sugli altri, ma
semplicemente perché alla fine nessuno era in grado di
sovvertire la logica dei suoi ottimi ragionamenti e delle sue
perspicaci idee: persino Hermione, per quanto piccata per non esserci
arrivata lei per prima, più di una volta aveva dovuto dargli
ragione.
E lentamente, celato dietro
l’iniziale rispetto e poi una sempre più crescente
ammirazione, il sentimento d’Amore si era insinuato nel cuore del
giovane Potter.
Harry lo aveva capito nel momento
in cui aveva dato il colpo finale a Voldemort e la prima cosa di cui si
era preoccupato era stata cercare due occhi grigi tempesta tra le
persone che avevano assistito allo scontro finale, per accertarsi che
lui fosse ancora vivo: e quando finalmente aveva incontrato il suo
sguardo, il suo cuore aveva cominciato a battergli forte nel petto per
la gioia, perché le sue iridi argentate stavano brillando di una
luce calda ed intensa e soprattutto Draco, per la prima volta da che si
conoscevano, gli stava donando un vero sorriso.
Ma quel sorriso, il più
bello che il moretto avesse mai visto in vita sua, era scomparso in un
istante, tanto che Harry aveva avuto il dubbio di esserselo immaginato:
era successo infatti che Ginny, in uno slancio di euforia, gli si era
letteralmente gettata addosso per abbracciarlo e congratularsi con lui,
ed Harry era stato costretto ad interrompere il contatto visivo con il
biondino. Quando però era poi tornato a guardarlo, al posto
dell’espressione solare e felice di prima, il Grifondoro ne aveva
trovata una furente e disgustata.
Draco poco dopo se ne era andato,
senza che lui avesse avuto la possibilità di parlargli e
chiedergli che avesse mai fatto per farlo arrabbiare in quel modo, e da
quel momento in poi tutto tra loro era tornato come era sempre stato
negli anni precedenti, nel senso che il Serpeverde aveva ricominciato a
comportarsi con Harry in modo freddo e scostante, alternando con il
moretto giorni di completa indifferenza ad altri invece caratterizzati
da gesti e parole crudeli e pieni di odio.
Ecco quindi spiegato il motivo per
il quale sul viso di Harry, in quel giorno di vigilia, non vi era
alcuna traccia dell’allegria che sembrava invece aver contagiato
un po’ tutti, ma solo tanta tristezza mentre, seduto ad un tavolo
dei Tre Manici di Scopa insieme a Ron, Hermione e Ginny, osservava
avvilito e sconfortato il paesaggio innevato al di là di una
finestra.
Per quel giorno speciale, in
previsione del cenone della sera, il preside Silente aveva concesso ai
pochi studenti rimasti al castello di trascorrere la mattinata tra le
strade addobbate a festa di Hogsmeade, ed Harry aveva colto
l’occasione con trepidazione nella speranza di poter incontrare
il Serpeverde e magari, dato che a Natale si è tutti più
buoni, riuscire a ricreare quel clima di complicità e fiducia
che si era instaurato tra loro durante l’estate. Ma niente,
Potter e i suoi amici avevano girato per ore per le vie del villaggio
magico, ma di Malfoy neanche l’ombra, e adesso mancavano poco
meno di tre quarti d’ora all’ora di rientro e il morale di
Harry era decisamente sottoterra, mentre per riscaldarsi, vista
l’insistenza e le lamentele di Ron, si erano rifugiati nella
locanda per bere qualcosa di caldo.
Nulla comunque sembrava donargli
calore, né il fuoco scoppiettante del camino, né la
cioccolata che stava distrattamente sorseggiando: tutto sembrava
infatti troppo gelido e incapace di riscaldargli quella zona del petto
dove gli batteva il cuore; almeno finché, tra i fiocchi bianchi
di neve, Harry vide spuntare un raggio di sole, il sole dei biondi
capelli del suo Draco.
Le sue guance allora si accesero di
rosso per l’emozione, i suoi occhi si illuminarono e le sue
labbra, dopo settimane, ritrovarono il sorriso.
Anche Malfoy, che insieme ai suoi
compagni si stava dirigendo proprio alla locanda, quando vide Harry tra
i vetri opachi della finestra si bloccò e il suo viso
arrossì, e il Grifondoro pregò e sperò in cuor suo
che la causa non fossero né il freddo, né la rabbia.
I due rimasero incatenati a
guardarsi, grigio nel verde e verde nel grigio, per alcuni secondi,
finché Zabini non spezzò l’incanto dicendo qualcosa
che Potter naturalmente non sentì, ma che intuì essere
una battuta poco felice visto che Draco aveva reagito divenendo a dir
poco paonazzo e puntando la bacchetta contro il moro Serpeverde.
Quando i loro occhi si ritrovarono
di nuovo, Harry con un cenno del capo gli indicò di entrare
dentro e sedersi con lui, Malfoy non rispose ma, continuando a fissarlo
con un’espressione più curiosa che ostile,
ricominciò a camminare.
Ma non fece che pochi passi che il
Grifondoro lo vide fermarsi per la seconda volta; con concrescente
preoccupazione osservò poi che il suo volto aveva perso ogni
colore, sbiancando più della neve, e che il suo sguardo era
divenuto adesso più furioso e assassino che mai.
Ma che era successo? Che aveva fatto di nuovo? Si domandò esterrefatto e addolorato il moretto.
Poi percepì alle spalle una presenza e poco dopo si ritrovò abbracciato da dietro da Ginny.
“Chi guardi, Harry?”
Chiese la ragazza e per vedere meglio si sporse ancora di più
sul Grifondoro, che in questo modo avvertì con ancora più
chiarezza il peso e le forme del seno di lei sulla sua nuca.
Harry non poté evitare di
infiammarsi letteralmente per l’imbarazzo e a quella vista Draco
strinse a pugno la bacchetta ma, anche se in un primo momento sembrava
deciso a continuare il suo cammino verso la locanda, i suoi amici lo
trattennero e, dopo aver lanciato un’ultima occhiata piena di
rancore e veleno nella sua direzione, preferì invece andarsene
via.
Harry sbarrò gli occhi
confuso e amareggiato per l’ennesimo fallimento con il Serpeverde
e si alzò di slancio, allontanando così, anche se non lo
fece apposta, bruscamente da sé Ginny e poi gridò:
“No, aspetta non andare!!!” Ma la finestra era chiusa e
Draco ormai lontano, non gli rimase quindi che prendere la giacca e
inseguirlo.
“Ma che diamine sta
succedendo?” Domandò Ron sbigottito. “E dove sta
andando Harry così di fretta? Ma soprattutto, chi era alla
finestra?”
Ginny sbuffò, spazientita ed
irritata perché Harry ormai non la degnava più di alcuna
attenzione, e rispose solamente: “Malfoy!” Come se
quell’unico nome bastasse a spiegare tutto ciò che il
fratello voleva sapere.
Ma Ron mise su un’espressione ancora più confusa, mentre Hermione la guardò severa e con occhi accusatori.
E sotto quello sguardo, memore di
tutte le discussioni e i diverbi avuti con la riccia Grifondoro, la
piccola Weasley capitolò: “Sì, va bene ho capito!
Non ci proverò più, sei contenta? Tanto ormai l’ho
compreso anch’io di non avere speranze. Harry non ha occhi che
per lui!” La ragazza affermò con voce più indignata
che triste, dopodiché, come se nulla fosse successo,
cominciò a guardarsi intorno alla ricerca di un nuovo ragazzo
con cui trascorrere le vacanze di Natale.
Ron continuò a non capire
niente, mentre Hermione scosse la testa esasperata anche se il suo viso
era sorridente: tolto l’ostacolo principale che li aveva divisi
per mesi, causa la gelosia del biondino e l’ingenuità del
moretto, sperava che adesso Draco ed Harry capissero finalmente di
essere fatti l’uno per l’altro.
Harry aveva corso a per di fiato lungo le stradine di Hogsmeade per raggiungere Draco, ma non vi era riuscito.
E forse, si disse il ragazzo sconsolato, era normale così ed era piuttosto da sciocchi aspettarsi invece il contrario.
Lui e il bel Serpeverde, infondo, non erano destinati a stare insieme.
E per quanto la sua mente se ne
fosse fatta una ragione, il suo cuore non riusciva però proprio
ad accettarlo e, nonostante la continue sofferenze, continuava
imperterrito a sperare.
Era stato infatti il suo cuore a
consigliargli di restare al castello piuttosto che trascorre il Natale
con i Weasley, quando aveva saputo che il settimo anno di Serpeverde
non avrebbe fatto ritorno a casa per le vacanze, ammaliandolo con la
dolce illusione che con meno persone intorno le chance per avvicinarsi
con successo alla bionda Serpe sarebbero state maggiori.
E fu sempre dal suo cuore che ora,
mentre vagabondava ormai senza più una meta precisa per le
strade innevate e osservava disinteressato le vetrine illuminate dei
negozi, udì una vocina suggerirgli di comprargli un regalo.
Harry si bloccò al centro
della via e realizzò che quella era davvero una splendida idea:
infondo era Natale ed era naturale fare regali, quindi Malfoy non
avrebbe avuto alcunché da ridire, né alcuna scusa per non
accettare qualsiasi cosa gli avesse donato, e per il Grifondoro invece
sarebbe stata un’ ottima occasione per porgergli gli auguri,
tornare a parlargli con toni pacati come in estate e magari per
spiegarsi per qualsiasi incomprensione nata inconsapevolmente tra loro,
per offrirgli di andare poi a bere una burrobirra insieme per sancire
la pace fatta e costruire da lì le basi per una solida amicizia
e forse ancora di più.
A quel pensiero Harry si aprì in un sorriso luminoso, sorriso che si spense però un attimo dopo.
Tutto ciò che aveva immaginato era possibile solo se avesse scelto il regalo perfetto.
Infondo non era poi così
tanto sicuro che Malfoy sarebbe stato disposto anche solo a rivolgergli
uno sguardo, figuriamoci a sostenerne la vicinanza e a sentirlo
scusarsi, se il suo dono non gli fosse piaciuto.
Ma cosa comprare?
Qualcosa riguardante il Quidditch?
Una scopa nuova magari? Un paio di guanti? O vestiti, di cui lui
però non se ne intendeva affatto? O forse… no, nulla
sembrava abbastanza… importante e prezioso.
Il dono per Draco doveva essere
qualcosa di speciale, un oggetto di cui il biondino dovesse rimanere
affascinato, ma che al contempo esprimesse il profondo sentimento
d’Amore che Harry gli voleva.
Il moro Grifondoro chiuse allora gli occhi in attesa di una folgorazione e questa arrivò sottoforma di musica.
Harry infatti, tra il vocio della
gente e il suono dei passi sulla neve, udì nell’aria una
dolce ma lieve melodia che sembrava arrivargli direttamente nel cuore.
Non era un canto di natale, né sembrava opera d’uomo tanto
era bella e soave, e quasi gli sembrò strano che
nessun’altra persona ne fosse rimasta rapita e incantata, come
invece stava succedendo a lui.
Colto allora dal desiderio di
scoprire chi fosse il compositore di quella musica così sublime
e meravigliosa, decise di seguirne il suono.
I suoi passi terminarono, per sua
enorme sorpresa, in una gioielleria, di fronte ad una collana
d’oro, dalla fine lavorazione e forgiatura di folletti, il cui
ciondolo era costituito da un rubino dalla forma di goccia: la melodia
proveniva, e su questo Harry non aveva alcun dubbio, proprio dal
pendente.
Il diciassettenne, ipnotizzato
dalla sua bellezza, non resistette e prese tra le mani la collana,
notando solo distrattamente che, diversamente dagli altri gioielli,
questa non era racchiusa in una bacheca di vetro; così facendo
però, si accorse di un’altra cosa strana: per quanto fosse
indubbiamente un rubino, al suo interno il ciondolo conteneva una
qualche specie di liquido.
Il proprietario della gioielleria,
quando si accorse di quanto accaduto, esclamò: “Per la
barba di Merlino! Non ci posso credere!!!” Ma con voce
così alta e stridula che fece sussultare Harry per lo spavento.
Quando poi l’omino, dall’aria simpatica, vide la cicatrice
a forma di saetta sulla fronte del moretto, sembrò capire ogni
cosa e disse più tra sé che col Grifondoro:
“Ragazzo, ero a conoscenza degli incommensurabili poteri di cui
sei dotato, ma credevo davvero impossibile vedere un giorno qualcuno
sollevare la ‘Lacrima di Fenice’!”
Harry sollevò interdetto un sopracciglio.
“La Lacrima di Fenice?! Ma cosa…?”
“Sì, signor Potter! La
Lacrima di Fenice, la collana che ora sta stringendo, a quanto pare,
per quanto io non ne abbia mai trovato alcuna traccia magica, sembra
stregata: chiunque la vede infatti, ne rimane completamente ammaliato,
ma la sua bellezza e il suo mistero sono tali che nessuno osa nemmeno
sfiorarla, per paura di intaccarne la purezza con le proprie mani
indegne.”
“Oh!” Sussurrò
solamente il ragazzo, che non sentiva affatto il bisogno di riporre la
collana, e quindi di non toccarla, ma semmai il contrario,
perché il canto della fenice, ora lo riconosceva, sembrava lo
stesse chiamando. In più adesso, fra le sue note ve ne sentiva
alcune più tristi e la melodia sembrava rispondere al dolore che
portava lui dentro.
Se non fosse stato inconcepibile il
solo pensiero, Harry avrebbe giurato che anche la fenice, che sentiva
cantare, sembrava soffrire d’Amore, proprio come lui.
Il gioielliere osservò con
quanta intensità il Salvatore del Mondo Magico stava guardando
quel gioiello così unico e speciale e, con un sorriso sornione,
si convinse che fosse proprio lui l’unica persona degna di
possederlo e di venire a conoscenza del suo segreto, che la sua
famiglia di orefici si tramandava di padre in figlio da generazioni.
“Vede Signor Potter, questa
collana possiede un valore inestimabile e la sua storia è legata
ad una leggenda che risale a tempi molto antichi.” L’uomo
cominciò il suo racconto con voce solenne, attirando su di
sé la completa attenzione di Harry. “Per
l’esattezza, quel rubino è il simbolo dell’Amore di
una Fenice per un Drago!”
Il Grifondoro adesso spalancò gli occhi e il cuore cominciò a battergli forte nel petto.
“Si racconta che tanto tempo
fa, in una fiorente vallata, esisteva una meravigliosa Fenice, che non
aveva nessun altro potere se non quello di incantare tutti con la sua
bellezza e con la soavità e la dolcezza del suo canto. Era
considerata l’animale più sacro fra gli esseri viventi ed
era venerata e ammirata da chiunque, perché al solo vederla
tutti ne restavano stregati.
Al contrario invece esisteva un
animale temuto e odiato da tutti, perché capace di radere al
suolo un’intera foresta con il solo sbattere della coda e
incendiare interi villaggi col suo alito di fuoco.
Sto parlando del Drago, il coprotagonista di questa storia.
In realtà però,
questo Drago non era di indole cattiva, era anzi piuttosto mite e
alquanto vulnerabile, la sua verde pelle infatti non era dura e
ricoperta di squame come i draghi che conosciamo noi oggi, ma la sua
stazza e le sue caratteristiche fisiche, tra l’enorme coda,
l’impossibilità di non sputare fuoco e le sue larghe ali,
gli impedivano di stare in mezzo agli altri esseri viventi senza
combinare disastri.
Era quindi ritenuto da tutti un
feroce e pericoloso assassino e per questo il povero Drago, addolorato
del male di cui inconsapevolmente era la causa, decise un giorno di
allontanarsi dalla vallata e di vivere in solitudine nell’antro
buio di una caverna posta su di un’alta e impervia montagna,
nella speranza che tutti si dimenticassero di lui.
Ma non fece i conti con la Fenice, l’unica ad essere a conoscenza di quanta bontà racchiudeva il suo cuore.
Il bell’uccello infatti,
sfidando il clima gelido e inospitale dell’altura, lo raggiunse e
decise di restare con lui, nonostante il Drago, per quanto commosso dal
suo gesto, provò più volte a cacciarla via minacciandola
di incendiarla con il fuoco, perché non desiderava che lei,
così amata e benvoluta da tutti, fosse invece costretta a vivere
quella vita di stenti e privazioni per causa sua. Ma la Fenice,
determinata e coraggiosa, non lo abbandonò mai e pian piano
riuscì a vincerne ogni resistenza e a farsi accettare
completamente.
I due, da allora e per parecchi
anni ancora, vissero insieme e condivisero tanti bei momenti felici,
per quanto, data la diversità del loro apparire, poteva sembrare
impossibile.
Un giorno però tutto
cambiò: di solito, quando dovevano cacciare o abbeverarsi, il
Drago e la Fenice andavano in posti isolati dove la presenza
dell’uomo era assente, ma accadde purtroppo che in una giornata
assolata due contadini per caso li scoprirono mentre bevevano da un
lago. Spaventati a morte, i due ritornarono immediatamente al proprio
villaggio e riportarono la notizia che il Drago era tornato per
vendicarsi e annientare tutte le loro famiglie, diffondendo così
il panico ovunque. Il capo villaggio allora radunò
un’assemblea, in cui convocò gli uomini più forti e
valorosi, e di comune accordo si decise che la miglior cosa da
fare era uccidere il Drago prima che lui uccidesse tutti loro.
Così, armati fin sopra i
denti, gli abitanti del villaggio prepararono in’imboscata e
affrontarono la pericolosa, ma in realtà innocua, bestia.
Le loro armi però non
potevano nulla contro l’alito infuocato del Drago che, anche se
nessuno se ne rese conto, non mirava affatto il suo getto di fuoco per
far del male a chi lo stava attaccando, ma solo per incendiare le
frecce che gli venivano lanciate contro: una però, che
l’enorme volatile non sapeva avvelenata, riuscì purtroppo
a colpirlo facendolo accasciare agonizzante al suolo. Quando ciò
accadde gli uomini esultarono di gioia e colsero l’occasione per
infliggergli il colpo di grazia, puntandogli adesso una freccia, questa
volta però infuocata, direttamente al cuore.
Ma quella freccia non raggiunse mai
il Drago, perché in un gesto di estremo sacrificio, la Fenice
decise di donare la sua vita per salvare quella del suo Amore.
Successe però che colpito
dal fuoco il magnifico uccello, dal piumaggio rosso e oro, divenne
cenere, che lieve si andò a posare sul terreno proprio accanto a
dove era distesa la testa del Drago morente.
Il Drago, che impotente aveva
assistito a tutta la scena, provò allora una sofferenza
indicibile ed inimmaginabile e, di fronte a quel dolore così
straziante, gli uomini abbassarono pentiti le armi.
Poi, per la prima volta in vita sua
pianse una lacrima, una sola però, ma in essa egli racchiuse
tutta la sua forza vitale e il suo Amore, insieme all’ultimo
desiderio di rivedere la Fenice di nuovo in vita prima di morire.
La lacrima del Drago finì
proprio sui resti del suo amato ed è qui che si avverò
quella magia straordinaria ed inspiegabile di cui siamo testimoni
ancora oggi: la Fenice risorse dalle sue ceneri!
Il Drago allora, pieno di gioia, le
donò un ultimo sorriso innamorato e poi chiuse gli occhi,
consapevole che al suo cuore non restavano che pochi battiti di vita.
Ma ancora una volta l’uccello
leggendario fu l’artefice di un evento eccezionale: anche lui
infatti, versò una lacrima, intrisa di immensa gratitudine e di
tutto il suo Amore per il Drago, sulla sua ferita e la guarì
completamente, vanificando le proprietà mortali del veleno e
rendendone la pelle più resistente, dura ed impenetrabile
proprio come la roccia.
La Fenice e il Drago poi, incuranti
di quanti avevano assistito ai prodigi della straordinaria magia del
loro Amore, si librarono in volo e andarono via, senza che nessuno
osasse fermarli, e si racconta che tuttora i due vivano ancora
felicemente insieme.” L’omino a questo puntò decise
di interrompere per qualche secondo il suo racconto, perché si
rese conto che il giovane Potter stava anche lui, probabilmente senza
neanche rendersene conto, piangendo. Prima di concludere comunque, lo
sentì sospirare, mentre osservava assorto la gemma: “… intrisa del suo Amore per il Drago!”
“La leggenda vuole inoltre
che sulla terra, dove poco prima erano stati il Drago morente e
la cenere della Fenice, gli abitanti del villaggio, tra cui vi erano
alcuni maghi, trovarono due gemme a forma di goccia, uno smeraldo ed un
rubino, che non erano altro che le magiche lacrime versate dalle due
creature leggendarie!”
Harry adesso distolse lo sguardo
dalla collana e guardò invece scioccato verso il gioielliere:
“Quindi questo significa che esiste anche una Lacrima di Drago?” Domandò con voce tremante.
“Sì!”
confermò l’uomo. “Solo che di lei purtroppo non si
ha più alcuna notizia da molti secoli. Ad un certo punto della
storia, le due pietre finirono tra le mani dei folletti, curiosi di
scoprire quale fosse la natura e il significato del liquido che
contengono al loro interno, dato che essi ritenevano pura fantasia il
racconto che le ho appena narrato, ma nessuno scalpello, pietra o
metallo è mai riuscito a scalfirle.
Nessuno prima di lei, per quanto io
ne sappia, ha mai osato toccare la Lacrima di Fenice: per trasportarla
infatti si sono sempre e unicamente usati incantesimi di levitazione.
Per quanto riguarda quella di
Drago, sembra che anch’essa sia stregata. Chiunque la guarda se
ne dimentica dopo pochi secondi, proprio come il Drago della storia che
si era allontanato dalla vallata per far cancellare il suo ricordo
dalle menti di tutti, e suppongo che sia proprio questo il motivo per
cui di essa non se ne trovano più le tracce.
Dopo vari, ma inutili tentativi
comunque, i folletti alla fine risolsero di creare delle lavorate
catenine, d’oro giallo e d’oro bianco, per realizzare delle
collane di cui queste pietre potessero diventare i pendenti.”
Il Grifondoro constatò che la catenina applicata al rubino era d’oro giallo: gli stessi colori della Fenice.
Fenice innamorata di un… Draco!!!
Ecco il regalo perfetto: finalmente lo aveva trovato!
“La leggenda comunque non
finisce qui.” Proseguì il gioielliere. “Impregnate
dell’Amore reciproco di chi le ha generate, anche le Lacrime di
Drago e di Fenice desiderano tornare insieme, ed è per questo
che solo vere An…” Ma fu interrotto dall’improvvisa e addolorata esclamazione del moretto.
“Oh, ma allora è per
questo che il canto della Fenice sembra così triste!
Perché non ha accanto a sé la persona che disperatamente ama!”
“Già, immagino di
sì!” L’anziano uomo rispose semplicemente con un
caldo sorriso, comprendendo che il giovane Potter, forse senza neanche
farlo di proposito, non si era riferito alla Fenice, ma piuttosto a se
stesso.
E poi che significava che ne
sentiva il canto? Il gioielliere di quella cosa non ne sapeva
alcunché e probabilmente la motivazione era nel fatto che,
capì subito dopo, non era lui il vero e degno possessore di
quella collana, ma proprio Harry Potter.
Il ticchettio dell’orologio
che suonava le cinque lo distrasse dai suoi pensieri e allarmò
invece il Grifondoro: si era fatto tardi e doveva tornare
immediatamente al castello.
Disposto a spendere tutto
l’oro che possedeva alla Gringott, o a imbarcarsi di debiti se
fosse stato necessario, il moretto posò un ultimo sguardo pieno
di speranza al rubino e al suo contenuto e poi domandò se poteva
comprarlo.
Il gioielliere si limitò ad
annuire con espressione soddisfatta e nel mentre andava nel
retrobottega per prendere un cofanetto in cui riporre la collana, Harry
posò un bacio leggero sulla Lacrima di Fenice e poi se la
strinse forte al petto.
“Dolce Fenice, so che lui
non è il Drago che stai cercando da sempre, ma ti prego fa che
anche la persona a cui ti farò dono possa toccarti…
voglia indossarti. Perché lui è il mio Draco
e io lo amo esattamente come tu ami il tuo.” Il Grifondoro
implorò con tutto il suo cuore. “E fa ti supplico che lui
lo capisca e che non rifiuti il mio Amore, ma che anzi... Fa che egli voglia indossarti!” Aggiunse con voce sofferta e accorata.
La Fenice trillò ma questa
volta con timbro diverso: il suo canto adesso sembrava felice, ma ancor
di più impaziente, quasi non vedesse l’ora di esser
regalata. Ed Harry si domandò se per caso le sensazioni, che
stava percependo dal diadema, non fossero unicamente il frutto del suo
bisogno disperato di credere che la sua storia con il bel Serpeverde
potesse avere lo stesso lieto fine che, in un tempo sconosciuto, ebbero
la Fenice ed il Drago.
Il gioielliere, quando fece
ritorno, irremovibile, nonostante le accese proteste del Grifondoro,
pretese una somma davvero irrisoria per il pagamento della collana.
L’uomo, che nonostante tutto avrebbe voluto comunque guadagnarci
qualcosina da quel preziosissimo gioiello, dato il suo valore
inestimabile, nel momento in cui era stato per pronunciare il prezzo
esorbitante che desiderava, aveva però udito risuonargli nel
petto una vocina, che sottoforma di canto bellissimo e sublime, lo
aveva supplicato di non essere avaro ma di lasciarla finalmente
libera… libera di volare via per raggiungere il suo Amore.
E con grande stupore e meraviglia,
dato cha a lui non era mai accaduto in tutti quegli anni, e
probabilmente non era successo neanche a nessuno dei suoi avi, il
gioielliere si rese conto che la fonte di quella melodia era proprio
dentro il pacchetto che aveva appena incartato: esattamente come
Potter, aveva ascoltato il canto della Fenice e questo per lui
contò immensamente molto di più che se avesse ricevuto un
milione di sacchi ripieni di galeoni
d’oro.
Scambiatisi gli auguri per un
felice Natale, Harry infine andò via con in viso un sorriso
luminoso ed innamorato e il gioielliere fu più che sicuro che,
in qualche parte del mondo, qualcuno in quel preciso momento aveva
appena comprato la Lacrima di Drago.
E la sua certezza era fondata
perché, anche se prima era stato bruscamente interrotto, la
conclusione della leggenda voleva che: ‘Impregnate
dell’Amore reciproco di chi le ha generate, anche le Lacrime di
Drago e di Fenice desiderano tornare insieme, ed è per questo
che solo vere Anime Gemelle sono destinate a riunirle. E quando
ciò avverrà le due gemme diverranno una sol cosa, per poi
dividersi di nuovo e mutare nel loro aspetto.’
Ma se il cambiamento riguardava la
forma, non più a goccia, o la natura stessa delle pietre,
l’uomo questo non lo sapeva, immaginava però che, il
giorno che avesse rincontrato di nuovo Harry Potter, lo avrebbe di
sicuro scoperto.
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