Cosa
vuole ancora questa?,
forse vi
chiederete, e ragazze vi
rispondo
subito che il mio buon
proposito
di questo nuovo anno
sarà
rompervi le scatole
all'extremis!
Comunque,
senza perderci in chiacchiere inutili,
questa è una fic che si dividerà
in due soli capitoli.
Il
titolo vi ha ricordato qualcosa? Quando
ho concluso
Brothers and Sisters
in molte hanno detto
che le sarebbe piaciuto vedere cosa
avrebbero combinato Nick e
Maggie a Londra ed ecco
che mi
è venuta l'ispirazione!
Per
la prima volta da quasi un anno sono tornata
ad usare la prima persona, ma
questa fic è un eccezione poiché
preferisco di gran lunga scrivere in
terza persona e al
passato, invece qui scrivo esattamente
al contrario, prima persona e al
presente! È una sorta di
esperimento, spero di aver descritto
tutto bene... Questo primo capitolo sarà
dal punto di vista di Maggie, il
prossimo di Nick.
Buona
lettura!!!! <3
London.
[Maggie]
Parte
I
Va
bene, Maggie, respiro profondo, calmati, va bene? D'accordo, il tuo
ragazzo ti ha regalato un viaggio a Londra per soli voi due non c'è
bisogno di farsi prendere dal panico.
-
Ehi, tutto okay? - mi chiede Nick, sfiorandomi la mano.
Mi
sento avvampare, mentre annuisco con forza.
Perchè
non dovrebbe essere tutto okay? Certo, un viaggio a Londra per solo
noi due non deve farmi prendere dal panico, non deve assolutamente,
figuriamoci!
-
Forza, siamo arrivati – continua lui, tenendomi ancora per
mano.
-
Va bene – rispondo incerta, stringendolo mentre l'aereo atterra
e a me viene un infarto. Odio volare. Non lo sopporto. Ci sarà
un motivo per cui sulla Terra c'è la forza di gravità,
e serve per farci restare con i piedi ancorati a terra, non per farci
svolazzare in cielo come uccellini.
Il
capitano di bordo ci chiede se abbiamo fatto un buon viaggio e ci
augura di tornare presto a volare con la sua linea aerea, mentre Nick
ed io scendiamo. Io ho solo una piccola borsa, mentre Nick niente, il
resto dei bagagli dobbiamo andarli a prendere.
Mi
guardo intorno per l'aeroporto inglese, osservando dei gruppi di
turisti come noi, che si guardano intorno spaesati mentre famiglie
che sono ritornate dalla vacanza girano sicuri, con i loro gilè
tipicamente inglesi.
Nick
è sicuramente più a mio agio di me, lo vedo che si
guarda intorno, tentando di ricordarsi dove si trova il luogo dove si
ritirano i bagagli.
Una
piccola ruga di concentrazione gli si dipinge sulla fronte.
-
Quante volte sei stato qui? - gli chiedo.
Lui
si gira verso di me e mi sorride. Sento il mio cuore accelerare i
battiti; oddio ogni volta che vedo quel sorriso potrei morire.
-
Non lo ricordo esattamente – risponde, cingendomi la vita.
-cinque, sei volte... forse di più.
Annuisco,
dandogli un breve bacio a fior di labbra su una guancia. È
nervoso, forse anche lui per questo viaggio, per un'intera settimana
da passare solo noi due. Provo a pensare a Kevin e Maryl, che hanno
fatto anche loro un week-end solo per loro a New York e ne erano
tornati incolumi, se si esclude il trauma che mia sorella aveva
sottoposto il suo ragazzo con il bandi-jumping. Certo, il loro era
solo un fine settimana mentre quella fra Nick e me sarebbe stata
un'intera settimana, ma particolari.
-
Bisogna andare di là – spiega Nick, guidandomi
dolcemente, il suo braccio ancora intorno alla mia vita.
Con
la coda dell'occhio spio un paio di fotografi che ci stanno scattando
qualche foto. Ho come l'impressione che domani finiremo su una
rivista scandalistica, di nuovo.
Aspettiamo
pazientemente di poter ritirare i nostri bagagli, mentre Nick gioca
con una ciocca dei miei capelli. Sorrido e gli passo una mano fra i
riccioli ribelli, per poi accarezzargli con una mano il profilo del
viso, fino alla bocca, per poi baciarlo ancora.
-
Sai di fragola – mormora Nick, fra un bacio e l'altro.
Arrossisco
copiosamente e mi stringo a lui, senza rispondere.
Appena
possiamo prendiamo i nostri bagagli e ci dirigiamo verso l'uscita.
Non appena varchiamo la porta un vento gelido mi colpisce il viso. Mi
avevano detto che a Londra faceva decisamente più freddo che
in California, ma rimango comunque sorpresa, mentre mi stringo la
sciarpa al collo e il giubbotto di jeans.
Non
mi tiene sempre per la vita, un paio di occhiali da sole sugli occhi,
per nascondersi da eventuali fan.
Ci
dirigiamo verso un taxi parcheggiato sulla strada e infiliamo le
valige nel bagagliaio.
-
Ci porti al Resort Queen Hotel,
grazie – indica Nick al tassista, lasciandomi la vita e
mettendomi il braccio intorno al collo, mentre io appoggio la testa
sulla sua spalla.
Non
oso immaginare che hotel sia quello appena citato dal mio ragazzo,
conoscendolo avrà esagerato, come suo solito, e prenotato in
una sottospecie di reggia dove una stanza per una notte costa
all'incirca come un occhio della testa, e il fischio di ammirazione
del tassista non fa' altro che confermare i miei sospetti.
-
Americani? - ci chiede il tassista, guardandoci dallo specchietto
retrovisore, immergendosi nelle strade cittadine.
-
Sì – risponde Nick, - dalla California.
Mentre
lui e il tassista iniziano a parlare io non seguo più la
conversazione e guardo fuori dal finestrino, osservando il paesaggio
londinese.
Wow,
non immaginavo fosse così bello. La città è
ricca di colori, i palazzi hanno un loro stile, impossibile da
trovare in una città moderna come Los Angeles.
Il
tassista ci indica i vari monumenti man mano che ci passiamo accanto,
specialmente il London Eye, il Big Ben e infine ci avverte che stiamo
passando sopra al Tamigi.
Nick
mi bacia i capelli, sussurrandomi nelle orecchie dove mi vuole
portare in questa settimana, mentre io dipingo con un indice dei
cerchi sul dorso della sua mano.
Il
proprietario del taxi si ferma poco dopo il Tamigi, davanti a un
edificio che chiamare bello è un insulto. In effetti mi ero
sbagliata, Nick non aveva prenotato in una reggia, ma in un castello!
E'
costruito con una particolare pietra grigia, simile a roccia, che gli
da' un'aria rustica ma allo stesso tempo elegante, il nome
dell'albergo è scritto in oro, con delle decorazioni in
bronzo, fuori dal pesante cancello in ferro ci sono due uomini
vestiti elegantemente, che rivolgono sorrisi e cenni con il capo a
tutti quelli che entrano. All'interno del cancello, davanti all'hotel
c'è un meraviglioso giardino, e all'interno una fontana,
dentro alla quale vi sono delle statue in puro oro massiccio.
Non
riesco a trattenere un sospiro di ammirazione; questo posto è
bellissimo!
-
Et voila, siamo arrivati! -
esclama Nick, osservandomi divertito, devo avere una faccia da pesce
lesso stampata sul viso.
-
Tu sei pazzo! - lo accuso, indicandolo. - Non puoi aver prenotato
qui!
-
E invece l'ho fatto, tesoro, ed è meglio che ti ci abitui –
mi dice con finto tono minaccioso, strizzando un occhio, - passeremo
qui tutte le notti di questa settimana.
Ancora
con la bocce mezza aperta sento il mio ragazzo ridacchiare e chiedere
al tassista di aiutarlo a prendere le valige, poco dopo sento il
rumore di una portiera sbattere e il taxi ripartire.
Afferro
la mia valigia, ancora mezza in trance, certo che Nick poteva
avvertirmi! Io qui rischio l'infarto!
Divertito
dalla mia espressione di puro stupore Nick mi stampa un bacio su una
guancia e poi, spingendomi dolcemente con una mano, ci dirigiamo
verso l'ingresso.
L'atrio,
se possibile, è ancora più elegante di quando mi
immaginassi: dal pavimento in marmo sul quale si trova un mosaico di
epoca Persiana, che mi ricordo aver visto di sfuggita in un mio libro
scolastico di Storia dell'Arte, al lampadario enorme in cristallo
posto sopra di esso è tutto estremamente elegante e raffinato.
Ci
avviciniamo alla reception, anche Nick sembra leggermente stupito di
quel luogo così curato, di certo da come l'aveva visto nei
dépliant non sembrava così.
-
Benvenuti al Resort Queen Hotel
– ci sorride la receptionist, una donna pallida e bionda, -
prego, come posso aiutarla?
-
Ho prenotato una camera per due al nome di Nicholas Jerry Jonas –
dice Nick, mostrandole un documento, mentre io mi appoggio con un
braccio sul bancone in marmo, decorato con migliaia di piccole pietre
colorate.
La
donna controlla sul computer la prenotazione e infine ci sorride
amabile.
-
Certo, signor Jonas, la stanza è la numero 524, al quinto
piano, lasciate pure qui i bagagli, provvederemo noi a portarveli di
sopra, ora se volete seguirmi vi mostro la vostra camera, prego –
si offre, sempre con un sorriso e un marcato accento inglese,
alzandosi dalla sedia su cui era seduta e dicendo a un collega di
sostituirla per qualche minuto.
Ci
fa strada lungo l'atrio, indicandoci la sala pranzo, la sala gioco,
la sala fumatori, la sala lettori e infine la sala della musica. A
quel nome vedo Nick sorridere, sono certa che domani sera finiremo
casualmente in quella camera.
L'ascensore
è, più che altro, una stanza molto grande, fittamente
decorata in oro e rifiniture marroni, un po' troppo pacchiano, ad
essere sincera, spero solo che anche la suite non sia così.
Arrivati
al quanto piano, piuttosto in basso considerando che ce ne sono
almeno una quindicina, la receptionist ci conduce lungo un largo
corridoio illuminato e dopo pochi istanti ci indica la nostra stanza,
che apre con un passepartout ed
entra, mostrandoci
la camerata.
Trattengo
a malapena un sospiro di sollievo, la suite non ha niente a che fare
con il resto dell'albergo: delle tende in seta bianca sono appesa
alle ampie finestre, che danno sull'ampio cortile e, più in
là, Buckingam Palace, le pareti sono decorate con colori
caldi, il tutto decorato con dei vasi pieni di fiori, che trasmettono
nell'aria un odore dolce.
-
Spero sia di vostro gradimento – dice la donna, - per ogni cosa
non fatevi scrupoli a contattare la reception, basta schiacciare il
tasto 1 del telefono qui sul comodino – continua, avvicinandosi
all'uscita. - Spero che vi troviate bene qui al Resort Queen
Hotel, buona permanenza –
e con quelle parole esce, lasciandoci soli.
Nicholas
è fermo in mezzo alla stanza, con le braccia aperte e
un'espressione da cucciolo abbandonato dipinta sul bel viso.
Senza
nemmeno pensare corro verso di lui e lo stringo forte, baciandolo
sulle labbra.
-
Nick, è tutto fantastico, non dovevi, davvero! - sussurro fra
un bacio e l'altro.
Lui
mi ignora, mi prende in braccio e in una scena molto da film mi posa
sul grande letto della stanza, un matrimoniale nel quale ci
starebbero quattro persone e anche comodamente, con cuscini morbidi e
soffici.
Non
stacco la mia bocca della sua per tutto il tempo, neanche quando
sento qualcosa pungermi la schiena, sento solo Nick, il suo respiro,
il battito del suo cuore, il suo profumo, le sue labbra sulle mie.
Quando
sento nuovamente qualcosa pungermi allontano le mie labbra per un
istante, con una piccola smorfia, mettendomi a sedere, controllando
sotto le lenzuola cosa ha
rovinato quel momento.
-
Che hai? - mi chiede Nick, vagamente irritato.
-
Qualcosa mi ha punto – rispondo, continuando a cercare sotto le
lenzuola. - Ma che...? - estraggo una rosa rossa, purtroppo ormai
schiacciata dal mio peso e quello di Nick, e la accarezzo,
annusandone comunque l'odore.
Il
mio ragazzo arrossisce, imbarazzato.
-
Oddio, scusa amore mi ero dimenticato! - dice alzandosi con uno
scatto. - Ti sei fatta male?
No,
vorrei rispondere, le spine non mi hanno fatto niente, ma non ci
riesco. Mi alzo colta da un pensiero improvviso e tolgo il
copriletto, presa da un'idea forse sciocca. Guardo e sorrido, avevo
ragione.
Sul
lenzuolo sono posate centinaia boccioli di rosa, dal ramo lungo, che
formano un cuore, ormai sbilenco a causa mia, ma all'interno è
ancora chiara la scritta, sempre con delle rose, M+N=Fly with me,
my lover.
Sento
delle lacrime di gioia scivolarmi lungo una guancia e pochi secondi
dopo mi ritrovo di nuovo fra le braccia di Nick, che mi stringe
forte, ma con dolcezza.
-
Grazie! - dico. - È bellissimo, grazie!
Lui
sorride e mi bacia il collo.
-
Figurati, per me è stato un piacere – sussurra nel mio
orecchio. - Lo rifarei, per te.
A
quelle parole mi sciolgo, dio mio, ma dove l'avrei trovato un altro
ragazzo così? Dolce, romantico, sensibile, divertente... dove?
La
notte è diventata ancora più scura, do' una breve
occhiata all'orologio, sono le undici e mezza. Mi sento stanca, il
viaggio mi ha spossato.
-
Amore, io vado a prepararmi per dormire – gli dico qualche
minuto dopo. - Sono stanca...
Nick
annuisce, mentre io prendo la mia valigia e la porto in bagno,
emozionata. Questa sarebbe stata la mia prima notte vera con Nicholas
Jonas, per la prima volta avremmo dormito insieme.
Apro
la valigia, mentre le mani mi tremano, e ne estraggo uno spazzolino,
il dentifricio, la mia camicia da notte preferita, un regalo che mi
ero fatta durante una vacanza a Parigi l'anno prima, a Natale, prima
che la mia vita e quella di Nick si incrociassero.
Nervosa
mi pettino i capelli, come tutte le sere prima di dormire, non so
perchè lo faccio, forse per calmarmi, o forse perchè
detesto svegliarmi la mattina dopo con i nodi.
Mi
ricordo che quando ero bambina mia madre pettinava sempre sia Lexi
che me, cantandoci delle canzoni. Sorrido a quei ricordi così
vivi nella mia mente, che sono quasi come un tesoro per me.
Mi
sfilo i vestiti del viaggio, li infilo in una cesta su cui vi è
scritto “Da lavare”
e mi infilo la camicia da notte, sempre tremando.
Passo
dieci minuti buoni a lavarmi i denti e mi sciacquo il viso con
l'acqua fredda, chiudendo gli occhi.
Esco
dal bagno con un sorriso nervoso fin troppo visibile sul viso, Nick
ha tolto tutte le rose e le ha poggiate su un grande mobile vicino
alla porta, ne annuso ancora
una volta una mentre vado a stendermi sul letto, dove mi aspetta lui.
-
Non devi andar in bagno? - chiedo, appoggiando la testa sulla sua
spalla. Lui guarda le mie gambe lasciate nude dalla camicia da notte,
poi scuote la testa come se si stesse riprendendo da una lunga trance
e mi sorride amabile.
-
Sono andato nell'altro – mi dice, accarezzandomi un braccio e
accenna con la testa a una porta che non avevo notato.
Inarco
le sopracciglia, wow non ero mai stata in un albergo in cui in una
singola stanza, per quanto fosse grande, avesse due bagni.
Nick
inizia ad accarezzarmi i capelli, mentre sento un brivido lungo la
schiena.
-
Domani inizio a farti vedere la città – mi sussurra, -
andremo anche al London Eye...
-
Ma perchè dobbiamo sempre staccare i piedi da terra quando
siamo insieme? - gli chiedo, deglutendo. - Non possiamo rimanere qui
al pian terreno?
Lui
sorride.
-
Ma se saliamo tu ti spaventi e mi abbracci, è questo il fine
di tutto, amore – mormora, dovertito.
-
Se è per quello possiamo anche evitare – ridacchio, -
non ho nessuna intenzione di non abbracciarti più –
avvicino ancor di più il mio viso al suo – o baciarti –
e le nostre labbra si toccano.
Un
altro brivido mi percorre la schiena, un brivido di piacere, di
amore.
-
Va bene, forse il London Eye lo evitiamo – dice Nick a un certo
punto, - però vedremo... magari un giorno ti porterò in
cima alla Torre Eifel...
Gli
lancio un'occhiataccia mista finta rabbia e divertimento.
-
Sei sadico.
-
Oui, mon amour, oui – sussurra.
Trattengo
il respiro; oh mio Dio, quando parla francese diventa ancora più
impossibile tentare di stargli lontano.
Lo
bacio, zittendolo mentre sta ricominciando a parlare di torri molto
alte su cui portarmi; d'altronde io non gli devo resistere!
Passiamo
del tempo così, non so se passano i secondi, i minuti o le
ora, so solo che quando le nostre labbra si separano è perchè
siamo caduti fra le braccia di Morfeo.
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