Spero che non ci siano errori di nessun genere. Godetevi il mio nuovo
delirio
PROLOGO
1806, Tenuta dei Conti di T***, da qualche parte nello Yorkshire.
Se qualcuno l’avesse scoperta sbirciare attraverso la
balconata che dava sulla sala da ballo, avrebbe dovuto sopportare una
bella ramanzina dalla sua balia. Ma niente l’avrebbe
trattenuta dal guardare almeno una volta la sua splendida madre
brillare sopra chiunque altra al suo primo ricevimento dopo la morte
del patrigno.
Amy aveva otto anni e aveva assistito a tre matrimoni di sua madre, lei
era figlia del suo secondo marito e quindi facevano cinque mariti,
tutti inevitabilmente sepolti. La Contessa di T***, ultimo titolo della
madre, era una donna a cui piaceva divertirsi, avere splendidi
gioielli, ricchi mariti non troppo presenti e bellissimi amanti. Amy
conosceva ogni aspetto della sua mamma, la sua zia preferita,
l’unica persona che si preoccupasse della sua pensioncina,
insieme a tutti i domestici della casa, l’aveva
abbondantemente illuminata sul suo carattere. Ma per quanti sforzi
facesse, riusciva solo a vedere una donna magnifica nel fiore degli
anni ballare l’ultimo ballo con il giovane figlio del Duca di
Richmond appena arruolatosi in marina e che sfoggiava la sua divisa
nuova fiammante.
Si strinse al petto il libro illustrato sui paesi del mondo che aveva
tra le braccia, glielo aveva regalato il suo ultimo patrigno, un
vecchietto molto gentile che nel poco tempo che lo aveva visto le aveva
fatto una montagna di doni. Dando un’ultima occhiata verso le
figure danzanti a lume di candela decise di tornare in camera sua.
Cercò di fare il più velocemente possibile la
scalinata tirandosi su la camicina da notte, ma mentre passava davanti
al salotto privato della Contessa sentì delle porte aprirsi
in fondo al corridoio, quindi svelta si nascose nella stanza chiudendo
la porta per evitare di farsi notare. Sentì dei passi
calpestare il tappeto foderato del corridoio e poi passare oltre. Un
sospiro di sollievo allargò i polmoni di Amy. Forse per
l’ennesima volta era riuscita a farcela. Non aveva certo
paura del rimprovero della balia, né tanto meno quello della
madre, ma la zia la dipingeva come una bambina modello per educazione e
capacità, non voleva deluderla.
Non sentendo più alcun rumore cercò di aprire la
porta, ma era pesante e la maniglia che era all’esterno era
stata sostituita all’interno da un pomo molto grande che
impegnò entrambe la manine della bimba. Fece sporgere la
testa ricciuta per qualche centimetro, per dare l’ultima
occhiata e poi scivolò fuori velocemente e si
rifugiò nella nursery e finalmente nel suo lettino caldo.
Betty, la balia, russava ancora davanti al fuoco con una calza in mano.
Sentendola muovere nel letto la balia si riscosse, mise via la scatola
del cucito, aggiunse un nuovo ciocco nel caminetto e dopo aver
rimboccato le coperte ad una finta addormentata Amy, si
ritirò nella stanzetta accanto.
Amy incrociò le mani dietro la testa mentre guardava il
cielo stellato attraverso le imposte aperte. Cosa poteva esserci di
più bello che starsene lì tranquilla e al sicuro,
sognando di mille viaggi per il mondo. Passò parecchio tempo
nelle sue fantasticherie. Era sicura che un giorno avrebbe preso il
tè con lo Sceicco, avrebbe cavalcato per le praterie delle
Americhe, cacciato in India, esplorato l’Africa, visitato
ogni città del globo e avrebbe visto tutto quello che era
raffigurato sul suo libro. Si tirò su di scatto. Aveva
lasciato il libro nel salotto della madre! Non poteva lasciarlo
lì, qualcuno se ne sarebbe accorto e avrebbero scoperto che
lei bighellonava a quell’ora di notte per la casa.
Spostò in fretta le coperte, indossò nuovamente
le pianelle e si precipitò fuori. Ormai tutti si erano
ritirati da un pezzo e lei riuscì a riattraversare i
corridoi indisturbata. La luna gettava abbastanza luce attraverso i
finestroni da farla avanzare con passo sicuro. Arrivò
finalmente alla porta del salotto e l’aprì
silenziosamente. Un profumo di tabacco l’accolse ed
l’attirò nella stanza. Un puntino rosso si
stagliava da dietro una poltrona rivolta verso la finestra. Amy,
accorgendosi che c’era una persona nella stanza, trattenne il
fiato per qualche secondo. Se fosse stata sua madre avrebbe potuto dire
addio alle due settimane con la zia. Una nuova boccata di fumo si
sollevò nell’aria, ma la figura non dava segno di
averla né vista né sentita. La bambina
iniziò a guardarsi in giro, il libro non poteva essere molto
lontano dalla porta. Nulla, lì vicino non c’era
nulla. Si mise a carponi e si avvicinò al tappeto, pian
piano si avvicinò sempre di più.
Riuscì a vedere la porta comunicante con la camera di sua
madre aperta e, attraverso questa poteva vedere sua madre che dormiva
nel letto completamente disfatto.
Le boccate si fecero sempre più lente. Quando ormai stava
per desistere e tornarsene in camera, la figura alzò una
mano che teneva saldamente il suo libro: “Cerchi
questo?” Amy si immobilizzò immediatamente. Non
aveva mai sentito quella voce da uomo, o meglio da un ragazzo non
ancora sviluppato completamente. Dal momento che ormai era stata
scoperta tanto valeva cercare di mostrare un po’ di
dignità e affrontare a testa alta ciò che sarebbe
venuto. Aggirò la poltrona e si pose davanti allo
sconosciuto.
Lo riconobbe immediatamente era l’ultimo cavaliere di sua
madre, ma non era più così elegante. Non aveva
più la giacca, né la cravatta, né gli
stivali. La camicia mezza slacciata pendeva sui pantaloni. Era un
ragazzotto pallido, con un’aria seria, i capelli
completamente in disordine. Fumava con non curanza una pipa da un lungo
cannello d’avorio.
Amy allungò una manina “Quello è il mio
libro, sareste così gentile da ridarmelo?”
Lui ci
pensò un po’ su “Non sei un
po’ piccola per andare in giro a quest’ora di
notte?”
Lei inarcò un sopracciglio “Non
siete troppo giovane per fumare?”.
Lui sorrise facendo
comparire delle fossette sulle guance, adesso sì che
sembrava essere troppo giovane per fumare “Tu devi essere
Amelia, la figlia di Victoria”
“Sì, mi
chiamo Amy. Volete ridarmi il MIO libro, per piacere”
Lui se
lo nascose dietro alla schiena “Se non me lo ridate
dirò alla mamma che voi siete stato qui”
Lui si
sporse verso di lei “Ma così dovresti dire che ci
sei stata anche tu”
Lei strinse gli occhi in un gesto di
sfida “E voi credete che si arrabbierebbe più con
me, che sono in casa mia, che con voi?”
Scoppiò in una risata che fu subito trattenuta quando si
sentì un mugugno dall’altra stanza. “Non
credo che si arrabbierà se mi trova qui,
tutt‘altro, penso che lo approvi. Comunque ecco a te piccola
Amy. E non inciampare nella camicia da notte quando ritorni al tuo
lettino”
Lei glielo strappò di mano e si diresse
imbronciata verso la porta. Quando l’aveva già
aperta, si voltò ad affrontarlo e gli disse: “Per
voi io sono la Signorina Amelia Flanigan, e se mia madre approva io non
lo faccio. Io sono diversa da lei e voi non mi piacete neanche un
po’!” Si chiuse la porta alle spalle con violenza.
Il ragazzo riportò la pipa alla bocca “E fai bene,
signorina Flanigan”
“Logan, tesoro, dove sei? Sento
freddo. Perché non vieni a scaldarmi?”
Amy stava dormendo da un bel pezzo e la mattina era già
spuntata quando finalmente Logan riuscì a staccarsi da
Victoria per tornare in camera sua a riposare, finalmente.
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