Un sogno...un amore

di little_Darling
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Un sogno…un amore

                                              1.

Era una calda giornata d’Agosto, io e le mie amiche eravamo pronte, stavamo per iniziare un altro concerto. Eravamo in ansia, ovvio, però ormai ci stavamo abituando a quella sensazione. Mi diedi un’ultima occhiata allo specchio e mi vidi, carina sì, ma conciata male, mi sembrava, per la sera precedente: avevamo fatto troppo tardi "Teso…come sto?" la mia best mi squadrò da capo a piedi "stai bene Darling…perché?" "non ho la faccia sconvolta?" mi riguardò bene "assolutamente no; secondo me sei troppo agitata, dovresti esserlo un po’ di meno, lo sai che la band conta soprattutto su di noi…" "sì lo so, ma io non mi sento agitata" "magari a te sembra di no, ma è così. Vedrai che andrà tutto bene anche qui a Roma." caspita…Roma…la capitale…è più piccola di Londra, Berlino, Parigi in cui ci eravamo già esibite…però…mi metteva più ansia del solito…quello, purtroppo, era vero.

"perché così ansiosa?" mi domandò sbucando dal camerino Marta, alla chitarra "non ne ho idea" risposi abbassando lo sguardo "cuore?" "cioè?" chiese la mia best a Marta "cioè…problemi d’amore?" il mio cuore accellerò il battito, ecco il motivo: il Mo. Il suo vero nome è Luca, soprannominato Mo da me, mai visto se non tramite web, ci dichiaravamo migliori amici e ci consideravamo anche così: ci volevamo bene; forse, anzi, probabilmente, speravo venisse a sentirci, un po’ anche per vedere me: la sua best. Quindi più che problema d’amore lo chiamerei…voglia di vedere il proprio migliore amico…tutto qui.

"ragazze tra 5 minuti sarete in scena" "grazie Joe" rispose Clara, la batterista "allora Darling, a posto?" "ora che ho scoperto il motivo sì, grazie" risposi mostrando un sorriso rassicurante "siamo pronte?" domandò Marta "ovvio Amo!!" rispose Clara "certo Marta!" rispondemmo io e Marti assieme "allora andiamo!".

Ognuna di noi prese il proprio strumento: io il microfono, Marta la chitarra, Clara le bacchette e Marti o spartito da mettere sulla pianola; appena salii sul palco, l’agitazione sparì.

Ovunque c’era il nome della nostra band: Dark Angels.

Suonavamo per varie nazioni, quindi io dovevo imparare i nostri testi anche in altre lingue, in base ai nostri tour; quella volta mi tranquillizzai più in fretta del solito, anche perché dovevo cantare in italiano e non avrei avuto problemi.

 





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