Si chiede se non sia troppo palese, se la sua rispettabilità
come uomo
e come medico (il pettegolezzo è lo sport preferito dalla
classe
nullafacente inglese, ma anche di tutte le altre) sia in pericolo.
Perché insomma, da come lo guarda, da come gli
parla...Holmes potrebbe
capire. Anzi, conoscendolo, di sicuro l'ha già
fatto da tempo, si dice cominciando ad impallidire.
-Non vi siete mai lamentato dei miei metodi, Watson-, dice
l'investigatore, e forse, forse sta ghignando
dentro di sé.
Legati
l'uno alle spalle dell'altro, Watson non può trattenersi,
anche se ci
prova. Pure se nel modo, diciamo, negativo, sente il bisogno di
sfogarsi, una volta per tutte. Almeno un pò.
-Non mi sono mai
lamentato!-, urla, in tono spazientito. -Quando mai mi sono lamentato
del fatto che vi mettete a suonare il violino alle tre di notte, o del
vostro disordine? La vostra generale mancanza di igiene...o il fatto
che mi rubate i vestiti?
Ecco, almeno qualcosa gliel'ha detto. Certo, manca tutto il resto, per
esempio quando
mai mi sono lamentato del fatto che cercate in tutti i modi di impedire
il mio matrimonio, quando sapete che ho bisogno di stare lontano da voi?
Ma
si risponde da solo quasi subito: lui non riuscirà mai a
stargli
lontano. Lontano dal suo corpo, lontano dalla sua voce calda e
carezzevole, lontano dalla sua personalità insopportabile e
dannatamente adorabile, dal suo carisma, charme, fascino, dal suo odore
di tabacco e virilità.
La discussione potrebbe andare avanti letteralmente per secoli,
Holmes si lamenterebbe a sua volta delle continue irruzioni di quelle
donna nella loro
vita, discolpandosi in modo logico eppure sbagliato per averla a)
umiliata; b) allontanata. E Watson cercherebbe, ovviamente in modo
assolutamente inutile, di fargli capire di avere torto, anche se
vorrebbe aver ragione.
Invece si spegne in poche battute, Watson
colpisce e Holmes...lui sembra soffrire davvero, per una sola
dannatissima volta. Oh, sì, gli capita spesso di soffrire,
ma mai di
dimostrarlo.
All'improvviso si sente chiamare, e furioso si allontana, lasciandolo
lì, da solo, fra tutti gli altri carcerati...
Mary riesce a farlo uscire da quel buco, ma attraverso le grate avverte
il suo sguardo ferito e accusatore. Solo per un attimo.
E'
forse giusto che lui possa tornare libero e Holmes no? I dubbi si fanno
strada attraverso quel minuscolo sguardo che si scambiano, da una parte
arrabbiato, dall'altra sorpreso. Oh, forse dovrebbe davvero tornare
indietro. Che fare?
Watson sale sulla vettura. E che si arrangi.
Poi
quando lo vede raccontare amabilmente barzellette a energumeni grossi
il triplo di lui, sorride ironico. Poteva aspettarsi il contrario?
Quell'uomo se la sa cavare sempre, col minimo dello sforzo.
-Oh, bene. Cominciavo a finire le barzellette-, mormora,
riaggiustandosi il cappotto.
Si è già dimenticato il "litigio", ma Watson non
poteva aspettarsi altro, dopotutto.
Perché l'uomo che ama, per qualche ingloriosa disgrazia, gli
piace esattamente così.
[No, non sono miei, appartengono a Sir Arthur Conan Doyle, o meglio, in
questa versione, a coloro che hanno riscritto i personaggi per il film,
così dolciosamente slash *____________* ho amato troppo
questa scena, e insomma, mi sono sentita di scriverci una flash xD
se capitate qui, fatemi sapere che ne pensate!]
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