CAPITOLO 1- COME DUE GOCCE D'ACQUA
CODICE NERO
Disclaimer:
questa è una fan fiction basata sul bellissimo anime
“D’Artagnan e i moschettieri del re”, a sua volta
basato sul romanzo di Alexandre Dumas “I tre moschettieri”;
i personaggi e le situazioni eventualmente riportate dall’anime
appartengono agli studi Gakken e Korad, ed agli sceneggiatori, mentre
la storia originale appartiene ad Alexandre Dumas. Questa storia
è solo un lavoro amatoriale, e non ha alcuno scopo di lucro.
Premessa: Ho voluto
dedicare una fanfic a questo bellissimo anime che ha lasciato un segno
indelebile all’inizio della mia adolescenza; alcuni ricordano
questo anime (probabilmente i miei coetanei), soprattutto per la
vicenda di Aramis, che nell’anime è una donna che si
traveste da uomo per vendicare la morte del fidanzato; personalmente, a
me quel personaggio piaceva molto fisicamente, ma come uomo (eh,
sì, ho un debole per i biondi!); così, ho sempre pensato
che mi sarebbe piaciuto vedere quel personaggio dell’anime come
un personaggio maschile; allora, ho deciso di scrivere questa fic,
nella quale soddisferò il mio vecchio desiderio, senza tuttavia
stravolgere lo spirito dell’anime: infatti, nella mia storia,
Aramis è un uomo, ma con una sorella gemella di nome
Renée, con cui divide moltissimo; e questa loro somiglianza, non
solo fisica, porterà sviluppi imprevedibili nella storia.
Non so se vi piacerà la mia storia; è la mia prima fic su
questo anime (anche se è da molto che scrivo sul sito), ed
attendo i vostri commenti.
Un saluto particolare va a Lady Lina 77: attendo con ansia i tuoi commenti. A presto!
CAPITOLO 1
COME DUE GOCCE D’ACQUA
Aramis uscì dalla doccia canticchiando: quella mattina era
parecchio di buon umore. Si avvolse in un asciugamano, poi ne prese un
altro ed iniziò ad asciugarsi i capelli.
Era una magnifica mattina di inizio Ottobre, e nonostante fosse
l’inizio dell’autunno, a Parigi c’era un sole
magnifico.
Corse nella sua camera da letto, a passo spedito, ed aprì
l’armadio in cerca della sua divisa da gendarme; la trovò,
come al solito, in perfetto ordine: quella lavanderia sapeva fare il
suo lavoro, pensò.
Uno squillo proveniente dal comodino attirò la sua attenzione;
si avvicinò e prese in mano il suo cellulare, leggendo il
messaggio appena ricevuto:
Dopo lezione, non torno a pranzo:
resto con Marie. Oggi pomeriggio ho turno fino alle sette al bar. Ci
vediamo stasera. Renée.
Aramis sorrise fanciullescamente al messaggio della sorella;
Renée era uguale a lui, pensò: sempre in movimento, piena
di impegni, di vita. Era proprio sua sorella.
Di più: era la sua gemella. La sua immagine vivente al femminile. Lo specchio del suo carattere.
La loro era un’unione inscindibile, cementata dai dolori e dalle
difficoltà della vita che avevano sempre affrontato insieme.
Dopo la tragica morte dei loro genitori, avvenuta in un incidente aereo
quando entrambi avevano appena cinque anni, erano stati affidati allo
zio, Armand de Treville, commissario dei gendarmi di Parigi; Aramis non
poteva dimenticare l’immagine di sé stesso con la sorella,
ai funerali dei genitori, con lei che si aggrappava disperatamente alla
sua mano in un disperato tentativo di ricerca di conforto, mentre lo
zio teneva una mano sulla sua spalla ed un’altra su quella della
sorella, dicendo: “Andiamo ragazzi. Da oggi, sarò io
vostro padre ed insieme vostra madre”.
Lo zio era stato un genitore esemplare: nonostante fosse scapolo, era
pieno di premure, attenzioni; li riempiva d’affetto, non faceva
mai mancare loro nulla, a Natale ricevevano doni come tutti gli altri
bambini, li aveva mandati nelle migliori scuole. Ma a Renée
tutto questo non bastava a colmare la mancanza dei genitori: veniva da
lui a piangere, nelle notti di temporale, e si infilava nel suo
lettino, tremante; era una ragazzina indifesa, sensibile. Era stato lui
a farle veramente da padre e da madre, a Renée: l’aveva
accompagnata alle festicciole con gli amichetti per evitare che qualche
compagno troppo intraprendente le desse fastidio, le aveva insegnato ad
andare in bicicletta, l’aveva consolata dopo i suoi primi dolori
di cuore, aveva festeggiato assieme a lei l’iscrizione
all’Università. Era stato tutta la sua famiglia.
E lei era stata la stessa cosa per lui.
I due fratelli gemelli erano uniti fino quasi ad essere una cosa sola.
Anche quando lui era entrato in gendarmeria, per seguire la carriera
dello zio, lei ne era stata felice, aveva approvato la sua decisione ed
era andata alla festa dell’Accademia per le nuove reclute quando
lui aveva iniziato l’addestramento.
In quel pomeriggio di primavera tarda, lei era raggiante e bellissima,
con indosso quel completo di seta verde, ed orgogliosa del suo
“fratellone”: lo guardava con occhi pieni di ammirazione.
Aramis guardò la sua uniforme e sorrise, ripensando a quel giorno lontano.
Appoggiò la divisa sul letto, alzandosi per andare a rispondere al telefono che squillava.
“Pronto?”,
“Aramis? Sono François”,
“Ciao! Spiacente, ma Renée non torna a casa, oggi. Resta a studiare con un’amica”,
“O.K., allora la raggiungo in facoltà”,
“Va bene. Ciao”.
Mise giù il telefono, e si passò una mano tra il lungo
ciuffo di capelli biondi che gli ricadevano sul viso, sospirando. Il
fidanzato di sua sorella era davvero presente nella sua vita,
pensò; peccato che non approvasse in pieno tutte le scelte di
lei: ad esempio, non gli piaceva il fatto che lei fosse iscritta in
Informatica, anziché nella prestigiosa facoltà di
Giurisprudenza, dato che la cosa era stata criticata dalla famiglia di
lui, che teneva troppo alle apparenze; non gli piaceva che, in
prossimità degli esami, lei lo trascurasse un po’ per
studiare; non gli piaceva che lei si pagasse gli studi facendo la
cameriera in un piccolo bar, dato che, secondo suo padre, “una
signorina che studia non fa simili lavori”.
La famiglia di François era un po’ troppo
all’antica, decisamente: per loro, le differenze sociali erano
insormontabili ed immutabili, ed a stento avevano accettato come futura
nuora una ragazza non altolocata che lavorava per pagarsi gli
studi, e l’avevano accettata solo perché suo zio era il
commissario De Treville della gendarmeria di Parigi. Renée
soffriva parecchio di tutto questo, amava François e voleva
stare assieme a lui e sposarlo, un giorno; ma la famiglia di lui la
faceva sentire a disagio, erano ricchi banchieri di origini
aristocratiche e ad ogni incontro non perdevano l’occasione di
metterla in imbarazzo.
Dopo, naturalmente, correva a piangere da lui, il suo “fratellone”.
Il giovane tornò in camera sua per vestirsi. Era già
abbastanza tardi, ed alle dieci avrebbe dovuto sostituire
D’Artagnan nel turno di pattuglia a Les Invalides.
**********
Aramis corse trafelato verso l’amico che lo stava attendendo.
“Ciao, scusa il ritardo!”,
“Non preoccuparti. Tanto non ho nulla da fare, oggi”,
“Dov’è Porthos? Non lo vedo!” aggiunse Aramis legandosi i lunghi capelli in una coda,
“Eccolo che arriva!” fece D’Artagnan.
Dal fondo della strada comparve uno scooter abbastanza grande viola metallizzato, che li raggiunse, fermandosi davanti a loro.
“Ciao, gente”,
“Buongiorno Port! Ora ci siamo tutti, possiamo andare”,
“Ci vediamo domani sera a casa di Athos, allora?” fece D’Artagnan allontanandosi,
“Sì, ma prima devo passare a prendere mia sorella”,
“Va bene. A domani!”.
Salutato l’amico, i due salirono in una volante.
“Come sta tua sorella, Ara?” gli chiese Porthos,
“Come al solito: studia e lavora. E cerca di barcamenarsi con il suo ragazzo”,
“E’ proprio presa di quello, vero?”,
“Già, purtroppo”,
“A te non piace molto, invece. Vero?”,
“Non è questo… è che lui non sa
apprezzarla… la sua famiglia la critica sempre , e lui non la
difende affatto!”.
Porthos non seppe cosa rispondere.
“E a te come va?” chiese Aramis per cambiare argomento,
“Bene, come sempre. Essere libero sentimentalmente ha i suoi vantaggi”,
“Niente obblighi, niente spiegazioni…”,
“Spiegazioni? Francine te ne chiede mai?” ,
“Ultimamente no, ma certi giorni sembra un cane da guardia” rise Aramis.
Stava scherzando, naturalmente. Aramis era innamorato perdutamente
della sua Francine, un’ingegnere di successo dai tratti delicati
e fini e dai capelli castani, ma dal carattere di ferro: avrebbe fatto
qualunque cosa per lei.
Raggiunsero Les Invalides, e scesero dall’auto, montando di
guardia; dato che, ultimamente, in quella zona erano stati segnalati
diversi casi di borseggio, era meglio stare in guardia, soprattutto
dato il gran numero di turisti che cominciavano ad affluire in quella
stagione.
I due gendarmi si guardavano attorno circospetti; Porthos stava mangiando un colossale hot-dog acquistato in una bancarella lì vicino, senza tuttavia lasciarsi distrarre.
Aramis osservava una comitiva di Giapponesi che proseguivano in fila
dietro ad una guida che reggeva in mano una bandierina verde; come accidenti faranno a stare così perfettamente in fila, si domandava.
Ad un tratto, un grido proveniente dalle loro spalle attirò la
loro attenzione; si girarono e corsero nella direzione da cui era
provenuto lo strillo.
“Mi tolga subito le mani di dosso, ha capito?!?” una donna
stava urlando contro un uomo grasso di mezza età che la
strattonava per un braccio.
“E’ lei che deve spostarsi, immediatamente!” le rispondeva quello.
I due poliziotti si avvicinarono.
“Che succede qui?” fece Porthos, che aveva preferito
lasciare il suo panino in macchina per essere pronto all’azione,
“Immischiatevi dei fatti vostri, voi! Sono affari privati!”,
“Alzar le mani su di una signora non è affare privato, signore!” ribadì Aramis con aria corrucciata,
“La “signora”, per sua conoscenza, giovanotto, si
è permessa di mancare di rispetto ad un giudice!”,
“Sarebbe lei, il giudice?”,
“Esattamente, signor gendarme” l’uomo mollò la
presa “mi chiamo Armand Mansonne, e vengo dalla Normandia per
presiedere ad un importante processo che inizierà tra pochi
giorni!”.
“Benissimo, signor giudice” continuò Aramis, per
nulla intimidito dalla tracotanza dell’uomo “in questo caso
la informo che è invitato a seguirci in gendarmeria per
accertamenti!”,
“Ma come vi permettete? Vi ho appena detto chi sono!!”,
“Siete uno che ha aggredito una donna”,
“Mi ha provocato! Ha rifiutato di spostare la sua auto dal mio posto!”,
“Perché, quale sarebbe il suo posto?”,
“Questo, davanti all’ingresso dell’edificio”, l’uomo fece un gesto con la mano,
“Io non riesco a leggere il suo nome, qui” fece Aramis sporgendosi in avanti,
“Signore” sibilò il giudice “è
implicito che quando un ospite di riguardo è in città,
gli sia dovuta tutta una serie di facilitazioni, inclusi i parcheggi
davanti ad edifici storici, se questi sono vicini al luogo dove
dovrà esercitare le sue funzioni!”,
“Qui il parcheggio è libero, signor giudice”
asserì il giovane “e la signora ha tutto il diritto di
parcheggiare dove preferisce”,
“Le consiglio di cambiar tono, giovanotto, o la farò ammonire dal suo comando”,
“Faccia pure”,
“Il suo nome?” l’uomo quasi ringhiava sommessamente,
“Tenente Aramis De Treville, del 5° Arrondissement”,
“Avrà presto mie notizie, tenente!”, rispose il
giudice, sparendo nella sua auto e mettendo in moto. Porthos gli si
fece vicino.
“Il tenente le ha appena detto che lei deve seguirci in commissariato!”, tuonò,
“Voi siete matti!!”,
“Vuole essere incriminato per resistenza a pubblico ufficiale,
oltreché per aggressione?”, Porthos aprì la
portiera, tirandolo fuori.
“Fermo! Mi lasci immediatamente!”.
Ma Porthos ed Aramis lo presero saldamente, trascinandolo in macchina, urlante.
Misero in moto e partirono, diretti al commissariato.
**********
Intorno alle otto e mezza, Aramis e Renée ridevano, fumando una sigaretta in due, mentre si dirigevano verso casa.
“Davvero, ha risposto così? E poi, che cosa ha fatto?” stava chiedendo lei,
“Ha calato le corna, ed ha pagato l’ammenda; in caso contrario, lo avremmo trattenuto in cella!”,
“Che tizio insopportabile! Sono davvero contenta di non averlo
incontrato! Non posso che compatire quella povera ragazza!”,
“E dire che è un giudice!! Che roba!!”.
I due gemelli continuarono a sghignazzare rumorosamente per tutto il
tempo della strada, infischiandosene dell’attenzione dei passanti
che riuscivano ad attirarsi addosso.
“Com’è che ti sei deciso a venirmi a prendere?” lei gli porse di nuovo la sigaretta,
“Per evitarti la metro: ultimamente, ci sono stati diversi scippi”,
“Mi avrebbe lasciata sotto casa, però! Con la tua moto da
lasciare in garage, invece, avremo fatto almeno due chilometri a
piedi!”,
“Quanto sei noiosa! Una passeggiata fa piacere, ogni tanto! No?”,
“Non quando hai fretta di tornare a casa a cambiarti”.
Il ragazzo si fece serio.
“Dove andate, stasera, tu e François?”,
“Non ho idea. Mi ha parlato di una nuova discoteca da poco aperta in Rue de Rivoli”,
“Senti, sorella” la prese per un braccio “ma davvero
stai bene con lui? O cerchi solo di sopportare tutta la situazione, la
sua famiglia compresa, solo per fargli piacere?”.
Lei si liberò con uno strattone “E dài, Ara! Se non ci stessi bene lo mollerei, ti pare?”.
Ad Aramis passò un lampo di preoccupazione negli occhi azzurri.
Sarà… Ma io questo
tizio che accetta di lasciare umiliare la donna che dice di amare dalla
propria famiglia non lo approvo affatto!
“Spero solo che tu non stia commettendo un errore, sorella!” sospirò,
“Stà tranquillo, ti ho detto!” lo canzonò
Renée, aprendo il portone di casa e facendo una piroetta davanti
al fratello “Non sono una ragazzina, ormai! Pensa di più
alla tua Francine, invece!!”.
Salirono di sopra, e Renée si chiuse nel bagno, canticchiando.
Aramis, invece, andò in camera sua, dove accese lo stereo, mettendo su un CD di Baglioni.
Poco dopo, la ragazza uscì dal bagno, indossando una minigonna
attillata blu ed una maglia grigia senza maniche, pure molto attillata.
“Allora, che te ne pare?” si presentò davanti al fratello, finendo di pettinarsi,
“O.K. Dovresti truccarti un po’, però!”,
“Bah! Lo sai che non mi piace truccarmi! Un velo di ombretto basta e avanza!” rispose lei.
Suonarono alla porta.
“Deve essere François!” esclamò lei, correndo al citofono.
“Sì? Scendo subito!”. Mise giù il citofono.
“Vado. Ci vediamo domani! Buona serata, fratellone!”,
“Ciao, Renée. E divertitevi!”.
Sentì sbattere la porta.
Certo che quando Francine è
via, divento un recluso! Almeno avessi chiesto ad Athos di cenare con
me! Ma no, figuriamoci, oggi sarà nero: ha avuto
l’incontro con la sua ex-moglie per gli alimenti! Quella tizia
Inglese è peggio di una sanguisuga! Ma non le basta quello che
guadagna presso l’avvocato Richelieu? Non capisco davvero
perché debba tormentare Athos!
Si alzò, diretto in soggiorno, rassegnandosi ad una mesta serata
solitaria davanti alla televisione; focalizzò mentalmente che i
salatini li aveva fatti fuori Porthos, la sera della partita, e si
preparò ad ingoiare un’insalata.
Ciao
a tutti! Ecco la mia nuova fic, questa volta su D'Artagnan; è
una AU, uno dei generi che mi piacciono di più. I personaggi
sono quelli dell'anime, anche se con alcune caratteristiche di quelli
del romanzo (nel quale, ad esempio, Milady era la moglie di Athos, poi
abbandonata da questo). Spero di non aver fatto un pasticcio troppo
grosso. Ora, le dediche:
Lady Lina 77 : questa
storia è dedicata a te che l'hai ispirata, anche se so che non
potrà mai esser bella quanto la tua; in ogni caso, fammi sapere
se ti piace;
Ninfea 306 : il mio ennesimo esperimento su uno degli anime più belli; se passi per di qua, fatti viva;
Vitani: lo stesso per te: se sei da queste parti, fatti sentire.
A tutti, Buon Anno!
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