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Sproloquiando in
allegria, poiché bevo tanta sangria: amorevoli
pulzelle, son tornata. Il freddo di Parigi mi ha rispedito nella mia
amata Roma, pronta a postare per voi questa storia.
La coppia è assai stramba, direte voi, mai quanto la Jessica
Aro
che mi era capitata al primo sorteggio; infatti la storia è
scritta per un contest, basato sui crack paring. Quando si dice
sculati, eh? Una bella AroX Nessie, tutta per voi (L)
Guida alla lettura:
la coppia
è stata difficile e facile allo stesso tempo. Difficile per
cercare di mantenere IC Nessie, facile, perché Aro
è il
mio personaggio preferito e ho sempre creduto che in qualche modo la
voglia di vendicarsi, nei confronti dei Cullen, non fosse mai cessata.
Ho immaginato che Nessie volesse a tutti i costi scappare, almeno per
un po' dall'ambiente di Forks. Secondo me, quello, è come
una
gabbia di cristallo: bellissima, ma pur sempre gabbia. Ho ipotizzato
che Aro, con i suoi modi eleganti, avesse deciso, dopo circa 25 anni,
di invitarla e che lei, non resistendo alla voglia di fuggire, almeno
per un poco dal suo nido d'oro, avesse accettato.
Nel mio immaginario Aro ha l'odore di erba appena tagliata, non so
perché, ma collego quest'immagine, a qualcosa di
estremamente
bello e triste. La falciatura di dell'erba , il recidere qualcosa di
vivo, che produce la bellezza di un prato perfetto.
Credo sia tutto. Buona lettura.
Capitan
Uncino incontrò Wendy
e rise.
Il
rumore dei tacchi sul pavimento di marmo bianco la rendeva inquieta:
era difficile cercare di rimanere concentrata se un tic
tac
fastidioso continuava a punzecchiarla.
Era
una
maledizione, pensò, mentre lo sguardo furbo della guardia le
dava il benvenuto, accompagnato da un leggero accenno del capo ed un
gesto di accoglienza poco sincero.
Deglutì
e guardò intensamente le punte delle proprie scarpe.
Effettivamente, in quel momento, non ticchettavano più; si
era
fermata e quella sensazione di nausea che l'aveva accompagnata per
tutto il viaggio si era trasformata in una vera e propria
necessità di vomitare.
L'agitazione
gioca brutti scherzi, perfino ad una temeraria come lei.
Renesmee
Cullen quando aveva ricevuto quell'invito non avrebbe mai e poi mai
pensato di poter passare momenti di tale nervosismo.
Non
era rabbia, come quando i suoi genitori la obbligavano a fare cose
stupide e altamente non consone ad una ragazza del suo
livello; non era agitazione, come quella che la pervadeva ogni qual
volta doveva inventare una scusa per evitare un'uscita con Jacob; non
era neanche frustrazione, quella che provava ascoltando le mille e
mille raccomandazioni dei parenti: semplice e pura ansia.
Che
la stava divorando.
Avanzò,
tic
tac, e si
fermò; avvertì lo sguardo curioso dell'uomo su di
lei e, all'improvviso, ricordò.
Era
così
piccola a quel tempo, eppure non poteva dimenticare quegli occhi rossi
che la stavano fissando, un sorriso cordiale sulle labbra.
C'era
qualcosa
in lui, nei suoi gesti, mentre si alzava per darle il benvenuto, nelle
sue movenze, quando le sfiorò la mano per salutarla
calorosamente, che la facevano tremare internamente.
-Benvenuta,
cara Nessie,
sono felice che tu abbia accettato il nostro invito! Ero proprio
curioso di sapere che fine avesse fatto una magnifica creatura come te-
per un attimo il volto, disteso in un'espressione di dolce
serenità, si incupì, divenne inquietante.
Lei
non disse nulla, ritraendo veloce la mano.
-Sola?-
questa
volta, la voce era furba, più attenta; da dietro di lui
giunse
uno sbuffo: Caius si stava annoiando. Senza dire nulla si
alzò,
scocciato, fece un gesto veloce alla moglie che lo seguì.
Prima
che l'ospite potesse rendersi conto di cosa le stava succedendo
intorno, sparirono tutti.
Il
sorriso di Aro, questa volta, era tanto sincero da sembrare finto.
Era
allegro, e la cosa, in qualche modo, scuoteva Nessie.
-Sì,
signore- balbettò -mi sembrava... un insulto alla sua
ospitalità recarmi qui con una...- iniziò.
-Una
scorta?-
scherzò lui, concludendo la frase della giovane, che si
zittì, arrossendo. L'umanità che le scorreva
nelle vene
lo faceva impazzire: era così strana.
-Una
compagnia, volevo dire- si corresse, cercando di sembrare tranquilla.
L'uomo
sorrise, avvicinandosi a lei.
-Per
tua scelta?- mormorò, astuto, mentre gli occhi si
assottigliavano, divertiti.
Rimase
interdetta: la sua fuga era già stata scoperta? Il trucco di
vestire con un'autorizzazione genitoriale la voglia di poter finalmente
essere libera era già stato svelato?
Non
rispose, scostando lo sguardo da quelle iridi che la inchiodavano e
mormorò, senza tono: -Forse-
La
risata riecheggiò per tutta la sala, riempiendola di
un'allegria falsa e opprimente.
-Bene...
bene, che cosa divertente.-
Il
cenno
seguente di Aro fu fatto con tanta noncuranza da apparire superfluo, un
uomo esile e alto si avvicinò a lei e le indicò
la strada
per uscire.
Ciò
che gli interessava, il Volturo, già lo aveva avuto.
La
stanza che
le avevano appena mostrato era sontuosa, carica di drappi, colori che
evocavano altre epoche, il porpora la avvolgeva tra le sue spire e le
dava il senso di essere sbagliata, lì.
Troppo
ingenua.
Gli
intagli
delle colonne del letto al baldacchino mostravano figure di donne nude,
antiche ninfee, che la guardavano. Gli sguardi, i gesti, ogni singolo
punto il cui il legno era stato lavorato rigettava lussuria, la rendeva
palpabile.
Renesmee
rabbrividì, non appena la porta si chiuse dietro di lei.
Rimanendo
perfettamente al centro della camera, sopra un prezioso tappeto rosso,
si chiese cosa diamine
ci facesse lei lì.
E
non ci fu risposta.
Lo
sguardo di Aro ancora la penetrava, lo sentiva dentro di lei, ferirla,
sezionarla, come un attento medico fa su un cadavere.
Perché
lei era un cadavere: un relitto di personalità, che era
stata
sepolta, ogni anno che passava, sotto le volontà della
propria
famiglia, del pretendente amico, delle loro attenzioni, delle loro
aspettative.
Nessie
non
esisteva più. Nessie era solo la pallida ombra di quello che
voleva essere. Nessie, forse, ora voleva sentire di nuovo
l'indipendenza scorrergli nelle vene.
E,
almeno per
lei, quel profumo di libertà sapeva di una giornata
d'estate,
con l'erba appena tagliata, quell'odore di freschezza, forte, deciso,
ma, allo stesso tempo, dolce.
Sapeva
di
lui.
Continuava
a rimanere lì, Renesmee, al centro della stanza; continuava
a domandarsi sempre la solita cosa: cosa
ci faceva là?
Stava
cercando la libertà.
Stava
cercando lui.
Mentre
Aro
percorreva i corridoi bui sorrise, solo avvertendo l'odore che
proveniva dalla stanza della sua ospite già sapeva di aver
vinto.
Entrò
nella sua camera, guardò con tranquillità la
moglie
-troppo furiosa per parlare- e si avvicinò all'enorme
armadio
che ricopriva un'intera parete, l'unica, tra tanto sfarzo, a non
possedere un quadro ad adornarla.
Aprì
l'anta e si tolse la tunica nera, riposandola su una stampella, poi,
sempre con lentezza calcolata, prese la giacca elegante e la
indossò. Dopo che le spalle calzarono perfettamente
iniziò ad abbottonarla. Come il condottiero sicuro di
sé
già pregusta la vittoria in battaglia, così Aro
sorrideva
al riflesso nello specchio davanti a lui, ignorando completamente gli
occhi neri di Sulpicia, scrutarlo con rabbia ed indignazione.
Era
impotenza la sua, lei non poteva far nulla, mai l'aveva potuto fare.
Era
potenza la sua, lui poteva tutto, sempre l'aveva potuto fare.
Uscì
baciandola sulla fronte, mentre lei si scansava, sibilandogli contro;
chiuse la porta sogghignando vittorioso, poi, lento, pregustando ogni
singolo passo che lo divideva da quella piccola stanza, si
incamminò.
Bussò
piano, neanche fece in tempo a poggiare le nocche sul legno che questo
si aprì, mostrando l'espressione agitata di Nessie. Una ruga
le
solcava la fronte, sembrava indecisa.
Quando
l'uomo
vede il diavolo è sempre indeciso, sta sempre davanti a quel
bivio, tentennando in preda alla voglia di soddisfare i propri bisogni
e alla consapevolezza di poter compiere il più grande degli
errori.
-Sono
venuto per sapere se ti trovi bene, cara.- rimase fuori dalla porta,
guardandola con curiosità.
I
capelli
ramati racchiusi in una lunga treccia erano spostati verso la destra,
il leggero trucco ,che la mattina aveva indossato, ora era sparito,
lasciando che la dolce faccia da ragazza, a forma di cuore, mostrasse,
in tutta la sua naturalezza, la sua grazia.
-Oh-
balbettò lei, quegli occhi vermi gli l'avevano inchiodata,
stringeva le dita attorno alla maniglia, agitata -sì, va
benissimo. ... È veramente magnifica; non doveva ...-
La
risata di lui la investì a pieno, avvolgendola,
permettendole perfino di sorridere.
-Per
ospiti come te, Esme, posso vero?- domandò immediatamente,
corrugando la fronte, in apparente imbarazzo.
Lei
annuì, sorridendo, aprendo un poco di più la
porta,
quell'attimo di insicurezza l'aveva quasi convinta a farlo entrare.
-Certo,
molto meglio di Nessie- rise, scherzando.
-Già,
molto più adulto, credo- aggiunse lui, scrutandola
furbescamente. -Comunque, dicevo che non devi preoccuparti: tutto
ciò che è mio è anche tuo, sei la
nipote del mio
caro amico Carlisle!- si zittì, osservando come reagiva a
quell'affermazione. Un altro piccolo spiraglio si aprì, la
porta
si spalancò un altro poco, facendo intravedere il letto e il
tavolo da toletta, appena sotto la finestra.
-E
poi … a una donna
bella come te, lo devo ammettere, non posso resistere- rise, facendo un
passo avanti, pronto a conquistare quella terra che stava ormai
circumnavigando da troppo.
Ad
Aro non capitava spesso di fare errori, quella volta, però,
ne aveva commesso uno.
Il
volto rosso
e spaventato di Renesmee scomparì veloce, mentre farfugliava
delle parole confuse su una doccia e chiudeva la porta dietro di
sé.
Rimanendo
interdetto davanti al batocchio d'oro, l'uomo si rese conto che quella
salita sarebbe stata ben più ardua di quanto pensasse.
E
molto più divertente sarebbe stato vedere il panorama.
Mentre
i giorni
passarono l'insistenza di Aro non venne meno, anzi, attraverso piccoli
gesti, regali minuscoli -ma preziosi!-, aveva falciato le erbacce che
invadevano il sentiero tra lui e la giovane.
Quando
il
diavolo nota che, di fronte al bivio, l'uomo non lo sceglie, decide di
pulirne l'entrata, renderla brillante, luccicante,
accattivante. Fa di
tutto affinché questi cada nella sua trappola.
E,
inevitabilmente, questo accade.
In
una sera
d'inverno, mentre un temporale imperversava al di fuori delle
grandi vetrate del palazzo, Aro decise di tornare a trovare Nessie.
Bussò
nuovamente, come tante altre volte, gli anelli d'oro accentuarono il
rumore; si accorse che lei stava venendo ad aprirgli ascoltando lo
scampanellio sottile del piccolo bracciale che le aveva regalato.
Notando,
mentre
faceva scattare la serratura e spalancava la porta, che lo indossava
anche, non poté trattenere un sorriso vittorioso e
soddisfatto:
era fatta! Ci era riuscito!
I
piccoli pendenti, pietre lavorate finemente, scendevano dalla sottile
filo di metallo prezioso.
-Buonasera,
Renesmee. Spero che i tuoni non ti spaventino- scherzò,
entrando, con passo deciso.
Lei
si fece da parte, sorridendo timidamente. Non poteva non farlo entrare,
non poteva proprio.
Aveva
maturato,
dopo ore, minuti, secondi, passati a rimuginare, che lui era l'unico e
solo modo per raggiungerla, la libertà.
Era
lui la corda che pendeva in fondo al baratro opprimente nel quale era
caduta; solo lui poteva tirarla fuori.
-No-
rispose
lei, scompigliandosi i ricci, che ricaddero fluenti dietro la sua
schiena, cercando di apparire più calma possibile -a Forks
sono
la perfetta colonna sonora di una giornata comune- rise, avvicinandosi
a lui, già arrivato davanti all'enorme finestra.
Fuori
era
scuro, la campagna Toscana, con i suoi campi precisi e ben arati,
appariva cupa e tetra; luci sporadiche illuminavano i casolari, che
sembravano lucciole perse in mezzo ad una tempesta.
-Vero.
Un particolare che scordo sempre, questo- si voltò,
guardandola.
Un
vestito di
lana leggera le cingeva il corpo minuto e perfetto; delle calze
colorate spezzavano il nero del capo, donandole un'aria di giovinezza e
vitalità, che lo investì.
Una
volta tanto, Aro, si ritrovò seriamente stupito dalla
diversità di lei, la poté palpare veramente.
Si
misi di
fronte a lui, osservandolo divertita: aveva capito come giocare con
lui, quali carte svelare e quali no o, per lo meno, aveva voglia di
giocare, aveva voglia di buttarsi.
Ci
fu silenzio, si guardarono negli occhi. Quelli neri di lei, affamati;
rossi di lui, già sazi.
-Inizi
a
sentire la mancanza di casa?- mormorò l'uomo, scostando un
attimo lo sguardo, spostandolo nuovamente verso l'esterno.
Poteva
sentire il calore del corpo di lei trapelare dai vestiti e ne era
attratto, dannatamente attratto.
Non
giunse una
risposta immediata, per un po' il ticchettio della pioggia fu l'unico
rumore che abitò nella stanza, poi lei prese fiato e
sospirò, seguendo il suo sguardo.
-No-
fu atona,
cercando di sotterrare tutti i sentimenti che quella piccola e
insignificante parola aveva provocato in lei, uno scombussolamento che
la fece barcollare per un attimo.
Il
bivio era così scuro. Quale strada scegliere?
Un
passo all'indietro, poteva ancora scappare da lui.
Ma
lo voleva veramente?
Le
mani di Aro,
affusolate ed eleganti, presero quelle di Nessie, stringendole con
grazia. Il freddo di lui avvolse il calore di lei. Sorrise, questa
volta più dolcemente, avvicinandosi, lasciando uno spazio
infimo
tra loro due.
-Sarebbe
troppo
chiederti il perché?- domandò, sussurrando; i
capelli
corvini erano tirati all'indietro, un piccolo laccio li teneva.
La
ragazza si
morse un labbro, tanto era agitata, tanto si sentiva in colpa che non
si rese conto di essersi tagliata, il dolore, lei, non lo percepiva in
quel momento.
Una
goccia
scese per il collo, una sola singola goccia bastò a lui per
avvicinarsi, per sfiorarle le labbra leggermente, un sorriso ancora a
solcargli il volto.
Chinò
leggermente la testa, mentre con l'indice e il pollice le fermava il
mento sottile, un ciuffo nero scappò dal laccio, cadendogli
davanti agli occhi, quasi socchiusi.
Renesmee
boccheggiò, fuori di sé: quell'attimo non andava
avanti,
si era fermato, proprio davanti a lei, rimase immobile e
lasciò
che continuasse a parlare sulle sue labbra.
-Penso
di
sì- concluse Aro, dopo aver assorbito tutta la frustrazione
che
risiedeva nell'animo di lei. Le lasciò la mano e la
portò
sul suo collo, sfiorandolo, accarezzandolo.
La
sua dolcezza, per quanto falsa poteva essere, a Nessie risultava
sincera, sentita. Vera.
Non
avvertiva
nel sorriso un ghigno di vittoria, nei gesti la preparazione a un
qualcosa di pericoloso, nelle parole carezzevoli una graffiante voglia
di rivincita.
-Grazie-
mormorò lei, sospirando sulla bocca di lui.
-Ricordo
ancora quando eri una bambina... così piccola-
soffiò, passando ad accarezzarle i capelli, morbidi.
-Già,
una bambina- mugugnò lei, un'ondata di rabbia la invase; ma,
prima che tanta indisposizione la raggiungesse, Aro decise di agire.
La
baciò, conquistando quelle labbra rosate, succhiando via,
avido,
quella piccola goccia di linfa umana, pregustando sulla sua lingua, che
ora giocava virtuosa con quella di lei, il sapore della vittoria.
Rimase
interdetta, Renesmee, si immobilizzò per un attimo, giusto
il
tempo di rendersi conto di cosa stesse accadendo e appena
realizzò la cosa non poté far a meno di
ricambiare.
Tra
gli ansimi eccitati, vogliosi dei due i vestiti si lasciarono sfilare,
mentre due corpi non volevano altro che congiungersi.
Chi
per ottenere la libertà, chi per liberarsi dalla voglia di
vendetta che per anni lo aveva eroso.
Il
piccolo
uccello voleva uscire dal suo nido e, finalmente, ci era riuscito, solo
che non aveva pensato all'avvoltoio rapace, che lo aveva osservato dal
di fuori della sua gabbia, ed ora era pronto a mangiarlo, a gustare la
morbida e succulenta carne del giovane passerotto.
Perciò,
quando la schiena di Nessie si inarcò, mostrando il collo
candido e liscio, Aro non poté che sorridere e spalancare le
fauci mortali. Affondò i denti nella pelle di lei con
rapidità e voglia, voglia di vincere.
Iniziò
a
bere, mentre le urla della ragazza si affievolivano, mischiandosi a
grida di terrore; la stretta delle sue mani sui capelli di lui si
faceva sempre più debole, finché, quando l'uomo
si
staccò, pulendosi rapido il sangue con la lingua, il braccio
inerme di Renesmee sporse dalle braccia di lui, che ancora stringevano
a sé il corpo.
Lo
lasciò cadere con noncuranza, superandolo con una falcata
più lunga. Andò a riprendere la camicia bianca,
facendo
attenzione a non sporcarla, e la indossò. Stessa cosa fece
con
gli altri vestiti. Abbottonò i polsini della camicia e dopo
aver
donato un'ultima occhiata al cadavere della dolce Nessie Cullen,
uscì, chiudendosi la porta dietro di sé.
Camminando
per i corridoi iniziò a canticchiare una vecchia cantilena,
allegro.
Poi
si bloccò, sbuffando: dire a Carl cosa era successo sarebbe
stato piuttosto noioso.
Angolo autrice:
quante soddisfazioni in una sola fanfiction, oibò.
Poter far mettere le corna a Sulpicia.
Uccidere Nessie -w-
Inneggiare al potere di Aro.
Distruggere ed annientare psicologicamente i Cullen.
Vincere il concorso a cui si era iscritta la storia.
ùù"
Difatti, la fanfiction ha partecipato al contest The
chosen, indetto da Senihal, piazzandosi prima.
Sinceramente non so cosa dire se non awww -w-, sono molto soddisfatta,
la storia mi piace e mi soddisfa.
Lascio qui di seguito i giudizi:
Grammatica: 9.75/10
Originalità:
10/10
IC: 5/5
Attinenza al tema:
15/15
Giudizio del giudice:
5/5
Stile: 5/5
Tot: 49.75/50
Una storia davvero impressionante, complimenti. La grammatica
è
perfetta, eccetto alcuni punti saltati, ma per il resto è
davvero ottima. Il tuo lessico è vario, anche elevato e non
cade
nel banale o nello scontato. E’ la storia più
originale
che abbia mai letto di Twilight, la voglia di evadere da parte di
Nessie ed Aro che “l’aspetta al varco”
come si suole
dire. Ho apprezzato davvero tutto di questa storia, dalla trattazione
dei personaggi a quella della coppia, dalle continue metafore e
similitudini fino allo scioglimento, a mio parere, perfetto. Davvero,
davvero bravissima!
Au revoir
Là
Notizia inutile: Aro sa di cannabis XD
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